sabato 27 febbraio 2016

Come diventare consulente del lavoro


Come diventare consulente del lavoro: vediamo i requisiti per aspiranti professionisti, al praticantato, alla formazione obbligatoria e allo svolgimento delle attività per le aziende.

Quella del consulente del lavoro è senz’altro una professione attraente. Il suo compito è quello di aiutare le aziende nell’amministrazione delle risorse umane da libero professionista. Una risorsa esterna fondamentale per amministrare le risorse umane a norma di legge.

Il consulente del lavoro è un libero professionista con una conoscenza giuridica - economica che ha competenze specifiche collegate all’amministrazione del personale.

Nello specifico il suo ambito professionale comprende:

amministrazione del personale (subordinato, autonomo e parasubordinato);

calcolo e asseverazione del costo del lavoro, determinazione e calcolo dell’accantonamento del trattamento di fine rapporto;

ammortizzatori sociali (consulenza ed assistenza);

risoluzione rapporti (mobilità, licenziamenti collettivi, ecc.);

dichiarazione e denunce previdenziali, assistenziali, assicurative e fiscali;

contenzioso del lavoro, amministrativo, previdenziale, assicurativo, sindacale, giudiziale e stragiudiziale;

contenzioso fiscale, operazioni societarie, dichiarazioni e prestazioni amministrative, contabili, fiscali-tributarie e formazione del bilancio;

contrattualistica (contratti, certificazione, conciliazioni, arbitrati);

consulenze tecniche di parte (controversie di lavoro, previdenziali, assicurative, di assistenza sociale, fiscali e in atti aventi natura negoziale).

Il consulente del lavoro è una professione dalle crescenti opportunità alla luce delle numerose riforme del mercato del lavoro e normativa di riferimento, che generano frequenti dubbi interpretativi. Come libero professionista, aiuta le aziende soprattutto a gestire a norma di legge: risorse umane; contabilità; versamento dei tributi; previdenza; contatti con INPS, INAIL, Agenzia delle Entrate e così via. Per questo, le sue competenze e formazione devono spaziare tra varie discipline (amministrazione, contabilità, diritto, assicurazione, previdenza, etc.).

L’Ordine dei Consulenti del Lavoro ha un regolamento per ciò che riguarda il tirocinio obbligatorio per l’accesso alla professione e per chi volesse un vero e proprio vademecum al praticantato per diventare consulente del lavoro, ancora una volta viene in nostro aiuto l’Ordine con una guida sull’argomento dove si trovano tutte le informazioni utili sull’argomento.

Al termine del praticantato è previsto un esame di abilitazione, che si tiene in apposite sessioni annuali e che consiste in una doppia prova scritta (un tema di diritto del lavoro e legislazione sociale ed una prova teorico-pratica di diritto tributario) e poi, se superata, in una prova orale presso la Direzione Regionale del Lavoro sulle seguenti materie: diritto del lavoro; legislazione sociale; diritto tributario; elementi di diritto privato, pubblico e penale; nozioni generali sulla ragioneria, con particolare riguardo alla rilevazione del costo del lavoro ed alla formazione del bilancio.

A fronte della riforma delle professioni, che ha modificato le regole sul praticantato(tirocinio professionale del CdL), il Consiglio Nazionale (con la Fondazione Studi) ha redatto una guida per diventare consulenti, articolata in tre sezioni:

adempimenti e obblighi del praticante;

il professionista che lo accoglie;

il Consiglio provinciale che regola, con ampia autonomia, tutta l’attuazione del percorso formativo.

Vengono inoltre richiamati, oltre alla normativa e prassi del CNO, i requisiti all’iscrizione al registro, gli adempimenti formali per la formazione, il ruolo del tutor, le regole per il rimborso spese, le verifiche del CPO e l’attribuzione del certificato di compiuta pratica. Sul sito del Consiglio Nazionale è inoltre possibile consultare le FAQ sull’argomento.

Come requisito primario viene richiesta la laurea almeno triennale in giurisprudenza, economia o scienze politiche. Obbligatorio per accedere alla Professione di Consulente del Lavoro, vi è poi un periodo di praticantato, ossia tirocinio non superiore ai 18 mesi (art. 9 comma 6 del DL 24/01/2012 e successive modificazioni) presso lo studio di un consulente o di uno dei professionisti indicati dall’art. 1 della legge 12/1979. Periodo propedeutico all’esame di abilitazione alla professione, anch’esso obbligatorio per l’iscrizione all’Albo.

L’Esame di Stato avviene in apposite sessioni annuali e consistente in due prove scritte al superamento delle quale fa seguito una prova orale presso la Direzione Regionale del Lavoro. Per superare l’esame è consigliabile sfruttare al meglio il periodo del praticantato per consolidare le conoscenze e le competenze.

Una volta abilitati come consulenti del lavoro, secondo quanto disposto dal regolamento dell’Ordine, la formazione continua è obbligatoria fino al raggiungimento della soglia minima di 50 crediti formativi ogni due anni. L’obiettivo è fare in modo che i consulenti rimangano al passo con le evoluzioni del Diritto del Lavoro.

Il regolamento dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro prevede la formazione continua obbligatoria. Il lavoro del consulente, infatti, richiede un costante aggiornamento professionale per rimanere al passo con le evoluzioni del Diritto del Lavoro. Per questo, ai consulenti è richiesto il raggiungimento della soglia minima di 50 crediti formativi ogni due anni.

Per i neo-consulenti l’obbligo decorre dal mese successivo a quello d’iscrizione all’albo e il numero di crediti viene ridotto in base alla porzione residua dell’anno.

I crediti possono essere acquisiti tramite la partecipazione a eventi formativi e corsi accreditati.

mercoledì 24 febbraio 2016

Aprire una Srl semplificata a 1 Euro: regole, requisiti e costi


La Srl Semplificata che permette di avviare una startup con soltanto 1 euro di capitale e altri 168 euro per l’imposta di registro. Infatti, da agosto 2013 non esistono più le S.r.l. a capitale ridotto. Ora anche le S.r.l. normali si possono costituire con capitale sociale minimo di 1 Euro, invece che Euro 10 mila come in passato. E sono esenti da spese notarili e diritti di bollo.

La SRL semplificata è a tutti gli effetti è una soggetto giuridico al pari di una SRL che per la sua costituzione ci vorrà un capitale minimo da sottoscrivere simbolico e pari ad un euro e al rispetto di alcuni requisiti e comunque con capitale inferiore ai 9.999 euro che dovrà essere interamente sottoscritto e versato. Il capitale sociale dovrà essere formato solo di denaro non potendo prevedere anche conferimento in natura, d’opera o immobili o altro bene o servizio diverso.

Per accedere al regime semplificato e agevolato delle SRL semplificata veniva stabilito che potevano aprire una srl solo le persone fisiche che alla data della costituzione hanno meno di 35 anni di età. Tuttavia fortunatamente è stata superata questa previsione e quindi l’obbligo ed il limite di età non esiste più.

Non sarà possibile ovviamente avere soci all'interno che abbiano oltre 35 anni e sarà possibile associarsi con altre persone sempre che rispettino i requisiti anagrafici per aprire questo nuovo tipo di società. Per coloro che hanno oltre 35 anni di età si parla di società a responsabilità limitata a capitale ridotto o anche SRLcr.

Per l’apertura della SRL ordinaria in cui si doveva stimare le cosiddette spese di impianto ed ampliamento ossia i costi di costituzione legate alle talvolta salate parcelle del notaio che potevano andare dai 1500 a 3000, o 40000 euro per una srl con capitale sociale minimo qui assistiamo all’abolizione delle previsione dell’atto pubblico per la sua costituzione eliminando così oltre alla richiesta di finanziamento iniziale del capitale anche la fattura del notaio. Questo vale anche per le successive modificazioni dello statuto che non necessiteranno più dell’atto pubblico dal notaio essendo sufficiente la comunicazione per tutte le fattispecie di una semplice (da cui il nome della nuova SRL) comunicazione telematica al registro delle imprese mediante la procedura della SCIA o le altre procedure messe a disposizione dal legislatore fiscale e dall'amministrazione finanziaria.

L’atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico e contenere i dati anagrafici e requisiti della società, la denominazione sociale contiene l’indicazione di società a responsabilità limitata. Il capitale sociale è compreso fra uno e 9.999 euro, è sottoscritto e interamente versato alla data della costituzione. Il conferimento deve essere in denaro e versato all'organo amministrativo. Vanno indicati gli amministratori (che, rispetto alla regola originaria, non devono più essere soci).

Adempimenti e costi
Non si paga. Per l’atto costitutivo, il notaio controlla i requisiti senza chiedere onorari ed entro 20 giorni deposita l’atto presso l’Ufficio del Registro Imprese tramite software ComUnica, senza spese per i diritti di segreteria e bollo.

Si paga. I costi dovuti sono il diritto annuale alla Camera di Commercio, l’imposta di registro, la denuncia inizio attività.

Un discorso a parte meritano i costi relativa alla tassa di concessione governativa di € 309,87 per i libri sociali. Per le Srls, infatti, c’è l’obbligo di contabilità ordinaria, nonché di deposito del bilancio di esercizio presso il registro imprese e di tenuta dei libri sociali.

E’ possibile modificare lo statuto per passare da Srl semplificata a ordinaria ma serve che l’atto costitutivo (o Statuto) risultante dalle modificazioni sia conforme alla disciplina del modello di destinazione e che siano rispettati i requisiti soggettivi dei soci. Per quanto riguarda in particolare il passaggio da Srl semplificata alla forma di Srl ordinaria, è necessario il contestuale aumento del capitale sociale ad almeno 10mila euro, con modalità analoghe a quanto avviene in caso di trasformazione di una srl (con capitale inferiore a euro 120.000) in SpA, senza che risulti necessario accertare il valore del patrimonio sociale mediante una relazione di stima. Quindi, non è necessaria la perizia di stima del patrimonio sociale che, invece, è per esempio richiesta nel caso di trasformazione di una società di persone in Srl. Questo perché in sostanza si rimane all’interno della disciplina della stessa tipologia societaria, la Srl.

Passaggio da Srl ordinaria
Infine nel caso opposto, di passaggio da Srl ordinaria a Srls, è necessario ridurre il capitale sociale sotto i 10mila euro. Ne consegue che il passaggio può essere deliberato:

con efficacia immediata (salva l’iscrizione nel registro delle imprese) in caso di riduzione del capitale sociale per perdite, anche ai sensi dell’art. 2482-ter del codice civile;

con efficacia subordinata al decorso del termine di 90 giorni nel caso in cui la riduzione del capitale sociale avvenga in base all‘art 2482 del codice civile (rimborso ai soci).

Oltre alla stipula dell’atto costitutiva e all'apertura della partita Iva dovrete effettuare anche l’iscrizione nel Registro delle imprese che nei casi di una SRL ordinaria saranno soggetti al pagamento di imposte di bollo e diritti di segreterie mentre in questi casi saranno esenti e non so se l’ho scritto prima ma anche gli onorari del Notaio dovranno essere pari a zero se non limitatamente al versamento dell’imposta di registro.

Denominazione sociale della SRLs
Essendo attenuato per così dire il regime di garanzia nei confronti dei terzi, al pari di quanto visto per le società in liquidazione, la denominazione sociale e la corrispondenza dovrà contenere la dicitura società a responsabilità limitata semplificata o SRLs.

Inoltre non saranno dovuti neanche bolli o tasse o registro iniziali che nell’atto pubblico erano richieste e anche talvolta care per le tasche di giovani in cerca di fortuna e con delle buone idee ma i portafogli vuoti. Altri requisiti di minore rilevanza sono che i soci devono prevedere nello statuto societario il diritto di recesso esercitabile in 15 giorni da parte di ciascun socio.




martedì 23 febbraio 2016

Pensioni cosa cambia dal 2016



Aumentano dal 2016 i requisiti per andare in pensione, in attuazione dell’adeguamento alle speranze di vita, con quattro mesi in più di età e un adeguamento di 0,3 punti per chi ancora si ritira con il sistema delle quote: la circolare INPS 63 del 20 marzo 2015 spiega nel dettaglio tutti i requisiti per le pensioni delle varie categorie di lavoratori (uomini o donne, dipendenti o autonomi). Vediamo con precisione come si alza dal primo gennaio 2016 l’età pensionabile per le pensioni di vecchiaia, di anzianità, e per la pensione anticipata.

Quattro mesi in più per una «aspettativa di vita» che si va naturalmente allungando. E che fa salire di quattro mesi, appunto, il tempo per andare in pensione: non più i 66 anni e tre mesi di età fissati fino al 2015, ma 66 anni e sette mesi che saranno invece necessari dal primo gennaio prossimo per lasciare il lavoro. Prolungamento imposto più che consigliato dalla crescita della cosiddetta «aspettativa media di vita», che è diventata parametro fondamentale del sistema previdenziale Inps. Attenzione, i quattro mesi in più si sommano sia al minimo di età richiesto per l'assegno di vecchiaia che al minimo di anni di contributi per la pensione anticipata.

Comunque il risultato finale, come spiega una circolare dell'Inps, è che tra il 2016 e il 2018 gli uomini andranno in pensione di vecchiaia a 66 anni e sette mesi (minimo venti anni di contributi). Le donne del settore privato dovranno avere 65 anni e sette mesi (66 anni e sette mesi nel 2018), mentre le lavoratrici autonome dovranno aver raggiunto un'età di 66 anni e un mese (66 anni e sette mesi nel 2018). Per le dipendenti pubbliche l'assegno di vecchiaia è fissato con i tempi degli uomini: 66 anni e sette mesi. Cresce sempre di fatidici quattro mesi anche il massimo di età in base al quale il lavoratore dipendente può chiedere di restare sul posto di lavoro: a partire dal 2016 sarà di 70 anni e sette mesi. Serviranno ancora quattro mesi in più per acquisire la pensione di vecchiaia prevista per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995, cioè con l'avvio del sistema contributivo. Si va da 63 anni e tre mesi a 63 anni e sette mesi. Comunque e sempre in presenza di almeno 20 anni di contributi già versati.

Un sistema che fissa anche altri principi. Per esempio, quello riguardante le regole della pensione anticipata. Per lasciare il lavoro, rispetto all'assegno di vecchiaia, gli uomini devono avere attualmente almeno 42 anni e sei mesi di contributi mentre per le donne sono sufficienti 41 anni e sei mesi. Regole che resteranno sino alla fine di quest'anno. Poi, dall'anno prossimo, il requisito sarà innalzato a 42 anni e dieci mesi per gli uomini e 41 anni e dieci mesi per le donne. Cioè queste ultime potranno contare su uno sconto di un anno.La riforma Fornero oltre a fissare una serie di penalizzazioni rispetto alla pensione anticipata, è alla base delle tabelle elaborate dalla Ragioneria generale dello Stato che fotografano il progressivo status del sistema fino al 2050 tenendo conto naturalmente dell'ormai imprescindibile parametro della «speranza di vita». In base a queste stime l'età per la pensione di vecchiaia salirà progressivamente fino a 70 anni nel 2050, quando gli anni di contributi necessari per raggiungere la pensione anticipata saranno arrivati a quota 46 e tre mesi. Intanto ieri il presidente dell'Inps Tito Boeri ha annunciato entro giugno una proposta di riforma per introdurre più flessibilità nell'età.

Ciò significa che dal 1° gennaio 2016 verranno rivisti i requisiti per il conseguimento della pensione di anzianità, quello per la maturazione della pensione di vecchiaia (ovvero 65 anni per gli uomini e per le donne del pubblico impiego e 60 anni per le donne del privato), il requisito anagrafico dei 65 anni per la pensione con il sistema contributivo e il requisito dei 40 anni di contributi ai fini della maturazione del diritto all'accesso al pensionamento indipendentemente dall'età anagrafica.

In pratica età e anzianità contributiva sono aggiornate in funzione dell’incremento della speranza di vita – 65 anni – in rifermento alla media della popolazione residente in Italia, accertata dall’Istat in relazione al triennio di riferimento. L’emendamento prevede che, nella prima applicazione, l’aggiornamento non può essere in ogni caso superiore a tre mesi e che lo stesso non viene effettuato nel caso di diminuzione della speranza di vita.


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