domenica 28 dicembre 2014

Lavoratore illegittimamente sospeso in CIG



L’ordinamento giuridico consente al datore di lavoro (che si trovi in particolari situazioni di crisi o abbia la necessità di procedere a ristrutturazioni o riorganizzazioni) di sospendere in tutto o in parte i propri dipendenti dal lavoro. Tuttavia, al contempo, questo potere viene disciplinato e limitato dalla legge. Pertanto, la sospensione in CIG disposta al di fuori di questi limiti è illegittima, e il lavoratore può ricorrere al Giudice del lavoro al fine di ottenere la riammissione al lavoro, nonché il risarcimento del danno (che, normalmente, consisterà nella differenza tra la retribuzione che egli avrebbe percepito se non fosse stato sospeso e l’indennità di CIG percepita durante la sospensione).

A tale riguardo, bisogna ricordare che il potere di sospendere i propri dipendenti in CIG incontra innanzi tutto limiti di tipo formale. Infatti, la legge prescrive l’obbligo, per il datore di lavoro, di attivare preventivamente una procedura di informazione e (a richiesta) di consultazione con il sindacato. Questa procedura è analiticamente disciplinata dalla legge soprattutto nei casi di CIG straordinaria.

Il descritto obbligo di informare e, eventualmente, di trattare con il sindacato ha evidentemente lo scopo di garantire che la sospensione dei lavoratori sia trasparente e corretta, con la conseguenza che eventuali violazioni della procedura sindacale rilevino, oltre che sul piano formale, anche su quello sostanziale. Infatti, l’ordinamento ha affidato il controllo in merito alla regolare sospensione dal lavoro – non potendolo assegnare a tutti i lavoratori – al sindacato, che dunque lo esercita per conto dei lavoratori: è allora inevitabile che una violazione della procedura sindacale violi al contempo i diritti del sindacato, ma anche quelli del singolo lavoratore sospeso in CIG. Sulla scorta di simili argomentazioni, la giurisprudenza ha quindi ritenuto che le violazioni della procedura sindacale possano essere fatte valere in giudizio anche dal singolo lavoratore. Inoltre, se la causa è promossa dal sindacato (per esempio in un giudizio per comportamento antisindacale), la conseguenza dell’accertata violazione della procedura comporta inevitabilmente la riammissione in servizio dei lavoratori sospesi, anche se gli stessi non erano parte di quella causa.

Con riferimento ai vizi procedurali di cui si è detto, dunque, il lavoratore (ma anche il sindacato) potrebbe per esempio lamentare l’omissione della procedura, oppure il fatto che non siano state rese tutte le informazioni previste dalla legge, o che le stesse siano state fornite in maniera generica o falsa, o ancora che il datore di lavoro non ha dato seguito alla richiesta del sindacato di trattare.

Vi sono però altri limiti che il datore di lavoro deve rispettare e che, in caso contrario, legittimano il ricorso al giudice da parte del lavoratore. Innanzi tutto, si deve ricordare che il datore di lavoro può ricorrere alla CIG solo in presenza di situazioni di crisi o di ristrutturazione e riorganizzazione previste dalla legge.

Sotto questo profilo, dunque, il lavoratore potrebbe per esempio contestare che la causa della sospensione, enunciata dal suo datore di lavoro, non rientra tra quelle previste dalla legge, oppure che quella situazione non corrisponde al vero.

Infine, il datore di lavoro deve scegliere il personale da sospendere in CIG utilizzando criteri oggettivi e coerenti con la causa della sospensione: il lavoratore potrebbe quindi lamentare di essere stato scelto sulla scorta di criteri che non corrispondono a tali caratteristiche.

Decadenza del rimborso: la richiesta di rimborso delle somme anticipate dal datore di lavoro a titolo di integrazione salariale straordinaria va presentata entro il termine di 6 mesi decorrenti:

dalla fine del periodo di paga in corso alla scadenza del periodo concesso (se la pubblicazione del decreto di concessione del trattamento è avvenuto prima di tale termine);

dal termine del periodo di paga in corso alla data di pubblicazione del provvedimento stesso (se il periodo concesso risulta esaurito alla data della pubblicazione del provvedimento).

Nell'ipotesi in cui l'Istituto sia autorizzato dal Ministero del lavoro ad effettuare il pagamento diretto delle integrazioni salariali straordinarie, il diritto del lavoratore interessato a percepire tali prestazioni è soggetto alla prescrizione decennale decorrente dalla data di emanazione del decreto stesso.

Le aziende possono richiedere il rimborso all'INPS dell' indennità di anzianità (oggi il riferimento va fatto al TFR), corrisposta ai lavoratori licenziati durante il periodo di sospensione, limitatamente alla quota maturata durante tale periodo immediatamente precedente al licenziamento  La norma è applicabile a prescindere dalla scelta sulla destinazione del TFR effettuata dai lavoratori. Il rimborso non può essere richiesto se è intervenuto un evento che ha interrotto la continuità cronologica della sospensione dal lavoro (prima del licenziamento). Non si considerano interruttive della sospensione l'astensione per maternità, le festività, la rioccupazione a tempo determinato presso altra impresa se regolarmente comunicato. Non si considera altrettanto interruttiva la collocazione dei lavoratori in CIG in deroga anche se tale periodo viene fruito senza soluzione di continuità rispetto alla conclusione del periodo di CIGS autorizzato.

Il periodo di sospensione per intervento della CIG in deroga non può prevedere il rimborso delle relative quote di TFR maturate non essendovi norme che lo preveda espressamente. Può però essere riconosciuto il rimborso delle quote di TFR, maturate durante l'intervento della CIGS (ma solo per tale periodo) anche nel caso in cui sopravvenga il licenziamento del lavoratore dopo il periodo di CIG in deroga fruito senza soluzione di continuità rispetto alla conclusione del periodo di CIGS. È prevista la decadenza dal diritto al rimborso delle quote di TFR all'azienda che pone il lavoratore in mobilità nel periodo compreso tra la scadenza del dodicesimo mese successivo a quello di emanazione del decreto di concessione della CIGS e la fine del dodicesimo mese successivo al completamento del programma contenuto nella richiesta di intervento straordinario di integrazione salariale.



Cassa integrazione a chi si applica, importo e durata



La legge prevede due tipi di cassa integrazione, quella ordinaria e quella straordinaria.

La prima riguarda i lavoratori dell'industria (esclusi i dirigenti) e può essere disposta nel caso di contrazione o sospensione dell’attività produttiva, derivante o da eventi aziendali transitori, non imputabili al datore di lavoro né ai lavoratori, o da situazioni temporanee di mercato. In presenza di un caso come quelli indicati, il datore di lavoro può decidere di sospendere in tutto o in parte l’attività lavorativa, rivolgendo un'istanza all'INPS al fine di ottenere l’ammissione alla cassa integrazione ordinaria.

Quest’ultima può essere concessa per un periodo massimo di 3 mesi continuativi, eccezionalmente prorogabili trimestralmente fino a un limite massimo complessivo di 1 anno. In ogni caso, la sospensione, anche se non consecutiva, non può superare i 12 mesi in un biennio.

La cassa integrazione salariale straordinaria viene invece concessa nei casi di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale; di crisi aziendale di grande rilevanza sociale; di fallimento o altre procedure concorsuali, purché non continui l’attività. Come si vede, in questo caso – e a differenza della cassa ordinaria – il provvedimento può essere adottato a fronte di situazioni di crisi di presumibile durata anche lunga, ma anche nel caso in cui la contrazione dell’attività dipenda dalla semplice decisione del datore di lavoro di riorganizzare o ristrutturare la propria attività, a prescindere dal fatto che ciò sia imposto da una crisi.

Qualora ricorra un’ipotesi come quelle sopra descritte, dunque, il datore di lavoro può sospendere in tutto o in parte l’attività lavorativa, previa autorizzazione del ministro del lavoro.

La sospensione straordinaria può essere disposta entro limiti temporali diversi a seconda della causa che l’ha determinata: 2 anni, prorogabili per altri 2, per le ristrutturazioni e le riconversioni aziendali; 12 mesi in caso di crisi aziendale; 12 mesi, prorogabili per altri 6, quando sussistano fondate prospettive di continuazione o ripresa dell'attività, in caso di procedure concorsuali. La Cassa integrazione guadagni non può comunque protrarsi complessivamente per più di 36 mesi nel quinquennio.

La cassa integrazione straordinaria si applica ai lavoratori (esclusi i dirigenti) che abbiano maturato un'anzianità aziendale di almeno 90 giorni.

Secondo la definizione dei tecnici dell’Inps «la Cigs è una prestazione economica erogata per fare fronte a gravi situazioni di eccedenza occupazionale che potrebbero portare a licenziamenti di massa». Il suo terreno di applicazione, al contrario della cassa integrazione ordinaria (a cui si ricorre per problemi temporanei, come un calo inaspettato della domanda o l’inutilizzabilità di un macchinario), è rappresentato dalle situazioni straordinarie, che possono dipendere da problemi della singola azienda, come pure del suo settore merceologico o di un’intera economia, come sta accadendo di fatto per la gran parte delle richieste dal 2008 a oggi.

A chi si applica?
Per accedere alla cassa integrazione straordinaria sono necessari requisiti precisi che riguardano tanto i lavoratori quanto le aziende. Ne hanno diritto: operai, quadri, dipendenti o soci di cooperative di produzione e lavoro, poligrafici e giornalisti con un rapporto di lavoro subordinato da almeno 90 giorni, le cui imprese abbiano occupato in media nei sei mesi precedenti più di 15 dipendenti. Ne sono espressamente esclusi i dirigenti, gli apprendisti e i lavoratori a domicilio.

Sono ammesse al trattamento le seguenti tipologie di aziende: industriali, edili, cooperative agricole, artigiane (il cui fatturato nel biennio precedente sia dipeso per almeno il 50 per cento da un solo committente destinatario di Cigs),aziende appaltatrici di servizi di mensa e ristorazione le cui imprese committenti siano interessate da Cigs, imprese editrici di quotidiani, periodici e agenzie di stampa a diffusione nazionale (per cui non vale il limite minimo dei 15 dipendenti), nonché le imprese commerciali con più di 200 dipendenti.

Quanto incassa il lavoratore?
L’indennità è pari all’80 per cento della retribuzione che il dipendente avrebbe percepito lavorando, fino a un massimo di 40 ore settimanali, e comunque al di sotto di un tetto di retribuzione mensile stabilito di anno in anno. L’importo è inoltre decurtato del 5,84 per cento (pari all’aliquota contributiva prevista a carico degli apprendisti).

Quanto dura?
La durata cambia a seconda della motivazione con cui si chiede la cassa integrazione straordinaria. Ne esistono tre tipologie diverse: 1) nei casi in cui la Cigs è richiesta per «riorganizzazione, ristrutturazione e riconversione aziendale» può durare 24 mesi, prorogabili di 12 mesi per due volte con due provvedimenti distinti; 2) se la motivazione è «crisi aziendale» la durata massima è 12 mesi, prorogabili per un altro anno; 3) per «procedure esecutive concorsuali» l’assegno viene erogato per 12 mesi con una sola proroga possibile di sei mesi.

Chi la paga?
Gli assegni sono pagati dallo Stato, che li eroga attraverso l’Inps; a sua volta l’Inps riceve i versamenti delle imprese(tutte quelle che hanno le caratteristiche per usufruire della cassa straordinaria) nella misura dello 0,90 per cento delle retribuzioni mensili (lo 0,30 per cento a carico dei lavoratori e lo 0,60 per cento a carico dei datori di lavoro). In anni normali il saldo è in genere positivo, senza oneri per le casse pubbliche, ma le cose cambiano durante le crisi economiche.

Nel corso del 2010 la cassa integrazione guadagni straordinaria (comprensiva della cassa integrazione in deroga che il governo ha aggiunto nel 2009 per imprese e lavoratori che non ne avrebbero avuto diritto secondo la norma) è costata all’Inps 2,8 miliardi di euro, che sommati al saldo negativo dell’anno precedente e a quello (al momento solo stimato) del 2011 produce un onere totale di oltre 6 miliardi di euro.



Quando può essere disposta la cassa integrazione?



La cassa integrazione guadagni (CIG), istituita è una prestazione economica erogata dall’INPS con la funzione di sostituire o integrare la retribuzione dei lavoratori sospesi dal lavoro o che lavorano a orario ridotto.

Obiettivo della CIG è quello di sollevare le aziende, in momentanea difficoltà produttiva, dai costi del lavoro della manodopera temporaneamente non utilizzata, consentendo ai lavoratori di riprendere la loro collaborazione una volta superata tale difficoltà.

L’importo che viene corrisposto è pari all’80% della retribuzione totale che sarebbe spettata per le ore di lavoro non prestate, entro un limite massimo mensile stabilito di anno in anno.

La CIG può durare al massimo 13 settimane, più eventuali proroghe fino a 12 mesi; in determinate aree territoriali il limite è elevato a 24 mesi.

Le istituzioni responsabili sono il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS).

La Cassa è alimentata dai seguenti contributi:

contributo ordinario a carico delle imprese pari all’1% della retribuzione (0,75% nel caso di imprese con meno di 50 dipendenti);

contributo addizionale per le imprese che usufruiscono della CIG, dell’8% dell’integrazione salariale corrisposta ai propri dipendenti (4% per le imprese con meno di 50 dipendenti);

contributo a carico dello Stato.

Gli eventi temporanei, previsti per l’applicazione, devono avere le seguenti caratteristiche:

rientrare nell’ambito aziendale;

non essere causati né dall’imprenditore né dal lavoratore;

essere involontari e transitori;

prevedere la ripresa certa del normale ritmo produttivo.

L’integrazione salariale ordinaria spetta ai lavoratori dipendenti con la qualifica di operai, impiegati, quadri, mentre non spetta ad apprendisti, dirigenti e lavoratori a domicilio.

Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria

Soggetti interessati:

Operai, impiegati e quadri delle imprese industriali in genere.

Presupposto: Sospensione o riduzione dell’attività produttiva a causa di:
situazioni aziendali dovute ad eventi temporanei e non dovute all’imprenditore o ai lavoratori;

situazioni temporanee di mercato.

Importo: 80% della retribuzione totale che sarebbe spettata per le ore di lavoro non prestate, entro un limite massimo mensile stabilito di anno in anno.

Durata massima: 13 settimane
più eventuali proroghe fino a 12 mesi;

in determinate aree territoriali il limite è elevato a 24 mesi.

La cassa integrazione guadagni straordinaria

Non tutte le situazioni problematiche delle aziende sono gestibili mediante l’attivazione della cassa integrazione guadagni ordinaria e per questo è stata istituita con legge 5 novembre 1968, n. 1115, la cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS). Lo scopo è di far fronte a durevoli eccedenze del personale di tipo strutturale, causate da crisi economiche settoriali o locali o ristrutturazioni e riorganizzazioni aziendali.

A differenza del trattamento ordinario, che interviene in situazioni congiunturali e risolvibili nel breve periodo, la CIGS è uno strumento di politica industriale finalizzato a una graduale eliminazione di personale in esubero, evitando le ripercussioni traumatiche sul piano sociale provocate dai licenziamenti collettivi. L’utilizzo di tale strumento precede, molto spesso, il ricorso alla procedura di messa in mobilità.

Come funziona la CIGS
La CIGS è valida sull’intero territorio nazionale.
L’importo da corrispondere ai lavoratori è pari all’80% della retribuzione totale che sarebbe spettata per le ore di lavoro non prestate, entro un limite massimo mensile stabilito di anno in anno.

Può durare al massimo:
12 mesi in caso di crisi aziendali;
24 mesi in caso di riorganizzazione, ristrutturazione e riconversione aziendale;
18 mesi per i casi di procedure esecutive concorsuali.

Le istituzioni responsabili sono il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS).

Il finanziamento della CIGS proviene da:
contributo ordinario a carico delle imprese, pari allo 0,6% della retribuzione;

contributo ordinario a carico del lavoratore, pari allo 0,3% della retribuzione;

contributo addizionale a carico delle imprese che si avvalgono della CIGS, pari al 4,5% dell’integrazione salariale corrisposta ai propri dipendenti (3% per le imprese con meno di 50 dipendenti).

L’intervento straordinario di integrazione salariale può essere concesso per le seguenti cause:

ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale;

crisi aziendale;

fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria senza continuazione dell’esercizio di impresa, amministrazione straordinaria con continuazione dell’esercizio di impresa;

contratto di solidarietà.

L’integrazione salariale straordinaria spetta ai lavoratori dipendenti con la qualifica di operai, impiegati, quadri, mentre non spetta ad apprendisti, dirigenti e lavoratori a domicilio.

I contratti di solidarietà
L’ art. 1 della legge 19 dicembre 1984, n. 863, ha inoltre istituito una nuova forma di intervento di CIGS applicabile a seguito della stipula di contratti di solidarietà.

Si tratta di contratti collettivi aziendali che realizzano forme di solidarietà tra lavoratori attraverso la riduzione dell’orario di lavoro, il cui onere è parzialmente o totalmente a loro carico.

In questo caso il trattamento di integrazione salariale è pari al 50% della retribuzione persa a causa della riduzione di orario e viene corrisposto al massimo per 24 mesi, termine che può essere ulteriormente prorogato per un massimo di 36 mesi nel Mezzogiorno e di 24 mesi nelle altre aree.

L’applicazione dei contratti di solidarietà non procura danni al lavoratore né sulla maturazione e l’ammontare della pensione, né sul trattamento di fine rapporto (liquidazione).

Presupposto:
Sospensione dal lavoro o riduzione di orario ridotto a causa di:
crisi economiche settoriali o locali;
ristrutturazioni, riorganizzazioni o conversioni aziendali;
procedure concorsuali che interessino l’azienda.
Importo: 80% della retribuzione totale che sarebbe spettata per le ore di lavoro non prestate, entro un limite massimo mensile stabilito di anno in anno.

Durata massima:
12 mesi per le crisi aziendali;
24 mesi per la riorganizzazione, ristrutturazione e riconversione aziendale;
18 mesi per i casi di procedure esecutive concorsuali.

L’indennità di mobilità, un’impresa può avviare le procedure di mobilità se, durante l’attuazione del programma di trattamento straordinario di integrazione salariale, ritiene di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative.

Per i primi 12 mesi l’importo erogato corrisponde al 100% del trattamento di cassa integrazione straordinaria percepito o che sarebbe spettato nel periodo immediatamente precedente il licenziamento; per i periodi successivi si riduce all’80% dello stesso importo.
In ogni caso l’indennità di mobilità non può superare un importo massimo mensile determinato di anno in anno.

È possibile usufruire di tale indennità per un periodo massimo che varia nel modo seguente:
nel Centro-Nord 12, 24 o 36 mesi a seconda dell’età del lavoratore (fino a 39 anni; da 40 a 49; oltre 50);

nel Mezzogiorno la durata è rispettivamente di 24, 36 e 48 mesi.

Destinatari dell’indennità sono i lavoratori collocati in mobilità dalla loro azienda a seguito di:
esaurimento della Cassa integrazione straordinaria;

licenziamento per riduzione di personale o trasformazione di attività o di lavoro;

licenziamento per cessazione dell’attività da parte dell’azienda.

I requisiti richiesti ai lavoratori per poterne usufruire sono i seguenti:
iscrizione nelle liste di mobilità compilate dall’Ufficio Regionale del Lavoro;

anzianità aziendale complessiva di almeno 12 mesi;

6 mesi di effettivo lavoro, comprese ferie, festività, infortuni.

L’azienda, per individuare i lavoratori da collocare in mobilità, deve rispettare i criteri individuati dai contratti collettivi stipulati con i sindacati, se esistono; altrimenti deve seguire i seguenti criteri (non alternativi tra loro):
carichi di famiglia;

anzianità;

esigenze tecnico-produttive e organizzative.

Indennità di mobilità

Soggetti interessati:
lavoratori collocati in mobilità dalla loro azienda a seguito di esaurimento della Cassa integrazione straordinaria;

lavoratori licenziati per riduzione di personale o trasformazione di attività o di lavoro;

lavoratori licenziati per cessazione dell’attività dell’azienda.

Requisiti:
iscrizione nelle liste di mobilità compilate dall’Ufficio Regionale del Lavoro;

anzianità aziendale complessiva di almeno 12 mesi;

6 mesi di effettivo lavoro, comprese ferie, festività, infortuni.

Importo:
100% del trattamento di cassa integrazione straordinaria percepito o che sarebbe spettato nel periodo immediatamente precedente il licenziamento per i primi 12 mesi;
80% del predetto importo per i periodi successivi;

in ogni caso l’indennità di mobilità non può superare un importo massimo mensile determinato di anno in anno.

Durata massima:
nel Centro-Nord 12, 24 o 36 mesi a seconda dell’età del lavoratore (fino a 39 anni; da 40 a 49; superiore a 50);

nel Mezzogiorno la durata è rispettivamente di 24, 36 e 48 mesi.



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