domenica 6 luglio 2014
Pensioni, 5 luglio 2014 ultimo giorno per chiedere la correzione all'Inps
Il 5 luglio 2014, si concreta la prima decadenza triennale per gli errori commessi dall’Inps nel calcolo dell’importo dei ratei delle pensioni. Infatti le disposizioni in materia di decadenza previdenziale triennale trovano applicazione esclusivamente per le prestazioni riconosciute dal 6 luglio 2011. D'ora in avanti si dovrà tener presente che per chiedere la verifica e la correzione dell'importo dell'assegno si dovrà agire entro tre anni dalla liquidazione.
La precisazione è stata fornita anche dall’Inps il 19 maggio 2014 con proprio messaggio n. 4774 del 2014. L’Istituto, in tal modo, s’è voluto conformare alla decisione della Corte Costituzionale n. 69 del 2014 che, in particolare e giova ribadirlo, ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 38 del d.l. n. 98 del 2011 laddove prevedeva che i nuovi termini decadenziali – più brevi rispetto a quelli previgenti – si applicavano anche ai giudizi pendenti in primo grado alla data del 6 luglio 2011.
Ora, invece, dopo l’intervento della Corte Costituzionale il termine di decadenza della domanda giudiziale volta a ottenere l’adeguamento della misura della pensione, già riconosciuta in un importo inferiore a quello spettante, deve decorrere dalla data di ricezione da parte del pensionato del provvedimento di liquidazione del trattamento pensionistico o, laddove non disponibile, dalla riscossione del primo rateo.
Ciò ha portato l'INPS a stabilire che il termine di decadenza della domanda giudiziale volta a ottenere l'adeguamento della rendita già riconosciuta in un importo inferiore a quello spettante deve decorrere dalla data di ricezione da parte del pensionato del provvedimento di liquidazione del trattamento pensionistico o, laddove non disponibile, quella di riscossione del primo rateo di pensione.
Per le prestazioni erogate a carico della gestione dello spettacolo e degli sportivi professionisti, in assenza di una eventuale data di ricezione del provvedimento, vale la data di riscossione del primo rateo. Da tale momento decorre il termine di decadenza. Per quanto riguarda la gestione dei dipendenti pubblici la riserva di giurisdizione rimane a esclusivo favore della Corte dei Conti rimanendo invariata rispetto alla previgente normativa (di norma 30 giorni per il Comitato di vigilanza).
La nuova norma aveva fissato il nuovo termine di decadenza in tre anni, con riferimento alle prestazioni pensionistiche, e in un anno, con riferimento alle prestazioni previdenziali temporanee (tra le altre la malattia, l’Aspi, il Fondo di garanzia TFR).
Il legislatore, in sostanza, nella norma in questione non aveva previsto alcun regime transitorio con riguardo agli errori di calcolo commessi dall’Inps negli anni precedenti all’entrata in vigore della norma (art. 38 cit.): il 6 luglio 2011.
Al riguardo il Tribunale di Roma ha sollevato una questione di legittimità costituzionale e la Corte Costituzionale con sentenza n. 69 del 2014 ha affermato l’incostituzionalità dell’art. 38 cit. per la irragionevole lesione che esso recava all’affidamento dei cittadini alla certezza del diritto.
A seguito della decisione della Corte Costituzionale, dunque, si deve tener presente che per chiedere la verifica e la correzione dell’importo della pensione si dovrà agire entro tre anni dalla liquidazione.
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Pensioni per la scuola si avvicina la quota 96
Quota 96 con almeno 60 anni di età. Ovvero ci vogliono 60 anni di età e 36 di contributi ma salgono a 61 se gli anni di contributi sono solo 35. Una volta raggiunti i requisiti per avere l'assegno bisogna aspettare ancora 12 mesi previsti dalla nuova finestra mobile arrivando quindi almeno a 61 anni.
I lavoratori autonomi andranno in pensione di anzianità con quota 97 e almeno 61 anni di età. A questi requisiti va aggiunta un'attesa di 18 mesi previsti dalla finestra mobile prevista dalla manovra di luglio. Quindi per i lavoratori autonomi sono necessari almeno 62 anni e mezzo (regola che vale anche per i collaboratori a progetto).
Sale il numero degli esodati, salvaguardati e si prospettano soluzioni anche i Quota 96 della scuola: novità approvate e cosa potrebbe arrivare nei prossimi giorni.
Anche se non si può parlare di una riforma delle pensioni Renzi in senso strutturale, gli interventi in materia previdenziale sono stati parecchi, dall'abolizione del trattenimento in servizio alla sesta salvaguardia per gli esodati. E il caso delle pensioni Quota 96 scuola? In effetti sembra essere l'ultimo tema "caldo" lasciato completamente senza soluzione ma la notizia è che sembra che il governo abbia intenzione di discutere in tempi brevi e probabilmente risolvere anche la loro vertenza. Buone notizie? Forse è ancora presto per dirlo, ma analizziamo quali sono state le dichiarazioni.
Ad intervenire sul caso delle pensioni Quota 96 scuola è stato Francesco Boccia del PD che ha dichiarato di avere l'intenzione di inserire come emendamento al DL sulla Pubblica Amministrazione alcuni elementi del disegno di legge Ghizzoni/Marzana, fermo da mesi in Parlamento per mancanza di copertura economica.
Nell'ambito di quella che possiamo definire riforma delle pensioni Renzi, un primo tentativo di inserire un emendamento a favore delle pensioni Quota 96 scuola c'era stato nella discussione parlamentare sulla misura per gli esodati. In quel caso era arrivata la bocciatura da parte della maggioranza parlamentare, la motivazione era l'estraneità della materia.
Come ben sapranno tutti i docenti e il personale ATA coinvolto nel caso delle pensioni Quota 96 scuola, la Marzana del M5S è stata una delle più attive in Parlamento in vista della risoluzione. In un intervento di questi ultimi giorni, i deputati M5S, dopo che l'emendamento è stato ammesso alla discussione, hanno dichiarato: 'Grazie a un ordine del giorno della deputata Maria Marzana il tema dei Quota 96, e la risoluzione di questa travagliata vicenda, verrà affrontato nel decreto Pa, prossimo ad arrivare alla Camera. Siamo soddisfatti ed ora aspettiamo il governo alla prova dei fatti'.
Insomma, si respira un'aria di cauto ottimismo per una vicenda, quella dei Quota 96, che assomiglia sempre di più ad un paradosso tutto italiano. E intanto sembra sempre di più che si stia formando un cantiere per una riforma delle pensioni Renzi complessiva e strutturale.
E’ salito a 170.230 unità, dal 160mila, il numero degli esodati salvaguardati grazie all’approvazione del nuovo emendamento nato dall’accordo tra Cesare Damiano e ministro del Lavoro Poletti. In tutto sono 32mila lavoratori esodati: 24 mila posizioni sono state recuperate dai provvedimenti precedenti e 8 mila sono del tutto nuove.
Il nuovo emendamento propone una soluzione, più contenuta nei numeri rispetto alla proposta della Commissione Lavoro, che permette di allungare di un anno, cioè al 6 gennaio 2016, la tutela pensionistico per accedere alle regole vigenti prima dell’arrivo della legge Fornero. A questa nuova platea di lavoratori si aggiunge anche quella dei ‘cessati’, coloro che sono stati i licenziati da un lavoro a tempo determinato.
Per definire questa salvaguardia è stata utilizzata una parte dei risparmi, avanzati, della seconda e della quarta salvaguardia, cui saranno aggiunte altre risorse che deriveranno dal Fondo per l’occupazione. In tutto le risorse ammontano ad 11 miliardi di euro. E si tratta di soldi che dovranno essere utilizzati esclusivamente per i lavoratori rimasti senza reddito dopo l’entrata in vigore della legge Fornero che ha decisamente commesso gravi errori.
Una soluzione dovrebbe arrivare presto anche per i quota 96 della scuola, visto che il presidente della commissione Bilancio della Camera Boccia ha annunciato parla di un emendamento già pronto al dl sulla Pa, che riporta anche le necessarie coperture, novità che consentirebbe di risolvere la situazione per 4 mila insegnanti in attesa della pensione.
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martedì 1 luglio 2014
Militari vicini alla pensione potranno restare in servizio fino a fine 2015
I militari vanno in pensione prima rispetto al resto degli statali, tra i 60 e i 62 anni. Per loro non esiste il trattenimento in servizio, ossia la possibilità di rimanere per altri due anni una volta raggiunta l’età pensionabile, ma c’è un istituto simile: il collocamento in ausiliaria. Ai militari sarà concessa la stessa «eccezione» dei giudici. Potranno rimanere sì in servizio, ma solo fino al 31 dicembre del 2015, poi dovranno andare in pensione.
Quindi i militari in pensione, e richiamati in servizio (attraverso l'istituto del collocamento in ausiliaria) non dovranno lasciare l'incarico alla scadenza del prossimo 31 ottobre come originariamente previsto dalla bozza del Dl sulla riforma della Pa, licenziata lo scorso 13 giugno.
Per loro la nuova data conclusiva è fissata al 31 dicembre 2015, come stabilito per i magistrati che invece non avranno alcun ulteriore slittamento dei termini sulla revoca del trattamento in servizio.
I tecnici della Funzione pubblica spiegano che la prevista deroga per i militari nasce dal fatto nelle Forze armate si va in pensione prima (60-62 anni) e non esiste il trattenimento in servizio ma il collocamento in ausiliaria, che sostanzialmente risponde alla stessa logica che è quella di consentire a chi è andato in pensione di poter continuare a prestare il proprio lavoro (da richiamato) in questo caso per una durata fino a cinque anni. I militari in questi giorni premevano per una deroga più ampia o la totale salvezza del collocamento in ausiliaria. La strada scelta dal Governo è stata invece quella di consentire agli attuali vertici militari (in pensione, ma in servizio perché richiamati) di proseguire il lavoro fino al 31 dicembre 2015, per evitare pericolosi vuoti d'organico nelle gerarchie delle Forze armate.
Sui magistrati il testo finale del provvedimento conferma l’abbassamento da 75 a 70 anni dell’età di pensionamento dei giudici lasciando, come appunto per i militari, un periodo di transizione fino al 31 dicembre del 2015. Dal testo finale sarebbero state eliminate anche le norme che allargavano alla Banca d’Italia il taglio del 20 per cento dei salari accessori dei dipendenti deciso per le Authority indipendenti. Così come è stata addolcita la norma sul divieto di conferire incarichi nella Pa ai pensionati. Questa regola sarà valida solo per il futuro e non riguarderà gli organi costituzionali.
Tolti magistrati e militari, l’abolizione del trattenimento in servizio per la parte restante degli statali partirà da ottobre. Da quel momento in poi nessun lavoratore che ha i requisiti per la pensione potrà più continuare ad essere impiegato. Questo, secondo le stime del governo, dovrebbe liberare 15 mila posti in un triennio per assumere giovani.
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