domenica 17 luglio 2016

Illegittimi i contratti a termine nella scuola


Illegittimità costituzionale delle supplenze ripetute per il personale della scuola. In mancanza di assunzione previsto il risarcimento. La Corte Costituzionale quindi si allinea a quanto statuito nella sentenza Mascolo,  dal nome della prima ricorrente. Quella pronuncia bacchettava l'Italia per l'assenza di limiti nella successione dei contratti a tempo utilizzati per coprire una "mancanza strutturale di personale di ruolo", chiedeva di garantire i concorsi, affermava che l'accordo quadro per evitare i contratti a ripetizione vale anche per la scuola.

La Corte Costituzionale, con comunicato 12 luglio 2016, ha reso noto di aver stabilito l'illegittimità costituzionale della normativa che disciplina le supplenze del personale docente e del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (art. 4, commi 1 e 11 della legge 3 maggio 1999, n. 124) nella parte in cui autorizza, in violazione della normativa comunitaria, il rinnovo potenzialmente illimitato di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale amministrativo, tecnico ed ausiliario, senza che ragioni obiettive lo giustifichino.

Tuttavia la pronuncia di illegittimità costituzionale é stata limitata poiché l'illecito comunitario è stato cancellato, come da decisione della Corte di giustizia dell'Unione europea che ha interpretato la normativa comunitaria in materia di contratti a tempo determinato.

Difatti, per quanto riguarda il personale docente la normativa sulla "buona scuola" prevede la misura riparatoria del piano straordinario di assunzioni, mentre per quanto riguarda il personale amministrativo, tecnico ed ausiliario prevede, in mancanza di analoga procedura di assunzione, il risarcimento del danno.

I contratti di supplenza nella scuola non possono essere riprodotti all'infinito e quello che è ha sancito la Corte che mette un punto a una vicenda che si trascina dal 2012. I giudici hanno riconosciuto, tuttavia, che la Legge 107, la cosiddetta "Buona scuola", ha già consentito di superare i problemi in materia. Sul fronte docenti, infatti, "La buona scuola" ha offerto contratti stabili a diversi supplenti. Il principio -già sancito dalla Corte europea- resiste: limitare le assunzioni a tempo determinato nell'istruzione, soprattutto non andare oltre i 36 mesi. Ma, afferma la Consulta, il piano straordinario di assunzioni della "107" è intervenuto in tempo per sanare in parte le anomalie italiane. Ha aggiunto: per quanto riguarda il personale docente la normativa sulla "Buona scuola" prevede "la misura riparatoria del piano straordinario di assunzioni, mentre per quanto riguarda il personale amministrativo, tecnico e ausiliario prevede, in mancanza di analoga procedura di assunzione, il risarcimento del danno". Sì. Il comma 131 della legge 107 stabilisce, infatti, che dal primo settembre 2016 i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il personale docente e Ata per la copertura di posti vacanti e disponibili non possono superare la durata complessiva di 36 mesi.

All'origine della questione ci sono sei ordinanze giunte alla Corte dai Tribunali di Trento, Vibo Valenzia e Roma. In discussione norme nazionali, provinciali, ma anche l'accordo sul lavoro a tempo determinato legato alla direttiva europea del 1999. Chiedevano i tribunali alla Consulta: sono legittimi i reiterati contratti a termine per le supplenze in attesa di bandire concorsi? E ancora, la disciplina per reclutare i docenti a tempo determinato è in contrasto con le regole europee? Era stata la stessa Consulta nel luglio 2013 a sottoporre in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia europea alcune questioni interpretative. Una richiesta simile fu rivolta dal Tribunale di Napoli.


mercoledì 13 luglio 2016

Come lavorare e guadagnare con i video di Facebook e Youtube



Una cosa da sapere che, dal 2010, è possibile guadagnare con YouTube. Questo perché il sito YouTube   ha deciso di inserire la pubblicità a pagamento all'interno dei tantissimi video che ospita e, in questo modo, può poi dividere l’incasso pubblicitario con l’inserzionista.

In pratica funziona così: si pubblica  un numero di video all'interno di YouTub e poi si permette a questa piattaforma di inserire varie inserzioni pubblicitarie all'interno dei video. Dopo di che: più i tuoi video vengono visti, più le inserzioni verranno cliccate e più si guadagnerà.

Per poter guadagnare con YouTube devi, prima di tutto, avere un account AdSense. Dopo di che, potrai presentare la tua domanda di iscrizione al programma di partnership di YouTube.

Una volta iscritto, dovrai dare il permesso a YouTube di inserire le pubblicità nei tuoi video e di prelevare la sua parte dei ricavi. Fatto ciò, sarai pronto per iniziare guadagnare guadagnare con YouTube.

Cosa dovrai fare in concreato a questo punto? Prima di tutto, dovrai preparare un tuo video e poi caricarlo all’interno della piattaforma di YouTube. Dopo di che, dovrai avvisare lo staff che vuoi inserire le sponsorizzazioni all’interno del tuo video ed essi valuteranno il tuo filmato.
Se il video non è copiato, se non infrange il copyright di terzi e rispetta tutti i parametri del regolamento YouTube, allora quasi sicuramente ti verrà approvato e potrai iniziare a guadagnare.

Guadagnare con i Video è un’attività che sta diventando sempre più redditizia, le piattaforme maggiormente predilette e più remunerative sono Facebook e Youtube. A confermare questo arrivano le statistiche come risultato di uno studio condotto della società Strategy Analytics che ha analizzato a fondo il fenomeno giungendo alla conclusione che per il periodo 2016-2021 dai mobile video si avranno a livello globale 25 miliardi di dollari di ricavi, una crescita esponenziale che verrà assicurata dagli inserzionisti che investiranno sempre di più nei video.

Secondo gli addetti del settore si tratta di un exploit del tutto prevedibile poiché secondo le statistiche i dispositivi smartphone hanno da poco battuto il televisore come schermo da cui guardare video per i teenager di tutto il mondo.

Ulteriori conferme arrivano anche dei dati relativi gli investimenti pubblicitari per i contenuti video sui dispositivi mobili, nell’anno 2010 gli investimenti si attestavano intorno al 2% dei ricavi mondiali generati dai video sui telefonini, mentre per i prossimi 5 anni questa percentuale viaggerà ad un tasso di crescita annuale del 28%, ad oggi la percentuale è già del 40% e dovrebbe arrivare al 66% nel 2021 secondo le previsioni della società d’analisi.

Anche l’evoluzione dei social network viaggia in questa direzione ad esempio Twitter ha aumentato la durata dei filmati che è possibile caricare sul microblog, Facebook ha potenziato il fronte video con le dirette in live streaming e aggiungendo i video a 360 gradi.

I ricavi si aggirino intorno a un dollaro per ogni 100 visitatori, comunque il guadagno varia molto in rapporto a quanta pubblicità riescono a inserirci dentro e dalla concreta possibilità di poter sfruttare al meglio il tuo video per le varie sponsorizzazioni. La pubblicità viene messa all’inizio del filmato tramite un video di 20 secondi, e durante il filmato con dei banner che stazionano in basso per una trentina di secondi. .

Se pubblichi un video che viene visto da un milione di persone, puoi guadagnare circa 10.000 dollari (cioè 7.000 euro circa). Il problema, tuttavia, è che difficilmente arriverai a queste cifre in Italia! Infatti, nel nostro paese, a parte qualche raro caso i video difficilmente sfondano le 4/5.000 visite (cioè 40/50 dollari di ricavi).

Dove conviene pubblicare?
Facebook o Youtube nella sfida dei video? Facebook vince sull’"organic reach"
Nella sfida dei video social tra Facebook e Youtube, il social fondato da Mark Zuckerberg vince sul campo dell’organic reach o portata organica.

Che cos'è la portata organica?
Si tratta del numero di utenti di Facebook che vengono raggiunti dalla nostra pagina in modo naturale e senza l’uso di inserzioni a pagamento.

Secondo gli esperti l’organic reach dei video postati direttamente su Facebook supera del 300% quelli provenienti da Youtube e postati successivamente sul social.
Ciò a causa anche dell’algoritmo di Facebook che sfavorisce nettamente i secondi rispetto ai primi. Quindi se si considera questo primo fattore conviene pubblicare direttamente su Facebook.

Facebook batte Youtube anche sul tema delle visualizzazioni. Qui in realtà Facebook vince anche grazie al meccanismo dell’autoplay, pratica utilizzata ormai ovunque (anche su Twitter per esempio).
Su Youtube l’autoplay non è una funzione automatica ma deve essere ordinata dall’utente, per esempio nel caso delle playlist musicali.

Inoltre, per conteggiare una visualizzazione piena su Youtube occorre rimanere sul video per almeno il 5% della durata totale del video medesimo.

Su Facebook, invece, viene conteggiata una visualizzazione quando si guarda il video per 3 secondi o più, anche in modalità autoplay.
Youtube batte Facebook sul copyright

La sfida social video tra Facebook e Youtube fa pendere la bilancia a favore di quest’ultimo sulla questione del copyright.

Questo perché Youtube, in seguito all’acquisizione da parte di Google, ha attivato un sistema di analisi dei video caricati detto Content ID.
In altre parole Youtube riesce a verificare ogni video caricato al fine di individuare eventuali violazioni del copyright.

Su Facebook, invece, questa funzione non esiste e non è possibile risalire ad eventuali violazioni di copyright.
Youtube batte Facebook anche sul fronte della remunerazione

Il sistema del Content ID consente a Youtube di battere Facebook anche dal punto di vista della remunerazione dei contenuti originali.

Ciò è conseguenza di quanto detto in precedenza. Youtube ha un sistema che consente di analizzare i video e valutarne l’originalità e/o eventuali violazioni del copyright. Contemporaneamente esiste un sistema di remunerazione dei contenuti originali.

Su Facebook, invece, ciò non esiste. Anzi, Facebook non è in grado di rimuovere un contenuto che viola il copyright a meno che questo non venga segnalato da un utente.

In questo senso, gli esperti del settore prevedono un drastico cambio di politica da parte di Facebook già dal prossimo anno.

La principale fonte di guadagno per chi fa Video sono ovviamente le pubblicità che sono di diverse tipologie, la prima che è anche la più remunerativa è quella che compare prima dell’inizio di ogni video e si tratta di un vero e proprio Spot Pubblicitario che può durare da pochi secondi fino a 3/4 minuti, come abbiamo specificato questa è la tipologia che permette di Guadagnare di più.

Esistono poi anche dei Banner che compaiono nella parte bassa del video che sono molto simili ai Banner che possiamo trovare in qualsiasi sito web, questi ultimi sono sovrapposti al Video e possono essere chiusi dall’utente attraverso una “X” posta nell'angolo in alto a destra del Banner.

La terza tipologia di Pubblicità è molto simile alla prima ma compare durante la riproduzione di Video che in genere hanno una durata superiore ai 20 Minuti, a differenza dei primi questi tipi di Spot Pubblicitari non possono essere saltati dall'utente che deve attendere con pazienza il termine dello Spot.

Per come i dichiarare i guadagni si consiglia di leggere la pagina qui riportata Come dichiarare i guadagni Google Adsense.


martedì 12 luglio 2016

Lavoratori autonomi:estese le indennità di maternità e paternità



Nella Circolare n. 128, l’INPS comunica di aver recepito l’estensione delle tutele in materia di paternità e maternità introdotta dal Jobs Act in favore di lavoratori e lavoratrici autonomi: la circolare esplicita le modalità di verifica della spettanza e di presentazione dell’istanza per la fruizione dei periodi di maternità e paternità.

L’INPS, con la Circolare n. 128 dell’11 luglio 2016, interviene in materia di indennità di paternità in favore di lavoratori autonomi e di maternità per le lavoratrici autonome. Si tratta di una estensione, operata dal Jobs Act, delle tutele genitoriali, previste in via sperimentale per l’anno 2015, ma successivamente estese anche agli anni successivi.

Il riferimento normativo è il decreto legislativo n. 80/2015 con il quale sono stati modificati gli artt. 28, 66 e 67 del T.U. maternità/paternità (D.Lgs. 151/2001). L’indennità di paternità per i lavoratori autonomi (artigiani, commercianti, coltivatori diretti, coloni, mezzadri, imprenditori agricoli a titolo principale, pescatori autonomi della piccola pesca) era stata introdotta in via sperimentale per il solo anno 2015, poi la misura è stata resa strutturale dal Dlgs 148/2015 con effetto dal 25 giugno 2015.

Requisiti
Il tutto a patto che la madre sia lavoratrice dipendente o autonoma (artigiana, commerciante, coltivatrice diretta, colona, mezzadra, imprenditrice agricola a titolo principale pescatrice autonoma della piccola pesca) e che il padre rimanga l’unico genitore al verificarsi dei seguenti eventi:
morte o grave infermità della madre;

abbandono del figlio da parte della madre;

affidamento esclusivo del figlio al padre.

Il padre autonomo deve inoltre essere iscritto ad una delle Gestioni INPS per i lavoratori autonomi (Artigiani, Esercenti attività commerciali, Coltivatori diretti, dei mezzadri e dei coloni) oppure, nel caso si tratti di pescatori autonomi, al Fondo pensioni lavoratori dipendenti. L’iscrizione può avvenire anche in data successiva all'inizio dell’attività.

L’INPS fa presente che, anche per i padri autonomi, non sussiste obbligo di astensione dal lavoro nei periodi indennizzati a titolo di indennità di paternità.
L’indennità di paternità è riconoscibile in relazione agli eventi verificatisi a partire dal 25 giugno 2015, data di entrata in vigore del decreto, o comunque, qualora l’evento si sia verificato in data anteriore al 25 giugno 2015 per gli eventuali periodi dal 25 giugno in poi.
L’indennità di paternità è riconosciuta a domanda dell’interessato, da presentare entro il termine prescrizionale di un anno, alla Struttura Inps competente in modalità cartacea o anche tramite pec o raccomandata con ricevuta di ritorno.

Indennità di paternità
L’indennità di paternità è riconoscibile dalla data in cui si verifica l’evento fino alla fine del periodo post partum che sarebbe spettato alla madre lavoratrice:
se la madre è lavoratrice dipendente, il congedo post partum coincide con i 3 mesi dopo il parto più eventuali periodi di congedo di maternità ante partum non goduti;
se la madre è lavoratrice autonoma, l’indennità post partum spetta per i 3 mesi dopo il parto.

La data del parto può invece essere indennizzata solo a favore della lavoratrice madre avente diritto all’indennità. Non esiste alcun obbligo per i padri autonomi di astensione dal lavoro nei periodi indennizzati a titolo di indennità di paternità, analogamente a quanto previsto per le lavoratrici autonome.

L’indennità è calcolata in base alle stesse regole previste per l’indennità di maternità ed è pari quindi all’80% di un importo giornaliero individuato a seconda dell’attività autonoma svolta:
per gli artigiani e gli esercenti attività commerciali l’indennità è pari all’80% del limite minimo di retribuzione giornaliera fissata, rispettivamente per gli impiegati dell’artigianato e del commercio con riferimento all’anno in cui inizia l’indennità di paternità;
per i lavoratori autonomi agricoli (coltivatori diretti, coloni e mezzadri, imprenditori agricoli) l’indennità è pari all’80% del limite minimo di retribuzione per la qualifica di operai dell’agricoltura con riferimento all’anno precedente il parto (o l’ingresso in famiglia o in Italia in caso di adozione o affidamento);
per i pescatori, l’indennità è pari all’80% del salario giornaliero convenzionale per i pescatori della piccola pesca marittima e delle acque interne associati in cooperativa di cui alla legge 13.3.1958, n. 250, fissato per l’anno in cui inizia l’indennità di paternità.

Domanda
Per il conseguimento della prestazione, l’interessato deve presentare apposita domanda all’INPS, per ora ancora in modalità cartacea, entro il termine prescrizionale di un anno decorrente dal giorno successivo alla fine del periodo indennizzabile, utilizzando il modello SR01 (domanda di indennità maternità/paternità), appositamente aggiornato e disponibile sul sito istituzionale, nella sezione modulistica. La domanda dovrà essere inoltrata all’INPS di competenza tramite Posta Elettronica Certificata (serve la PEC, non è sufficiente una email ordinaria) o mezzo equivalente (raccomandata con ricevuta di ritorno o presentazione della domanda allo sportello).

L’Istituto rende noto che, entro settembre, sarà data comunicazione dell’avvenuto aggiornamento delle applicazioni per l’acquisizione delle domande per via telematica. Successivamente, la domanda di paternità, anche per i casi in argomento, dovrà essere presentata esclusivamente in modalità telematica attraverso i consueti canali (WEB, Contact center multicanale o Patronati).

Per i periodi non fruiti dalla madre lavoratrice (dipendente o autonoma), in caso di morte o grave infermità della stessa, di abbandono del minore o di affidamento esclusivo del bambino al padre, il diritto si estende al padre. Non è prevista invece la possibilità di rinuncia all'indennità da parte della madre, lavoratrice dipendente o autonoma, a favore del padre autonomo.

L’INPS comunica che le applicazioni per l'acquisizione delle domande per via telematica sono state aggiornate per consentire l’acquisizione:

- in caso di adozione o affidamento preadottivo nazionale di un periodo fino a 5 mesi, a prescindere dall’età del minore;

- in caso di adozione o affidamento preadottivo internazionale, l’inserimento di periodi precedenti l'ingresso del minore in Italia.



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