domenica 13 ottobre 2013

Il contratto di lavoro intermittente o a chiamata dopo il Decreto Lavoro”9 agosto 2013



Il lavoro a chiamata costituisce una particolare tipologia di rapporto di lavoro subordinato, caratterizzata dall'espletamento di prestazioni di carattere «discontinuo o intermittente». La prestazione può essere considerata discontinua anche se sia resa per periodi di durata significativa, purché intervallati da una o più interruzioni, in modo tale che non vi sia una esatta coincidenza tra la durata del contratto e la durata della prestazione.

Rispetto alla disciplina del 2003 la riforma Fornero, ovvero la legge n. 92/2012 ha limitato i casi di ricorso a tale tipologia contrattuale.

E’ stato eliminato il lavoro intermittente per i c.d. periodi predeterminati (ovvero le vacanze pasquali o natalizie, le ferie estive) nell’arco dell’anno, del mese o della settimana.

La tipologia contrattuale in esame rimane possibile nelle situazioni determinate dalla stessa contrattazione collettiva nazionale (territoriale e/o aziendale) e nelle ipotesi di soggetti di età inferiore a 24 anni (le prestazioni devono concludersi entro il 25esimo anno di età) oppure di età superiore ai 55 anni.

E’ prevista una indennità di disponibilità nella ipotesi in cui nel contratto di lavoro il prestatore si obbliga a rispondere alla chiamata.

La riforma del 2012 ha stabilito che il datore effettui, oltre alla comunicazione obbligatoria pre – assuntiva, anche una comunicazione amministrativa prima di ogni chiamata dello stesso lavoratore, anche se all’interno di un ciclo mensile che sia stato già comunicato.

Tale comunicazione dovrà essere fatta alla Direzione territoriale del lavoro (Dtl) attraverso mezzi telematici. Le citate modalità operative (per la comunicazione) sono state definite dal decreto interministeriale del 27 marzo 2013 nonché dalla Circolare ministeriale del 27 giugno 2013 n. 27.

A partire dalla data del 3 luglio 2013 i datori di lavoro, con alle proprie dipendenze lavoratori a chiamata, dovranno provvedere all’obbligo di comunicazione di chiamata del lavoratore, tramite il nuovo sistema previsto dal DM del 27 marzo 2013.

Il “Decreto Lavoro” convertito dalla legge 99 del 9 agosto 2013, apporta alcune modifiche alla disciplina del lavoro intermittente che riepiloghiamo anche alla luce dei chiarimenti forniti dal Ministero del Lavoro (circ. n. 35/2003). Innanzitutto ricordiamo che il lavoro a chiamata è caratterizzato dall’espletamento di mansioni di carattere discontinuo e intermittente, tuttavia, poiché la prestazione può anche essere resa per periodi di durata significativa, il Ministero chiarisce che detti periodi dovranno essere intervallati da interruzioni in modo tale che non vi sia coincidenza tra la durata del contratto e la durata della prestazione.

Il lavoro intermittente è ammesso:
- per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente in base a quanto stabilito dai CCNL, che fisseranno sia le esigenze, sia i periodi predeterminati;
- per lo svolgimento delle attività che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa o custodia indicate nella tabella allegata al RD del 1923 n. 2657 (in assenza di una regolamentazione da parte dei CCNL), quali, ad esempio, commessi di negozio, barbieri, parrucchieri, camerieri, personale di servizio e di cucina negli alberghi, trattorie, esercizi pubblici in genere, ecc.;
- per prestazioni rese da soggetti con meno di 24 anni di età, indipendentemente dal tipo di attività svolta anche al di fuori delle ipotesi previste dai CCNL e fino al compimento del 25mo anno di età del soggetto;
- per prestazioni rese da soggetti con più di 55 anni di età, anche pensionati, indipendentemente dal tipo di attività svolta anche al di fuori delle ipotesi previste dai CCNL.

Il contratto di lavoro intermittente può essere stipulato anche a tempo determinato:
- senza obbligo delle ragioni di carattere sostitutivo, produttivo e organizzativo;
- senza il rispetto degli intervalli di 10 o 20 giorni, fra un contratto e l’altro,  in caso di riassunzione dello stesso lavoratore;
- senza il vincolo di un solo rinnovo.

Il “Decreto Lavoro“  limitata ulteriormente la possibilità di utilizzo del lavoro intermittente,  in quanto, per ciascun lavoratore, è ammesso per un periodo non superiore a 400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di un triennio solare  pena, in caso di superamento, della trasformazione del rapporto di lavoro  a tempo pieno e indeterminato.

Per triennio si deve intendere:
- un intervallo di tempo mobile della durata di tre anni;
- calcolato a ritroso, a partire dal giorno in cui si chiede la prestazione;
- tenendo conto delle giornate prestate successivamente al 28 giugno 2013 (data di entrata in vigore), indipendentemente dall’orario svolto.

Pertanto, il primo triennio solare per la verifica dell’eventuale raggiungimento della soglia delle 400 giornate, andrà a scadere il 27 giugno 2016.
Il vincolo temporale delle 400 giornate non opera  nei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo.
E’ confermato l’obbligo della comunicazione preventiva alla Direzione Territoriale del Lavoro competente della prestazione di lavoro  intermittente, pena l’applicazione di una sanzione amministrativa da euro 400 ad euro 2.400 per ogni lavoratore interessato. 

Il “Decreto Lavoro” ha prorogato al 31 dicembre 2013 la validità dei contatti di lavoro intermittenti stipulati prima del 18 luglio 2012, sottoscritti in forza di precedenti requisiti soggettivi o oggettivi, e  incompatibili con la nuova disciplina.

Il Ministero precisa che a partire dal 1° gennaio 2014 i contratti di lavoro a chiamata non compatibili con le nuove disposizioni cesseranno di produrre effetti, prescindendo dalla volontà del datore di lavoro, in quanto si configura un vero e proprio obbligo di legge.

Ciò comporta:
- il riconoscimento di un “normale” rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato;
- l’applicazione del regime sanzionatorio in materia di lavoro “nero” in assenza di una “tracciabilità” della prestazione.

L’utilizzo del lavoro intermittente è vietato:
- per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
- per la sostituzione di lavoratori posti in mobilità, cassa integrazione o destinatari di contratti di solidarietà;
- da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi.

Numero massimo di giornate di lavoro

Il legislatore non aveva mai posto un limite al numero di prestazioni eseguibili dal prestatore di lavoro intermittente nel periodo contrattuale.

Il decreto n. 76/2013 ha introdotto il limite complessivo di 400 giorni nell’arco di tre anni solari, a superamento dei quali il rapporto si trasforma a tempo pieno ed indeterminato[1].

Regime sanzionatorio

Il datore che non provvede all’inoltro della comunicazione di chiamata entro il termine previsto, è passibile di una sanzione pecuniaria.

L’articolo 7, comma 2, lettera c) del decreto legge n. 76/2013 prevede che tale sanzione non trova applicazione qualora il datore abbia assolto gli obblighi contributivi riferiti al periodo oggetto della chiamata non comunicata.

Contratti di lavoro sottoscritti per le ipotesi previste dalla vecchia normativa: proroga della scadenza

La legge n. 92/2012 aveva già stabilito la cessazione dei contratti sottoscritti in virtù di tale disposizione a partire dalla data del 17 luglio 2013. Il decreto legge n. 76/2013 ha esteso tale termine fino alla data del 1 gennaio 2014.


Dichiarazioni redditi 2013 .Minimi e ritenute, possibile recupero diretto con Unico


L'Unico è un modello unificato con il quale è possibile presentare più dichiarazioni fiscali. Lo usano le persone fisiche che, nel 2012, possedevano redditi di terreni, di fabbricati, di partecipazione, di lavoro autonomo occasionale o continuativo, d'impresa, di lavoro dipendente e di pensione. Sono obbligati a usare l'Unico i contribuenti che devono presentare almeno due tra le seguenti dichiarazioni: quella dei redditi, dell'Iva, dell'Irap.

Il Modello Unico Persone Fisiche 2013 comprende la dichiarazione dei redditi e la dichiarazione annuale Iva, ed è composto da 3 fascicoli. Per agevolare i contribuenti che si trovano nelle situazioni meno complesse, è disponibile anche una versione semplificata, "Unico Mini".

I ricavi e i compensi dei soggetti che operano in regime dei minimi (articolo 27, commi 1 e 2, del Dl 98/11) non sono soggetti a ritenuta d'acconto da parte del sostituto d'imposta. Unico onere del contribuente minimo è quello di rilasciare apposita dichiarazione da cui risulti che il reddito prodotto è soggetto al regime di favore e quindi a imposta sostitutiva del 5% (Provvedimento direttore agenzia delle Entrate n. 185820 del 22 dicembre 2011).

L'esonero da ritenuta è giustificato dal fatto che il contribuente minimo subisce in via definitiva un'imposta sostitutiva del 5% e quindi ampiamente inferiore alla ritenuta del 20% (o del 12,50% sulle provvigioni). In coerenza con questo assetto il quadro LM del modello Unico PF 2013 dedicato ai minimi non contiene uno specifico campo per effettuare lo scomputo delle ritenute. Si è posto quindi il problema di come gestire eventuali ritenute erroneamente subite dal soggetto agevolato. In merito l'Agenzia si è pronunciata in pieno periodo dichiarativo con due distinte risoluzioni, la 47/E del 5 luglio 2013 e la 55/E del 5 agosto 2013. Si tratta di chiarimenti giunti a ridosso del termine di versamento delle imposte e quindi in molti casi non fruiti e da tener presenti proprio in questa fase di compilazione e trasmissione di Unico 2013.

La successiva risoluzione 55/E/13 ha esteso le conclusioni raggiunte in relazione alle ritenute su interventi di recupero edilizio a tutte le tipologie di ritenute erroneamente subite nel 2012 dai contribuenti rientranti nel regime dei minimi (cosiddetto regime di svantaggio). Quindi in ogni caso di ritenuta erroneamente subita nel 2012 il minimo può recuperarla nel modello Unico compilando in base alle precise indicazioni fornite dalle risoluzioni citate.

Compilazione modello Unico 2013
In assenza di apposito rigo nel quadro LM di Unico PF 2013 il soggetto minimo può scomputare le ritenute inserendo in primo luogo il codice 1 nel campo "Situazioni particolari" posto nel frontespizio della dichiarazione in corrispondenza del riquadro dedicato alla firma. In secondo luogo le ritenute erroneamente subite vanno complessivamente e indistintamente riportate nel quadro RS, rigo RS33, colonna 2 (ordinariamente dedicato alle ritenute cedute da consorzi). Infine, le ritenute così esposte potranno essere scomputate o nel quadro LM, rigo LM13 (ritenute consorzio) o nel quadro RN 32.

Il meccanismo è applicabile in primo luogo in via eccezionale per il solo 2012, considerato in qualche modo ancora un anno di transizione per il nuovo regime; non sono previste estensioni automatiche agli anni successivi. Inoltre, il recupero sul 2012 è operabile solo a condizione che le ritenute subite siano state regolarmente certificate dal sostituto d'imposta, che a sua volta è tenuto ad esporle nel modello 770. Pertanto è necessario che il soggetto minimo sia in possesso della certificazione del sostituto d'imposta, ancorché erroneamente tale. Si specifica, infine, che quanto alle modalità di recupero l'Agenzia lascia a discrezione del contribuente la scelta fra scomputo dall'imposta sostitutiva da regime dei minimi (quadro LM) e imposta complessiva Irpef (quadro RN). Si tratta di un'opportunità da non sottovalutare visto che non sono infrequenti i casi di minimi con imposta sull'attività non capiente e invece Irpef dovuta per altri motivi; pare peraltro possibile anche uno scomputo parziale sui due fronti.

Inps: i versamenti volontari il pagamento


Le norme che regolano la prosecuzione volontaria sono cogenti: il prosecutore volontario deve perfezionare il pagamento nel trimestre successivo a quello cui si riferisce. Nel caso di ritardato versamento, il bollettino viene posto a rimborso (art. 8 D.Lgs. 184/97).Chi non effettua il pagamento entro il termine stabilito non potrà essere ammesso nella platea dei Salvaguardati.

E’ possibile non pagare l’intero periodo di contributi volontari, ma i soli versamenti necessari per il diritto alla pensione.

Se il prosecutore verserà contributi relativi a periodi precedenti alla data di accesso al pensionamento, questi saranno utili al calcolo della pensione aumentandone l’importo e non potranno dare luogo a rimborso.
Se invece il lavoratore verserà contribuzione volontaria relativa a periodi successivi alla decorrenza della pensione, l’Istituto procederà d’ufficio al rimborso della contribuzione.

Per i lavoratori che scelgono questa strada, infatti, l’INPS provvede alla rideterminazione dell’onere di prosecuzione volontaria emettendo nuovi bollettini.

L’importo dei contributi volontari da versare viene determinato dall’Inps in base alla retribuzione imponibile percepita nell’anno precedente la data della domanda. L’importo minimo di retribuzione sulla quale sono calcolati i contributi non può essere inferiore alla retribuzione settimanale minima imponibile stabilita dalla legge anno per anno.

I contributi volontari si pagano entro il trimestre successivo a quello cui i contributi si riferiscono.

Le scadenze di pagamento sono le seguenti:

Scadenza Trimestre
30 giugno Gennaio - marzo
30 settembre Aprile - giugno
31 dicembre Luglio - settembre
31 marzo Ottobre - dicembre

Se l’assicurato riprende a versare i contributi volontari dopo un periodo di rioccupazione, può chiedere che sia rideterminato l’importo del contributo da lui dovuto. La somma dei contributi viene così calcolata sulla base delle retribuzioni percepite nell’anno precedente la ripresa dei versamenti stessi. La domanda deve essere presentata entro 180 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro per non perdere il diritto al versamento dei contributi.

La domanda di autorizzazione ai versamenti volontari va presentata alla propria sede Inps sull’apposito modulo 010/M/02 (reperibile presso qualunque sede Inps oppure sul sito Internet www.inps.it, nella sezione “moduli”) allegando la documentazione indicata sul modulo stesso. Inoltre, è necessario aggiungere la dichiarazione dei periodi assicurativi rilasciata dal datore di lavoro per l’anno di presentazione della domanda (su mod. 01/M-Sost.) e la copia del modello CUD relativo all’anno precedente. La domanda può essere inviata anche tramite Internet all’ufficio Inps di residenza, che provvederà a richiedere la documentazione aggiuntiva.

Gli artigiani e i commercianti devono allegare il certificato che attesta la cancellazione dagli elenchi di categoria e la copia delle ricevute dei versamenti effettuati nell’anno immediatamente precedente a quello della domanda.

I coltivatori diretti, i mezzadri e i coloni devono allegare il certificato di cancellazione dagli elenchi di categoria rilasciato dall’Inps e indicare la fascia di reddito assegnata al titolare dell’azienda agricola.

Il pagamento è trimestrale e si effettua utilizzando direttamente i bollettini di conto corrente postale prestampati, che l’Inps invia al domicilio di coloro che sono stati autorizzati alla prosecuzione volontaria. Ogni anno vengono inviati quattro bollettini prestampati. Se non si ricevono, devono essere richiesti agli uffici Inps di residenza entro la scadenza del versamento.

Se si paga una somma inferiore all’importo comunicato dall’Inps, il periodo da coprire viene ridotto in modo proporzionale.

Se si paga di più: l’importo versato in più viene rimborsato automaticamente dall’Inps.

Se si paga in ritardo: i versamenti dei contributi devono essere effettuati entro le scadenze stabilite per legge. I contributi pagati in ritardo non possono essere accreditati al periodo per il quale sono stati versati, ma è previsto il rimborso o si può chiedere agli uffici dell’Inps che l’importo venga utilizzato per coprire il trimestre successivo.

Supponiamo, ad esempio, che il versamento per il trimestre gennaio-marzo venga effettuato il 2 luglio anziché il 30 giugno (con due giorni di ritardo rispetto alla scadenza stabilita). In questo caso si può chiedere agli uffici che il pagamento valga per il trimestre aprile-giugno, evitando così di chiedere il rimborso.
Il primo trimestre rimane comunque scoperto di contribuzione.
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