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domenica 1 maggio 2016

Sondaggio Demos-Coop: lavoro e ripresa, il 70% non ci crede


Il primo maggio si celebra la Festa del lavoro e un sondaggio condotto dall’Osservatorio di Demos-Coop, ha messo in luce come quasi 7 persone su 10 delle intervistate, ritengono che abbia senso celebrare questa giornata anche se sembra un sentimento più legato alla tradizione che altro.

Contrariamente alle indicazioni fornite dalle statistiche dell’Istat e riproposte dal governo, infatti, secondo il sondaggio una larga maggioranza della popolazione non crederebbe alla ripresa. Oltre 7 persone su 10 pensano che non sia vero, che l’occupazione sia ripartita e solo l’8%, invece, ritiene che il Jobs Act abbia funzionato. Mentre, secondo la maggioranza (40%), è ancora presto per vederne i risultati. Ma oltre 3 persone su 10 sono convinte che abbia perfino “peggiorato la situazione”. Le uniche “forme” di impiego effettivamente aumentate sarebbero, infatti, quelle del lavoro nero e quello precario. Così, infatti, la pensa circa il 70% degli italiani (interrogati da Demos-Coop).

Le  quali non vedono grandi cambiamenti nel futuro. Poco più di 2 persone su 10 (per la precisione: il 23%), infatti, contano che la loro situazione lavorativa possa migliorare, nei prossimi anni. Solo cinque anni fa questa sorta di “speranza di vita” – lavorativa – era coltivata da una componente molto più estesa: il 36%. Impiego pubblico, lavoro autonomo e da libero professionista, nel sondaggio di Demos-Coop sono guardati con interesse, ciascuno, da circa il 20% degli intervistati. Con una preferenza per l’attività professionale fra i giovanissimi (15-24 anni) e per l’impiego pubblico fra le persone adulte, ma anche fra i “giovani adulti” (25-34 anni). Così la pensano, almeno, i due terzi degli italiani (intervistati da Demos-Coop). E il 73% della popolazione ritiene che i giovani, per fare carriera se ne debbano andare all’estero. Un’opinione diffusa da tempo, ma mai come oggi, se cinque anni fa, nel 2011, era condivisa dal 56%. Dunque, la maggioranza degli italiani, ma oggi sono 17 punti in più.

È un segno che dimostra dell'incertezza che presente nella nostra società. Non solo nel lavoro. Due italiani su tre, infatti, ritengono inutile, oggi, affrontare progetti impegnativi, perché il futuro è troppo incerto e rischioso. Per questo, il lavoro preferito risulta il pubblico impiego. Infatti il posto, lavoro autonomo e da libero professionista, nel sondaggio di Demos-Coop sono guardati con interesse, ciascuno, da circa il 20% degli intervistati.

I dati di questo sondaggio trovano una corrispondenza, che è molto vicino all'incertezza generata dalla scomparsa, del futuro o pensare a progetti a lunga scadenza. Ed è necessaria, la figura della famiglia per accompagnare in giovani nel percorso precario fra studio e lavoro al che trovino una strada professionale. Per gli italiani è ancora giusto ricordare il Primo maggio, ma per la stragrande maggioranza è in aumento solo il precariato. Per il 40% è presto per vedere i risultati del Jobs Act, solo l’8% crede abbia funzionato. Mentre per il presidente uscente di Confindustria Giorgio Squinzi, sono stati fatti i primi passi avanti, ma sulle riforme il governo è "a metà dell'opera" e "Fatta una legge si è a metà dell'opera. Si deve fare in modo che la sua applicazione sia coerente con lo spirito della legge. Che regolamenti e decreti vengano varati e attuati facendo in modo che i giudici non siano costretti a interpretare, con conseguenze per l'industria e lo sviluppo".


giovedì 23 ottobre 2014

Bonus bebé, sarà mensile ma deve essere fatta domanda all'Inps



Secondo l'ultima versione circolata, si tratta di un contributo esentasse riconosciuto a partire dal 2015 per ciascun figlio (anche adottato) alle famiglie con reddito annuo sotto i 36mila euro ai fini Isee (90mila in termini di reddito complessivo). Il contributo, triennale, sarebbe assicurata a ciascun nucleo familiare con cinque o più figli, senza alcun limite di reddito. In termini pratici, il bonus dovrebbe essere corrisposto con un assegno in un'unica soluzione di 960 euro l’anno. L'effetto del bonus voluto dal premier a sostegno della natalità sarebbe 'sterilizzato' ai fini Irpef. Non aumenta cioè il reddito.

Intanto, sono circolate notizie tratte da nuove bozze della legge sul caso del bonus-bebè che sembrava dovesse essere conferito in un’unica soluzione annua, per un importo non inferiore ai 900 euro, solo alle famiglie con reddito basso, inferiore ai 30 mila euro annui, definiti con il metodo di calcolo dell’Isee. Ma il Tesoro è intervenuto per puntualizzare che il bonus verrà erogato mensilmente, anche per i figli adottati, e spetterà quando il reddito dei coniugi complessivamente al lordo non superi i 90 mila euro. La misura varrà per i bambini nati tra il 1° gennaio 2015 e il 31 dicembre 2017. Dunque le coperture riguarderanno un arco di tempo che va dal 2015 al 2020. Intanto si chiarisce la vicenda del pagamento delle pensioni il 10 di ciascun mese che aveva messo in allarme i sindacati.

Il bonus bebè, per esempio: non arriverà in modo automatico, ma per ottenerlo bisognerà fare domanda all'Inps. E’ quanto prevede la bozza finale della legge di Stabilità. Il bonus (960 euro l'anno) sarà erogato ogni mese per i bimbi nati o adottati tra il primo gennaio 2015 e il 31 dicembre 2017 (fino al terzo anno), a famiglie con reddito complessivo entro 90 mila euro.

Chi potrà usufruirne. Il bonus bebè sarà di 80 euro mensili e verrà concesso unicamente ai quei nuclei familiari il cui reddito ISEE non andrà oltre i 30.000 euro, a coloro che hanno un introito non soggetto a imposta, ai figli degli extracomunitari provvisti di un regolare permesso di soggiorno come minimo da 5 anni e che rientrino nei requisiti di reddito richiesti, ne potranno beneficiare anche le mamme di bambini adottati dal momento in cui il piccolo o grande che sia, entra a far parte della famiglia legalmente riconosciuto.

Il bonus bebè sarà a favore dei bambini nati dal 1 gennaio dell'anno 2015 al 31 dicembre 2017 e ne potranno beneficiare fino al terzo anno di età. Un provvedimeto del Ministro dell'Economia stabilito con i Ministri della Salute e del Lavoro fa sì che l'INPS in caso di cambiamenti possa disporre del potere di ricalcolare la somma annuale e il limite delle prospettive reddituali. La spesa che lo Stato dovrà affrontare per il bonus bebè sarà all'incirca di 500 milioni di euro solamente per l'anno 2015, mentre andrà ad aumentare nell'anno 2016, per il semplice motivo che i bambini nati nel 2015 seguiteranno a riscuotere l'incentivo assieme a quelli dell'anno 2016.


sabato 26 ottobre 2013

Federconsumatori quanto costa un figlio? da 0 a 18 anni 171 mila euro




Crescere e mantenere un figlio fino alla maggiore età sta diventando un lusso, con una spesa media che si aggira attorno ai 171 mila euro dalla nascita ai 18 anni, senza considerare che anche dopo la maturità in senso anagrafico le spese spesso ampliano. E' quanto ha rilevato uno studio dell'osservatorio nazionale Federconsumatori, che in questi anni ha effettuato numerose rilevazioni i cui risultati sono tutti concordi nel dimostrare quanto sia oneroso per una famiglia mantenere ed educare un figlio.

Come primo elemento si segnala che per un famiglia i costi diretti di mantenimento e crescita di un figlio fino a 18 anni comportano tra il 25% ed il 35% di spese in più rispetto ad una coppia senza figli. Chiaramente la spesa varia molto in base al reddito familiare. Per una famiglia con reddito disponibile netto di 34.000 euro annui crescere un figlio fino alla maggiore età costa mediamente 171.000 euro. Sempre prendendo come riferimento tale reddito familiare, inoltre, la spesa differisce a seconda della zona di residenza: in un'area urbana, ad esempio, il costo medio annuo può variare da 8.900 Euro al Sud e nelle Isole a 12.325 nel Nord Est. Le spese più consistenti riguardano i costi di abitazione, alimentazione e trasporti, rispettivamente pari al 29%, al 16% ed ancora al 16% del totale.

Un costo che, complessivamente, risulta invariato rispetto alla ricerca effettuata lo scorso anno: "E' interessante notare, però, il vero e proprio slalom messo in atto dalle famiglie per contenere il budget anche a fronte dell'aumento dei costi (nel periodo di riferimento vi è stato un incremento dell'Iva)". Aumenta, infatti, la spesa per i trasporti (energia, carburanti, assicurazioni) e quella per l'educazione, mentre i genitori tagliano sempre più quella per l'abbigliamento, per il tempo libero, per i servizi per la casa, intaccando persino la spesa per la salute. "Questo dimostra come oggi - dichiara Rosario Trefiletti, Presidente Federconsumatori - fare un figlio stia diventando un lusso riservato a pochi. Per questo rivendichiamo la necessità di politiche a sostegno della famiglia e della natalità".



sabato 17 novembre 2012

Legge di stabilità 2013 e detrazioni figli a carico


La legge di stabilità 2013 ha ritoccato al rialzo la detrazioni per carichi di famiglia e in particolare le detrazioni figli a carico. Queste detrazioni si applicano a seconda del reddito dichiarato.

Vediamo in modo analitico cosa è cambiato per le singole professionalità.

Per gli impiegati della pubblica amministrazione (con un reddito più o meno sotto i 30.000 euro), in una famiglia tipo con due figli entrambi sopra i tre anni, gli sconti ammontano a 1.382 euro, 218 in più del 2012. Nel caso di tre figli si sale a 2.166 euro, mentre per un figlio solo la detrazione è calcolata in 650 euro l'anno.

Nel caso di una famiglia con tre bambini, uno sotto i tre anni e gli altri due più grandi, il cui reddito sia compreso tra i 50.000 e i 60.000 euro (quello di un medico pubblico ad esempio) le detrazioni passeranno dagli attuali 1.414 euro ai 1.622 previsti dal prossimo anno, con un guadagno di 208 euro.

Con la stessa composizione famigliare ma con un reddito tra i 25.000 e i 30.000 euro (per esempio quello di un insegnante) la detrazione é invece di 2.371 euro, 304 in più di quella in vigore.

La differenza maggiore tra la vecchia e la nuova normativa la sentiranno le famiglie con un bambino disabile. Per i redditi più bassi, quelli sotto i 20.000 euro, e un figlio sotto i tre anni lo sconto arriva a 1.397 euro, 513 in più dell'attuale. Si passa a 1.304 euro se gli introiti annuali sono di 25.000 euro e a 1.211 se il reddito sale a 30.000. Lo sconto minimo per chi guadagna più di 60.000 euro è di 652 euro (239 in più di oggi). Se il bambino ha più di tre anni, si va invece da una detrazione massima di 1.239 euro per i redditi bassi (434 in più dell'attuale normativa) a 578 euro per i redditi più alti (203 in più rispetto al 2012).

Per calcolare  l’importo della detrazione spettante bisogna utilizzare la funzione inserita nelle istruzioni della dichiarazione dei redditi (con l’aumentare dei figli, ovviamente, cambiano i coefficienti da applicare).

Una famiglia con reddito di 10mila euro e un figlio
figlio con meno di tre anni: 1.220 moltiplicato per 85mila (differenza fra 95mila e reddito), diviso per 95mila, ossia 1.092 euro: + 287 euro rispetto agli 805 euro previsti con la precedente normativa.
figlio con più di tre anni: 950 per 85mila diviso 95mila, ossia 850 euro (+135 euro rispetto ai 715 euro di prima).

Una famiglia con reddito di 10mila euro e due figli
entrambi sotto i tre anni: 2.218 euro (+582 euro rispetto ai precedenti 1.636 euro)
solo uno sotto i tre anni: 1.973 euro da 1.623 euro (+350 euro).

Una famiglia con reddito di 20mila euro
un figlio sotto i tre anni: 963 euro (+273 euro rispetto ai 710 della precedente detrazione)
un figlio sopra i tre anni: 750 euro da 631 euro (quindi +119 euro)
due figli sopra i 3 anni: 1.555 euro contro i precedenti 1.309 (+246 euro)

Una Famiglia con reddito di 30mila euro
un figlio sotto i 3 anni: 835 euro contro i precedenti 615 euro (+220 euro)
un figlio sopra i 3 anni: 650 euro contro i precedenti 547 euro (+103 euro)

Una famiglia con reddito di 40mila euro
un figlio sotto i tre anni: 706 euro contro i precedenti 521 euro (+185 euro)
un figlio con più di tre anni. 550 euro contro i precedenti 463 euro (+87 euro)
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