martedì 14 aprile 2015

Infortunio sul lavoro Inail: procedura, retribuzione e quesiti



L’infortunio sul lavoro INAIL 2015 è un incidente che avviene in occasione dell’attività lavorativa che va ben oltre il concetto di durante l’orario di lavoro o sul posto di lavoro, in quanto in esso vengono ricomprese tutte quelle situazioni anche ambientali, nelle quali il lavoratore può essere a rischio di incidenti e quindi di infortunio.

Cos'è e come funziona l'infortunio Inail?
L’infortunio sul lavoro INAIL 2015 è coperto dall'assicurazione obbligatoria che prevede risarcimento, retribuzione indennità sostitutiva in caso di incidente violento dal quale derivi la morte e l’inabilità permanente o assoluta del lavoratore.

Nel concetto di infortunio sul lavoro INAIL, oltre a far rientrare gli incidenti causati da agenti aggressivi esterni tali da provocare danneggiamenti all'integrità psico fisica del lavoratore come ad esempio sostanze tossiche, sforzi muscolari eccessivi o virus,  l’INAIL ricomprende anche tutti gli eventi che possono minare la salute del lavoratore durante lo svolgimento dell’attività lavorativa, quindi durante l’orario di lavoro e sul posto di lavoro ma anche gli eventi con rapporto indiretto di causa effetto, tra l’incidente che causa l’infortunio e l’attività lavorativa svolta.

Per cui l’INAIL copre tutti gli infortuni sul lavoro del lavoratore anche se direttamente causati dal lavoratore stesso per negligenza, imprudenza o imperizia ed estende la copertura assicurativa anche agli incidenti che il lavoratore potrebbe avere durante il normale tragitto di andata e ritorno tra casa e posto di lavoro, il cd. in itinere.

Cosa fare se il lavoratore si infortuna sul posto di lavoro?
Cosa deve fare il datore di lavoro e il lavoratore in caso di infortunio sul lavoro:

1.Il lavoratore in caso di infortunio sul lavoro deve comunicare immediatamente l’incidente al datore di lavoro che deve inviarlo subito al Pronto Soccorso.

2.Il pronto soccorso a seguito della visita medica rilascia il primo certificato medico che deve essere trasmesso dal lavoratore al datore di lavoro.

3.Il datore di lavoro deve obbligatoriamente presentare per via telematica il nuovo modello denuncia infortunio sul lavoro INAIL, nel caso in cui i giorni di prognosi dovessero superare i 3 giorni oltre la giornata in cui si è verificato l’incidente.

4.Una volta presentata la denuncia infortunio INAIL online, il lavoratore infortunato, due o tre giorni prima della scadenza della prognosi indicata sul certificato medico del pronto soccorso, deve recarsi alla visita medica presso gli ambulatori INAIL.

5.A seguito della visita medica INAIL, l’istituto provvede a:

◦fissare un nuovo appuntamento in caso di continuazione della temporanea e un certificato medico INAIL infortunio sul lavoro da consegnare al datore di lavoro;

◦chiudere l’infortunio temporaneo con un certificato di chiusura definitiva da consegnare in azienda per poter riprendere il lavoro.

Si ricorda che, la mancata denuncia infortunio INAIL da parte del datore di lavoro entro 2 giorni dal ricevimento del certificato medico o in caso di ritardata presentazione, viene sanzionato con una multa amministrativa da € 1.290,00 a € 7.745,00 sia da parte dell’Inail che dall'Autorità di Pubblica Sicurezza.

Tale sanzione, è prevista anche nel caso in cui il datore di lavoro non indichi o ometta completamente o parzialmente il codice fiscale del lavoratore nel modello di denuncia Inail, in tal caso l’ammontare della sanzione amministrativa è stabilito dall’art. 16, legge n. 251/1982.

Se l’infortunio invece è a carico di un lavoratore autonomo del settore artigianato o del settore dell’agricoltura non è prevista alcuna sanzione amministrativa per l’omessa o ritardata denuncia all’Inail, ma vi è la perdita del diritto all'indennità di temporanea per i giorni antecedenti l’inoltro della denuncia.

Incidente in itinere 2015 quando è risarcito?
L’infortunio sul lavoro incidente itinere Inail, è la tutela dei lavoratori che subiscono infortuni durante il normale tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il luogo di lavoro.

L’INAIL copre quindi l'infortunio in itinere anche se l’incidente occorso al lavoratore si verifica quando durante il normale percorso per recarsi da un luogo di lavoro a un altro, nel caso di rapporti di lavoro plurimi, oppure durante il tragitto abituale per la consumazione dei pasti, se non esiste una mensa aziendale.

L’infortunio sul lavoro in itinere è risarcito per qualsiasi incidente avuto dal lavoratore durante il normale tragitto a prescindere dal mezzo di trasporto pubblico utilizzato, quindi anche in treno, a piedi, in autobus, taxi a patto che siano appurate le finalità lavorative, la normalità del tragitto e la compatibilità degli orari.

Incidente in itinere occorso al lavoratore durante il tragitto normale tra casa e lavoro con il mezzo privato: auto, moto o bicicletta, è coperto dall’assicurazione, solo se tale uso è considerato per forza necessario ai fini dello svolgimento dell’attività lavorativa come ad esempio:

•se l’auto o il motorino sono stati forniti dal datore di lavoro per esigenze lavorative

•se il posto di lavoro non può essere raggiunto con i mezzi pubblici

•se il posto di lavoro è raggiungibile con i mezzi pubblici ma i loro orari non consentono di arrivare in tempo al turno di lavoro

•se i mezzi pubblici obbligano ad attese eccessivamente lunghe

•se i mezzi pubblici comportano un rilevante dispendio di tempo rispetto all’utilizzo del mezzo privato

•se la distanza della fermata più vicina è molto lunga da percorrere a piedi.

Importante: l’infortunio sul lavoro in itinere causato dal consumo di alcool, droga e di psicofarmaci, non è indennizzabile dall’INAIL come la mancanza della patente di guida da parte del conducente.

Per quanti giorni il datore di lavoro paga l’infortunio?
Chi paga l’infortunio sul lavoro e per quanti giorni? L’infortunio sul lavoro è pagato per i primi 4 giorni di assenza del lavoratore infortunato, dal datore di lavoro e comprendono la giornata in cui è avvenuto l’infortunio che è considerato giornata di lavoro a tutti gli effetti e quindi è pagata al 100% della retribuzione giornaliera spettante al lavoratore e i successivi 3 giorni, chiamati periodo di carenza che sono pagati invece al 60% della retribuzione.

Durante il periodo di carenza, ovvero, dal 2° al 4° giorno compresi, il datore di lavoro è obbligato per legge a corrispondere al lavoratore infortunato, le seguenti percentuali della retribuzione media giornaliera utilizzata dall’INAIL per il calcolo dell’indennità:

•100% per il giorno dell’infortunio

•60% dal 2° al 4° giorno compresi i sabati e le domeniche.


Indennizzo INAIL retribuzione e pagamento:
L’indennizzo infortunio sul lavoro è pagato dall’INAIL, dal 5° giorno in poi e per tutto il periodo di assenza dal lavoro per infortunio e spetta la suddetta percentuale di retribuzione:

•al 60% della retribuzione fino al 90° giorno

•al 75% della retribuzione dal 91°giorno e fino alla completa guarigione del lavoratore infortunato.

L’indennizzo INAIL per infortunio sul lavoro, è pagata per tutti i giorni, compresi i festivi che cadono le periodo di astensione dal lavoro. Tale indennità non è però cumulabile con l’indennità di malattia INPS e quindi Infortunio sul lavoro non è soggetto agli orari visite fiscali, indennità economica sanatoriale, cassa integrazione guadagni mentre è cumulabile con l’assegno per congedo matrimoniale, che è erogato sulla differenza tra la retribuzione spettante nello stesso periodo e l’integrazione INAIL e l’assegno per il nucleo familiare che spetta sia per i giorni di carenza e fino a un massimo di 3 mesi.

Il pagamento dell’indennità INAIL per infortunio sul lavoro, viene immediatamente erogata sulla prima busta paga spettante al lavoratore, in quanto è anticipata dal datore di lavoro in base a quanto stabilito dall’articolo 70 T.U. 1124/65 ma nel caso in cui l’azienda o il datore di lavoro non si avvalga di questa facoltà, è la stessa Inail ad erogare direttamente la temporanea assenza del lavoratore infortunato.

Dal momento che l’infortunio sul lavoro INAIL è indennizzabile dall’istituto senza alcun limite di durata, ovvero, l’INAIL paga l’indennità per tutto il periodo di assenza dal lavoro, il lavoratore deve prestare però molta attenzione alle limitazioni circa il diritto alla conservazione del posto di lavoro, stabilite dai vari CCNL di riferimento che in genere sono di 180 giorni.

Tabella danno biologico 2015:
Una novità importante circa il danno biologico derivato dall'infortunio sul lavoro, è stata introdotta dalla Legge di Stabilità 2014 che ha previsto con il comma 78 dell’articolo unico, uno stanziamento di 50 milioni di euro annui, a decorrere dal 2014, per l’aumento in via straordinaria delle indennità dovute dall’INAIL per danno biologico, in attesa che venga introdotto un meccanismo di rivalutazione automatico. Tale provvedimento, andrebbe quindi a portare una rivalutazione di circa il 7-8% della retribuzione degli assicurati.

Ma cos'è il danno biologico INAIL? Innanzitutto bisogna dire, che per l’infortunio sul lavoro che causa una inabilità permanente del lavoratore, occorre fare una distinzione tra gli incidenti avvenuti prima o dopo il 2000, in quanto la normativa è stata modificata:

•infortuni sul lavoro permanenti avuti prima del 25 luglio 2000: le disposizioni da applicare sono quelle del regime del Testo Unico 1124/65 che prevede l’erogazione di una rendita diretta per i casi di inabilità permanente pari o superiore all’11%.

•infortuni sul lavoro permanenti avuti dopo il 25 luglio 2000: la regola da applicare è quella stabilita dal Dlgs. 38/2000 che ha introdotto la tutela del danno biologico, ovvero, un’indennità in denaro per gli incidenti sul lavoro che hanno causato nel lavoratore, menomazioni di grado compreso tra 6% e 15% e di una rendita diretta per i casi di grado pari o superiore al 16%.

Nello specifico, l’infortunio sul lavoro con danno biologico è pagato dall’INAIL con una somma in denaro per gli incidenti che hanno causato menomazioni sul corpo del lavoratore. Tali menomazioni, calcolate in percentuali di danno biologico compreso tra il 6% e il 15%, sono elencate in specifiche tabelle INAIL che riportano le valutazioni del danno biologico per le menomazioni elencate e organizzate secondo criteri specifici, ovvero, distinti per tipologia ad esempio: valutazione danno biologico apparato cardio-circolatorio, danno biologico cicatrici e dermopatie, danno biologico dell’apparato digerente ecc.. La descrizione della menomazione e il valore del danno biologico si trovano nella tabella INAIL infortunio sul lavoro con danno biologico.

Il lavoratore infortunato, inoltre, entro 10 anni dall’incidente sul lavoro può presentare domanda di aggravamento del danno biologico. Tale istanza però, può essere fatta una sola volta entro i 10 anni dall’incidente o dall’erogazione della rendita. La domanda di aggravamento della rendita, invece, può essere presentata una volta all’anno per i primi 4 anni, dopodiché al 7° e al 10° anno dalla decorrenza della rendita.

Chi paga le spese visite mediche?
Chi paga le spese mediche in caso di infortunio sul lavoro? Il lavoratore assente dal lavoro per infortunio causata da incidente, è tutelato dall’INAIL anche per la copertura di esami diagnostici e le terapie riabilitative, in quanto le spese mediche sono completamente pagate dall'istituto, se preventivamente prescritte o autorizzate dall’Inail. Per il lavoratore, inoltre, per tutta la durata dell’erogazione dell’indennità INAIL per infortunio o malattia professionale INAIL 2015, se di durata temporanea, è prevista l’esenzione ticket sanitario per esami e analisi prescritti dall’Inail o dal medico curante.

Successivamente, per i casi in cui al lavoratore viene riconosciuta l’inabilità permanente o danno biologico, ha il diritto all'esenzione ticket parziale riferita alla patologia specifica, da richiedere alla ASL competente, producendo la documentazione Inail che attesti i postumi riconosciuti.





lunedì 13 aprile 2015

Jobs Act: le novità del mercato del lavoro per il 2015



Conciliazione delle esigenze di cura di vita e di lavoro, le novità più importanti riguardano l'allargamento dei diritti ad indennità economiche  e a permessi dal lavoro nei periodi di maternità /paternità.

Ad esempio:
in caso di parto anticipato i giorni di congedo non goduti possono essere fruiti successivamente anche oltre il limite complessivo di cinque mesi previsti dopo il parto dalla normativa attualmente in vigore;

Inoltre in caso di ricovero del neonato  in ospedale nel periodo di congedo della madre può chiedere la sospesone del congedo stesso per usufruirne al momento del a dimissione del bambino;

l'indennità di maternità è corrisposta anche in caso di risoluzione del rapporto di lavoro per colpa grave o cessazione di attività dell'azienda o scadenza del termine del contratto di lavoro (art. 54 Comma 3 Dlgs.151/2001;

il congedo di paternità può essere usufruito anche nel caso di madri lavoratrici autonome , imprenditrici agricole, coltivatrici con le stesse modalità ora previste  per le lavoratrici dipendenti e  da padri lavoratori autonomi, liberi professionisti;

il diritto di assentarsi  per congedo parentale previsto all'art 32 del dl 151 si amplia dagli attuali 8 ai primi 12 anni di vita del figlio. l'indennità del 30% della retribuzione è assicurata per i congedi entro i sei , non più tre anni di vita del figlio , che arrivano a 8 in caso delle retribuzioni più basse .

In materia di sostegno al telelavoro il decreto prevede che il numero di lavoratori ammessi al telelavoro in ragione di esigenze di cure parentali resti escluso dai limiti numerici cui è sottoposta l'azienda datrice di lavoro  per alcune normative particolari.

Viene anche introdotto un congedo  retribuito  fino a tre mesi,  e valido per il conteggio dell'anzianità e delle ferie, in caso di misure di protezione della donna  dalla violenza di genere.

I punti importantissimi per il riordino delle tipologie contrattuali.

A partire dall'entrata in vigore del decreto non potranno essere attivati nuovi contratti di collaborazione a progetto (quelli già in essere potranno proseguire fino alla loro scadenza). Comunque, a partire dal 1° gennaio 2016 ai rapporti di collaborazione personali con contenuto ripetitivo ed etero-organizzati dal datore di lavoro saranno applicate le norme del lavoro subordinato. Restano salve le collaborazioni regolamentate da accordi collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che prevedono discipline specifiche relative al trattamento economico e normativo in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore e poche altri tipi di collaborazioni.

Vengono superati: i contratti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro ed il job sharing.

Vengono confermate le seguenti tipologie:

Contratto a tempo determinato cui non sono apportate modifiche sostanziali.

Contratto di somministrazione. Per il contratto di somministrazione a tempo indeterminato (staff leasing) si prevede un’estensione del campo di applicazione, eliminando le causali e fissando al contempo un limite percentuale all’utilizzo calcolato sul totale dei dipendenti a tempo indeterminato dell’impresa che vi fa ricorso (10%).

Contratto a chiamata. Viene confermata anche l’attuale modalità tecnologica, sms, di tracciabilità dell’attivazione del contratto.

Lavoro accessorio (voucher). Verrà elevato il tetto dell’importo per il lavoratore fino a 7.000 euro, restando comunque nei limiti della no-tax area, e verrà introdotta la tracciabilità con tecnologia sms come per il lavoro a chiamata.

Apprendistato. Si punta a semplificare l’apprendistato di primo livello (per il diploma e la qualifica professionale) e di terzo livello (alta formazione e ricerca) riducendone anche i costi per le imprese che vi fanno ricorso, nell'ottica di favorirne l’utilizzo in coerenza con le norme sull'alternanza scuola-lavoro.

Tempo parziale. Vengono definiti i limiti e le modalità con cui, in assenza di previsioni al proposito del contratto collettivo, il datore di lavoro può chiedere al lavoratore lo svolgimento di lavoro supplementare e le parti possono pattuire clausole elastiche (le clausole che consentono lo spostamento della collocazione dell’orario di lavoro) o flessibili (le clausole che consentono la variazione in aumento dell’orario di lavoro nel part- time verticale o misto).

Viene inoltre prevista la possibilità, per il lavoratore, di richiedere il passaggio al part-time in caso di necessità di cura connesse a malattie gravi o in alternativa alla fruizione del congedo parentale.

In presenza di processi di ristrutturazione o riorganizzazione aziendale e negli altri casi individuati dai contratti collettivi l’impresa potrà modificare le mansioni di un lavoratore fino ad un livello, senza modificare il suo trattamento economico (salvo trattamenti accessori legati alla specifica modalità di svolgimento del lavoro).

Viene altresì prevista la possibilità di accordi individuali, “in sede protetta”, tra datore di lavoro e lavoratore che possano prevedere la modifica anche del livello di inquadramento e della retribuzione al fine della conservazione dell’occupazione, dell’acquisizione di una diversa professionalità o del miglioramento delle condizioni di vita.

SI fermano le stipule dei nuovi contratti di collaborazione dalla data di entrata in vigore del d.lgs. e trasformazione in lavoro dipendente dal 1 gennaio 2016.

A far data dal 1° gennaio 2016 i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa dovranno quindi trasformarsi in rapporti di lavoro subordinato ad eccezione per:

a) le collaborazioni per le quali gli accordi collettivi stipulati dalle confederazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore;

b) le collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali;

c) le attività prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;

d) le prestazioni di lavoro rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I. come individuati e disciplinati dall’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
In attesa del riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione, tale normativa non trova applicazione nei confronti delle pubbliche amministrazioni fino al 1° gennaio 2017.

Al fine di promuovere la stabilizzazione dell'occupazione mediante il ricorso a contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato nonché di garantire il corretto utilizzo dei contratti di lavoro autonomo, nel periodo compreso fra l’entrata in vigore del presente decreto e il 31 dicembre 2015, i datori di lavoro privati che procedano alla assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato di soggetti già parti di contratti di collaborazione coordinata e continuativa anche a progetto e di persone titolari di partita IVA, godono dell'estinzione delle violazioni previste dalle disposizioni in materia di obblighi contributivi, assicurativi e fiscali connessi alla eventuale erronea qualificazione del rapporto di lavoro pregresso, salve le violazioni già accertate prima dell’assunzione, a condizione che:

a) i lavoratori interessati alle assunzioni sottoscrivano, con riferimento a tutte le possibili pretese riguardanti la qualificazione del pregresso rapporto di lavoro, atti di conciliazione in una delle sedi di cui all'articolo 2113, comma 4, del codice civile, e all'articolo 76 del decreto legislativo n. 276 del 2003;

b) nei dodici mesi successivi alle assunzioni, i datori di lavoro non recedano dal rapporto di lavoro, salvo che per giusta causa ovvero per giustificato motivo soggettivo.



giovedì 9 aprile 2015

Pensioni: i nuovi requisiti dal 1° gennaio 2016



A decorrere dal 1° gennaio  2016, i requisiti di  accesso ai trattamenti pensionistici sono ulteriormente incrementati di 4 mesi e i valori di età anagrafica e di anzianità di 0,3 unità.

Aumentano dal 2016 i requisiti per andare in pensione, in attuazione dell’adeguamento alle speranze di vita, con quattro mesi in più di età e un adeguamento di 0,3 punti per chi ancora si ritira con il sistema delle quote: la circolare INPS 63 del 20 marzo 2015 spiega nel dettaglio tutti i requisiti per le pensioni delle varie categorie di lavoratori (uomini o donne, dipendenti o autonomi). Il riferimento normativo è il decreto ministeriale del 16 dicembre 2014, in attuazione dell’articolo 12, comma 12 bis, del decreto legge 7/2010. Vediamo con precisione come si alza dal primo gennaio 2016 l’età pensionabile per le pensioni di vecchiaia, di anzianità, e per la pensione anticipata.

Pensione di vecchiaia (art. 24, commi 6 e 7, legge n. 214 del 2011) -  requisito anagrafico
a) Lavoratrici iscritte all'assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti ed alle forme sostitutive della medesima:


Anno Età pensionabile
Anno 2016 65 anni  e 7 mesi
Anno 2017 65 anni  e 7 mesi
Anno 2018 66 anni  e 7 mesi
Dall'anno 2019 66 anni  e 7 mesi*
*Requisito da adeguare alla speranza di vita ai sensi dell’art. 12 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.


b)      Lavoratrici iscritte alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi e alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335:

Anno Età pensionabile
Anno 2016 66 anni e 1 mese
Anno 2017 66 anni e 1 mese
Anno 2018 66 anni  e 7 mesi
Dall’anno 2019 66 anni  e 7 mesi*

*Requisito da adeguare alla speranza di vita ai sensi dell’art. 12 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

 c)  Lavoratori iscritti all’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti ed alle forme sostitutive ed esclusive della medesima e lavoratrici dipendenti iscritte alle forme esclusive dell'A.G.O. di cui all’art 22-ter, comma 1, del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78 e successive modificazioni e integrazioni:

Anno                     Età pensionabile
Anno 2016           66 anni  e 7 mesi
Anno 2017           66 anni  e 7 mesi
Anno 2018          66 anni  e 7 mesi
Dall'anno 2019 66 anni  e 7 mesi*

*Requisito da adeguare alla speranza di vita ai sensi dell’art. 12 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.


d) Lavoratori iscritti alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi e alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335:

 Anno                   Età pensionabile
Anno 2016           66 anni  e 7 mesi
Anno 2017           66 anni  e 7 mesi
Anno 2018          66 anni  e 7 mesi
Dall'anno 2019 66 anni  e 7 mesi*

In base alla circolare 63/2015, l'Inps aumenta i requisiti di accesso al trattamento pensionistico, non solo gli anni di contribuzione ma anche l'età anagrafica per raggiungere la soglia di pensionamento. Ecco nel dettaglio quali sono i requisiti di accesso alla pensione anticipata a partire dal 1 gennaio 2016 e le informazioni utili sull'età anagrafica necessaria e anni di contributi da maturare per l'accesso al trattamento pensionistico. Attenzione alle differenze tra la pensione anticipata e la pensione di vecchiaia a partire dal 1 gennaio 2016 per chi sceglie il sistema contributivo e il diverso importo dell'assegno previdenziale richiesto. È di oggi 27 marzo 2015 la notizia che comunque le penalizzazioni sulla pensione anticipata resteranno per i lavoratori ante 2015: sono state queste le dichiarazioni di Poletti che stamattina ha risposto a un'interrogazione parlamentare in materia di riforma pensioni, facendo intendere che l'eliminazione non sarà possibile anche per mancanza delle coperture economiche. Flessibilità è invece la via di Damiano, la possibilità per il lavoratore di scegliere quando andare in pensione, in relazione al raggiungimento di una determinata soglia contributiva e/o anagrafica.

Nel dettaglio, per accedere al trattamento pensionistico, a partire dal 1 gennaio 2016, si avrà un innalzamento della soglia anagrafica, sia per gli uomini che per le donne. Nel dettaglio, i requisiti di accesso alla pensione anticipata per le donne saranno: maturazione di 41 anni e 10 mesi di contributi. Un anno in più per gli uomini, che per accedere alla pensione anticipata dovranno maturare 42 anni e 10 mesi. La circolare 63/2015 trasmessa dall'ente previdenziale Inps conferma il blocco della penalizzazione per i lavoratori di età inferiore ai 62 anni. Per chi volesse consultare le tabelle con i requisiti di accesso per il livello contributivo e età anagrafica, può collegarsi al sito ufficiale Inps e ricercare la circola in oggetto di riforma pensioni.

Differente è la situazione per i lavoratori uomini e donne che accedono al trattamento pensionistico scegliendo il sistema contributivo. In questo caso, l'importo dell'assegno mensile della pensione anticipata non deve essere inferiore alle 670 euro. In base alle disposizioni Inps e ai nuovi requisiti di accesso alla pensione che saranno applicati a partire dal 1 gennaio 2016 e fino al 31 dicembre 2018, il lavoratore che acceda alla pensione di vecchiaia con il raggiungimento di 70 anni e 7 mesi e con la maturazione di 5 anni di contribuzione non è soggetto alla soglia minima di importo dell'assegno previdenziale mensile.

Bisogna aggiungere tre punti decimale alle quote (formate da età anagrafica + anzianità contributiva) previste dalla legge 243/2004. Quindi, per coloro che possono ancora andare in pensione con il sistema delle quote, a partire dal primo gennaio 2016 i requisiti sono 35 anni di contributi a cui si aggiunge un’età anagrafica di 61 anni e 7 mesi per i dipendenti, con raggiungimento di quota 97,6, e un’età di 62 anni e 7 mesi per gli autonomi, con raggiungimento di quota 98,6. Le modalità di calcolo della quota non cambiano.

Ecco alcuni esempi:
verifica dell’età effettuata il 31 ottobre 2016 per un lavoratore dipendente nato il 20 marzo 1955: 61 anni e 225 giorni, quindi 61,616 anni. Anzianità contributiva (sempre al 31 ottobre 2016) pari a 1877 settimane, quindi 36,096 anni. La somma tra età e anzianità contributiva al 31 ottobre 2016 è pari a 97,712. Quindi, è superata quota 97,6 e sono rispettati i requisiti minimi di 61 anni e 7 mesi di età e 35 anni di contribuzione;

verifica dell’età al primo dicembre 2016 per un lavoratore autonomo nato il 20 marzo 1955: l’età è di 61 anni e 256 giorni, pari a 61,701 anni. L’anzianità contributiva è di 35 anni, 10 mesi e 24 giorni, quindi di 35 anni e 324 giorni pari a 35,900. La somma delle due cifre relative a età anagrafica e anzianità contributiva è 97,601. E’ quindi raggiunto il diritto alla pensione essendo superata quota 97,6, con il possesso dei requisiti minimo di 61 anni e 7 mesi di età e 35 anni di contribuzione.



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