sabato 16 febbraio 2013

Ministero del Lavoro la circolare n. 3 del 2013 sul Tfr e retribuzione


Il tentativo obbligatorio di conciliazione può allargare la propria efficacia fino a diventare una sorta di accordo "omnibus": trattandosi infatti di una procedura a carattere conciliativo, il ministero del Lavoro ha precisato nella circolare 3/2013 che in questa intesa è possibile comprendere altre questioni di natura economica inerenti al rapporto di lavoro come, ad esempio, le differenze retributive, le ore di lavoro straordinario o il trattamento di fine rapporto.

Quindi sono i tre binari su cui si articola la circolare n. 3/2013 del ministero del Lavoro sulla conciliazione obbligatoria preventiva (articolo 7 della legge 604/1966, modificato dalla legge Fornero 92/2012, articolo 1, comma 40). Senza dimenticare l'obbligo di pagamento del ticket sui licenziamenti scattato il 1° gennaio scorso, che va versato a prescindere dall'esito della conciliazione, salvo le ipotesi – in via transitoria fino al 2015 – di licenziamento per cambio appalto e chiusura cantiere in edilizia. Le imprese e la casistica. La conciliazione preventiva è un vero e proprio percorso a tappe.

Obbligatorio per i datori di lavoro che occupano più di 15 lavoratori (in base alla legge 300/1970) e che effettuano licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo, vale a dire per motivi inerenti all'attività produttiva e all'organizzazione del lavoro. Il Ministero del Lavoro ha precisato che il calcolo della base numerica – per il rispetto della disposizione – deve essere effettuato tenendo conto della media dei lavoratori occupati negli ultimi sei mesi, secondo i consolidati indirizzi della giurisprudenza in materia. Il computo dell'organico deve essere depurato dalle tipologie contrattuali escluse per effetto di disposizioni legislative ad hoc, come i rapporti di apprendistato, i lavoratori somministrati, e così via.

Rientrano invece nel conteggio i lavoratori a tempo parziale, "pro-quota" rispetto all'orario normale contrattuale, così come i lavoratori intermittenti.

Con riferimento alle ipotesi di recesso, la circolare ha precisato che, oltre alle ipotesi per legge  di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, rientrano nell'obbligo di conciliazione anche i licenziamenti intimati per inidoneità fisica, per impossibilità di ripristino (destinazione del lavoratore ad altre mansioni), per chiusura di cantiere in edilizia e quelli conseguenti a provvedimenti di natura amministrativa (si pensi al ritiro del porto d'armi per una guardia giurata).

La procedura si sviluppa in tre fasi  per intraprendere la conciliazione:

il datore di lavoro deve trasmettere alla Direzione Territoriale del Lavoro DTL competente per territorio (in base al luogo di attività del dipendente), e per conoscenza al lavoratore, una comunicazione in cui manifesta la volontà di intimare il licenziamento e indica i motivi alla base di questa scelta;

quando la Dtl riceve la comunicazione, la procedura si intende avviata, e la convocazione delle parti avviene entro il termine perentorio di sette giorni;

entro 20 giorni da questa convocazione, la conciliazione deve concludersi (salvo il caso di sospensione o richiesta delle parti).

Fatte salve le eccezioni per l'edilizia indicate in precedenza, qualunque sia l'esito della procedura – recesso o risoluzione consensuale del rapporto – il datore di lavoro è tenuto a versare all'Inps il ticket sui licenziamenti introdotto dalla riforma per finanziare l'Aspi (articolo 2, comma 31 della legge 92/2012): ora il ticket può arrivare fino a 1.376 euro, ma si attende ancora la rivalutazione per il 2013.

Se la conciliazione sfocia in un accordo di risoluzione consensuale, il lavoratore potrà fruire dell'Aspi solo se ha i requisiti previsti: in questa ipotesi, il sussidio va corrisposto anche per le risoluzioni avvenute dal 18 luglio 2012 (messaggio Inps n. 20830/2012).

Un'altra criticità potrebbe derivare dalla gestione della "sospensione" del rapporto durante la procedura, fino alla sua cessazione: se il lavoratore ha continuato a prestare la propria attività, questo periodo deve essere considerato come preavviso lavorato, anche nei casi in cui il relativo periodo disposto dal Ccnl è inferiore alla durata del procedimento di conciliazione. Una stortura a cui il datore di lavoro potrebbe ovviare specificando nella comunicazione di avvio della procedura che la prestazione lavorativa non è richiesta e impegnandosi a corrispondere l'indennità di mancato preavviso.

È giusto sottolineare l'importanza che durante la procedura sia osservato con cura: la motivazione del licenziamento è rimessa alla valutazione del datore di lavoro, ma il recesso intimato in violazione degli obblighi sulla conciliazione è inefficace, con l'applicazione di un'indennità risarcitoria a favore del lavoratore, che il giudice può determinare tra un minimo di sei e un massimo di dodici mensilità.

Il difetto di motivazione potrebbe portare a conseguenze sanzionatorie ben più pesanti nel momento in cui, in caso di contenzioso giudiziale, il licenziamento fosse classificato in ipotesi diverse da quella del giustificato motivo oggettivo. La mancata attivazione della conciliazione obbligatoria può comunque essere sanata se le parti intendono attivare una conciliazione in sede sindacale dopo il licenziamento: in questa ipotesi, il recesso dà luogo all'Aspi.
In queste ipotesi, il lavoratore deve essere pienamente consapevole della definitività e inoppugnabilità dell'intesa che andrà a sottoscrivere (in base all'articolo 410 del Codice di procedura civile): la commissione di conciliazione, nel caso vi siano somme corrisposte a vario titolo, dovrà evidenziare separatamente quelle finalizzate all'accettazione del licenziamento.

Per quanto riguarda gli aspetti di natura fiscale e contributiva legati alla transazione, costituiscono redditi da lavoro dipendente quelli che derivano da titoli che hanno a oggetto la prestazione lavorativa.

Nel caso di fallimento della procedura presso la Dtl, le parti possono ancora tentare altre vie per scongiurare il contenzioso giudiziale: ad esempio, attivando la conciliazione facoltativa in sede sindacale o affidando la controversia a un collegio arbitrale irrituale, come previsto dal collegato lavoro (legge 183/2010).

Nella prima ipotesi, l'accordo tra le parti è solitamente già stato raggiunto e la conciliazione serve a definire il verbale conciliativo: questo deve essere sottoscritto dal datore di lavoro, dal lavoratore e dai rappresentanti sindacali che hanno assistito le parti.

L'importanza della sottoscrizione, anche da parte del sindacato, è evidenziata da una sentenza della Cassazione (n. 13910/1999): per la Corte, il regime di inoppugnabilità (secondo gli articoli 410 e 411 del Codice di procedura civile) delle rinunzie e delle transazioni relative a diritti inderogabili dei lavoratori (articolo 2113 del Codice civile) presuppone che la conciliazione sia caratterizzata dall'intervento di un soggetto «terzo», ritenuto idoneo a tutelare il lavoratore nel momento in cui effettua la rinuncia o la transazione.

Una volta sottoscritto, il verbale in sede sindacale è depositato presso la Dtl a cura di una delle parti o per il tramite di un'associazione sindacale e poi nella cancelleria del tribunale per essere dichiarato esecutivo.

Nel secondo caso, la controversia può invece essere risolta attraverso un collegio arbitrale irrituale composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro, in funzione di presidente.

La parte che intenda avvalersi di questa procedura deve notificare un ricorso sottoscritto e diretto alla controparte. Se quest'ultima accetta, nomina a sua volta il proprio arbitro di parte per proseguire nell'iter della conciliazione.

Anche i contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali più rappresentative, possono prevedere commissioni "ad hoc" alle quali i datori di lavoro o i lavoratori possono affidare la risoluzione della vertenza lavorativa.
 

Dati del CERVED: nel 2012 perse oltre 100.000 imprese


Il 2012 è stato l'anno più duro della crisi per il numero di imprese che hanno chiuso: tra fallimenti (12mila), liquidazioni (90mila), procedure non fallimentari (2mila) sono state 104mila le aziende italiane perse. Lo affermano dati Cerved che sono state 104mila le aziende italiane perse.

La forte crescita delle nuove forme di concordato preventivo è nata con la riforma entrata in vigore a settembre: Cerved, il gruppo specializzato nell'analisi della situazione finanziaria delle imprese, stima che nel solo quarto trimestre del 2012 siano state presentate circa 1.000 domande, soprattutto nella forma del concordato con riserva. Il dato totale sulla chiusura delle aziende l'anno scorso è stato superiore del 2,2% al record toccato nel 2011. «Il picco toccato dai fallimenti - commenta Gianandrea De Bernardis, amministratore delegato del Cerved - supera del 64% il valore registrato nel 2008, l'ultimo anno pre crisi: sono stati superati anche i livelli precedenti al 2007, quando i tribunali potevano dichiarare fallimenti anche per aziende di dimensioni microscopiche». Nel 2012 la recessione ha avuto un impatto violento nel comparto dei servizi (+3,1%) e nelle costruzioni (+2,7%), mentre la manifattura - pur con un numero di fallimenti che rimane a livelli critici - ha registrato un calo rispetto all'anno precedente (-6,3%). Dal punto di vista territoriale, le procedure sono fortemente aumentate nel Nord Ovest (+6,6%) e nel Centro (+4,7%), mentre sono rimaste ai livelli dell'anno precedente nel Sud e nelle Isole (-0,4%). Nel Nord Est i casi sono invece più chiaramente diminuiti (-4,3%), un dato compensato dal forte incremento delle liquidazioni, che ha portato il totale di chiusure in quell'area a superare quota 20mila (+8,6% sul 2011).

Quattrocentottanta occupati in meno al giorno. Tanto ci è costata la recessione più grave del Dopoguerra. I conti li ha fatti l'ufficio studi della Confartigianato in uno studio sul mercato del lavoro dal 2007 a oggi di prossima pubblicazione.

Gli occupati erano 23 milioni e 541 mila ad aprile 2008. Allora, giustamente, si diceva che una delle priorità dell'Italia era di aumentare il numero di persone che lavorano. L'aggiornamento degli obiettivi di Lisbona (Europa 2020) prevede infatti per l'Italia un target del 67-69% di occupati nella fascia d'età 20-64 anni da raggiungere entro il 2020. Eravamo al 63% nel 2008, cioè a meno quattro dall'obiettivo. Purtroppo la crisi mondiale ha cambiato il corso delle cose e la priorità è diventata un'altra: evitare la falcidia di posti di lavoro. Che purtroppo c'è stata. A dicembre 2012 gli occupati sono stati calcolati dall'Istat in 22 milioni e 723 mila: 818 mila in meno rispetto a quattro anni e mezzo prima, 480 posti persi al giorno, appunto. E il tasso di occupazione (20-64 anni) è sceso al 61%: il traguardo di «Europa 2020» si allontana. Ed è praticamente impossibile da raggiungere, secondo Confartigianato.

Infatti, se prendiamo a riferimento il tasso di variazione dell'occupazione previsto per il triennio 2013-2015 nel Documento di economia e finanza del governo, che è pari allo 0,6%, i livelli di occupazione pre crisi verranno ripristinati solo nel 2025, cioè fra 18 anni. Insomma, è lo stesso governo a non credere in un rilancio a breve dell'occupazione.

L'altro dato che colpisce analizzando il dossier è che in questi 5 anni a diminuire, di circa il 20%, sono stati gli occupati fino a 35 anni, scesi di quasi un milione e mezzo, mentre c'è stato un aumento di quasi 600 mila occupati con più di 55 anni. Abbiamo insomma molti più lavoratori anziani. Si tratta di una delle conseguenze dell'aumento dell'età pensionabile dovuto da ultimo alle riforme Sacconi e Fornero, certamente necessario, ma che evidentemente, avvenuto in coincidenza della grave crisi economica, ha tolto occasioni di lavoro ai giovani. E non c'è neppure da stupirsi se, sempre nel quinquennio, gli occupati a tempo pieno sono diminuiti del 5,1% mentre quelli a part-time aumentati dell'11,3%. I disoccupati sono raddoppiati: da 1,4 milioni prima della crisi a 2,8 milioni oggi.

Il poco lavoro che c'è è sempre più difficile da difendere. Spesso i dipendenti sono costretti ad accettare riduzioni di orario. Nelle situazioni più gravi intervengono gli ammortizzatori sociali, che negli ultimi 4 anni hanno raggiunto livelli record, per una spesa complessiva di 53 miliardi.

L'artigianato ha sofferto molto perché più presente nei settori con maggiore cedimento dell'occupazione, dal manifatturiero alle costruzioni. Imprenditori e lavoratori in proprio hanno subito una sorta di decimazione, passando dai quasi 4 milioni del 2008 ai 3,6 milioni di oggi. Giorgio Merletti, presidente di Confartigianato, lancia un messaggio disperato alle forze politiche: «Le drammatiche cifre sul calo di occupati sono il risultato delle debolezze strutturali del nostro mercato del lavoro penalizzato da tanti vincoli burocratici e gestionali, da un cuneo fiscale troppo elevato, dalla distanza tra scuola e mondo del lavoro. Inoltre, le recenti misure introdotte sulla flessibilità in entrata rischiano di comprimere ulteriormente le opportunità occupazionali».

venerdì 15 febbraio 2013

Denuncia infortuni sul lavoro la nuova procedura 2013

E bene ricordare che alla data del 1° luglio 2013 l'invio telematico sarà obbligatorio, oltre che per i datori di lavoro titolari di posizione assicurativa presso l'Istituto già abilitati attualmente, anche per le pubbliche amministrazioni assicurate con la speciale forma della gestione per conto dello Stato, per gli imprenditori agricoli, nonché per i privati cittadini (in qualità di datori di lavoro di collaboratori domestici, badanti o lavoratori che effettuano prestazioni occasionali di tipo accessorio).

L'obiettivo è semplificare la gestione dei rapporti assicurativi in vista della scadenza del primo luglio 2013, quando lo scambio di informazioni e documenti con l’utenza dovrà avvenire esclusivamente online, e il miglioramento della raccolta dei dati a fini statistici. E acquisire informazioni più complete circa la dinamica, la causa e gli agenti materiali coinvolti, il modello richiede una più attenta descrizione dell'infortunio.

L'Istituto fornisce all'utenza il modello cartaceo e l'applicativo web, informando che l'inoltro online diventerà obbligatorio dal 1° luglio 2013. Il tracciato del modello richiede un maggior dettaglio delle informazioni che il datore di lavoro deve fornire in sede di compilazione della denuncia/comunicazione.

In vista di tale scadenza quando lo scambio di informazioni e documenti tra le imprese e le amministrazioni pubbliche dovrà avvenire esclusivamente in via telematica, nel Punto Cliente del portale Inail è già in vigore la nuova procedura per l’invio della denuncia, che sarà utilizzata anche per la comunicazione degli infortuni con prognosi inferiore a tre giorni ed è destinata a migliorare la gestione dei rapporti assicurativi, con l'obiettivo di ridurre i tempi di istruttoria delle pratiche e di raccogliere dati più puntuali per l’analisi del fenomeno.

Gli interventi come sensibilizzato dall'INAIL hanno l'obiettivo di:

consentire gradualmente l'utilizzo esclusivo della modalità telematica per la corrispondenza con i datori di lavoro e, ove possibile, anche per quella con i lavoratori (acquisendo in via sistematica gli indirizzi di posta elettronica ordinaria e certificata per i primi e in via facoltativa per i secondi);

recepire in modo strutturato direttamente dal datore di lavoro informazioni aggiuntive, attinenti sia lo specifico rapporto assicurativo in essere (tipo polizza e voce di tariffa), sia l'eventuale utilizzo di forme contrattuali di lavoro introdotte o rivisitate di recente dal legislatore (ad esempio, con la previsione di una apposita evidenza per gli eventi lesivi occorsi a lavoratori occasionali di tipo accessorio);

sistematizzare, in linea con le recenti disposizioni in materia di tracciabilità dei pagamenti effettuati dalle pubbliche amministrazioni9, le opzioni a disposizione del datore di lavoro per le modalità di rimborso delle somme erogate da quest'ultimo a titolo di anticipazione ai propri dipendenti infortunati, della indennità per inabilità temporanea assoluta, ai sensi dell'art. 70 del t. u. infortuni (ad esempio, con l'inserimento del campo relativo al codice IBAN);

acquisire i dati finalizzati alla gestione del rapporto assicurativo secondo linguaggi e codifiche omogenee con quelle utilizzate all'esterno. A tal fine sono state adottate le classificazioni predisposte dall'ISTAT (voce professionale), dal CNEL (settore lavorativo e categoria) e dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (tipologia di lavoratore);

introdurre in fase di denuncia il concetto di unità produttiva10, quale sede di lavoro abituale del lavoratore (definita come lo "stabilimento o struttura finalizzati alla produzione di beni o all'erogazione di servizi, dotati di autonomia finanziaria e tecnico funzionale"); lo stesso concetto viene utilizzato anche ai fini della implementazione del costituendo Registro infortuni aziendale telematico11;

acquisire informazioni sui fenomeni infortunistici e tecnopatici finalizzate a verifiche sulla frequenza di manifestazione degli eventi lesivi, in una ottica di studio e prevenzione dei rischi in ambiente di lavoro (ad esempio, al fine di identificare gli infortuni occorsi durante lo svolgimento di attività per conto terzi in regime di appalto, subappalto o altra forma di esternalizzazione);

integrare le informazioni riguardanti il luogo dell'evento ed introdurre, a fini statistici, specifici indicatori in relazione agli infortuni occorsi con un mezzo di trasporto.

Quindi ci saranno più informazioni sul luogo e la tipologia dell'evento. La partenza della nuova procedura è stata preceduta da incontri informativi con le associazioni di categoria che fanno riferimento ai datori di lavoro e gli ordini professionali per presentare le tante novità introdotte nella nuova denuncia, a partire dalla sezione dedicata alla descrizione dell'infortunio, che è stata integrata con maggiori informazioni utili sia per individuare l'ubicazione esatta dell'evento, sia per definire in modo più puntuale i diversi tipi di incidente avvenuti con mezzi di trasporto. Nella stessa sezione sono stati inseriti campi specifici per acquisire, ad esempio, informazioni in merito all'esistenza di contratti di appalto, subappalto o altre forme di esternalizzazione del lavoro, che rispondono a esigenze formulate anche da interlocutori esterni.

Tra le novità rileviamo la necessità di indicare, dopo aver scelto la Pat, anche la polizza e la voce di tariffa (scelta tra quelle presenti negli archivi) da associare all'infortunio denunciato. Si vuole con ciò agevolare la corretta imputazione degli oneri per infortuni e malattie professionali, nell'ottica di una conforme determinazione dei tassi specifici aziendali.

Trovano posto nella comunicazione/denuncia i dati relativi all'Unità produttiva (stabilimento o struttura finalizzati alla produzione di beni o all'erogazione di servizi, dotati di autonomia finanziaria e tecnico funzionale); verrà altresì implementato il Registro infortuni aziendale telematico, in via di costituzione. Ricordiamo che nel descrivere l'evento sono previste ulteriori informazioni, al fine di individuare il luogo esatto dell'infortunio, le modalità con cui lo stesso è avvenuto (in itinere, utilizzando un mezzo di locomozione, eccetera). Si deve altresì dare notizia dell'eventuale regime di appalto, subappalto o altra forma di lavoro per conto di terzi dell'azienda.

Le informazioni relative all'infortunio devono essere rese – entro 48 ore dal ricevimento del certificato medico – alla sede dell'istituto competente per territorio in base al domicilio dell'infortunato. La certificazione medica va allegata solo alla denuncia cartacea mentre si può omettere in caso di inoltro tramite web (l'Inail può chiederla successivamente). Nel caso di infortuni con prognosi iniziale inferiore a tre giorni, successivamente prolungata, l'obbligo di trasmettere la denuncia/comunicazione, entro le successive 48 ore, sorge dal momento della ricezione del nuovo certificato medico. Resta confermata la necessità di trasmettere copia delle denuncia/comunicazione di infortunio all'Autorità locale di pubblica sicurezza, se la prognosi è superiore a tre giorni (escluso quello dell'evento).
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