domenica 16 settembre 2012

Lavoro e formazione nella scuola e nelle aziende

Gli ultimi dati pervenuti registrano che solo il 5% degli studenti delle scuole superiori (Istituti tecnici e professionali) hanno partecipato, nell’ultimo anno scolastico, a progetti che prevedevano alternanza di scuola lavoro. Questo accade nonostante un altro dato: il 2012 ha dimostrato che sono circa 22mila le assunzioni, che prevedono personale tecnico specializzato, ad essere considerate di difficile reperimento.

Nel mese di luglio è stato attivato il Comitato nazionale per l’alternanza scuola lavoro. Questo fa si che finalmente vengano attivati i DL n. 77 del 2005 e n. 22 del 2008, fino ad ora rimasti a bloccati e solo sulla carta; devono in pratica essere rimossi tutti gli ostacoli che vengono ad interrompere lungo il cammino dei giovani verso il lavoro. Unitamente a ciò devono essere definiti i modelli di certificazione delle competenze che gli studenti avranno modo di acquistare durante le loro esperienze di scuola/lavoro, esperienze che andranno a figurare sul loro curriculum.

Con l’anno scolastico 2012 – 2013 arriverà un nuovo organismo: il Politecnico professionale, esso rappresenta un modello di scuola superiore utile a cercare di colmare ulteriormente il divario presente tra scuola e lavoro e tra domanda e offerta d’impiego. I poli in questione saranno collegati direttamente con le zone produttive presenti sul territorio così che i loro studenti possano avere il modo di ricevere una formazione e delle esperienze lavorative a tutti gli effetti, sarà così facilitata la loro graduale entrata nel mondo del lavoro.

Vediamo le linee guida interpretative degli accordi di formazione, che sono molto vaste, ma i punti di maggior interesse riguardano sicuramente la formazione online, erogata cioè con il sistema di e-learning, e il regime transitorio degli accordi, che disciplina la validità della formazione già ricevuta e gli obblighi derivanti per le aziende dall'applicazione delle intese.

Quanto all'e-learning, le linee guida confermano che questa nuova tipologia di insegnamento è riferita a parti limitate della formazione obbligatoria e dunque non può essere utilizzata per l'intero percorso formativo di tutti i soggetti interessati.

Ai fini della validità della formazione deve essere possibile memorizzare le ore di collegamento, ovvero dare prova che l'intero percorso sia stato realizzato e deve essere garantita la possibilità di ripetere parti del percorso di apprendimento secondo gli obiettivi formativi, purché rimanga traccia delle ripetizioni in modo da tenerne conto in sede di valutazione finale.

Deve anche essere possibile stampare il materiale utilizzato per le attività formative. L’accesso ai contenuti successivi ai moduli iniziali «deve avvenire secondo un percorso obbligato (che non consenta di evitare una parte del percorso)».

La formazione online non è ritenuta correttamente rispettata se è erogata per mezzo della semplice trasmissione di lezioni "frontali" a distanza: è richiesta, al contrario, la presenza dei requisiti di interattività della formazione e di soggetti (tutor e/o docenti) che possiedano determinate caratteristiche.

Per quanto riguarda la disciplina transitoria, ci sono alcune importanti precisazioni: il termine per completare il percorso formativo per dirigenti è di 18 mesi (si veda lo schema in alto), a meno che le modalità della formazione dei dirigenti non siano individuate da accordi aziendali. In questo caso, il termine entro cui programmare e completare l'attività è di 12 mesi a partire dall'11 gennaio 2012, data di pubblicazione degli accordi (dunque entro l'11 gennaio 2013).

Gli accordi individuano solo per il futuro la disciplina della formazione e pertanto sono esonerate le aziende che abbiano già pienamente rispettato le precedenti disposizioni in materia ed effettuato la formazione in base alle "vecchie" disposizioni degli articoli 37 e 38 del Dlgs 81 del 2008, che non prevedevano un monte ore minimo per ritenere valida la formazione.

Se la formazione è stata svolta da più di cinque anni prima della pubblicazione dell'accordo, prima dell'11 gennaio 2007, l'aggiornamento andrà realizzato secondo le nuove modalità entro 12 mesi dall'11 gennaio 2012. La validità dei corsi pregressi solo se il datore di lavoro riesce a dimostrare - con documenti o con qualunque altro mezzo idoneo - l'effettiva partecipazione dei lavoratori ai corsi. Diversamente tutto il percorso formativo non potrà essere ritenuto valido e l'imprenditore soggiacerà ai nuovi obblighi imposti dagli accordi.

Fabbrica Italia, serve chiarezza per il futuro del lavoro e dei lavoratori


Il governo dei tecnici è sceso in campo e, in un clima di grande fibrillazione, sollecitato da sindacati e politici, ha chiesto alla Fiat "di fare al più presto chiarezza al mercato e agli italiani" sugli impegni per il Paese. I contatti con Sergio Marchionne, sono continui da giorni e non è escluso che per la prossima settimana, ci possa essere un incontro. Nessuna convocazione ufficiale, chiarisce il ministro del lavoro, Elsa Fornero. "Vorremmo approfondire con Marchionne – ha spiegato - che cosa ha in mente per i suoi piani d'investimento e per l'occupazione nel Paese. Non ho il potere di convocare l'ad di una grande azienda, ma gli ho dato alcune date disponibili. Non ci ha ancora risposto, ma confido che potremo incontrarci nei prossimi giorni. Non convoco nessuno ma vorrei discutere". Per la Cgil, «la Fiat ha preso in giro tutto il paese».

«Che l'attenzione sul settore auto e sulla Fiat sia massimo é ovvio - ha spiegato il ministro Corrado Passera ma Fiat é una società quotata che ha degli obblighi di comunicazione verso i mercati, quindi non é possibile fare una cronaca minuto per minuto di ogni contatto e di ogni telefonata. Vogliamo capire fino in fondo le implicazioni di una serie di annunci che si sono susseguiti e che non permettono ancora di comprendere le strategie di Fiat in Italia». Le scelte dell'azienda, ha confermato poi il ministro, «sono un tema da seguire fortemente per assicurare che l'Italia abbia il massimo ruolo nei piani di sviluppo di Fiat. Però non sarà certo il governo a sostituirsi alle responsabilità imprenditoriali e a prendere le decisioni di investimento dell'azienda».

Nel suo intervento, il ministro  Passera ha poi confermato l'occupazione come la principale preoccupazione del Governo: «Il lavoro é la priorità numero uno sapendo che la crescita sostenibile può venire se si rimuovono gli elementi che hanno bloccato il Paese e portato alla non competitività.

Bisogna risolvere problemi di fondo, elementi di non coesione sociale, ma la crescita non ha soluzioni facili, la crescita passa attraverso molte leggi ed é sempre andata in parallelo con il rigore». Nel decreto Crescita due, «che avevamo previsto e confermiamo entro il mese di settembre», ha aggiunto poi Passera, ci sarà «un capitolo importante sull'agenda digitale, un capitolo sulle start up, per facilitare la loro nascita, e ancora molta semplificazione. Come previsto, anche settembre ha la sua parte di crescita e sviluppo».

Susanna Camusso sul palco della festa del sindacato a Roma, non ha risparmiato attacchi al Lingotto: «Siamo stati tutti presi in giro come paese da un'azienda che allora come oggi non vuole fare investimenti in questo paese». «Quanti stabilimenti deve ancora chiudere la Fiat per dire che vuole andare via dal Paese? È ora che il governo prenda in mano la situazione. Il Governo non deve chiedere a Fiat cosa ha intenzione di fare ma dica a Fiat cosa il paese intende fare. Basta con le telefonate, "mi hanno rassicurato"».«Di mese in mese - ha spiegato - gli appuntamenti sono stati rinviati, i modelli non ci sono e la Cig aumenta». «Siamo preoccupatissimi», ha poi concluso.

"Chiedo con insistenza a Marchionne – ha sostenuto Raffaele Bonanni - di arrivare a un chiarimento pubblico con noi prima di presentare il piano a ottobre per fugare ogni equivoco. Se salta la Fiat centinaia di migliaia di persone nel centro-sud sono nei guai".

I tagli delle Poste Italiane in 2mila rischiano il posto di lavoro


Per anni sono andati in giro con una scritta sulla schiena: “Stiamo consegnando corrispondenza per conto di Poste Italiane”, ovvero “non siamo postini”. Sono i lavoratori degli appalti postali e il loro posto è a rischio, perché Poste italiane ha cominciato a “razionalizzare” e “reinternalizzare”. Questa fantomatica razionalizzazione tocca più di duemila tecnicamente “non-postini”.

C’è chi da marzo del 2012 non riceve lo stipendio, chi è già in cassa integrazione e chi ha i giorni contati per entrarci. “Siamo a rischio estinzione”, hanno denunciato più volte nei loro appelli su internet e durante lo sciopero nazionale indetto il 2 luglio scorso dalla Cgil.

Ricordiamo che è dal 1999 che Poste Italiane ha deciso di affidare a società esterne alcuni servizi: all’epoca l’amministratore delegato della società era l’attuale ministro dello Sviluppo Corrado Passera.

Vediamo come funziona questo lavoro in appalto. Si svolge su tre binari: ci sono quelli che lavorano e lavoreranno in futuro con le nuove gare, una volta assegnate; ci sono i lavoratori che manterranno il posto di lavoro sino a scadenza proroga, e quelli che sono in cassa integrazione.

Il recapito della corrispondenza, soprattutto per i "civici ad alto traffico" - ad esempio quelli delle grandi amministrazioni pubbliche che ricevono centinaia di comunicazioni e raccomandate ogni giorno - è da sempre gestito da operatori privati, spesso società ex concessionarie. Con un aggravio nei costi e una filiera così non controllata a dovere (è la versione di Poste Italiane), ma «una migliore qualità del servizio per capillarità e puntualità» (è la tesi delle imprese del settore, alcune di loro ora riunitesi sotto il cappello della Cna, la confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola media e impresa).

Nel 2007, la presunta svolta che sembrava aver risolto l'impasse: l'accordo firmato da Poste Italiane e le organizzazioni sindacali di categoria, con il quale l'ex monopolista di Stato otteneva la garanzia di "internalizzare" il recapito della corrispondenza (in modo da razionalizzare i costi date le ingenti perdite in un settore non più "core") e al tempo stesso affidava "quote di attività aziendali" alle imprese appaltanti «diverse dalla consegna delle raccomandate».

Una logica di scambio tesa a garantire determinati livelli di occupazione. Quell'accordo, però, non è mai stato esplicitato a dovere, ed è rimasto una lettera morta e pesando sull'indotto dei corrieri espresso. Ha detto Valter Recchia, referente Cna per le agenzie di recapito, che ora «la soluzione per salvare i posti di lavoro sarebbe quella di attivare una nuova partnership tra Poste Italiane e le imprese del settore, prevedendo la consegna non solo delle raccomandate, ma anche - perché no - dei farmaci, nelle sedi periferiche, nelle aree più svantaggiate del Paese, nelle comunità montane, dove il servizio universale non è redditizio».

Su questa vertenza si è sovrapposta un'altra, che riguarda gli esuberi interni a Poste Italiane, dopo il piano di razionalizzazione degli uffici postali previsto dalla spending review (si parla di 1.152 uffici in tutta Italia). Lo sciopero unitario di tutte le sigle sindacali del settore previsto per il 12 ottobre per scongiurare il "piano di ristrutturazione" di Poste Italiane potrebbe però svuotare la chiamata alla mobilitazione dei lavoratori in subappalto, perché è il segnale che la coperta è davvero corta e ogni tentativo di perdere altro tempo nei loro confronti rischierebbe di essere pura demagogia.
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...
BlogItalia - La directory italiana dei blog