Il progetto “Dote Lavoro – Tirocini per i giovani”, portato avanti dalla Regione Lombardia allo scopo di favorire l'ingresso dei giovani nel mercato del lavoro, coinvolge anche la categoria dei consulenti del lavoro Milano, e in generale tutti i consulenti del lavoro operativi sul territorio regionale.
L'intervento fa parte di una serie di politiche legate alla sempre più diffusa necessità di valorizzare i giovani, soprattutto al primo impiego, promuovendo la loro occupazione, sviluppando un'ottica di pari opportunità tra uomini e donne e incentivando le aziende private ad aumentare la domanda di personale nuovo e qualificato.
In questo senso Regione Lombardia e la Commissione Regionale per le Politiche del Lavoro e della Formazione si fanno promotrici di un progetto importante, con al centro una serie di incentivi alle imprese. Un interessante contributo volto all'attivazione di tirocini formativi e di orientamento, per sostenere attivamente il miglioramento della qualità della vita dei giovani cittadini lombardi, l'accesso e la permanenza nel mondo del lavoro.
Il progetto “Dote Lavoro – Tirocini per i giovani”, le cui risorse finanziarie disponibili ammontano a 6 milioni di euro, è rivolto a giovani tra i 18 e i 29 anni, con residenza o domicilio in Lombardia, neolaureati, neodiplomati o neoqualificati e non occupati da almeno 6 mesi.
Il tirocinio formativo prevede una dote di € 1.000 per il soggetto promotore e ha durata pari a 6 mesi ma, qualora l'azienda ospitante scelga di convertirlo in rapporto di lavoro, può concludersi anticipatamente dopo 3 mesi dalla data di inizio. Entro tre mesi dalla conclusione del tirocinio l'azienda può inoltre decidere di assumere il giovane con un contratto di lavoro subordinato di minimo 12 mesi, accedendo così ad un contributo salariale di massimo € 8.000, a seconda che il rapporto sia full-time o part-time.
I consulenti del lavoro Milano e Lombardia possono quindi attivare il tirocinio formativo e di orientamento tramite l'ente accreditato Fondazione Consulenti per il Lavoro, beneficiando di uno strumento utile sia per i giovani che per il mercato.
lunedì 28 gennaio 2013
domenica 27 gennaio 2013
Lavoro: tfr, fondi di previdenza, e fondi pensione per il 2013
Ricordiamo che l’istituto del fondo TFR garantisce un fondo finanziato da un contributo pari alla quota maturata da ciascun lavoratore del settore privato a decorrere dal 1° gennaio 2007, e non destinata alle forme pensionistiche complementari.
La normativa TFR differenzia le aziende con meno o più di 50 dipendenti. Per le prime, se il lavoratore sceglie di mantenere la destinazione TFR nella sua forma originaria, nulla cambia. Per le aziende che hanno più di 50 dipendenti, invece, la scelta del dipendente di mantenere la destinazione TFR nella forma di liquidazione comporterà che la quota di TFR non sia più mantenuta all'interno del sistema contabile della azienda, ma venga dalla stessa versata all'INPS che si occuperà di rivalutarlo e renderlo disponibile al lavoratore al momento del suo allontanamento dall'azienda.
Nel caso di TFR silenzio-assenso, nel momento della scelta è stato trasferito per legge alla forma pensionistica complementare di categoria (per i metalmeccanici Fondo Cometa), oppure, nel caso il contratto del lavoratore non preveda un fondo di categoria , presso una forma pensionistica residuale istituita presso l'INPS.
Esiste poi per le aziende la possibilità di stipulare un accordo con i propri dipendenti (direttamente o tramite le rappresentanze sindacali) mediante il quale dare al lavoratore una terza alternativa per la costruzione del proprio piano di integrazione pensionistica, ovvero l'adesione a fondi pensione o fondi TFR (di solito istituiti da società di gestione del risparmio o da società assicurative).
Qualora il dipendente decida di fare confluire il suo “guadagno” ad un fondo pensione, la destinazione a TFR (sia per adesione ad un fondo di categoria che per adesione ad un fondo stabilito da accordo collettivo con il datore di lavoro), oltre che versa al fondo potrà godere del versamento di un contributo obbligatorio da parte del datore di lavoro e decidere poi di versare un contributo volontario.
Rimangono esclusi dall’obbligo contributivo le situazioni inerenti lavoratori con rapporto di lavoro di durata inferiore a 3 mesi, ai lavoratori a domicilio, agli impiegati quadri e dirigenti del settore agricolo nonché ai lavoratori per i quali i Contratti collettivi prevedono la corresponsione periodica delle quote maturate ovvero l’accantonamento TFR delle stesse presso soggetti terzi.
In ogni caso, con la legge TFR (istituzione del fondo TFR), il trattamento di fine rapporto è stato tolto alle imprese con più di 50 dipendenti e trasferito a soggetti esterni.
Il lavoratore dipendente, durante lo svolgimento del rapporto di lavoro, ha diritto a chiedere un'anticipazione del TFR. In quanto credito, il dipendente, con almeno 8 anni di anzianità lavorativa presso lo stesso datore di lavoro, può chiedere (una sola volta) un'anticipazione del credito maturato, con i vincoli previsti all'art. 2120 C.C., C. 6, C.C.)
L’anticipo TFR può essere richiesto dai lavoratori dipendenti pubblici o privati secondo determinate condizioni e con una richiesta al datore di lavoro:
acquisto prima casa, l'atto può essere intestato alla moglie in regime di comunione dei beni con il coniuge che chiede l'anticipazione;
cure sanitarie ed ospedaliere, sono finanziabili le spese sanitarie necessarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche.
L’anticipo TFR non può eccedere del 70% della cifra accantonata alla data della richiesta.
I datori di lavoro sono obbligati a soddisfare le richieste di anticipo della liquidazione dei dipendenti entro il 10% degli aventi titolo e comunque nei limiti del 4% del numero totale dei dipendenti. Infine è possibile ottenere l’anticipazione del TFR una sola volta nel corso di uno stesso rapporto di lavoro.
In ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto ad un trattamento di fine rapporto. Tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all'importo della retribuzione dovuta per l'anno stesso divisa per 13,5.
In caso di sospensione della prestazione di lavoro nel corso dell'anno al lavoratore dipendente deve essere computato nella retribuzione l'equivalente a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro.
L'anticipazione può essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto di lavoro e viene detratta, a tutti gli effetti, dal trattamento di fine rapporto. Nell'ipotesi di cui all'articolo 2122 la stessa anticipazione è detratta dall'indennità prevista dalla norma medesima. Condizioni di miglior favore possono essere previste dai contratti collettivi o da patti individuali. I contratti collettivi possono altresì stabilire criteri di priorità per l'accoglimento delle richieste di anticipazione".
Iscrivendosi ad un fondo pensione si può scegliere il proprio profilo di investimento all'atto della scelta del fondo. Esistono due tipologie di scelta. Una linea più soft di tfr fondi pensioni che è quella dei fondi che investono in obbligazioni, e quella più rischiosa per i guadagni e il capitale investito è la linea fondi che investe in azioni. Ai sottoscrittori di fondi di investimento pensioni che questi sono strumenti finanziari comunque rischiosi, l'entità del guadagno o della perdita dipende dal comportamento delle borse e dei mercati azionari. Quanto più un fondo vi consente di guadagnare (fondo speculativo) tanto più è rischioso per il vostro capitale.
La performance di un fondo pensione dipende dalla capitalizzazione individuale specifica di ciascun lavoratore e dal coefficiente di rendita che viene stabilito contrattualmente (tramite un accordo tra la gestione del fondo e una compagnie assicurativa che deve coprire il rischio).
La posizione individuale di ogni lavoratore sottoscrittore dipende da: contribuzione versata (somma delle quote del datore di lavoro - se negoziale -, del lavoratore e tfr); rendimento del fondo, rendimenti effettivi al netto dei costi di gestione del fondo (se il fondo è senza fini di lucro i costi sono bassi).
La maggior parte delle aziende e le organizzazioni sindacali hanno promosso la costituzione dei fondi pensione negoziali stipulando accordi per destinare a queste istituzioni versamenti paritetici da parte delle imprese e dei lavoratori e quote di TFR dei lavoratori. Aderendo alla previdenza complementare si ha l’opportunità di incrementare la pensione futura evitando un drastico ridimensionamento del reddito pensionistico disponibile al termine dell’attività lavorativa.
Con il 2013 i Piani Previdenziali Individuali rappresentano una vera e propria polizza assicurativa che porta all’erogazione di prestazioni pensionistiche integrative. La peculiarità è di essere a carattere individuale, offrendo al lavoratore maggiore flessibilità di versamenti. Questi possono infatti essere interrotti e poi ripresi senza interruzioni del contratto e senza penalizzazioni. Questi possono infatti essere interrotti e poi ripresi senza interruzioni del contratto e senza penalizzazioni.
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Guida al contributo di licenziamento per colf e badanti
I lavoratori domestici sono domestici coloro che prestano un’attività lavorativa continuativa per le necessità della vita familiare del datore di lavoro come ad esempio colf, assistenti familiari o baby sitter, governanti, camerieri. Rientrano in questa categoria anche i lavoratori che prestano tali attività presso comunità religiose (conventi, seminari), presso caserme e comandi militari, nonché presso le comunità senza fini di lucro, come orfanotrofi e ricoveri per anziani, il cui fine è prevalentemente assistenziale.
Il rapporto di lavoro può cessare per libera volontà del lavoratore e del datore di lavoro, a condizione che si dia regolare preavviso all'altra parte.
In caso di licenziamento, per il rapporto di lavoro con impegno superiore a 24 ore settimanali il preavviso dovrà essere:
15 giorni di calendario, fino a cinque anni di anzianità presso lo stesso datore di lavoro;
30 giorni di calendario, oltre i cinque anni di anzianità presso lo stesso datore di lavoro.
Per il rapporto di lavoro con impegno fino a 24 ore settimanali il preavviso dovrà essere:
8 giorni di calendario, fino a due anni di anzianità;
15 giorni di calendario, oltre i due anni di anzianità.
Tali termini sono ridotti del 50% nel caso di dimissioni da parte del lavoratore.
In caso di mancato preavviso da parte del datore di lavoro è dovuta al lavoratore un’indennità pari alla retribuzione corrispondente al periodo di preavviso spettante.
In caso di dimissioni invece, al lavoratore che non effettua la prestazione nel periodo di preavviso viene
trattenuta dalla liquidazione l’importo che gli sarebbe spettato in tale periodo.
Dal 1° gennaio 2013 chi licenzia una collaboratrice domestica dovrà versare fino a 1.450 euro. La somma si aggiunge al Tfr e alla 13esima e vale per i licenziamenti per giusta causa: ad esempio quando la colf non viene al lavoro o ha rubato in casa.
Diciamo che sono veri e propri nuovi contributi dovuti all’Ente di previdenza (Inps) anche se c'è giusta causa, e non va pagata solo se è il lavoratore a dimettersi o se ovviamente il contratto viene risolto consensualmente.
Quindi con le nuove norme sul lavoro anche per i collaboratori domestici, come per gli altri lavoratori dipendenti, la riforma del mercato del lavoro approvata dal governo Monti prevede il «contributo di licenziamento» che può arrivare fino a 1.450 euro. Una somma che il datore di lavoro deve versare obbligatoriamente all'Inps e che si aggiunge al trattamento di fine rapporto e alla quota della tredicesima già maturata. E’ un vero e proprio esborso che servirà a finanziare l'Aspi e la mini Aspi, cioè le due assicurazioni sociali per l'impiego che proprio a partire dal primo gennaio del 2013 sostituiscono l'indennità di disoccupazione.
Per calcolare quanto si dovrà versare all'Inps si deve devono considerare per ogni anno di anzianità lavorativa 438,80 euro. Se l'anzianità di servizio è inferiore all'anno, andranno conteggiati soltanto i mesi effettivamente lavorati. Dunque, sei mesi di lavoro come colf corrispondono alla metà della quota: 241,90 euro. In ogni caso non è possibile conteggiare più di tre anni: con un tetto massimo di 1.451,40 euro.
L’Assindatacolf, l'Associazione sindacale fra datori di lavoro dei collaboratori familiari ha sostenuto che: «Il contributo è previsto in tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato successivi al primo gennaio del 2013». E riguarda anche i licenziamenti per giusta causa o giustificato motivo, che possono scattare, per esempio, quando la colf o la badante non si presenta più al lavoro.
Il rapporto di lavoro può cessare per libera volontà del lavoratore e del datore di lavoro, a condizione che si dia regolare preavviso all'altra parte.
In caso di licenziamento, per il rapporto di lavoro con impegno superiore a 24 ore settimanali il preavviso dovrà essere:
15 giorni di calendario, fino a cinque anni di anzianità presso lo stesso datore di lavoro;
30 giorni di calendario, oltre i cinque anni di anzianità presso lo stesso datore di lavoro.
Per il rapporto di lavoro con impegno fino a 24 ore settimanali il preavviso dovrà essere:
8 giorni di calendario, fino a due anni di anzianità;
15 giorni di calendario, oltre i due anni di anzianità.
Tali termini sono ridotti del 50% nel caso di dimissioni da parte del lavoratore.
In caso di mancato preavviso da parte del datore di lavoro è dovuta al lavoratore un’indennità pari alla retribuzione corrispondente al periodo di preavviso spettante.
In caso di dimissioni invece, al lavoratore che non effettua la prestazione nel periodo di preavviso viene
trattenuta dalla liquidazione l’importo che gli sarebbe spettato in tale periodo.
Dal 1° gennaio 2013 chi licenzia una collaboratrice domestica dovrà versare fino a 1.450 euro. La somma si aggiunge al Tfr e alla 13esima e vale per i licenziamenti per giusta causa: ad esempio quando la colf non viene al lavoro o ha rubato in casa.
Diciamo che sono veri e propri nuovi contributi dovuti all’Ente di previdenza (Inps) anche se c'è giusta causa, e non va pagata solo se è il lavoratore a dimettersi o se ovviamente il contratto viene risolto consensualmente.
Quindi con le nuove norme sul lavoro anche per i collaboratori domestici, come per gli altri lavoratori dipendenti, la riforma del mercato del lavoro approvata dal governo Monti prevede il «contributo di licenziamento» che può arrivare fino a 1.450 euro. Una somma che il datore di lavoro deve versare obbligatoriamente all'Inps e che si aggiunge al trattamento di fine rapporto e alla quota della tredicesima già maturata. E’ un vero e proprio esborso che servirà a finanziare l'Aspi e la mini Aspi, cioè le due assicurazioni sociali per l'impiego che proprio a partire dal primo gennaio del 2013 sostituiscono l'indennità di disoccupazione.
Per calcolare quanto si dovrà versare all'Inps si deve devono considerare per ogni anno di anzianità lavorativa 438,80 euro. Se l'anzianità di servizio è inferiore all'anno, andranno conteggiati soltanto i mesi effettivamente lavorati. Dunque, sei mesi di lavoro come colf corrispondono alla metà della quota: 241,90 euro. In ogni caso non è possibile conteggiare più di tre anni: con un tetto massimo di 1.451,40 euro.
L’Assindatacolf, l'Associazione sindacale fra datori di lavoro dei collaboratori familiari ha sostenuto che: «Il contributo è previsto in tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato successivi al primo gennaio del 2013». E riguarda anche i licenziamenti per giusta causa o giustificato motivo, che possono scattare, per esempio, quando la colf o la badante non si presenta più al lavoro.
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