lunedì 30 marzo 2015

Costo del lavoro in Europa in Italia 28,30 euro



Italia a metà classifica in un’Europa più divisa che mai dal costo del lavoro. È la fotografia scattata da Eurostat, l’Istituto di statistica dell’Unione europea, che ha diffuso i dati del 2014 dei 28 Stati membri Ue. Agli estremi opposti stanno Bulgaria, con meno di 4 euro all'ora, e Danimarca (40,3 euro).

In Italia un’ora di lavoro costa mediamente a un’impresa 28,30 euro, meno della media dell’Eurozona (29 euro) ma più della media Ue (24,6 euro), che comprende Paesi molto meno cari per le imprese e dove quindi si tende a delocalizzare, come Bulgaria (3,8 euro per ora) o Romania (4,6 euro per ora). L’Italia però segna un incremento del costo del lavoro che è inferiore alla media sia dell’Eurozona che della Ue. Tra il 2013 e il 2014, il costo del lavoro in Italia è cresciuto dello 0,7%, a fronte di un incremento dell’1,1% nell’Eurozona e dell’1,4% nell'Ue.

In Italia il 28,2% del costo del lavoro è determinato da fattori non legati allo stipendio dei dipendenti, come i contributi pagati ai lavoratori. In questo l’Italia sconta una differenza competitiva nei confronti della Germania, dove i costi non salariali pesano solo per il 22,3% ma non della Francia (33,1%), che vanta un non invidiabile record europeo. Il nostro Paese è comunque il terzo più “caro” nella Ue per costi non salariali dei salari dietro appunto alla Francia, e alla Svezia (31,6%). Nei 19 Paesi membri dell’Eurozona i costi non salariali sono in media del 26,1%, e nei 28 Paesi dell'UE del 24,4%: i più bassi sono a Malta (6,9%) e in Danimarca (13,1%).

Sono quattro i Paesi in cui lo scorso anno il costo del lavoro è diminuito: Cipro, Portogallo, Croazia e Irlanda. Tre di questi sono Stati salvati dalla Ue e non è un caso, perché hanno subito un processo di “svalutazione interna” legato alle dure politiche di austerità cui sono stati soggetti. La svalutazione interna è un modo di rendere più competitivo il proprio export attraverso un abbassamento dei salari e un aumento della produttività; è quindi un’alternativa alla classica svalutazione della moneta, che non è possibile all’interno di un’Unione monetaria come l’Eurozona. Il caso più emblematico è la Grecia, dove il costo del lavoro orario era nel 2014 di 14,6 euro e sei anni prima di 16,8 euro.

Nella stessa Spagna, altro Paese duramente colpito dalla crisi ma che ora sta rialzando la testa con risultati oltre le aspettative, negli ultimi tre anni il costo del lavoro è rimasto praticamente invariato intorno ai 21 euro all’ora. I maggiori aumenti sono invece stati registrati in Estonia (+6,6%), Lettonia (+6%) e Slovacchia (+5,2%). L’Est Europa resta però molto lontano dalla vecchia Europa.

Europa divisa sul costo del lavoro orario che, nel 2014, oscillava tra i 3,8 euro della Bulgaria e i 40,3 euro della Danimarca. È la fotografia tracciata dall’Eurostat sul costo del lavoro, composto dalla componente salario e dai contributi. L’Italia si colloca intorno a metà classifica con 28,3 euro all'ora contro i 29 della media dell’Eurozona e i 24,6 della media Ue. La crescita annua del costo del lavoro italiano è stata dello 0,7%, inferiore al +1,4% medio Ue e all’1,1% della zona euro; il nostro Paese è però terzo per il peso della componente non legata al salario, come i contributi, che sono pari al 28,2%. Peggio, nel blocco dei 28 paesi, solo la Francia (33,1%) e la Svezia (31,6%). In fondo alla classifica Malta con il 6,9% e la Danimarca (13,1%). In Germania il costo del lavoro per ora è pari a 31,4 euro con un peso dei contributi al 22,3%.

Nel settore industriale l’Italia figura al di sotto della media dell’Eurozona (28 euro contro 31,8 euro) e sopra quella Ue (25,5 euro), nelle costruzioni si attesta sui 24,7 euro (25,6 la media dell’Eurozona e 22 quella Ue) e nei servizi a 27,2 euro (28 l’Eurozona e 24,3 l’Ue). Dove invece il costo del lavoro ha superato sia la media dell’Eurozona (28,9) che quella Ue (24,7) è il settore che raggruppa educazione, sanità, attività ricreative e altro: qui il dato segnalato da Eurostat per l’Italia è stato pari a 32,3 euro all’ora.



martedì 24 marzo 2015

Modello 730 precompilato: controlli e sanzioni



In quali casi verranno effettuati controlli e quando scatteranno le sanzioni? L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato le linee guida relative al modello 730 precompilato, chiarendo al contribuente quali sono le modalità d’accesso, le scadenze, le modifiche incidenti e non incidenti.

All'interno della circolare l’ente guidato da Rossella Orlandi ha chiarito anche quali saranno i casi in cui il Fisco effettuare i controlli documentali e quali sono le limitazioni ai poteri di controllo dell’Agenzia delle entrate in caso di presentazione della dichiarazione direttamente o tramite sostituto d’imposta. A questo si aggiunge poi il quadro sanzionatorio che scatterà in caso di dichiarazione infedele. Ma vediamo di saperne di più.

Modello 730 precompilato: quando scattano i controlli dell’Agenzia delle Entrate
Se il contribuente presenta il modello 730 precompilato direttamente o tramite sostituto d’imposta, senza effettuare modifiche o apportando solo variazioni non incidenti sulla determinazione del reddito o dell’imposta (abbiamo spiegato qui quali sono le modifiche che vengono considerate non incidenti), l’Agenzia delle Entrate non effettuerà il controllo documentale sui dati relativi agli oneri indicati nella dichiarazione precompilata forniti dai soggetti terzi (interessi passivi, premi assicurativi e contributi previdenziali).

Il controllo preventivo non verrà effettuato nemmeno sulla spettanza delle detrazioni per carichi di famiglia in caso di rimborso superiore a 4.000 euro, anche determinato da eccedenze d’imposta.

Se invece il contribuente o il sostituto di imposta apporterà delle modifiche o delle integrazioni che incideranno sulla determinazione del reddito o dell’imposta l’Agenzia delle Entrate provvederà a controllare anche i dati relativi agli oneri indicati nella dichiarazione precompilata forniti dai soggetti terzi (interessi passivi, premi assicurativi e contributi previdenziali), nonché spettanza delle detrazioni per carichi di famiglia in caso di rimborso superiore a 4.000 euro, anche determinato da eccedenze d’imposta.

Nella circolare pubblicata ieri, l’Agenzia specifica inoltre che, nel caso di presentazione, con o senza modifiche, del 730 precompilato tramite Caf o professionisti abilitati, i controlli di cui sopra verranno effettuati nei confronti del Caf o del professionista che ha apposto il visto di conformità sulla dichiarazione, ed è esteso anche ai dati relativi agli oneri indicati nella dichiarazione precompilata forniti dai soggetti terzi, mentre non verranno incluse le verifiche sulla spettanza delle detrazioni per carichi di famiglia in caso di rimborso superiore a 4.000 euro, anche determinato da eccedenze d’imposta.

L’Agenzia delle Entrate chiarisce anche che l’esclusione dei controlli documentali non riguarda i requisiti soggettivi che danno diritto alle detrazioni deduzioni e agevolazioni. In questo caso infatti, la verifica scatta a prescindere dall'accettazione o modifica della dichiarazione precompilata e dalla modalità di presentazione della stessa.

Per requisiti soggettivi si intendono, ad esempio:
- la destinazione dell’immobile acquistato ad abitazione principale nei termini previsti dalla norma, ai fini della detrazione degli interessi passivi derivanti da contratto di mutuo;

- la sussistenza delle condizioni previste dall’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, per il riconoscimento della condizione di portatore di handicap per il contribuente e per i familiari a carico risultanti dalla documentazione sanitaria rilasciata dagli organi abilitati all'accertamento dell’invalidità;

- la tipologia di intervento di ristrutturazione edilizia e la data di inizio lavori, nelle ipotesi in cui la normativa edilizia vigente non preveda alcun titolo abilitativo per la realizzazione di interventi comunque agevolati dalla normativa fiscale.

Per quanto riguarda i dati inseriti precedentemente nella Certificazione Unica, l’ente guidato da Rossella Orlandi chiarisce che l’esclusione dal controllo formale nel caso di accettazione della dichiarazione senza modifiche opera esclusivamente sugli oneri indicati nella dichiarazione precompilata forniti dai soggetti terzi. Pertanto, in caso di modello 730 precompilato accettato, il controllo formale potrà riguardare, invece, i dati comunicati dai sostituti d’imposta mediante la Certificazione Unica.

Modello 730 precompilato: sanzioni
Nel caso in cui dai controlli effettuati emergesse l’apposizione di un visto di conformità infedele ad esempio se si verificasse un riscontro non corretto della documentazione giustificativa di spese che danno diritto a detrazioni o deduzioni che si rivelino in tutto o in parte non spettanti, i Caf e i professionisti abilitati, a causa delle nuove normative sulla responsabilità, sono direttamente tenuti al pagamento di un importo corrispondente alla somma dell’imposta, degli interessi e della sanzione che sarebbe stata richiesta al contribuente.

Non si avrà responsabilità degli intermediari nel caso in cui l’apposizione di un visto infedele sia causata da una condotta dolosa o gravemente colposa del contribuente, ad esempio nel caso in cui questi abbia presentato un documento contraffatto per poter beneficiare di una detrazione d’imposta.

Se il Caf o il professionista si rende conto della presenza di errori nella dichiarazione, dovrà avvisare il contribuente e procedere alla trasmissione di una dichiarazione rettificativa all’Agenzia delle Entrate entro il 10 novembre 2015.

Nel caso in cui il contribuente non voglia presentare la nuova dichiarazione, i soggetti che agiscono da intermediari avranno la possibilità di comunicare all’Agenzia i dati rettificati.

In entrambi i casi, la responsabilità del Caf o del professionista è limitata al pagamento dell’importo corrispondente alla sola sanzione che sarebbe stata richiesta al contribuente, sanzione che può essere ridotta nella misura prevista dall’articolo 13, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 se il versamento è effettuato entro la medesima data del 10 novembre.

Le modifiche non sostanziali consentono di mantenere i benefici previsti per il 730 precompilato “accettato”. I controlli dell’Agenzia delle Entrate saranno effettuati anche sugli oneri trasmessi nelle certificazioni uniche relative al 2014. Sono due chiarimenti della circolare 11/E/2015 pubblicata il 23 marzo dall’Agenzia, che ha diffuso anche un video-tutorial sul canale Youtube e messo online un sito di assistenza.

Vengono considerate irrilevanti a tal fine le modifiche dei dati anagrafici del contribuente (ad eccezione però del comune del domicilio fiscale, che potrebbe incidere sulle addizionali), la modifica dei dati identificativi del soggetto che effettua il conguaglio; la scelta dell’utilizzo in compensazione del credito che risulta dal modello (quadro I); la scelta di non versare o di versare in misura inferiore gli acconti dovuti e di rateizzare le somme dovute (quadro F). La precompilata si considera al contrario modificata quando vi siano variazioni o integrazioni dei dati indicati nella dichiarazione che incidono sulla determinazione del reddito o dell’imposta, anche laddove tali variazioni non modifichino il risultato finale.

La circolare si occupa anche della gestione della precompilata per i coniugi che hanno presentato il 730/2014 in forma congiunta. Saranno predisposte, infatti, due distinte precompilate (una per ciascun coniuge). Così i coniugi che intendono presentare la dichiarazione in forma congiunta devono necessariamente rivolgersi al sostituto che presta l’assistenza fiscale, al Caf o al professionista abilitato. In questo caso, però, il 730 si considera «modificato», in quanto la liquidazione della dichiarazione congiunta varia rispetto a quella delle singole precompilate.

Le Entrate chiariscono che l’esclusione dal controllo formale nel caso di accettazione della dichiarazione senza modifiche, opera esclusivamente sugli oneri indicati forniti dai soggetti previsti dall’articolo 3 del Dlgs 175/2014 e quindi per gli interessi passivi sui mutui, i premi assicurativi e i contributi previdenziali ma non anche per gli oneri comunicati dal sostituto d’imposta con la certificazione unica.


lunedì 23 marzo 2015

Pensione anticipata ed uscita dal lavoro per gli anni 2015 2016



In tutti i casi si parla di flessibilità in uscita per andare in pensione prima e per permettere, in particolar modo, l'accesso a coloro che si ritrovano disoccupati tra i 55 e i 65 anni. A innescare le ultime dichiarazioni sulle pensioni 2015 - 2016 sono state le nuove dichiarazioni di Tito Boeri, presidente dell'Inps.

La Pensione anticipata è il trattamento pensionistico erogato che può essere raggiunto al perfezionamento del solo requisito contributivo indipendentemente dall'età anagrafica del beneficiario. Sostituisce, dal 2012, la pensione di anzianità.

L'istituto ha eliminato il requisito dell'età minima introdotto dalla legge 243/2004 ed ha previsto un sistema di disincentivazione che si realizza attraverso una riduzione del rateo in relazione al tempo mancante per il raggiungimento di un limite minimo di età fissato in 62 anni dalla legge 201/2011.

Più flessibilità per i paletti che regolano l'uscita dal mondo del lavoro come risposta all'allungamento di 4 mesi dell'età pensionabile (dal 2016) “imposta” dalla maggiore aspettativa di vita dei lavoratori. Messa giù in maniera molto semplice, è questo il quadro che da qualche mese caratterizza il dibattito sulla previdenza italiana.

Al momento, quello che è a conoscenza che la priorità di intervento sarà dare una soluzione ai casi di emergenza previdenziale degli esodati che hanno esaurito gli ammortizzatori sociali (in linea con gli interventi di salvaguardia messi in campo negli ultimi anni: la VI salvaguardia per esodati e lavoratori precoci darà modo di accedere alla pensione anticipata privata anche con ampio anticipo), e di “veicolare” la riforma con la prossima legge di Stabilità. Insomma, per prima cosa, si tratterà di dare una mano a chi perde il lavoro e non è in grado, per varie ragioni, di maturare la pensione.

In questo scenario, un altro attore di primo piano come l'Inps è impegnato, con il nuovo presidente Tito Boeri, a portare acqua al mulino dei pensionamenti flessibili. Una proposta organica in questa direzione verrà presentata a giugno, ma Boeri, che ci sta lavorando con il ministero del Welfare, ne ha già anticipato la chiave di volta: una sorta di «reddito minimo» per gli over 55 che hanno perso il lavoro ma non hanno i requisiti per andare in pensione e non hanno nient'altro. Secondo il presidente Inps, per la sostenibilità della proposta potrebbero bastare 1,5 miliardi di euro da cercare risparmiando all'interno della protezione sociale, ad esempio guardando alle gestioni speciali.

C'è poi da tener d'occhio il fronte parlamentare, che vede la minoranza Pd in prima linea nel sollecitare il superamento della legge Fornero e la soluzione al problema esodati. In particolare, il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, intende animare il dibattito sulle pensioni flessibili portando avanti senza tentennamenti l'iter della varie proposte sul tavolo della commissione. Il ddl C 857 sulla flessibilità in uscita (di cui è primo firmatario, già incardinato), punta a permettere l'accesso alla pensione dei lavoratori al compimento dei 62 anni a condizione di aver maturato 35 anni di contributi, con una penalizzazione massima dell'assegno pensionistico dell'8 per cento. La penalizzazione si riduce gradualmente negli anni successivi, dando modo di percepire il 100% dell'assegno al traguardo dei 66 anni di età. Previsto anche una sorta di “premio” del 2% per chi ritarda l'accesso alla pensione dal 66° al 70° anno di età.


Come anticipato le ultime novità sulle pensioni anticipate di donne e uomini nel 2015 e 2016 partono dalle dichiarazioni di Boeri, che ha nuovamente richiesto al Governo Renzi l'introduzione di criteri di flessibilità per il pensionamento anticipato, aggiungendo che giungerà una proposta di riforma da parte dell'INPS sui prepensionamenti, e che tale proposta sarà presentata entro il prossimo mese di giugno. Prioritaria in questa possibile riforma (qui abbiamo un forte punto di convergenza con le idee espresse più volte dal ministro Poletti) risulterebbe la risoluzione del problema dei soggetti in età avanzata, tra i 55 e i 65 anni, che hanno perso il lavoro e tuttavia non possono accedere alla pensione,

Sulla pensione anticipata con flessibilità in uscita Damiano ha già elaborato due soluzioni: prepensionamento dai 62 anni di età con 35 di contributi e penalizzazioni progressive e Quota 100. Va da sé che Damiano ha dimostrato apprezzamento per le idee simili espresse dal presidente dell'INPS, ricordando inoltre che in Commissione Lavoro si è già tornati a discutere sulle proposte di legge per le pensioni anticipate di donne e uomini, e che sono in calendario incontri con Poletti, lo stesso Boeri e le parti sociali. Dal canto suo Poletti ha ribadito la propria disponibilità a riflettere su una riforma pensioni orientata alla flessibilità e ha spinto ancora sulla necessità di considerare prioritario il caso dei disoccupati senza pensione in età avanzata: "Su questo tema" ha dichiarato il ministro, "siamo d'accordo con Boeri. Lui sta facendo le simulazioni, poi vedremo il da farsi".

A decorrere dal 1° gennaio 2012 i lavoratori dipendenti, autonomi, in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 (cioè lavoratori che erano nel sistema retributivo o misto al 31 Dicembre 2011) possono conseguire - ai sensi dell'articolo 24 comma 10 del DL 201/2011 - la pensione anticipata qualora, gli assicurati, abbiano maturato una anzianità contributiva pari a 42 anni ed un mese per gli uomini e a 41 anni ed un mese per le donne. Tale requisito contributivo va aumentato di un mese nel 2013 e di un ulteriore mese nel 2014.

Il requisito contributivo è inoltre soggetto agli adeguamenti alla speranza di vita di cui all'articolo 12, comma 12 bis del DL 78/2010 convertito con legge 122/2010. In forza di tale previsione, dal 1° gennaio 2013, il presupposto contributivo sopraindicato dovrà essere quindi aggiornato, con cadenza triennale, in relazione all'aumento della speranza di vita individuata secondo i criteri stabiliti dal decreto direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze. Decreto da emanare almeno 12 mesi prima della data di decorrenza di ogni aggiornamento.

Tale provvedimento, dal 1º gennaio 2013, ha già aumentato di 3 mesi l'anzianità contributiva per il trattamento in parola e dal 1° gennaio 2016 il requisito contributivo aumenterà di altri 4 mesi. Attualmente i requisiti contributivi per la pensione anticipata, comprensivi degli ulteriori adeguamenti alla speranza di vita Istat individuati nella relazione alla Riforma Fornero del 2011, possono essere rappresentati dalla seguente tabella.

Ai fini del raggiungimento di tale requisito contributivo è valutabile la contribuzione a qualsiasi titolo versata o accreditata in favore dell’assicurato, fermo restando il contestuale perfezionamento del requisito di 35 anni di contribuzione utile per il diritto alla pensione di anzianità disciplinata dalla previgente normativa.

In altri termini è necessario perfezionare almeno 35 anni di contributi senza considerare i periodi di figurativi derivanti dalla disoccupazione indennizzata (tra cui anche l'Aspi e Mini-Aspi; cfr Circolare Inps 180/2014) e malattia.

Chi percepisce prima dei 62 anni di età il pensionamento anticipato subisce una penalizzazione sulle anzianità retributive maturate fino al 2011. Il taglio è pari al 2% per ogni anno di anticipo rispetto ai 60 anni di età e dell'1% per ogni anno prima dei 62. Pertanto un lavoratore che andasse in pensione anticipata a 59 anni subirebbe un taglio del 4% sulle anzianità retributive maturate entro il 2011.

La riduzione si applica sulla quota di trattamento pensionistico calcolata secondo il sistema retributivo. Pertanto, per coloro che hanno un’anzianità contributiva pari a 18 anni al 31 dicembre 1995, la riduzione si applica sulla quota di pensione relativa alle anzianità contributive maturate al 31 dicembre 2011; mentre, per coloro che hanno un’anzianità contributiva inferiore a 18 anni al 31 dicembre 1995, la cui pensione è liquidata nel sistema misto, la riduzione si applica sulla quota di pensione relativa alle anzianità contributive maturate al 31 dicembre 1995.

La norma ha, inoltre, specificato che, nel caso in cui l'età raggiunta dal lavoratore al momento del pensionamento non sia interamente espressa in anni, la riduzione deve essere proporzionata al numero di mesi di età, oltre gli anni già raggiunti, che risulteranno raggiunti.

La Penalizzazione dal 1° Gennaio 2015 - Questo sistema di disincentivi è stato più volte oggetto di intervento da parte del legislatore, (l'ultimo con l'articolo 1, comma 113 della legge 190/2014) con cui si è disposto, in sostanza, la cancellazione della penalità sino al 31 Dicembre 2017. Per effetto di tale modifica, dunque, chi matura un diritto a pensione anticipata tra il 1° Gennaio 2015 e il 31 Dicembre 2017 non subirà più la decurtazione dell'assegno anche se non avrà raggiunto i 62 anni. Mentre la riduzione troverà applicazione a partire dal 1° Gennaio 2018.

I lavoratori il cui primo contributo versato è successivo al 31 dicembre 1995 (e che, quindi, hanno diritto alla liquidazione del trattamento pensionistico con il sistema contributivo) possono conseguire il trattamento anticipato al perfezionamento delle medesime anzianità contributive previste per i lavoratori nel sistema retributivo o misto e qui riportate.



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