venerdì 20 maggio 2016

Lavoro: bonus quarto figlio da presentare entro maggio 2016



Per la fruizione del bonus quarto figlio è necessario presentare una DSU aggiornata . Se non è già stata presentata il termine è il 31 maggio 2016. Per ricevere il beneficio non occorre presentare alcuna domanda: l’INPS utilizzerà, in automatico, la domanda già presentata dai beneficiari dell’assegno per i tre figli minori di cui art. 65 della legge n. 448 del 1998, relativo al 2015.

È  necessario, però, che nell’anno 2015 o 2016, sia stata presentata una Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) dalla quale risultino almeno quattro figli minori, di cui il quarto figlio sia nato o adottato nel 2015.

L’INPS ricorda che l'assegno - di massimo 500 euro - arriverà entro luglio. L'istituto previdenziale ha reso  noto che a seguito del è possibile fruire del cd "bonus quarto figlio che consiste in un  contributo di 500 euro , solo per l’anno 2015, per i nuclei familiari con quattro o più figli minori e con un valore ISEE non superiore a 8.500 euro l’anno.

Il primo pagamento da parte dell’Istituto verrà effettuato nel mese di luglio . Per ricevere il beneficio non occorre presentare alcuna domanda poiché l’Inps utilizzerà, in automatico, la domanda già presentata dai beneficiari dell’assegno per i tre figli minori di cui art. 65 della legge n. 448 del 1998, relativo al 2015.

È necessario, però, che nell’anno 2015 o 2016, sia stata presentata una Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) dalla quale risultino almeno quattro figli minori, di cui il quarto figlio sia nato o adottato nel 2015. In assenza di una DSU con queste caratteristiche, occorre presentare una nuova DSU entro il 31 maggio 2016.Qualora le domande di assegno per i tre figli minori già presentate per il 2015 non siano inserite dai Comuni entro il prossimo 31 maggio, i pagamenti del bonus quarto figlio subiranno un ritardo tecnico e l’erogazione da parte dell’Istituto verrà effettuata solo nel mese di dicembre 2016.

L'Inps pagherà nel mese di luglio il bonus per il quarto figlio. L'istituto ricorda che il sostegno - di massimo 500 euro - andrà alle famiglie con quattro o più figli minori che hanno un valore Isee non superiore agli 8500 euro annui.

Per ricevere il bonus, "non occorre presentare alcuna domanda poiché l'Inps utilizzerà, in automatico, la domanda già presentata dai beneficiari dell'assegno per i tre figli minori". È necessario, però, la famiglia abbia presentato una Dichiarazione Sostitutiva Unica (Dsu) per il 2015 o il 2016 dalla quale risultino almeno quattro figli minori. Il quarto deve essere arrivato - per nascita o adozione - nel 2015. Chi non ha ancora presentato la Dsu dovrà farlo entro il 31 maggio 2016.

Aleggia però il rischio di un ritardo tecnico. Può capitare che i Comuni non inseriscano "entro
il 31 maggio" le domande di assegno per i tre figli minori già presentate per il 2015. In questo caso,  "i pagamenti del bonus quarto figlio subiranno un ritardo tecnico e l'erogazione da parte dell'Istituto verrà effettuata solo a dicembre 2016".

A luglio il "bonus quarto figlio" per chi ha un Isee sotto 8.500 euro „È necessario, però, che "nell'anno 2015 o 2016, sia stata presentata una dichiarazione sostitutiva unica dalla quale risultino almeno quattro figli minori, di cui il quarto figlio sia nato o adottato nel 2015. In assenza di una Dsu con queste caratteristiche, occorre presentare una nuova Dsu entro il 31 maggio 2016".“

L’INPS fa presente che per corrispondere il bonus è importante che gli Uffici comunali completino l’inserimento, nella procedura prestazioni sociali, delle richieste di pagamento relative alle domande di cui al citato articolo 65, già presentate dagli utenti per il 2015 e non ancora inserite da parte dei Comuni nella predetta procedura prestazioni sociali.

Qualora le domande di assegno per i tre figli minori già presentate per il 2015 non saranno inserite dai Comuni entro il prossimo 31 maggio, i pagamenti del bonus quarto figlio subiranno un ritardo tecnico e l’erogazione da parte dell’Istituto verrà effettuata solo nel mese di dicembre 2016.




mercoledì 18 maggio 2016

Lavoro: i criteri dei premi produttività 2016


Operativa la norma sui premi produttività 2016, con aliquota agevolata al 10% anche per partecipazione agli utili, detassazione totale per chi sceglie voucher e benefit.

Con decreto interministeriale del 25 marzo 2016, pubblicato in avviso nella Gazzetta Ufficiale n. 112 del 14 maggio 2016, sono stati disciplinati i criteri di misurazione degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione ai quali i contratti aziendali o territoriali legano la corresponsione di premi di risultato di ammontare variabile nonché i criteri di individuazione delle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell'impresa.

Aumento della produzione, risparmio nei fattori produttivi, miglioramento della qualità di prodotti e processi, anche attraverso la riorganizzazione dell’orario di lavoro non straordinario o il ricorso al lavoro agile: sono le tipologie di aumenti di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione per cui le imprese possono riconoscere i premi di produttività 2016, in base a criteri di misurazione che devono essere previsti dal contratto collettivo o da accordi sindacali territoriali o aziendali.

Le regole operative per i premi produttività 2016 realizzano le novità sui premi di risultato previste dalla Legge di Stabilità. La regola generale è la seguente: i premi di produttività hanno una tassazione agevolata, con aliquota al 10%, per una somma fino a 2mila euro lordi annui, che possono salire a 2500 nel caso di aziende che coinvolgono i lavoratori nell’organizzazione del lavoro.

I contratti, nella determinazione dei criteri attraverso i quali misurare l’aumento di produttività, devono prevedere indicatori numerici o di altro genere che consentano il raggiungimento dei risultati in modo obiettivo e misurabile. La detassazione si applica anche alle somme erogate a titolo di partecipazione agli utili dell’impresa.

L’imposta sostitutiva si applica per i premi riconosciuti nel 2016, previo deposito del contratto collettivo che ne definisce i criteri di misurazione che effettuato entro 30 giorni dalla firma, utilizzando l’apposito modello allegato al decreto ministeriale.

Se l’azienda distribuisce nel 2016 somme relative a premi di risultato o partecipazioni agli utili che si riferiscono al 2015, il deposito dei relativi contratti territoriali o aziendali deve avvenire entro 30 giorni dalla pubblicazione del decreto ministeriale in Gazzetta Ufficiale (entro il 13 giugno).

C’è una novità rilevante che riguarda la possibilità, per il lavoratore destinatario di premi di produttività, di sostituire le relative somme con i voucher o servizi di welfare , (buoni pasto, contributi previdenziali, borse di studio per i familiari, e via dicendo). In questo caso, non si applica nemmeno la tassazione del 10%, trattandosi di somme che non concorrono a formare il reddito del lavoratore. Questi servizi possono essere erogati attraverso buoni cartacei o elettronici, che non possono essere utilizzati da persona diversa dal titolare.

Per poter fruire dell’agevolazione, è necessario che l’erogazione avvenga in esecuzione di contratti aziendali o territoriali (contratti collettivi di “secondo livello”) sottoscritti dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o dalle loro rappresentanze sindacali aziendali o dalle RSU. Il contratto sottoscritto dalle parti deve necessariamente essere depositato entro trenta giorni preso la Direzione Territoriale del Lavoro competente, pena l’inapplicabilità del regime di tassazione agevolata o detassazione.

I criteri di misurazione degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione nonché le modalità attuative della nuova disposizione, compresi gli strumenti e le modalità di partecipazione all’organizzazione del lavoro sono stati stabiliti con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze.

Come specificato dal decreto interministeriale, il premio di risultato consiste nelle somme di ammontare variabile la cui erogazione è legata ad una serie di incrementi:
produttività;

redditività;

qualità;

efficienza;

innovazione.


Pensione e part-time agevolato: come cambia la busta paga


Per i lavoratori vicini alla pensione, la Legge di Stabilità 2016 ha introdotto la possibilità di optare per un part-time senza penalità, su base volontaria e concordato con il datore di lavoro. I pensionandi con i requisiti indicati possono chiedere un part-time con riduzione tra il 40% e 60% dell’orario contrattuale. Raggiunto l’accordo, il datore di lavoro ne darà comunicazione all’INPS e alla DTL competente. Con il part-time agevolato lavoratore potrà concordare col datore di lavoro il passaggio al part-time, con una riduzione dell'orario tra il 40 ed il 60%, e di ricevere mensilmente l'importo corrispondente ai contributi previdenziali e alla contribuzione figurativa.

La misura si rivolge solo ai lavoratori del settore privato. I requisiti richiesti per l’accesso sono i seguenti:

contratto a tempo indeterminato;

lavoro a tempo pieno;

20 anni di contributi versati (requisito contributivo minimo per la pensione di vecchiaia);
requisito anagrafico maturato entro il 31 dicembre del 2018.

Per i lavoratori del settore privato, con contratto a tempo indeterminato e orario pieno, che possiedono il requisito contributivo minimo per la pensione di vecchiaia (20 anni di contributi) e che maturano il requisito anagrafico entro il 31 dicembre 2018. Per i lavoratori che faranno ricorso all'agevolazione, cambierà, dunque, il contenuto della busta paga.

Vediamo un esempio: se un lavoratore con uno stipendio annuo lordo di 25mila euro (18.936 euro netti, 1.456 per tredici mensilità) si trasformasse in un part-time al 60%, vedrebbe spuntare all'ultima riga della sua busta paga la cifra di 15.208 euro (1.169 euro al mese). Gli sarebbero cioè riconosciuti 12.827 euro come quota della retribuzione ridotta in base al nuovo orario, ai quali vanno sommati 2.381 euro di contributo del datore di lavoro. Quest'ultimo, infatti, riverserebbe in busta paga esente da tasse i contributi previdenziali dovuti per la porzione di orario non lavorato. Per la società, il costo di questo lavoratore sarebbe di 22.839 euro (dagli oltre 34mila di costo a tempo pieno), mentre lo Stato si sobbarcherebbe un impegno di 3.300 euro di contributi figurativi. Se il rapporto di lavoro si trasformasse in un part-time al 50%, il suo stipendio netto annuo scenderebbe poco sotto 14.200 euro, mentre il contributo a carico dell’azienda salirebbe a circa 3mila euro.

Per la società il costo del lavoratore sarebbe di circa 20mila euro, per lo Stato di 4.125 euro di contributi figurativi.

Tenendo poi ferma la percentuale di orario al 50% e modificando il parametro dello stipendio, si evince che: uno stipendio lordo di 35mila euro diventerebbe un netto di 18.562 euro (1.427 euro per tredici mesi), salendo a 45mila euro annui il dimezzamento dell’orario porterebbe a un reddito netto di 22.780 euro.

Una voce che assicura al dipendente di non limare la sua futura pensione, che sarà la stessa che avrebbe percepito continuando a lavorare a tempo pieno. Se si considera che la legge di Stabilità finanzia l'agevolazione con 120 milioni per il 2017, in questo caso lo Stato potrebbe farsi carico di circa 36mila richieste (una stima al ribasso, perché nel mentre le uscite per pensionamenti potrebbero ridurre gli esborsi complessivi).

Come abbiamo visto il contenuto della busta paga sarà diverso rispetto a quello previsto per l’orario pieno, infatti il datore di lavoro dovrà riconoscere la retribuzione prevista per l’orario di lavoro lavorato ed in aggiunta ad essa, il lavoratore troverà in busta paga l’importo dei contributi previdenziali a carico dell’azienda sullo stipendio previsto per l’orario non lavorato. La somma non concorrerà alla formazione del reddito e non sarà assoggettata ad alcuna forma di contribuzione previdenziale, inclusa quella relativa all'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

Lo Stato,  per la porzione di orario non lavorato  riconoscerà al lavoratore una contribuzione figurativa “corrispondente alla prestazione non effettuata, in modo che alla maturazione dell'età pensionabile il lavoratore percepirà l'intero importo della pensione, senza alcuna penalizzazione”. In altre parole, lo scopo è quello di evitare che il lavoratore percepisca meno contributi negli ultimi anni di attività, cosa che comporterebbe una decurtazione ingente del futuro assegno previdenziale.
Facendo un esempio pratico: nel caso in cui il lavoratore decida di ridurre il proprio orario di lavoro del 50%, grazie al meccanismo previsto all’interno del decreto, riceverà una retribuzione corrispondente a circa il 65% di ciò che percepiva in precedenza. Nel momento in cui andrà in pensione, riceverà il 100% dell’assegno previdenziale.

Il beneficio viene riconosciuto dall’INPS fino a esaurimento risorse, così ripartite:

60 milioni di euro per il 2016,

120 milioni di euro per il 2017,

60 milioni di euro per il 2018.


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