sabato 26 settembre 2015

INPS: invalidità civile ottobre 2015


In una nota l’INPS comunica che a “partire dal mese di ottobre 2015, l’Ente procederà alla sospensione delle prestazioni economiche di invalidità i cui titolari sono stati convocati a visita di revisione dal mese di marzo 2015 e sono risultati assenti ingiustificati”

A partire dal mese di ottobre 2015, l’Istituto procederà alla sospensione delle prestazioni economiche di invalidità i cui titolari sono stati convocati a visita di revisione dal mese di marzo 2015 e sono risultati assenti ingiustificati.

Le sospensioni riguarderanno unicamente le convocazioni regolarmente effettuate. In tutti gli altri casi nei quali la spedizione abbia fatto registrare anomalie nella consegna (indirizzi insufficienti, sconosciuti o errati), prima di procedere alla sospensione sarà effettuata presso le sedi territoriali una puntuale verifica della correttezza degli indirizzi comunicati dagli assistiti e registrati nelle banche dati dell'Istituto.

Nel caso in cui l'assenza a visita sia stata determinata da cause di particolare gravità che ne abbiano reso impossibile la tempestiva comunicazione alla competente Commissione medico-legale, i soggetti destinatari del provvedimento di sospensione potranno prendere contatti con la Commissione stessa per verificare la possibilità di concordare una nuova visita.“

Recentemente, la legge n.114 del 2014 ha introdotto importanti modifiche in materia di visite sanitarie di revisione nell’intento di semplificare le procedure.

Prima di tale normativa si decadeva dallo status di invalido civile o portatore di handicap (L. 104/92) alla scadenza dei relativi verbali di accertamento anche se l’interessato era in attesa di visita di revisione. Per cui accadeva che a causa dei ritardi “tecnici” di verifica della permanenza dei requisiti sanitari, all’indomani della scadenza indicata nel verbale venivano sospese le provvidenze economiche (pensioni, assegni, indennità) e si perdeva di conseguenza il diritto alle agevolazioni lavorative (permessi e congedi); inoltre, non si poteva accedere ad altre agevolazioni quali, ad esempio, quelle fiscali finché non fosse stato definito un nuovo verbale di accertamento.
ora, la legge succitata ha stabilito che nel caso in cui sia prevista nel verbale una data di rivedibilità, si conservano tutti i diritti acquisiti in materia di benefici, prestazioni e agevolazioni di qualsiasi natura, anche dopo la data di scadenza del verbale. Inoltre viene definita la competenza esclusiva dell’Inps nella convocazione a visita nei casi di verbali per i quali sia prevista la rivedibilità. Spetta ora dunque all’INPS convocare il cittadino a nuova visita e spetta sempre all’INPS effettuare la visita, le cui commissioni saranno chiamate ad pronunciarsi non solo sulla permanenza o meno del grado d’invalidità precedentemente accertato, ma anche sul suo eventuale sopravvenuto aggravamento.

L’INPS, inoltre, ha reso noto che nel Fascicolo Previdenziale del Cittadino, munito di Pin di accesso al sito dell’Inps, è stata aggiunta una nuova area dedicata all’Invalidità civile.
In tale area il cittadino potrà informarsi circa le sue domande di invalidità civile ed i certificati medici introduttivi trasmessi all’Inps.

Quindi, una volta entrati nel sito dell’Inps utilizzando il proprio codice Pin, il cittadino potrà, se-lezionando la voce di menù denominata “Invalidità civile” avere accesso:

Alla voce menù denominata “Certificato medico Introduttivo”: qui potrà vedere per ogni certifi-cato presente una serie di informazioni come d esempio il numero del certificato, la data in cui è stato trasmesso all’Istituto, il medico che ha redatto il certificato;

Alla voce menù denominata “Domande presentate”: qui sarà possibile visualizzare una serie di informazioni riguardanti le singole domande presentate, come ad esempio il codice identificativo Domus, la data di trasmissione della domanda, il numero della domanda, il tipo di domanda presentate (di invalidità civile, handicap, cecità, sordità).

venerdì 25 settembre 2015

Lavoro straordinario previsione CCNL e retribuzione


Per lavoro straordinario si deve intendere la prestazione di lavoro che eccede l’orario normale settimanale. Generalmente è considerato straordinario l’orario eccedente le 40 ore settimanali. Dal punto di vista contrattuale è invece straordinaria la prestazione di lavoro che eccede l’orario settimanale prefissato dal contratto collettivo nazionale di lavoro. Il lavoro straordinario viene compensato mediante una maggiorazione della retribuzione, fissata dalla contrattazione collettiva; sempre la contrattazione può prevedere che, in alternativa alla maggiorazione per il lavoro straordinario, al lavoratore vengano concessi periodi di riposo compensativo.  Se Il compenso per lavoro straordinario viene corrisposto in modo fisso e continuativo, il medesimo incide sul calcolo del T.F.R.

Nel caso in cui il CCNL fissi un orario di lavoro ordinario inferiore alle 8 ore giornaliere, l’eventuale straordinario può essere corrisposto con una maggiorazione anche inferiore al 10% della paga base.
I giudici della Corte di Cassazione, hanno affermato che nelle ipotesi in cui la contrattazione collettiva fissi un orario massimo di lavoro normale inferiore a quello predeterminato per legge, la stessa contrattazione può stabilire che il superamento dell'orario contrattuale, fino al limite di quello legale, non sia compensato secondo la disciplina del lavoro straordinario. Di conseguenza, in tali casi, la maggiorazione per lavoro straordinario può essere inferiore al 10% della paga ordinaria.
In definitiva, solo il lavoro straordinario superiore alle 8 ore giornaliere (48 ore settimanali) va retribuito in misura non inferiore al 10% della retribuzione ordinaria.

In particolare, con riferimento alla fattispecie,  secondo cui la maggiorazione per il lavoro straordinario non può essere inferiore al dieci per cento della retribuzione ordinaria, si riferisce esclusivamente alle ore di straordinario eccedenti la giornata normale di lavoro (in otto ore giornaliere e quarantotto ore settimanali).

Ne consegue che nell'ipotesi in cui la contrattazione collettiva fissi un orario massimo di lavoro normale inferiore alle otto ore giornaliere e alle quarantotto ore settimanali, il compenso deve essere sempre corrisposto  con una maggiorazione rispetto a quella ordinaria  che può anche essere inferiore alla misura del  dieci per cento prevista per legge.

Ancora, continua la Corte di Cassazione, poiché l'art. 36 Cost. nulla stabilisce circa la struttura della retribuzione e l'articolazione delle voci che la compongono, “è rimessa insindacabilmente alla contrattazione collettiva la determinazione degli elementi che concorrono a formare, condizionandosi a vicenda, il trattamento economico complessivo dei lavoratori, del quale il giudice potrà poi essere chiamato a verificare la corrispondenza ai minimi garantiti dalla norma costituzionale. Quanto alle modalità di determinazione di tale maggiorazione, esse non possono che essere individuate nella contrattazione collettiva, poiché, se il lavoro straordinario è individuato come tale esclusivamente dalla fonte pattizia, non può poi negarsi a quest'ultima il potere di regolamentare l'istituto anche sotto tale aspetto”. Per questi motivi, la Suprema Corte rigetta il ricorso.

Nell'ipotesi in cui la contrattazione collettiva fissi un limite di orario normale inferiore a quello predeterminato per legge, è consentito alla stessa contrattazione determinare l'assetto degli interessi nel senso che il superamento dell'orario contrattuale fino al limite di quello legale non debba essere compensato secondo la disciplina del lavoro straordinario.

giovedì 24 settembre 2015

Ricerca e sviluppo: per chi investe nel triennio 2015-2019 ha diritto ad un credito d'imposta


Al fine di sostenere gli investimenti in ricerca e la collaborazione tra università e imprese, sono previste alcune agevolazioni - prevalentemente sotto forma di credito d'imposta - in favore delle imprese che finanziano progetti di ricerca in Università o enti pubblici di ricerca o che assumono ricercatori o profili altamente qualificati.

Possono accedere tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, che effettuano investimenti in R&S dal 1 gennaio 2015 al 31 dicembre 2019.

Sono ammesse le spese sostenute nel quinquennio 2015-2019 per:

costi del personale, anche collaboratori, altamente qualificato impiegato in attività di R&S;

quote di ammortamento per spese di acquisizione o utilizzazione di strumenti e attrezzature di laboratorio;

spese sostenute per stipulare contratti di ricerca con università, enti di ricerca o organismi equiparati, altre imprese;

spese per acquisire competenze tecniche.

Dette spese devono essere dedicate ai seguenti ambiti:

lavori sperimentali o teorici svolti ai fini dell’acquisizione di nuove conoscenze;

ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire conoscenze per mettere a punto nuovi
prodotti, processi o servizi o permettere un miglioramento di quelli esistenti;

acquisizione delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale;

produzione e collaudo di prodotti, processi e servizi, a condizione che non siano impiegati o trasformati in vista di applicazioni industriali o per finalità commerciali.

Incentivare le imprese che investono in ricerca e sviluppo, e fornire allo stesso tempo un'opportunità ai ricercatori. Sono questi gli obiettivi principali del credito d'imposta in ricerca e sviluppo. Le novità più importanti inserite sono: estensione del credito a tutte le aziende, non più solo PMI; innalzamento del tetto massimo agevolabile (5 milioni anziché 2,5 milioni) e abbattimento della spesa minima per gli investimenti (30.000 Euro anziché 50.000 Euro); prolungamento dell'agevolazione fino al 2019.

Per i soggetti con periodo d'imposta coincidente con l'anno solare il credito d'imposta riguarda gli investimenti effettuati nel quinquennio 2015-2019.

Il credito d’imposta è riconosciuto a condizione che la spesa complessiva per investimenti in attività di ricerca e sviluppo, effettuata in ciascun periodo d'imposta:

ammonti ad Euro 30.000;

ecceda la media degli investimenti realizzati nei tre periodi d'imposta precedenti a quello in corso al 31.12.2015. Se l'attività è iniziata da meno di tre anni, ai fini del calcolo della media si considerano i periodo d'imposta precedenti esistenti alla data della costituzione.

Il credito viene concesso fino all’importo massimo annuo di 5 milioni di Euro per ciascun beneficiario, nelle seguenti misure:

50% della spesa incrementale (ossia la spesa eccedente la media annuale dei 3 periodi d'imposta precedenti a quello in corso al 31.12.2015), costi relativi al personale altamente qualificato, spese relative alla ricerca extra muros);

25% della spesa incrementale, per i costi di cui alle lettere b) e d) del comma 1 dell'art. 4 del decreto (quote di ammortamento delle spese di acquisizione o utilizzazione di strumenti e attrezzature di laboratorio, competenze tecniche e privative industriali).

Ai fini del calcolo del credito spettante occorre determinare la spesa incrementale agevolabile, separatamente per ciascuna tipologia di spesa. Nel caso in cui:

entrambe le tipologie di spesa dovessero registrare un incremento, il credito sarà calcolato applicando a ciascun incremento l'aliquota prevista per il relativo gruppo di spese (o 5o o 25%);

l'incremento dovesse riguardare solamente una tipologia di spesa, il credito sarà calcolato applicando l'aliquota prevista per quel gruppo di spesa all'ammontare della spesa incrementale complessiva.

Il credito d’imposta:
va indicato nel mod. UNICO relativo al periodo d’imposta nel corso del quale lo stesso è maturato;
non concorre alla formazione del reddito né della base imponibile IRAP;

non rileva ai fini del rapporto di deducibilità degli interessi passivi e dei componenti negativi ex artt. 61 e 109, TUIR;

è utilizzabile esclusivamente in compensazione, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in cui i costi ammissibili sono stati sostenuti (quindi dal 2016);

è cumulabile con il credito d'imposta per l'assunzione di personale altamente qualificato.

Le imprese che beneficiano di questa agevolazione devono conservare tutta la documentazione utile a dimostrare la loro ammissibilità.

L'Agenzia delle Entrate effettuerà i controlli sulla base della documentazione contabile, che dovrà essere certificata dal soggetto incaricato alla revisione contabile o dal collegio sindacale o da un professionista iscritto nel registro dei revisori. Tale certificazione dovrà essere allegata al bilancio.

Anche le imprese non soggette a revisione legale dei conti, e prive di collegio sindacale, devono avvalersi della certificazione di un revisore o di una società di revisione. Sono escluse da questo obbligo le imprese con bilancio certificato.

Nel caso in cui, a seguito dei controlli, si accerti l'indebita fruizione del credito (anche parziale), l'Agenzia delle Entrate provvederà al recupero del relativo importo, maggiorato di interessi e sanzioni.

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