sabato 13 agosto 2016

Riforma pensioni: requisiti per l'anticipo e sistema contributivo puro



L’anticipo pensionistico - APE, prevede  la possibilità di pensione  di vecchiaia anticipata  al massimo  di tre anni . Nel caso il  primo anno di applicazione fosse effettivamente il 2017,  essa interesserà

i nati dal 1.6.1951 al 31.5.1952  a cui mancano a 1 anno e un mese a 2 anni per la pensione .

i nati dal 1.6 1952 al 31.12. 1953  a cui mancano da 2 anni e 5 mesi a 3 anni per la pensione di vecchiaia.

Per questi soggetti le indiscrezioni parlavano di  una  penalizzazione  pari al  2 o 3% , per ogni anno di anticipo,   da applicare sugli assegni di pensione fino al triplo della pensione minima  mentre su quelli più alti (cioè oltre 1500 euro )  si ipotizzava  ad una aliquota del 7-8%.

Queste aliquote vanno applicate alla quota retributiva maturata:

fino al 31.12.1995 (per chi a quella data aveva meno di 18 anni di contributi) oppure

fino al 2011 (per chi a fine 1995 aveva più di 18 anni di contributi).

Il punto di partenza di questa proposta era il disegno di legge del 2013  dell’on. C. Damiano (ddl 857 d) ex Ministro del lavoro, che prevedeva la possibilità di concordare l'età di uscita dal mondo del lavoro (pensione flessibile) ed  anche di abbassare a 41 anni i requisiti contributivi necessari per uscire , indipendentemente dall'età anagrafica .

Il costo di tali modifiche per il sistema previdenziale sarebbe però pari a 8,5 miliardi di euro.

Il disegno di legge n.  2233/2/11  affronta lo spinoso problema della riforma previdenziale dando atto della situazione in cui si verranno a trovare molti lavoratori, soprattutto quelli iscritti alla gestione separata, a cui si applicherà quando andranno in pensione il sistema contributivo puro.

Gli interventi  che il Governo si appresta ad emanare tendono a:

a) assicurare la piena portabilità del credito pensionistico in altre gestioni;

b) operare una revisione delle modalità di rivalutazione del montante pensionistico, in modo da renderlo effettivamente premiante;

 c) prevedere la possibilità di riscattare gli anni lavorati quando non esisteva un obbligo contributivo e gli anni di laurea;

 d) prevedere concrete misure di incentivazione alla previdenza complementare.

Con la legge 335/1995  che ha introdotto il sistema contributo la previdenza ha cambiato volto, riducendo drasticamente le prospettive pensionistiche dei lavoratori.

Gli iscritti alla gestione separata , lavoratori autonomi e parasubordinati, sono stati i primi ad essere interessati a questo passaggio al sistema contributivo puro.

Tuttavia oggi pur parlando spesso di pensioni viene sempre posta l’attenzione sui pensionati e sui pensionandi con sistema retributivo evitando accuratamente di parlare della povertà e delle penalizzazioni che produrrà il sistema contributivo puro quando sarà a regime.

Il governo ritiene che “ È invece urgente intervenire subito per evitare l'esplosione di una bomba sociale, quando arriveranno le prime consistenti coorti di pensionati contributivi puri” intervenendo nel sistema per superare alcune gravi carenze del sistema contributivo,  e in particolare:

La garanzia per tutti i lavoratori con 15-20 anni di versamenti in qualunque gestione previdenziale di una pensione minima

Intervenire con meccanismi solidaristici a favore di chi ha sperimentato percorsi lavorativi non continuativi, a causa di difficoltà occupazionali o personali

incentivare l'investimento pensionistico, attualmente molto poco conveniente;

incentivare il secondo pilastro previdenziale, che  sarà necessario per compensare la caduta del reddito che si presenterà al momento di andare in pensione.




Riforma pensioni: i requisiti per la pensione anticipata






Torna, a partire dal 2018, la penalizzazione sull'assegno previdenziale per i lavoratori che escono in anticipo dal mondo del lavoro, ovvero con meno di 62 anni di età. Per i lavoratori che maturino i requisiti per l’accesso alla pensione anticipata entro il 31 dicembre 2017, invece, non sono previste penalizzazioni anche se la prestazione previdenziale ha decorrenza successiva a tale data.

Il meccanismo di cui si discute prevede un anticipo pensionistico, APE, per ritirarsi fino a tre anni prima della pensione di vecchiaia (quindi, a 63 anni e sette mesi): il lavoratore percepisce un trattamento che restituirà poi con la pensione. L’anticipo pensionistico è finanziato dalle banche, che vengono coperte dal rischio (ad esempio, di decesso del pensionato prima della fine della restituzione del prestito, che tendenzialmente avviene in 20 anni), attraverso un’assicurazione (non si prevede intervento pubblico). Si discute in particolare sulla decurtazione della pensione, intorno al 2% per ogni anno di anticipo. Si pensa anche a un meccanismo che consenta di diminuire l’importo del prestito pensionistico riscattando periodi versati alla previdenza complementare. Sono poi previste regole diverse per i disoccupati (anch’essi beneficiari di un trattamento che li accompagni alla pensione, ma a carico dello stato).

La legge 214 2011 (Monti - Fornero) ha aumentato gradualmente  l’età pensionabile agganciandola alla speranza di vita e  prevedendo di arrivare a 70 anni nel 2050 con un minimo di 20 anni di contributi; di conseguenza  ha modificato  il requisito  contributivo per la pensione di vecchiaia  anticipata:

Nel 2016 ,con il sistema di calcolo misto retributivo-contributivo è pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini , e 41 anni e 10 mesi per le donne. Esso  continuerà ad aumentare arrivando nel 2050 a 46 anni e tre mesi per gli uomini e 45 e 3 mesi per le donne.

Per chi applica il sistema contributivo (ossia chi ha iniziato a lavorare dopo il 1.1.1996 ) si può optare per la pensione , con gli stessi requisiti oppure  con   età non inferiore a 63 anni e 7 mesi e un assegno pensionistico  non inferiore a 2,8 volte la pensione minima  (oggi circa 1250 euro).

Per far fronte agli inevitabili maggiori costi  sulla finanza pubblica al Ministero del lavoro è stata messa a punto  una soluzione che coinvolge gli istituti bancari e le assicurazioni   chiamata  prestito pensionistico, anch'essa figlia di una proposta di parlamentari democratici . In origine il  progetto consisteva in un sostegno economico esclusivamente per i lavoratori disoccupati in condizioni  di bisogno e di età prossima alla pensione  che non possono più contare sulle indennità di disoccupazione attualmente in vigore.

Nell'incontro con i sindacati del 14 giugno 2016  il Ministro Poletti ha confermato che è proprio questa la via che il Governo intenderebbe percorrere  per garantire la flessibilità in uscita  limitando al massimo i costi per lo Stato  .  Si tratta dell'  anticipo pensionistico  affiancato dal prestito previdenziale  ventennale;  in pratica il lavoratore  che esce in anticipo percepisce si la pensione  dall'INPS ma  deve  contemporaneamente restituire la rata di mutuo stipulato dall'INPS con gli istituti di credito,   per cui l'assegno sarà comunque decurtato.

Si parla di un incidenza che potrebbe arrivare al 15% per gli assegni più alti, o forse , per i lavoratori che scelgono volontariamente l'uscita dal mondo del lavoro. Questo sistema consente di limitare i costi per le casse dello Stato a 500-600 milioni di euro.

Sono allo studio però i sistemi per limitare al massimo l'incidenza dei costi finanziari , grazie ad agevolazioni e interventi statali, riservati a:

i lavoratori in difficoltà  come i disoccupati di lungo periodo e prossimi alla pensione;

le donne e

i soggetti che svolgono lavoro usurante.

Chi non rientra in queste categorie ma, avendo i requisiti anagrafici e contributivi visti sopra,  sceglie di uscire prima volontariamente, potrebbe essere maggiormente penalizzato dal costo del prestito .

Il Ministero del lavoro ha annunciato per l'ultima settimana di giugno 2016, due ulteriori incontri con i sindacati per individuare appunto  le fasce di lavoratori e i  requisiti per le agevolazioni finanziarie  che rendano accettabile il meccanismo dell'APE ad un pubblico più ampio .

Va ricordato comunque che la misura  allo studio , è sperimentale.




giovedì 11 agosto 2016

Riforma pensioni 2016: tutte le novità e le anticipazioni


I requisiti per la pensione anticipata oggi. La legge 214 2011 (Monti - Fornero) ha aumentato gradualmente  l’età pensionabile agganciandola alla speranza di vita e  prevedendo di arrivare a 70 anni nel 2050 con un minimo di 20 anni di contributi; di conseguenza  ha modificato  il requisito  contributivo per la pensione di vecchiaia  anticipata :

Nel 2016 ,con il sistema di calcolo misto retributivo-contributivo è pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini , e 41 anni e 10 mesi per le donne. Esso  continuerà ad aumentare arrivando nel 2050 a 46 anni e tre mesi per gli uomini e 45 e 3 mesi per le donne.

Per chi applica il sistema contributivo (ossia chi ha iniziato a lavorare dopo il 1.1.1996 ) si può optare per la pensione , con gli stessi requisiti oppure  con   età non inferiore a 63 anni e 7 mesi e un assegno pensionistico  non inferiore a 2,8 volte la pensione minima  (oggi circa 1250 euro).

Sono molte le novità che si prevedono in ambito pensionistico. Nel recente Documento di Programmazione Economico Finanziaria 2016,è stato confermata la volontà di modificare parzialmente il sistema pensionistico  ridefinito nel 2012 dalla Riforma Fornero con l'innalzamento dell'età per andare in pensione, ora non più fisso ma agganciato alla speranza di vita.

In particolare si pensa di introdurre misure per permettere maggiore flessibilità in uscita, ovvero la possibilità di anticipare il momento della pensione, con requisiti particolari e  una parziale  penalizzazione economica.

Si sta studiando alcune ipotesi che dovrebbero trovare realizzazione forse già nella prossima Legge di stabilità per il 2017.  Si inserisce in quest’ottica il confronto con i sindacati, in cui il ministro Poletti ha incontrato  i leader di CGIL, CISL e UIL  per discutere delle possibili soluzioni. E’ il secondo incontro sul tema tra Governo e parti sociali.

L’intento, come dichiarato appunto del DPEF dello scorso aprile è  di garantire “nell'ambito delle politiche previdenziali, la fattibilità di interventi volti a favorire una maggiore flessibilità nelle scelte individuali, salvaguardando la sostenibilità finanziaria e il corretto equilibrio nei rapporti tra generazioni, peraltro già garantiti dagli interventi di riforma che si sono susseguiti dal 1995 ad oggi". Il nodo delle risorse finanziarie infatti è il problema centrale.

L’Inps ha già pubblicato con la Circolare 92/2016 i nuovi importi di reddito per ottenere l'assegno, questo è il sostegno per le famiglie dei lavoratori dipendenti e dei pensionati da lavoro dipendente, i cui nuclei familiari siano composti da più persone e che abbiano redditi inferiori a quelli determinati ogni anno dalla Legge.

Per quest'anno il limite reddituale minimo nei nuclei familiari con entrambi i genitori e almeno un figlio minore in cui non siano presenti componenti inabili, resta lo stesso dello scorso anno e pari a 14.383,37 euro.

La legge n. 153/88 stabilisce, infatti, che i livelli di reddito familiare ai fini della corresponsione dell'assegno per il nucleo familiare sono rivalutati annualmente, con effetto dal 1° luglio di ciascun anno, in misura pari alla variazione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, calcolato dall'Istat, intervenuta tra l'anno di riferimento dei redditi per la corresponsione dell'assegno e l'anno immediatamente precedente. Dato che la variazione percentuale dell'indice dei prezzi al consumo è risultata negativa tra il 2014 ed il 2015 l'Inps ha confermato i medesimi livelli di reddito dello scorso anno.

Entriamo quindi nel merito dell'ennesimo aggiornamento sulla situazione degli esodati, un dossier che appare fondamentale per l'approvazione dell'8va e ultima salvaguardia in preparazione presso il Parlamento. Secondo i dati riportati dall'Inps, le salvaguardie finanziate sono state 172466, a cui però corrispondono tutele approvate per 128079 pensionandi, mentre le certificazioni non accolte sono 54509. In merito invece alle istanze in istruttoria, queste sono 1949, mentre il totale dei posti occupati corrisponde a 130028. Ne consegue che il totale dei posti rimanenti in favore dell'8va salvaguardia parlamentare corrisponde a 42438. Per quanto riguarda invece l'ultima salvaguardia (cioè la 7ma azione inserita all'interno  della legge di stabilità 2016), il totale delle domande accolte è stimato a 11525, mentre le non accolte sono 13875. Le pensioni liquidate finora con quest'ultimo provvedimento normativo corrispondono invece a 5466.

Possibilità di anticipare il pensionamento e incremento dei redditi disponibili per i pensionati meno ricchi. È verso questi obiettivi che si sta muovendo da mesi il governo nella messa punto di un piano, frutto di confronto con i sindacati, che vuole superare sostanzialmente due nodi dell’attuale sistema previdenziale-assistenziale: l’incremento dei requisiti per andare in pensione e l’adeguatezza dei trattamenti.

Lo scalino è quello che si è determinato dai requisiti previsti ante e post riforma previdenziale messa a punto d’urgenza nel 2011 dal governo Monti. Ci sono lavoratori che si sono visti posticipare la prima uscita utile di 4-5 anni. Per le situazioni più evidenti si è intervenuti con sette provvedimenti di salvaguardia che potenzialmente coinvolgeranno 172.466 persone e forse ce ne sarà un ottavo con la prossima legge di Stabilità. Per tutti gli altri, invece, si sta ragionando su come intervenire.

L’Ape (anticipo pensionistico) dovrebbe essere l’intervento principale, almeno in termini di platea potenziale di interessati, in quanto riguarda tutti i lavoratori dipendenti. L’impianto generale è chiaro: chi esce dal lavoro prima (fino a 3 anni e 7 mesi rispetto al requisito di vecchiaia) dovrà pagarsi la flessibilità tramite un prestito erogato dalle banche e da rimborsare in venti anni. Per le persone più in difficoltà è previsto un intervento compensativo dello Stato sotto forma di detrazioni fiscali. I dettagli, però, sono ancora da svelare e potranno fare la differenza. Perché sulle pensioni gli italiani sono sensibili e un costo troppo elevato, ma anche procedure complesse, potrebbero affondare lo strumento.Dal punto di vista tecnico, l’Ape, acronimo di anticipo pensionistico, che dovrebbe debuttare nel 2017, ruota intorno a un finanziamento che sarà erogato dalle banche a vantaggio del neo-pensionato e che servirà a pagare gli assegni nel periodo che precede il raggiungimento del requisito anagrafico standard per la pensione di vecchiaia. Successivamente tale somma verrà rimborsata dal pensionato in un arco temporale di vent’anni.

Il finanziamento sarà erogato dalle banche, ma per semplificare le procedure, è previsto un intervento dell’Inps che dovrebbe fare da “interlocutore” tra lavoratore e istituto di credito. L’intervento, e i costi, a carico dello Stato, saranno determinati dagli aiuti sotto forma di detrazioni, riconosciuti alle persone più in difficoltà, quali i disoccupati di lungo corso. Chi vorrà anticipare la pensione e avrà redditi medio-alti, invece, dovrebbe vedere l’operazione interamente a suo carico. Alcuni dettagli dell’operazione, però, non sono ancora stati definiti in attesa degli ulteriori incontri con i sindacati che si svolgeranno in settembre.





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