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sabato 20 maggio 2017

Pensioni: novità, proposte e calcoli



Fra le misure della riforma delle pensioni c’è il fermo agli adeguamenti alle speranze di vita per alcune categorie di lavoratori, in particolare precoci e addetti a mansioni usuranti. Non ci sono invece novità su questo fronte per le altre tipologie di pensioni, che quindi continuano ad applicare gli aumenti delle aspettative di vita previsti dalla legge.

Sul fronte pensioni, arrivano buone novità dall'associazione Lavoro e Welfare, presieduta da Cesare Damiano, che ha lanciato una petizione online per chiedere il sostegno dei lavoratori nei confronti del disegno di legge sulla flessibilità in uscita, il ddl 857. Il gruppo Pd sostiene il ddl: “Le diverse riforme in materia di pensioni dal 1992 a oggi hanno messo in sicurezza i conti pubblici. Tuttavia hanno lasciato molti problemi aperti, sui quali è importante discutere e intervenire al più presto” si legge nella petizione per ottenere la riforma delle pensioni. “La manovra Fornero non ha previsto la fase di transizione e ha irrigidito il sistema, determinando tra l’altro il problema degli esodati, cui si è cercato di rispondere con le sette salvaguardie. L’allungamento dell’età pensionabile, inoltre, frena l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Sosteniamo quindi la proposta di legge A.C. 857/2013 “Damiano-Gnecchi ed altri” che introduce la flessibilità in uscita, consente di lasciare il lavoro con un anticipo fino a quattro anni rispetto ai requisiti previsti, con penalizzazioni accettabili”.

La proposta di Damiano per la flessibilità delle pensioni prevede un pensionamento flessibile a partire dai 62 anni e 7 mesi di età e 35 anni di contributi con una penalità del 2% per ogni anno di anticipo rispetto all’età di 66 anni e 7 mesi, mentre per i lavoratori precoci si garantirebbe un’uscita unica a 41 anni di contributi. Nella petizione, inoltre, c’è la volontà di ulteriori interventi per rendere più equa la previdenza italiana con: 1) l’ottava e ultima salvaguardia degli esodati; 2) il monitoraggio di opzione donna per l’inclusione di altre lavoratrici; 3) un meccanismo adeguato di indicizzazione per le pensioni medio basse. Intanto, i lavoratori precoci sono tornati a chiedere con forza l’introduzione di quota 41 senza penalizzazioni sia sui palchi delle organizzazioni sindacali che negli studi di programma, come Quinta Colonna, che da sempre si occupano di pensionati e della flessibilità in uscita.

Novità hanno registrato l’intervento di Elsa Fornero al programma di Lucia Annunziata, nel quale ha ribadito di non condividere il ragionamento di mandare in pensione le persone a un’età ancora giovane (66 e 67 anni) per fare posto a quelle che sono più giovani è un modo di ragionare sbagliato, ma di approvare invece l’idea di una tutela per le persone che hanno cominciato da giovanissime a lavorate, come i precoci.

Sul fronte pensioni, lavoro ed occupazione, in base a quanto riporta l’agenzia Italpress il segretario della Uil Milano e Lombardia Danilo Margaritella, ha così dichiarato pochi giorni fa: “Noi registriamo, ancora, una disoccupazione giovanile molto forte, difficoltà nel ricambio generazionale con un sistema di flessibilità vero“, perché “l’ipotesi del part-time in uscita è come dare un’aspirina a un malato grave”, continua Margaritella e racconta di una giovane delegata della RSU della sua azienda, che all’attivo confederale, ha posto una domanda precisa ai 3 segretari nazionali: “‘siamo ancora un Paese che vive sul lavoro, come recita l’articolo 1 della Costituzione? Perché intorno a me vedo solo grandi difficoltà’. È un ragionamento emblematico”, commenta. Per risolvere “la difficoltà occupazionale e il disagio economico basterebbe prendere le risorse dall’evasione fiscale, dagli 80 mld di euro accumulati con la riforma Fornero fino al 2020”, spiega Margaritella. “C’è necessità di chiudere i rinnovi contrattuali, come i metalmeccanici e la funzione pubblica, della riforma delle pensioni, ci vuole buona volontà politica”.

Sul capitolo pensioni e lavoro, ieri giornata di sciopero del pubblico impiego per il rinnovo dei contratti nazionali e l’aumento delle retribuzioni ferme da oltre sei anni, la valorizzazione dei contratti di settore, il rilancio della contrattazione decentrata, il superamento dei vincoli della legge Fornero sulle pensioni e lo sblocco del turnover. Sono alcune delle richieste dei sindacati toscani in vista dello sciopero. I tre sindacati, Fp-Cgil, Cisl-Fp e Uil-Fpl e Uil-Pa hanno chiesto ancora di rafforzare il confronto regionale e aziendale sugli effetti della riforma del sistema socio sanitario regionale per valorizzare il lavoro e migliorare la qualità dei servizi; di garantire il posto di lavoro nei cambi di appalto e nei processi di riorganizzazione e un piano di assunzioni per mantenere la qualità e quantità dei servizi erogati e ridurre le liste di attesa in sanità ed infine aprire un confronto con la Regione sull’assetto istituzionale e delle funzioni, per scongiurare le ricadute occupazionali e sui servizi ai cittadini e alle imprese prodotte dalla riforma della pubblica amministrazione.

Sul fronte pensioni, novità importante quella introdotta grazie Miowelfare, start up innovativa, guidata da Angelo Raffaele Marmo, giornalista, esperto di welfare, già direttore generale della comunicazione del Ministero del Lavoro. Miowelfare, infatti, dopo una fase di test, rende ora operativa una nuova versione del pensionometro, uno strumento che stima quando si potrà andare in pensione e con quanto. Secondo quanto riportato da Adnkronos, il comparatore di Miowelfare si basa su algoritmi che permettono di stimare l’andamento futuro dei Piani. Pensionometro e comparatore, utilizzati insieme, consentono di determinare una stima della pensione pubblica, del momento in cui potrebbe essere percepita e della cifra di cui si compone, verificando il gap tra la prestazione e l’ultimo stipendio o reddito, e la possibilità di stabilire come colmare la differenza attraverso la previdenza complementare e, in particolare, attraverso i Pip.

Va fatta una premessa: attualmente per il 2017  l'età per andare in pensione e ricevere la pensione di vecchiaia è fissata a :

66 anni e sette mesi  per gli uomini ( sia autonomi che dipendenti , pubblici e privati) e le donne che lavorano nel settore pubblico;

65 anni e 7 mesi per le donne dipendenti del settore privato;

66 anni e 1 mese per le donne lavoratrici autonome.

Dal 2018,  per tutti , l'età è stata unificata dalla riforma Fornero e sarà  a 66 anni e 7 mesi

Da ricordare che alla pensione di vecchiaia hanno diritto tutti i lavoratori assicurati con la previdenza obbligatoria  e che all'età stabilita abbiano un anzianità contributiva di almeno 20 anni.

Per la pensione di anzianità , invece, cui si accedeva a prescindere dall'età  ma avendo un requisito contributivo più alto,  la riforma Monti- Fornero ha alzato i paletti e, definendola " pensione anticipata" a partire dal 2012  sono necessari almeno:

41 anni e 10 mesi di contributi  per le donne e

42 anni e 10 mesi per gli uomini sia nel pubblico che nel privato  con almeno 35 anni di  contribuzione effettiva.





giovedì 15 ottobre 2015

Pensioni 2016: flessibilità in uscita part-time agevolato


Flessibilità in uscita nella Legge Stabilità 2016, dai 63 anni un part-time volontario al 50% per tre anni, con contribuzione piena ai fini della pensione.

Se per le pensioni flessibili bisognerà aspettare il 2016 in stabilità entrerà comunque una misura di «invecchiamento attivo» per consentire ai lavoratori di optare per un part-time volontario con contribuzione piena negli ultimi tre anni di contratto. Il sistema sarebbe basato su un'intesa tra datore e dipendente: quest'ultimo opta per un part-time volontario (almeno al 50%) con la garanzia del versamento in busta paga dei contributi netti che l'azienda avrebbe dovuto versare all'INPS, mentre la contribuzione figurativa al cento per cento viene fiscalizzata. I beneficiari saranno tutti i dipendenti over 63 del settore privato e per l'azienda non ci sarebbero vincoli per nuove assunzioni.

Quindi alla fine, una prima misura di flessibilità entra nella Legge di Stabilità 2016: un part-time agevolato, per gli ultimi tre anni di lavoro prima della maturazione del requisito per ritirarsi, che si può scegliere a partire dai 63 anni: l’impresa pagherà comunque i contributi pieni così che, al momento della pensione, avrà un assegno senza decurtazioni.

E’ una forma di prepensionamento attivo, opzione volontaria del lavoratore. E’ quindi necessario un accordo fra datore di lavoro e dipendente. Il part-time dev’essere almeno al 50% dell’orario. Il lavoratore riceve in busta paga i contributi che l’impresa avrebbe dovuto versare all’INPS con il tempo pieno, ma il periodo in part-time è coperto da contribuzione figurativa. La pensione, quindi, sarà piena.

Esiste già una norma simile, inserita nel decreto ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro del Jobs Ac, che prevede la possibilità di un part time in vista delle pensione per i dipendenti a cui mancano al massimo due anni, nelle imprese che applicano contratti di solidarietà espansiva in forza di clausole che prevedano nuove assunzioni. Anche in questo caso, part-time al 50%, è necessario l’accordo del lavoratore.

Prevista anche una misura di solidarietà espansiva, tramite accordi collettivi. Uno scivolo per i lavoratori a due anni dalla pensione che possono optare per il part-time condizionato a nuove assunzioni. Nel dettaglio, la misura proposta in manovra dai tecnici del ministero del Lavoro prevede un part-time almeno al 50%. Per la quota non lavorata, tali occupati cumulano la pensione. Le aziende che opteranno per questo regime avranno degli sgravi sulle assunzioni di giovani lavoratori.

La forma di pensionamento agevolato con part-time in Legge di Stabilità si differenzia da quella del Jobs Act in una serie di punti fondamentali:

è accessibile a tre anni dalla pensione;

non è condizionata da alcun accordo di nuove assunzioni;

è una scelta volontaria del dipendente, che può accedere alla pensione con gradualità, con un meccanismo che consente di non dimezzare lo stipendio pur scegliendo un part time al 50%, e con la garanzia di ricevere alla fine un assegno pieno.

Rammentiamo che la Legge di Stabilità contiene anche altri due interventi, questi attesi, sul prepensionamento: una nuova salvaguardia esodati (la settima e, nelle intenzioni dell’esecutivo, l’ultima), e un prolungamento per l’intero 2015 dell’Opzione Donna. Sempre sulle pensioni, c’è l’innalzamento della no tax area per i pensionati.

«Per noi è indispensabile che nella legge di Stabilità siano contenuti alcuni interventi sul tema della previdenza». Lo dichiara Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera. «Siamo disponibili a esaminare anche le ipotesi di part time per gli over 63, pur sapendo che si tratta di una misura che non può essere considerata sostitutiva di un intervento strutturale sulla flessibilità», conclude Damiano «Sulla settima salvaguardia degli esodati - continua l'esponente - la Commissione Lavoro della Camera ha definito un testo che prevede la tutela di altri 26mila lavoratori, con l'impiego dei risparmi delle precedenti salvaguardie. Va risolta la questione relativa alla Opzione Donna, attraverso la correzione della circolare restrittiva dell'Inps, che per noi non ha bisogno di coperture finanziarie come del resto confermato nelle audizioni informali dallo stesso ministero del Lavoro».

«Per quanto riguarda il tema della flessibilità - aggiunge Damiano - abbiamo già sottolineato come l'annuncio del premier, che rimanda la misura al 2016, sia un errore. Si renderà necessario trovare soluzioni che traccino un cammino giudicato ormai da tutti irreversibile: infatti, l'attuale sistema pensionistico è troppo rigido e consentire un'uscita flessibile, a partire dai 62 anni, può evitare di aumentare il numero dei nuovi poveri, cioè di coloro che avendo perso l'occupazione rimangono per anni senza alcun sostegno, e favorire l'ingresso dei giovani nel lavoro attraverso il turn over».

lunedì 21 settembre 2015

Riforma pensioni: flessibilità in uscita, opzione donna, opzione uomo e blocca il turn over


L’ipotesi allo studio del governo. Giuliano Poletti riaccende le speranze  per chi spera nella flessibilità pensionistica:” Stiamo lavorando sulle riforma delle pensioni. Sappiamo che c'è un aspetto da risolvere legato a uno scalino alto che blocca il turn over introdotto dalla Legge Fornero.

Il Governo lavora all'uscita anticipata delle donne dal lavoro dal 2016 a 62-63 anni con 35 di contributi: si tratta di una nuova opzione donna - spiegano tecnici dell'Esecutivo - che prevedrebbe, invece del ricalcolo contributivo, una riduzione dell'assegno legata alla speranza di vita e pari a circa il 10% per tre anni di anticipo rispetto all'età di vecchiaia. Senza interventi sulla riforma Fornero le donne del settore privato l’anno prossimo si troveranno di fronte a un nuovo scalino con il passaggio dell’età di vecchiaia da 63 anni e 9 mesi a 65 anni e 7 mesi (1 anno e 10 mesi in più rispetto al 2015).

La penalizzazione sarebbe meno pesante perché non sarebbe previsto il ricalcolo contributivo sull'intera vita lavorativa (come nell’opzione donna che scade quest’anno) ma solo un sistema legato alla speranza di vita. In pratica chi decide di uscire prima avrà un assegno decurtato.

Si studia anche un meccanismo di flessibilità per gli uomini guardando però solo a coloro che hanno perso il lavoro a pochi anni dalla pensione. Si lavora a una sorta di opzione uomo (sempre con decurtazione legata alla speranza di vita) ovvero la possibilità di accedervi con 3 anni di anticipo rispetto all'età di vecchiaia (66 anni e 7 mesi dal 2016) con un taglio dell'assegno legato non al ricalcolo contributivo, ma all'equità attuariale, cioè al tempo più lungo di percezione dell'assegno. Il Governo - spiegano tecnici dell'Esecutivo - studia anche il prestito pensionistico e una sorta di assegno di solidarietà per le situazioni di maggiore disagio, ossia all'anticipo di una parte della prestazione da restituire una volta che si raggiungono i requisiti per la pensione. Per le situazioni di maggiore disagio si ipotizza una ''pensione di solidarietà'', ovvero una sorta di ammortizzatore sociale di accompagnamento alla pensione.

Vediamo le proposte di Cesare Damiano

Pensione anticipata. Tra le varie idee è quella che è risultata a lungo la più gradita ai pensionandi. La soluzione vedrebbe l’uscita dal lavoro esattamente come avveniva nella pensione di anzianità soppressa dalla Fornero ma con qualche anno di ritardo. Età minima 62 anni a cui aggiungere 38 anni di contributi, con 63 anni servirebbero invece 37 anni di versamenti e così via (nella formulazione originaria occorrevano 60 anni di età più 40 di contributi).  Oggi servono 42 anni e 6 mesi per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne per accedere alla pensione anticipata (che è il nome dell’istituto, sebbene molti intendono il termine come mera anticipazione della pensione). E’ una delle soluzioni più “difficili” da attuare a causa degli elevati costi: si stima una spesa superiore ai 10 miliardi.

Pensione flessibile con penalizzazioni decrescenti. Età minima 62 anni con 35 anni di contributi: si percepirebbe inizialmente un assegno decurtato dell’8% che andrebbe a scalare fino a raggiungere lo zero (quindi fine della penalizzazione) a 66 anni. Con 41 anni di contributi si conseguirebbe la pensione di vecchiaia indipendentemente dall’età, come accadeva quando era in vigore la pensione di anzianità (all'epoca bastavano 40 anni di contributi).

Sul tema dei pensionamenti flessibili, si potrebbe individuare una strada che si potrebbe tradursi in realtà un nuovo meccanismo di flessibilità, prendendo in esame l'ipotesi Damiano del pensionamento anticipato con la quota 97, seppur con una maggiore percentuale di penalizzazione per ogni anno mancante dal raggiungimento dei termini di pensionamento. Al posto del 2% iniziale, si potrebbe passare ad un 3 o 4%, con l'effetto di arrivare a toccare un tetto massimo attorno al 15% per coloro che decidessero di uscire dal lavoro attorno ai 62 anni di età.

L'intervento per rendere flessibile l'uscita in pensione ci sarà. Ma dovrà essere compatibile con il quadro dei conti pubblici e degli obiettivi definiti dal Def, il Documento di Economia e Finanza con il quale il governo ha definito le stime per il Paese nel prossimo futuro. E quindi non potrà che essere minimo, focalizzato sulle categorie con maggiori problemi. "Sono possibili correttivi per chi è vicino ai requisiti ma in difficoltà con il lavoro", ha spiegato il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan.

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