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giovedì 16 agosto 2018

Contratti a termine nuove regole



Le modifiche su tempi e causali dei contratti a termine alla luce della legge di conversione del decreto dignità.

Il decreto n. 87 2018 CD. "Decreto Dignità" ha introdotto nuove regole sul contratto a tempo determinato:

abbreviato il periodo di  utilizzo massimo complessivo da 36 a 24 mesi, con massimo 5 proroghe;

reintroduzione delle causali a partire dal 1 rinnovo o proroga che facciano superare i 12 mesi di utilizzo del lavoratore;

aumento, dal 1 rinnovo, del contributo addizionale dello 0,5%.

Il problema è che le norme iniziali sono state scritte  senza prendere in dovuta  considerazione l'applicazione, in particolare in tema di proroghe e rinnovi, che sono all'ordine del giorno per questa modalità di rapporto, flessibile per definizione.

Ora la legge di conversione che dovrebbe essere approvata definitivamente questa settimana dal Senato, per sanare il problema ha introdotto un regime transitorio dal 14 luglio al 31 ottobre 2018 per cui  l'entrata in vigore piena  delle novità normative è fissata al 1 novembre 2018.

Di fatto dunque in questa estate- autunno  2018 saranno in vigore ben quattro regimi diversi:

Quello previgente  definito dal Jobs act con il d.lgs 81  2015 per i contratti stipulati e rinnovati prima dell' entrata in vigore del  D.L. 87 2018 (nessuna causale durata massima 36 mesi massimo di 6 proroghe);

uno successivo al 14 luglio per i contratti stipulati successivamente o in corso, fino all'entrata in  vigore della legge di conversione (forse  entro il 10 agosto);

uno normato dalla legge di conversione del dl 87  solo per proroghe e rinnovi intervenuti dal 14 luglio al 31 ottobre 2018;

quello definitivo applicabile a tutti i contratti stipulati dopo la data in entrata in vigore della legge di conversione.

Il periodo transitorio vedrà dunque due binari di applicazione per i contratti sulla base dell'esistenza o meno di proroghe o rinnovi all'interno del periodo transitorio.

Il provvedimento, attualmente all’esame del Parlamento per la conversione in legge, prevede una stretta sui contratti a termine che reintroduce il causalone dopo i primi 12 mesi. Uno strumento,ha rilevato Confindustria, che aumenta il rischio di contenzioso, sgradito alle imprese, senza rappresentare una reale tutela per il lavoratore. Il testo in ogni caso è rimasto immutato nel corso del passaggio alla Camera, escludendo però dall’applicazione i contratti che scadono fino al prossimo 31 ottobre.

C’è in pratica un periodo cuscinetto per i rinnovi e le proroghe (non per i nuovi contratti, che invece non possono prevedere la causale oltre i 12 mesi). I rinnovi sono al massimo quattro, nell'arco di due anni. Il decreto incentiva le assunzioni a tempo indeterminato prolungamento al 2020 lo sgravio contributivo del 50% per i lavoratori fino a 35 anni (a regime, la misura copre solo i giovani entro i 30 anni), e le trasformazioni dei contratti.


domenica 17 luglio 2016

Illegittimi i contratti a termine nella scuola


Illegittimità costituzionale delle supplenze ripetute per il personale della scuola. In mancanza di assunzione previsto il risarcimento. La Corte Costituzionale quindi si allinea a quanto statuito nella sentenza Mascolo,  dal nome della prima ricorrente. Quella pronuncia bacchettava l'Italia per l'assenza di limiti nella successione dei contratti a tempo utilizzati per coprire una "mancanza strutturale di personale di ruolo", chiedeva di garantire i concorsi, affermava che l'accordo quadro per evitare i contratti a ripetizione vale anche per la scuola.

La Corte Costituzionale, con comunicato 12 luglio 2016, ha reso noto di aver stabilito l'illegittimità costituzionale della normativa che disciplina le supplenze del personale docente e del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (art. 4, commi 1 e 11 della legge 3 maggio 1999, n. 124) nella parte in cui autorizza, in violazione della normativa comunitaria, il rinnovo potenzialmente illimitato di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale amministrativo, tecnico ed ausiliario, senza che ragioni obiettive lo giustifichino.

Tuttavia la pronuncia di illegittimità costituzionale é stata limitata poiché l'illecito comunitario è stato cancellato, come da decisione della Corte di giustizia dell'Unione europea che ha interpretato la normativa comunitaria in materia di contratti a tempo determinato.

Difatti, per quanto riguarda il personale docente la normativa sulla "buona scuola" prevede la misura riparatoria del piano straordinario di assunzioni, mentre per quanto riguarda il personale amministrativo, tecnico ed ausiliario prevede, in mancanza di analoga procedura di assunzione, il risarcimento del danno.

I contratti di supplenza nella scuola non possono essere riprodotti all'infinito e quello che è ha sancito la Corte che mette un punto a una vicenda che si trascina dal 2012. I giudici hanno riconosciuto, tuttavia, che la Legge 107, la cosiddetta "Buona scuola", ha già consentito di superare i problemi in materia. Sul fronte docenti, infatti, "La buona scuola" ha offerto contratti stabili a diversi supplenti. Il principio -già sancito dalla Corte europea- resiste: limitare le assunzioni a tempo determinato nell'istruzione, soprattutto non andare oltre i 36 mesi. Ma, afferma la Consulta, il piano straordinario di assunzioni della "107" è intervenuto in tempo per sanare in parte le anomalie italiane. Ha aggiunto: per quanto riguarda il personale docente la normativa sulla "Buona scuola" prevede "la misura riparatoria del piano straordinario di assunzioni, mentre per quanto riguarda il personale amministrativo, tecnico e ausiliario prevede, in mancanza di analoga procedura di assunzione, il risarcimento del danno". Sì. Il comma 131 della legge 107 stabilisce, infatti, che dal primo settembre 2016 i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il personale docente e Ata per la copertura di posti vacanti e disponibili non possono superare la durata complessiva di 36 mesi.

All'origine della questione ci sono sei ordinanze giunte alla Corte dai Tribunali di Trento, Vibo Valenzia e Roma. In discussione norme nazionali, provinciali, ma anche l'accordo sul lavoro a tempo determinato legato alla direttiva europea del 1999. Chiedevano i tribunali alla Consulta: sono legittimi i reiterati contratti a termine per le supplenze in attesa di bandire concorsi? E ancora, la disciplina per reclutare i docenti a tempo determinato è in contrasto con le regole europee? Era stata la stessa Consulta nel luglio 2013 a sottoporre in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia europea alcune questioni interpretative. Una richiesta simile fu rivolta dal Tribunale di Napoli.


lunedì 4 luglio 2016

CCNL sale cinematografiche 2016: novità sui contratti a termine


Per i dipendenti dagli esercizi cinematografici e cinema-teatrali, Anec con Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil hanno siglato l’ipotesi di accordo di rinnovo del CCNL. I contenuti sono identici a quelli dell'ipotesi di accordo 9 marzo 2016 siglata da Anem e Agis, eccetto che per la decorrenza degli importi per vacanza contrattuale.

Per i dipendenti dagli esercizi cinematografici e cinema-teatrali. L'accordo decorre dal 1° gennaio 2017 e prevede nel 2016 un anno di sperimentazione durante il quale le Parti monitoreranno l'andamento degli istituti rinnovati e revisioneranno le altre norme contrattuali.

Il 15 giugno 2016 è stato rinnovato il CCNL che disciplina i rapporti di lavoro tra le aziende che gestiscono sale cinematografiche ed il relativo personale dipendente. Tra le novità in tema di contratto a termine si prevede che la durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, per effetto di una successione di contratti, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale e indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l'altro, non possa  superare i trentasei mesi. II limite può essere superato solo nei seguenti casi:

- sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto;

- ulteriori casi individuati al livello della contrattazione collettiva aziendale.

In ogni singolo cinema e relative sedi amministrative è consentita l'assunzione di un numero complessivo di lavoratori a tempo determinato fino ad un massimo del 40% dei lavoratori a tempo indeterminato, con arrotondamento all'unita superiore. Percentuali superiori, ma sempre entro la percentuale massima del 50%, saranno accordate dal tavolo tecnico paritetico dietro motivata richiesta. È consentita senza limitazioni però la stipulazione di contratti di lavoro a tempo determinato per la sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto. Inoltre sono esenti da limitazioni quantitative i contratti di lavoro a tempo determinato conclusi nella fase di avvio di nuove attività apertura di nuovi cinema e/o sedi amministrative) per un periodo di tredici mesi continuativi a decorrere dalla data di apertura al pubblico.

Vacanza contrattuale e sperimentazione
L’erogazione di € 120,00 a titolo di vacanza contrattuale per l'anno 2015 e di € 120,00 a titolo di sperimentazione per l'anno 2016, ai lavoratori in forza al 1° gennaio 2015 e in servizio alla data di stipulazione dell'ipotesi di accordo in tre tranche (1° aprile 2016, 1° agosto 2016 e 1° dicembre 2016).

Ai lavoratori in forza al 1° gennaio 2015 e in servizio alla data di stipulazione dell'ipotesi di accordo, saranno corrisposti € 120,00 a titolo di vacanza contrattuale per l'anno 2015 ed € 120,00 a titolo di sperimentazione per l'anno 2016, con le seguenti modalità, riferite al 4° livello di monosale e multisale:
- € 80,00 il 1° luglio 2016;
- € 80,00 il 1° ottobre 2016;
- € 80,00 il 1° dicembre 2016.

Gli importi saranno ridotti per i lavoratori assunti dopo il 1° gennaio 2015 ed in forza alle aziende, non in prova, alla data di stipulazione dell'ipotesi di accordo, nonché per i lavoratori con orario e retribuzione inferiori a quelli normali contrattuali.

Gli importi non sono utili ai fini dei vari istituti legali e contrattuali né per il calcolo del TFR.


martedì 15 aprile 2014

Contratto di lavoro flessibile cosa cambia con il Decreto lavoro n. 34/2014




È inammissibile perché trova la sua ratio politica nella stessa retorica che ha accompagnato ogni riforma del mercato del lavoro che è stata introdotta nel nostro ordinamento negli ultimi quindici anni e secondo cui con l’aumento della cosiddetta “flessibilità” si avrebbe come effetto un aumento dell’occupazione.

Ma non vi è alcun nesso causale tra l’aumento della flessibilità e l’aumento dell’occupazione. Se si osservano i dati sull’occupazione dal 2004 ad oggi vediamo che, al netto della crisi, la progressiva riduzione dei diritti dei lavoratori  ha avuto come unica conseguenza la perdita di potere contrattuale con un’incidenza sul  reddito dei lavoratori a dir poco drammatica.

Dopo la Riforma del Lavoro del Governo Monti (elaborata dal Ministro Fornero) e le successive modifiche e integrazioni operate dal Governo Letta (Ministro Giovannini), il nuovo Esecutivo Renzi ha delineato un nuovo programma di riforme che interessano Mercato del Lavoro e Welfare, incentrato sul Jobs Act: testi, proposte di Sindacati e Confindustria, implicazioni per i dipendenti sulle modifiche all'Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.

Decreto Lavoro del governo Renzi (Decreto Legge Poletti 34/2014) ha modificato i contratti a termine, ridimensionando alcune novità della Riforma Lavoro 2012: l’obiettivo è rendere più flessibili le assunzioni a tempo determinato e quindi più vantaggiose per i datori di lavoro, incentivando una formula di occupazione più stabile rispetto ai contratti atipici, troppo spesso sinonimo di precarietà e più rispondente alle mansioni svolte rispetto a tante collaborazioni e consulenze a Partita IVA che mascherano un rapporto di lavoro subordinato. Le modifiche del Decreto, mirano a ridurre per l’azienda il rischio di contenziosi pur salvaguardando per il lavoratore le diverse tutele.

Per il giuslavorista Pietro Ichino, su questa nuova disciplina – che nei fatti produce una liberalizzazione dei contratti a termine – potrebbe sollevarsi un dubbio di compatibilità con le regole poste dalla Direttiva UE 99/70/CE visto che riduce drasticamente i limiti alla reiterazione di contratti. Inoltre, accentua la differenza reale tra assunti a termine e a tempo indeterminato.

Un limite superabile con l’inserimento nel DL della norma sull’indeterminato a protezioni crescenti, disponendo anche una «modesta indennità di cessazione proporzionata all’anzianità, sostitutiva del filtro giudiziale, identica per tempo indeterminato e determinato acausale. Solo in questo modo si otterrà di sdrammatizzare l’alternativa fra le due forme di contratto».

Un altro giuslavorista, Michele Tiraboschi, teme per il DL l’inefficacia nel lungo termine: «la liberalizzazione può produrre nel breve periodo maggiore occupazione, ma nel tempo questa  deregolamentazione del contratto a termine indica mancanza di visione d’insieme su politiche e impianto sistematico del diritto del lavoro che, anche per il contratto di apprendistato, «sembra ora scardinato». In più, secondo Tiraboschi, invece di diminuirli la nuova norma potrebbe causare un aumento dei contenziosi: «liberalizzazione del termine non intacca il principio legislativo della centralità del lavoro subordinato a tempo indeterminato, con ciò aprendo la strada a interpretazioni restrittive dei giudici, specie sulle proroghe che non sono adeguatamente regolate».

Per Giuliano Cazzola (Università Ecampus), «la riforma del contratto a termine ridurrà il contenzioso. Prima il “causalone” sottoponeva le imprese alla roulette russa dei tribunali».Positivo anche il potenziamento della «centralità al momento dell’assunzione, sia rispetto al contratto a tempo indeterminato, sia nei confronti delle forme atipiche, il cui utilizzo è adesso a rischio di sanzione dopo le modifiche a “giro di vite” introdotte dalla legge n. 92 del 2012». Cazzola ritiene infine «meno interessante il ricorso ad un eventuale contratto unico a tempo indeterminato e a tutela crescente, perché ben pochi datori di lavoro ne faranno uso potendo avvalersi per un triennio di un contratto a termine liberalizzato e molto meno complicato, all’atto della risoluzione».

Garantire il salario minimo con una legge che preveda il carcere per i datori di lavoro che non la rispettano, un contratto nazionale che agisca solo qualora sul territorio non si siano raggiunti accordi di secondo livello così da aiutare la produttività e una “rivoluzione delle relazioni sindacali” che punti proprio sugli accordi di secondo livello.

Il D.L. n. 34/2014 è contrario alla normativa comunitaria (Direttiva 1999/70) in materia di contratti a tempo determinato.

Tale disciplina prevede che ciascuno degli Stati membri debba rispettare rigorosi principi di limitazione della temporaneità dei contratti e ribadisce la regola per cui il rapporto di lavoro è a tempo indeterminato, vietando inoltre agli ordinamenti nazionali di porre riforme peggiorative in materia (“clausola di non regresso”).

La nuova disciplina prevede la possibilità di stipulare contratti a tempo determinato a-causali (ovvero senza giustificazione) della durata complessiva di 36 mesi, all’interno dei quali è altresì possibile effettuare fino a 8 proroghe per ciascun contratto (con l’aberrante effetto di poter stipulare fino a 288 proroghe in 36 mesi senza motivazione alcuna – qui trovate un breve video che ne illustra le rovinose conseguenze).

Allo stesso modo è illegittima la riforma nella parte in cui viene modificato il contratto di apprendistato: eliminando ogni obbligo da parte dell’azienda di effettuare l’attività di formazione ai lavoratori apprendisti viene meno la causa stessa del contratto.

È evidente che nessuno assumerà più lavoratori con contratti a tempo indeterminato, così come evidente che i lavoratori assunti con questi nuovi tipi di contratti si guarderanno bene dall’avanzare richieste e rivendicare diritti sapendo che in qualsiasi momento potrebbero essere lasciati a casa.

Non è tollerabile perché in questo modo il diritto al lavoro perde definitivamente ogni valore e con esso buona parte dei principi costituzionali che reggono il nostro ordinamento, dal momento in cui ogni accesso al lavoro avviene attraverso forme contrattuali che si fondano sul ricatto e lo sfruttamento della forza lavoro rispetto ai quali i lavoratori non avranno più alcuno strumento di difesa.


venerdì 21 marzo 2014

Contratti a termine e apprendistato, prevale il consenso fra gli addetti



«Se le regole non creano lavoro è vero che avere una buona regolamentazione del mercato del lavoro aiuta, è una buona cosa»: è il messaggio lanciato dal Forum della Confcommercio in corso a Cernobbio nel giorno dell'entrata in vigore del Decreto legge sul rilancio dell'occupazione (il dl n.34) dal ministro del Lavoro.

Giuliano Poletti, che in vista dell'avvio dell'esame da parte della Camera che inizierà la prossima settimana, aggiunge: «Il Governo monitorerà il passaggio parlamentare del decreto lavoro ma è pronto ad apportare modifiche se verrà dimostrato che le misure non funzioneranno». Lo scenario economico continua a destare preoccupazione, «nel 2014 avremo ancora problemi acutissimi di disoccupazione, la crisi non ha ancora scaricato tutti i suoi effetti», secondo il ministro «siamo in una sorta di terra di mezzo», ci vorrà ancora tempo per vedere gli effetti.

Poletti invita ad avere un approccio pragmatico, non ideologico, sul provvedimento, sottolineando che «il punto di partenza è il dato che negli ultimi tre mesi del 2013 gli avviamenti al lavoro sono stati al 68% con contratti a termine», per concludere: «noi rispondiamo dal 68% in su, le valutazioni di merito bisogna farle partendo da questi dati di realtà». Le critiche per il ministro «sono fisiologiche, è normale avere opinioni diverse, io ascolto, verifico, discuto e metto in campo le mie ragioni ma sono pronto a cambiare se i fatti dimostreranno che quello che ho fatto non va bene».

Il 44% dei direttori del personale si dichiara «del tutto d'accordo» con l'efficacia dell'estensione da 12 a 36 mesi della durata del contratto a tempo determinato "acausale", che cancella l'obbligo per il datore di lavoro di indicare il motivo dell'assunzione. Il 43% si dice «d'accordo in parte».

Lo rivela un sondaggio del centro studi e ricerche Bachelor, pubblicato nello stesso giorno in cui entrano in vigore le novità del decreto legge numero 34 con le disposizioni per favorire il rilancio dell'occupazione e la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese. Prevalgono dunque i giudizi positivi sulle misure sui contratti a termine che complessivamente raggiungono l'87% del campione di direttori del personale interpellato, mentre il 9% si dice «non molto d'accordo» sull'efficacia della norma, il 3% «per niente» e l'1% «non sa». Anche tra i giovani laureati i favorevoli sono più numerosi dei contrari, anche se ad essere «pienamente d'accordo» è solo l'8%, i«parzialmente d'accordo» raggiungono il 51%, a dirsi «non molto» d'accordo il 26%, il 12%«per niente» e il 3% non sa.

Incassa la maggioranza dei consensi anche la semplificazione dell'apprendistato, oggetto del sondaggio svolto dal centro Bachelor tra il campione composto da 100 direttori di imprese di medie-grandi dimensioni del settore privato e da 500 laureati da meno di 3 anni, su tutto il territorio nazionale. Alla domanda se si ritiene efficace il provvedimento che «prevede meno vicoli per le imprese, compreso l'obbligo di confermare i precedenti apprendisti prima di assumerne nuovi» il 47% dei direttori del personale si dice «del tutto d'accordo», il 41% «in parte d'accordo», il 9% «non molto» e il 3% «non sa». Prevalgono i giudizi favorevoli anche tra i giovani laureati: il 44% è «in parte d'accordo», il 21% del tutto, il 20% non molto, il 15 per niente.

Il sondaggio riguarda anche la fiducia sulle politiche d'occupazione giovanile del governo Renzi, con il 67% dei direttori del personale che dichiara di avere «abbastanza fiducia» e il 16% si dice «molto fiducioso». Analoga la percentuale di chi «non ha molta fiducia» (16%), mentre solo l'1% non ripone alcuna speranza. Tra i giovani laureati il 50% degli intervistati è «abbastanza fiducioso», il 9% ha «molta fiducia», il 32% «non ha molta fiducia», il 9% non ne ha «per niente». Infine una domanda sull'annunciata riduzione del cuneo fiscale, i 10 miliardi che dovrebbero andare a beneficio dei lavoratori con stipendi netti fino a 1.500 euro al mese che a partire dalla busta paga di maggio dovrebbero avere un incremento di mille euro su base annua. Questa proposta piace molto al 38% dei direttori del personale e al 34% dei giovani laureati, abbastanza al 47% dei primi e al 53% dei secondi.

mercoledì 19 marzo 2014

Jobs Act e il mercato del lavoro cosa c’è da sapere



Fondi per favorire l’occupazione dei giovani, riforma della cassa integrazione, correzione dei meccanismi che regolano i contratti a tempo determinato e dell’apprendistato. Tutto per sbloccare l’asfittico mercato del lavoro. Il menu è ricco, e risponde al principio di concentrare le risorse su tutto quello che può essere di stimolo alla crescita e ridurre all’osso l’assistenza pura. 

Contratti a termine per tre anni senza l’obbligo di inserire la causale e apprendistato più semplice subito con un decreto legge. E poi, con un disegno di legge delega, un «codice» semplificato del lavoro e un assegno universale di disoccupazione, l’addio alla cassa integrazione in deroga insieme alla riduzione dei contributi ordinari per tutti ma l’aumento per chi li utilizza di più la cig. Ecco, in sintesi, le misure contenute nel Jobs Act di Renzi.

Contratti a termine 

Per il contratto a termine viene elevata da 12 a 36 mesi la durata del primo rapporto di lavoro a tempo determinato per il quale non è richiesto il requisito della cosiddetta causalità (il motivo dell’assunzione), fissando il limite massimo del 20% per l’utilizzo.

Proroghe più semplici 

Inoltre c’è la possibilità di prorogare i contratti a termine più volte, mettendo così fine alla «tortura», come l’ha definita Poletti, delle interruzioni

Apprendistato 

Più semplificazione anche per l’apprendistato, prevedendo meno vincoli. Dunque senza l’obbligo di confermare i precedenti apprendisti prima di assumerne di nuovi. 

Retribuzione 

La retribuzione dell’apprendista, per la parte riferita alle ore di formazione, è pari al 35% della retribuzione del livello contrattuale di inquadramento.

Garanzia universale 
Il sussidio è inserito nel secondo braccio, cioè nel ddl delega. Ci vorranno almeno sei mesi. Assorbirà Aspi e mini Aspi e sarà «graduato in ragione del tempo in cui la persona ha lavorato». La cig in deroga andrà verso l’esaurimento.

Cassa integrazione 
Nel ddl delega si mantengono la cig ordinaria e straordinaria, introducendo però un «meccanismo premiante»: si abbassa il contributo di tutti ma si alza usa di più la cassa.

Meno forme contrattuali 
Il documento del governo prevede un riordino delle forme contrattuali: al momento sono 40, l’obiettivo è snellirle di molto

Tutele crescenti 
Questo snellimento potrà passare, tra l’altro, attraverso l’introduzione «eventualmente in via sperimentale, di ulteriori tipologie contrattuali espressamente volte a favorire l’inserimento nel mondo del lavoro, con tutele crescenti»

Smaterializzazione del Durc 
Sul fronte della semplificazione è prevista la smaterializzazione del Durc. Un intervento importante in considerazione del fatto che nel 2013 i Durc presentati sono stati circa 5 milioni

Garanzia giovani 
Parte dal primo maggio e riguarderà una platea potenziale di 900 mila persone con risorse per 1,5 miliardi.

In prima fila, naturalmente, ci sono i giovani che non hanno ancora avuto accesso al mercato del lavoro: per loro arriva la prima applicazione pratica della garanzia giovani europea, con uno stanziamento robusto: 1,7 miliardi che serviranno per offrire a tutti i giovani tra i 18 e i 29 anni un’occasione di lavoro o la possibilità di continuare gli studi. I servizi saranno disponibil grazie a un portale internet Garanzia giovani. Ha spiegato il ministro Giuliano Poletti «nessun italiano deve restare a casa ad aspettare, tutti devono avere un’occasione o un’occupazione. Essere inutili è una condanna ingiusta».

I benefici dovrebbero andare a tutto l’universo del lavoro precario, di quello in difficoltà e di quello che ancora non si trova. Così un decreto legge cambia le regole dei contratti a termine, che potranno durare tre anni senza l’obbligo di indicare una causale (il motivo dell’assunzione, fonte di complicazioni burocratiche) e l’apprendistato semplice. Accanto al decreto, un disegno di legge delega porterà alla scrittura di un codice semplificato del lavoro, introdurre un assegno di disoccupazione universale e dare l’addio alla cassa integrazione in deroga. Insieme con una riduzione dei contributi ordinari per tutti bilanciata da aumenti per chi invece usa di più la cassa. È il Jobs Act: dovrebbe favorire il rilancio dell’occupazione e di riformare gli ammortizzatori sociali.

Parola d’ordine, semplificazione. La possibilità di rinnovare più volte i contratti a termine dovrebbe mettere fine alla «tortura» - così l’ha definita Poletti - delle interruzioni. È «un buon modo per chi vuole assumere». Anche nell’apprendistato, ci saranno meno vincoli: niente obbligo, per assumere nuovi apprendisti, di confermare i precedenti. Per i disoccupati arriverà invece un trattamento universale, in cui confluiranno Aspi e mini Aspi: un assegno che sarà proporzionale alla durata dell’impiego che lo ha preceduto. 

Infine i servizi e le politiche attive per il lavoro, da rafforzare, e gli adempimenti, da ridurre. E il riordino delle forme contrattuali, che oggi sono circa 40. L’operazione di sfrondamento potrà passare, anche attraverso l’introduzione «eventualmente, in via sperimentale, di ulteriori tipologie contrattuali espressamente volte a favorire l’inserimento nel mondo del lavoro, con tutele crescenti» e, anche questo «eventualmente in via sperimentale, del compenso orario minimo, applicabile a tutti i rapporti di lavoro subordinato, previa consultazione delle parti sociali».

martedì 4 marzo 2014

Jobs act e il sussidio di disoccupazione




Potrebbe concretizzarsi in due tempi la riforma del lavoro targata Matteo Renzi: potrebbe arrivare un quadro di norme sul mercato del lavoro come il contratto di inserimento e l'allungamento della durata per i contratti a termine senza bisogno di causale (da uno a tre anni), modifiche che non hanno bisogno di risorse, e in un secondo tempo gli interventi che hanno bisogno di copertura finanziaria come il taglio al cuneo fiscale e l'estensione del sussidio di disoccupazione ai collaboratori.

Già i sindacati hanno messo le mani avanti su un intervento solo normativo e sul tipo di iniziativa che il Governo potrebbe avere in mente. La Cgil si è detta disponibile a discutere di un sussidio di disoccupazione universale ma non a rinunciare a ammortizzatori in caso di sospensione delle ore lavorate lo stesso universali (quindi cig per tutti e non solo per l'industria e per le grandi imprese ma pagata, dice la Cgil, con i contributi di tutti i lavoratori e tutte le imprese), sistema questo che aumenterebbe il costo del lavoro in una situazione nella quale invece si vuole ridurlo. ''Le normative non creano posti di lavoro", ha detto il numero uno della Cisl, Raffaele Bonanni, "servono solo a regolare meglio il mercato". "Temo - ha detto a proposito delle risorse necessarie su cuneo e debiti P.A - si facciano promesse che non si possono mantenere''. "Abbassare le tasse è il primo passo necessario per ridurre la disoccupazione - ha avvertito il leader Uil, Luigi Angeletti - tutto il resto sono parole".

"Nessuno deve stare con le mani in mano, inutile a sé, inutile agli altri - ha detto il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti - stiamo pensando soprattutto al tema delle politiche attive, ossia far in modo che tutti abbiano un'opportunità, che si tratti di formazione, creare una piccola azienda, a cominciare a lavorare''. Poletti ha spiegato che il Governo lavora a uno ''strumento che abbia valenza universale" per quanto riguarda la protezione contro la disoccupazione. ''Abbiamo una serie di lavoratori - ha detto -che hanno un elemento di difesa di fronte alla crisi mentre altri che sono completamente senza nulla. Abbiamo un obbligo nei confronti di tutti i lavoratori e quindi dobbiamo trovare uno strumento adeguato che abbia valenza universale".

Al momento l'Aspi introdotto dalla legge Fornero sul lavoro può essere chiesto solo da lavoratori dipendenti (non quindi dai collaboratori) che perdano involontariamente il lavoro. Per il 2014 la durata massima è di 8 mesi per gli under 50 (salirà a 10 mesi nel 2015), 12 mesi per le persone tra i 50 e i 55 anni e 14 per quelli over 55.

Il «Jobs act» punta a introdurre un sussidio universale della durata massima di due anni, esteso anche ai collaboratori. Anche la Cgil e il ministro Poletti, ieri, 3 marzo, hanno sottolineato l'importanza della misura, che secondo le stime del gruppo di lavoro di tecnici ingaggiati da Filippo Taddei e Marianna Madia costerebbe circa 9,5 miliardi l'anno. Si utilizzerebbero i 7,1 miliardi erogati per le prestazioni Aspi e mini-Aspi e i 2,4 miliardi spesi annualmente per gli ammortizzatori in deroga, di cui si accelererebbe la cancellazione (la legge Fornero aveva fissato la dead-line al 2016, per sostituirli con i fondi di solidarietà). Il sussidio universale ipotizzato nel «Jobs act» sarebbe strutturato in base ai contributi, prevedendo anche requisiti di accesso più elastici (attualmente per l'Aspi è fissato il requisito contributivo in almeno un anno di contribuzione contro la disoccupazione nel biennio precedente l'inizio del periodo di disoccupazione). Ci sarà una graduale riduzione della cig in deroga, sottolinea l'economista dell'università di Milano, Marco Leonardi, «visto che è diventata un sussidio improprio di disoccupazione». La cig ordinaria verrà riportata all'obiettivo iniziale: quello di sostenere le aziende in difficoltà temporanee.

Affianco al nuovo sussidio universale ci dovrà essere, sempre nelle intenzioni del Pd, un rafforzamento delle politiche attive. Ciò partira da subito con il piano europeo per gli under25 «Garanzia giovani» che porta in dote all'Italia 1,5 miliardi da spendere per garantire un'offerta di lavoro o di formazione ai ragazzi entro quattro mesi dalla disoccupazione o dall'uscita della scuola. Il precedente ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, ha curato tutta l'istruttoria e ora per partire si aspetta la firma degli accordi con le regioni.

Altro punto forte del «Jobs act» è il contratto a tempo indeterminato a tutele progressive, con la sterilizzazione dell'articolo 18 (o meglio della tutela reale) per i primi tre anni del rapporto. La soluzione produrrà eventuali effetti anche sul contratto a termine. Una generalizzazione delle tutele progressive probabilmente non farebbe modificare i contratti a termine (che resterebbero così come sono). Mentre se si mettessero paletti al contratto a tutele crescenti, si ipotizza una estensione dell'acausalità da 12 a 36 mesi.


lunedì 15 luglio 2013

Ministro del Lavoro Enrico Giovannini, è favorevole a sperimentare il più possibile i contratti flessibili



Il governo punta a introdurre maggiore flessibilità nel mercato del lavoro con una "sperimentazione" sui contratti a termine. Lo afferma il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, in un'intervista sulla Stampa. Camusso: no a continue forme di flessibilità.

Questa settimana inizia l’iter parlamentare del decreto lavoro. C’è chi insiste per introdurre più flessibilità all’ingresso nel mercato del lavoro dei più giovani derogando alle regole in vigore almeno per la durata dell’Expo’. I sindacati, in particolare la Cgil, sono contrari. Troverete una sintesi? 

«Un intervento sull’Expò tutto concentrato sui soli contratti a termine sarebbe riduttivo. Comunque la risposta è sì, stiamo immaginando di mettere insieme un pacchetto equilibrato di novità».

Ci sarà maggiore flessibilità per i contratti a termine? 

«Sono favorevole ad una sperimentazione, a privilegiare il più possibile i contratti flessibili “buoni” - i contratti a termine - rispetto a quelli “cattivi” – come le “false” partite Iva - ma non può essere un intervento di deroga generalizzata senza razionalità».

Sta dicendo che è contrario a forti deroghe alle regole in vigore? 

«Non dobbiamo guardare all’Expò come a qualcosa che termina con la chiusura dei padiglioni. Dobbiamo pensare che sarà un volano di crescita per il Paese, così come è stato per la Cina con Shanghai. Di accordi sindacali per gestire il picco di occupazione in Lombardia se ne stanno già facendo. Altra cosa è pensare a effetti permanenti sull’occupazione derivante da un investimento su filiere particolari come il turismo».

Ci saranno interventi per ridurre gli intervalli fra un contratto e l’altro? È possibile una accorciamento dei tempi dell’apprendistato?

«Stiamo lavorando su varie ipotesi. Mi faccia però dire una cosa: anche concentrare il dibattito solo su come cambiare i tipi di contratto è riduttivo. In Italia ci sono più di due milioni di giovani che non studiano e non lavorano. È una massa di giovani che ci costano ogni anno 25 miliardi di euro di perdita di capitale umano. Possibile pensare che il loro futuro si giochi solo sulla modifica di questa o quella forma contrattuale per due anni?».

Il ministro del Lavoro ha convocato per 16 luglio le parti sociali per individuare "soluzioni equilibrate" in vista dell'Expo 2015 e su eventuali modifiche al dl lavoro. Lo ha annunciato lo stesso ministro a margine della presentazione di un rapporto sul lavoro degli immigrati. "Ho convocato la parti sociali domani mattina - ha detto - per l'addio della discussione su questi temi. Sono sicuro che troveremo soluzioni equilibrate".

Sugli attriti tra le due principali forze di maggioranza, Pd e Pdl, sui temi del lavoro, Giovannini ha sottolineato che "non è una questione di attriti, bisogna trovare una soluzione". Sui circa 500 emendamenti al dl lavoro, Giovannini ha aggiunto: "Stiamo valutando cosa recepire, poi saranno le parti politiche a dover trovare un equilibrio. Alcune idee rafforzano l'approccio del governo, ne stiamo discutendo".

“Siamo un Paese che ha una altissima precarietà, non bisogna affrontare in questo modo il problema della disoccupazione”

«Ho convocato per domani mattina le parti sociali». L’annuncio è del ministro del lavoro Enrico Giovannini. Sul tavolo del confronto gli interventi per rendere flessibili i contratti a termine in vista dell’Expo 2015, che il governo aveva tirato fuori dal pacchetto approvato in Cdm e ora all’esame del Parlamento, per ulteriori approfondimenti e riflessioni. La convocazione, già arrivata a sindacati e imprese, è per domani mattina alle nove. La Cgil sembra comunque avere già le idee chiare. «Non si affrontano i temi della disoccupazione continuando ad alimentare forme di flessibilità», ha detto il segretario della Cgil, Susanna Camusso, commentando le parole del ministro. In una intervista a La Stampa, Giovannini ha parlato di privilegiare i contratti flessibili `buoni´. «Siamo un Paese - ha sottolineato Camusso - che ha una altissima precarietà. E ciò non toglie che questo è uno degli elementi di debolezza del sistema dei servizi».

«Noi- ha concluso - siamo per distinguere tra la discussione generale e l’accordo per governare il periodo di Expo attraverso percorsi legislativi che diano certezza, non incertezza ai lavoratori». 

Per Camusso, sull’ipotesi di una manovra d’autunno, «Quando si cominciano ad annunciare della manovre, c’è una grande preoccupazione, soprattutto se l’origine della manovra è per evitare che ci sia una normale tassazione sulla casa, come c’è in tutti i Paesi del mondo». «Si continua a pensare - ha aggiunto - di far pagare di più chi ha poco rispetto a chi ha molto». 

Ancora in tema di flessibilità, «non bisogna affrontare il problema della disoccupazione continuando ad alimentare forme di flessibilità»: il segretario della Cgil, Susanna Camusso, è tornata a sostenerlo a Milano, la città che nel 2015 ospiterà l’esposizione mondiale. E proprio in vista dell’Expo si sta valutando la possibilità di contratti a termine acausali, ma la sindacalista non vuole generalizzare. «Siamo per distinguere - ha sottolineato - tra una discussione generale e un accordo per governare il periodo di Expo attraverso percorsi legislativi che diano certezza e non incertezza ai lavoratori ». «Expo - ha concluso - è un evento straordinario. C’è bisogno di regolare un periodo straordinario. Ciò che non è sopportabile è che si approfitti di un evento straordinario per deregolare il sistema ».


domenica 14 luglio 2013

Contratti di lavoro senza causale, modello Expo fino al 31 dicembre 2016



Le aziende chiedono contratti a termine rinnovabili per 3 anni. Senza causali e con soli 5 giorni di stop.

Le aziende dovrebbero avere la possibilità di stipulare con la stessa persona uno o più contratti a termine, per un massimo di 36 mesi, senza dover indicare alcuna causale, ossia alcuna motivazione del nuovo contratto di lavoro. La differenza rispetto alle norme vigenti è considerevole, perché adesso si può fare solo il primo contratto a termine senza indicare la causale e per una durata massima di 12 mesi. Se passasse invece la proposta delle imprese, si potrebbero fare fino a 6 contratti a termine di seguito, dice la bozza di emendamento, per una durata massima complessiva di 36 mesi e con un intervallo tra l'uno e l'altro di soli 5 giorni. Molto meno dei 60 giorni (90 per i contratti di durata superiore a sei mesi) previsti dalla legge Fornero e ridotti a 10 e 20 giorni dal ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, col decreto legge approvato dal consiglio dei ministri il 28 giugno.

L'obiettivo dichiarato, anche in vista dei lavori eccezionali previsti per Expo 2015, è favorire l'occupazione giovanile, smorzando però oneri e adempimenti. Il fronte degli imprenditori vorrebbe infatti poter stipulare con la stessa persona uno o più contratti a termine, per un massimo di 36 mesi, senza dover indicare una causale specifica.

Quindi si parla di Misure straordinarie per l'occupazione in occasione di Expo 2015» e che prevede, fino al 31 dicembre 2015 (quindi un anno in meno del periodo proposto dalle imprese) 6 interventi: abolizione della causale sui contratti a termine; liberalizzazione dei lavori a chiamata; del lavoro in somministrazione; aumento da 2mila a 5mila euro del limite dei compensi per il lavoro accessorio; contratti a progetto con la causale Expo 2015; ampliamento della possibilità di ricorrere al telelavoro.

Le misure congiunturali devono puntare a realizzare un aumento di contratti a termine che, nel breve periodo, consenta di dare sollievo all'attuale, drammatica situazione dell'occupazione. Ed in questa prospettiva tornano utili anche le assunzioni a termine non finalizzate ad una stabilizzazione, ma ad alleviare temporaneamente le tensioni occupazionali e sociali. In modo dare più speranze ai giovani e al loro rapporto con il mondo del lavoro.

Per fare questo è necessario varare un piano per: a) allungare la durata massima del contratto a termine; b) consentire, nei limiti della durata massima, la prorogabilità del termine iniziale, come del resto avveniva già per il contratto di inserimento che è stato sostituito dal contratto a termine senza causale; c) ridurre gli intervalli che devono intercorrere tra un contratto a termine e quello successivo riportandoli, per legge e non per accordo collettivo, a 10/20 giorni ed azzerandoli per i contratti a termine con finalità sostitutive espressamente individuate; d) sospendere per due anni il contributo addizionale del 1,4% su questi contratti a termine; mantenendo, invece, il vantaggio contributivo (ed aggiungendo quello fiscale) nel caso della loro conversione a tempo indeterminato.



lunedì 24 giugno 2013

Contratti a termine e piccola pausa nelle ipotesi del governo

Nelle ipotesi del governo Letta ci deve essere una forte ed incisiva politica per l'occupazione giovanile, visto che in questo momento di crisi economica la disoccupazione under 30 ha raggiunto dati spaventosi.

Obiettivo minimo 70 mila occupati in più under 30 da subito. Da una parte, a costo zero, si lavorerà per modificare la Riforma Fornero, e si prevede un ripristino della flessibilità in entrata: intervalli ridotti tra un contratto a termine e un altro e clausola della acasusalità estesa oltre il primo anno se c’è l’accordo sindacale.

Infatti il governo intende stanziare il miliardo di euro per la lotta alla disoccupazione, dopo aver cambiato la riforma Fornero.

Quindi ormai è certo che il governo sta cercando di porre i termini per rivedere la riforma Fornero e dare più speranze ai giovani e al loro rapporto con il mondo del lavoro. Infatti, al vaglio ci sono nuove misure per incentivare l'occupazione. Il tesoretto a disposizione non è particolarmente ricco e verrà dunque usato con molta moderazione. Circa 500 milioni di euro verranno destinati probabilmente alle agevolazioni contributive per le aziende che assumono un giovane, con uno sgravio che potrà arrivare sino a 10mila euro per ogni nuovo occupato, nell'arco di 18-24 mesi. Un altro stanziamento di 100 milioni sarà invece dirottato sui sostegni all'autoimprenditoralità, cioè ai giovani che avviano un'iniziativa aziendale o di lavoro autonomo, utilizzando come veicolo Invitalia, l'agenzia governativa nata per promuovere gli investimenti. Inoltre, secondo le indiscrezioni che circolano in questi giorni, circa 25-30 milioni di euro dovrebbero invece essere utilizzati per finanziare la nascita di cooperative costituite da giovani, operanti in campo sociale e culturale.

Il Pacchetto lavoro si dovrebbe districare su diverse linee guida che cerchiamo di riassumere.

Sgravi sui contributi, incentivi a chi avvia un'attività imprenditoriale, stage da 500 euro al mese per i giovani e un rafforzamento dei Centri per l'Impiego, cioè gli ex-uffici di collocamento. Sono i pilastri su cui si fondano le nuove strategie del governo e del ministro del Lavoro, Enrico Giovannini , nella lotta alla disoccupazione, soprattutto quella giovanile.

Altra linea guida è quella di ridurre la pausa obbligatoria prevista dalla legge tra un contratto e l'altro. Per almeno due anni, e comunque fino all'Expo 2015, il periodo che deve intercorrere tra un'assunzione e l'altra potrebbe essere ridotto a 10-20 giorni. Con la crisi che ha decimato l'occupazione, la priorità oggi è quella del lavoro, e almeno in questo contesto non ha senso scoraggiare troppo il lavoro a tempo determinato con vincoli troppo rigidi sui contratti.

Un altro pilastro delle politiche anti-disoccupazione del governo sarà rappresentano dall'offerta di stage formativi nelle aziende della durata di 6 mesi, destinati agli under 30 e gestiti da un'altra agenzia governativa, Italia Lavoro, che si occupa da anni di politiche sociali. La somma disponibile per attuare questo provvedimento dovrebbe aggirarsi sui 200 milioni di euro, che permetteranno complessivamente l'avvio di qualche decina di migliaia di tirocini, remunerati con appena 500 euro al mese ciascuno.

Infine, tra i programmi del ministro Giovannini c'è il rafforzamento dei Centri per l'Impiego, cioè gli ex-uffici di collocamento pubblici, in riferimento al modello adottato in Germania e basato su un forte coordinamento tra le politiche del lavoro nazionali e le strutture locali, che operano sui singoli territori. Si tratta però di un'impresa difficile basti pensare che i centri per l'impiego tedeschi hanno quasi 75mila dipendenti in tutto (contro i 10mila circa del nostro paese), con ogni funzionario che "gestisce" una media di 50 disoccupati, quasi un terzo rispetto a quelli seguiti da un dipendente delle strutture di collocamento italiane.

domenica 23 giugno 2013

Riforma del Lavoro: i dettagli del Pacchetto del Governo Letta

Piano lavoro pronto per mercoledì 26 giugno 2013. Allo studio una maggiore flessibilità dei contratti a termine, una revisione dell'apprendistato e interventi per incentivare le assunzioni dei giovani.

Il ministro del lavoro Enrico Giovannini starebbe predisponendo insieme ai tecnici del dicastero innanzitutto misure a costo zero che vanno in direzione di una maggiore flessibilità (ancora) per i contratti a termine. Poi l’omogeneizzazione delle regole sull’apprendistato e interventi che mirino a incentivare le assunzioni dei giovani utilizzando la leva fiscale, con il meccanismo del credito d’imposta.

Conto alla rovescia per il Decreto del governo sul Lavoro, mentre il dibattito sulle modifiche da apportare alla Riforma Fornero resta molto aperto: il CdM sul Pacchetto Lavoro è atteso entro il vertice di Bruxelles del 28 giugno.

Alla tavola rotonda “Tecnici a confronto” svolta al Festival del Lavoro di Fiuggi si sono levati spunti e previsioni sui piani del Governo:

Contratti a termine: Paolo Pennesi, Direttore generale per l’area ispettiva, ha affermato che non ci saranno stravolgimenti. Molto improbabile un cambiamento sulla durata del contratto senza causale (un anno, secondo la riforma), anche se non si esclude un intervento su giovani (under 30) e over 50, per i quali si pensa a un’estensione a 18 mesi. Possibili anche nuovi spazi per la contrattazione collettiva sui contratti senza causale. Praticamente certa la riduzione degli intervalli fra un contratto e l’altro (probabilmente a 20-30 giorni).

Apprendistato: Il vice direttore dell’area ispettiva, Danilo Papa, anticipa possibili interventi sulla formazione trasversale, prevedendo che «fino al 2015 si privilegerà la formazione contrattuale».

Contratto a progetto: i tecnici del ministero ritengono che le modifiche potrebbero riguardare un ammorbidimento del divieto di instaurarlo per mansioni ripetitive ed esecutive.

Lavoro a chiamata: attesa una proroga a fine anno del regime transitorio che termina il 18 luglio 2013 (i contratti non in regole cesseranno di essere validi) per temporeggiare fin dopo l’estate.

Il 18 giugno c’è stato un incontro fra il ministro Giovannini e i rappresentanti di imprese e PMI (Confindustria, Abi, Rete Imprese Italia, Agrinsieme, Coldiretti e Alleanza Coop). Al termine, Rete Imprese Italia ha anticipato che «le prime misure annunciate dal ministro vanno nella giusta direzione evidenziando l’importanza, soprattutto in questa fase, di non esitare sulla flessibilità in entrata e sugli interventi che occorrono al mercato del lavoro».

In commissione alla Camera è partita un’indagine conoscitiva sull’emergenza occupazionale con particolare riguardo alla disoccupazione giovanile, che terminerà entro il 31 luglio. Due i filoni all’attenzione dei deputati:
1.cuneo fiscale
2.correttivi alla riforma Fornero.

Previste le audizioni di consulenti del lavoro, Istat, Cnel, Italia lavoro,  assessorati regionali al lavoro, sindacati, organizzazioni datoriali, cooperative, docenti universitari. Un percorso conoscitivo che, ha sottolineato il presidente della Commissione Cesare Damiano, porterà a «costruire un quadro chiaro dei bisogni urgenti del paese» e, in relazione alla riforma Fornero (Legge 92/2012, vai allo speciale) a «capire fino in fondo quali siano stati gli effetti dei mutamenti normativi, per poter intervenire chirurgicamente sulle disfunzioni rilevate dalle parti sociali», come dichiarato a Fiuggi.

Di cuneo fiscale «parleremo in occasione della Legge di Stabilità, non in questo momento» ha invece avvertito il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini a margine del Consiglio Ue in Lussemburgo. Negli ultimi giorni erano arrivate sollecitazioni a occuparsi del costo del lavoro da parte degli industriali, a partire dal presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi: «fra IVA e IMU il vero problema è il costo del lavoro».

Dopo le dichiarazioni del governo che rinviano il tutto all’autunno, Squinzi ha commentato: «riflettere, fare l’inventario e l’analisi dei problemi mi sembra un metodo che può essere anche corretto, purché poi alla fine si prendano le decisioni vere, perché tutto ci possiamo permettere, tranne che continuare a ritardare le decisioni». Traduzione: entro fine anno il taglio del cuneo fiscale deve arrivare.

domenica 26 maggio 2013

Enrico Giovannini e il piano per il lavoro in attesa del Consiglio europeo di giugno

Si parte dal cosiddetto pacchetto di Bruxelles, dove ci sono una serie di misure al vaglio dei tecnici che costano: un nuovo rifinanziamento della cassa integrazione guadagni (cig in deroga) in vista di una rivisitazione dei meccanismi di concessione dell’ammortizzatore; il potenziamento dei centri per l’impiego; l’intervento sul cuneo fiscale e le agevolazioni contributive per i neo assunti. Sul tavolo c’è anche un credito di imposta per i salari bassi.

Si sta studiando l’efficacia e la fattibilità di un’altra misura, sulla quale spingono molto anche gli industriali: la staffetta generazionale. «Nel passato era molto usato in alcuni settori tra padri e figli. Noi pensiamo a uno strumento generalizzato per tutte le categorie. Non è facile costruire gli incentivi giusti. È un’operazione costosa, ma possibile» ha detto Giovannini. Si calcola che per centomila staffette serva un miliardo di euro. La scelta se attuare prima una misura piuttosto che un’altra dipenderà anche dai margini di flessibilità che ci consentirà Bruxelles, argomento che il premier Letta vorrebbe portare al Consiglio europeo di fine giugno.

Il lavoro giovanile è il tema centrale al vertice di giugno. E un mese di tempo per mettere a punto misure concrete e lavorare anche in Italia contro la disoccupazione per creare una vera e propria "massa critica" in grado di sconfiggere quello che è ormai diventato "l'incubo del nostro tempo". Enrico Letta ha lasciato Bruxelles appagato, dopo aver incassato, nel suo primo Consiglio europeo da premier, il sì del presidente Ue Hermann Van Rompuy alla richiesta italiana di porre al centro dell'appuntamento di giugno le misure per sconfiggere la disoccupazione giovanile e ottenuto anche un riconoscimento del presidente del parlamento Ue Martin Schulz: "quando lo ascolto sono ottimista sul fatto che esistono veri europeisti". Insomma Letta nonostante "l'emozione del battesimo" porta subito a casa un risultato e il riconoscimento della necessità di un cambio di rotta. Ricordiamo, inoltre, che nella Berlino di Angela Merkel verrà organizzato il 3 luglio un vertice di tutti i ministri del lavoro dei 27 per mettere a confronto proposte e interventi per creare posti di lavoro.

"Contratti a termine e apprendisti: ecco il piano per i giovani annunciato dal ministro del lavoro. Decreto a fine giugno. Revisioni delle pensioni dopo la fine dell'estate". Il ministro del Lavoro,Giovannini, spiegando il suo progetto per l'occupazione dei giovani, afferma che la riduzione degli intervalli tra un contratto a termine e l'altro, "arriverà con altre misure con un decreto legge che il governo porterà in Consiglio dei ministri tra la fine di giugno e i primi di luglio" e che probabilmente, si tornerà ai 10/20 giorni prima della riforma Fornero. Nel piano c'è anche l'apprendistato" che consente flessibilità ma in vista di un'assunzione.

venerdì 24 maggio 2013

Governo: per il lavoro un piano per i giovani che partirà con l’estate 2013

Un piano articolato» da presentare entro giugno con «alcune misure a costo zero a breve termine» e altre costose da verificare con le compatibilità di bilancio. Poi «a medio termine» arriverà, aiutati anche dalla ripresa, il progetto per «ridistribuire meglio il lavoro». Così il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, con un’intervista. Obiettivo: riportare la percentuale ”incubo” (quel 38,4% di giovani senza lavoro) a livelli decisamente più accettabili. Farla scendere di almeno 8 punti percentuali, creare circa centomila nuovi posti di lavoro.

Un decreto legge per rivedere la riforma Fornero dell'estate scorsa, restituendo flessibilità ai contratti a termine. E poi la vera fase due per provare a risollevare l'occupazione giovanile puntando prima di tutto sulla staffetta generazionale, il meccanismo che agevola l'uscita dal lavoro degli anziani in cambio dell'ingresso dei giovani e che potrebbe riguardare anche i dipendenti pubblici. Aggiungendo gli incentivi per le imprese che assumono giovani, il credito d'imposta per sostenere le buste paga dei dipendenti a basso reddito, un minimo di flessibilità nell'altra riforma Fornero, quella delle pensioni, e la rivoluzione dei centri dell'impiego che dovrebbero agganciare il meccanismo (e i soldi) dell'Europa per la cosiddetta Youth Guarantee, progetto europeo mirato alla formazione e all'impiego degli under 25.

Il ministro del Lavoro sta approfondendo il suo corposo dossier. Alcuni passaggi sono ancora da valutare, restano molti nodi da sciogliere. Anche perché se alcune misure, poche, sono a costo zero, la maggior parte ha bisogno di una copertura. Per questo il grado di avanzamento di ogni singolo capitolo dipende dalla decisione che l'Unione europea prenderà a breve sulla golden rule, la possibilità di non tener conto degli investimenti pubblici produttivi, come i fondi per l'occupazione, dal calcolo del deficit.

Regole più semplici, per favorire l'ingresso nel mercato del lavoro e migliorare la formazione, sempre con l'obiettivo di aumentare l'occupazione. Su questo tasto insisteranno le imprese.

Il neo ministro ha convocato le parti sociali, Confindustria, Abi, Ania, Rete Imprese Italia, Alleanza delle coop, insieme a sindacati Cgil, Cisl, Uil e Ugl, per ascoltare le loro riflessioni, prima di intervenire su quella che chiama la «manutenzione» della legge Fornero. Un modo elegante per smarcarsi dall'eredità del suo predecessore, con la volontà comunque di rimediare agli effetti controproducenti che la legge dell'anno scorso ha prodotti sul mercato del lavoro.

Costo zero, è il vincolo immediato per il governo. Prima che si possano sbloccare le risorse europee previste per la Youth Guarantee. Tra le richieste delle imprese, su cui il sindacato non si metterebbe di traverso, ci sono una serie di semplificazioni che non necessitano di risorse: per esempio sui contratti a termine ciò che i rappresentanti di Confindustria diranno domani a Giovannini è di tornare a 10-20 giorni di intervallo per il rinnovo. Intervallo che andrebbe annullato nei casi di contratto a termine per ragioni sostitutive. Vanno agevolate le proroghe, aumentandone il numero o mettendo come unica condizione il sussistere di ragioni oggettive.

Inoltre secondo le imprese andrebbe prevista una libera prorogabilità fino a 18-24 mesi del primo contratto senza indicazione della causale. Dovrebbe anche sussistere una presenza stabile di contratti a termine "acausali" in ogni unità produttiva in un limite percentuale prefissato sulla totalità dei rapporti a tempo indeterminato (ora è al 6%, ma non è realmente utilizzabile), da stabilire nei contratti, anche aziendali. Andrebbe anche chiarito che i contratti aziendali possono disciplinare la materia del lavoro intermittente.

Sull'apprendistato, che andrebbe maggiormente diffuso, bisognerebbe introdurre un patto di prova generalizzato di 6 mesi, prevedere come tutela in caso di licenziamento in corso di apprendistato solo un indennizzo, alleggerire totalmente il carico contributivo (con la Fornero all'1,4), riportandolo a come era prima (cifra fissa e sostanzialmente simbolica). Inoltre dovrebbero essere i contratti a fissare eventuali percentuali di conferma degli apprendisti, magari indicando, in via transitoria per il periodo di crisi, una percentuale molto bassa.

La riforma degli ammortizzatori, Cig in deroga in testa, la conclusione della partita sugli esodati. E i correttivi in chiave flessibilità da apportare al sistema pensionistico per consentire, con un intervento in autunno o al più tardi entro la fine dell'anno, il pensionamento a 62 anni seppure con forti penalizzazioni.

L'obiettivo è di arginare la disoccupazione e favorire l'assunzione dei giovani resta il tema centrale del confronto. Ma soprattutto il nodo ammortizzatori è destinato a fare capolino più volte al tavolo. Con la Cig in deroga che da giugno diventerà maggiormente selettiva in attesa della riforma complessiva. Che, insieme alle misure sulle "pensioni flessibili", sarà agganciata al piano occupazione con un programma di interventi a tappe.

I sindacati torneranno a ribadire che il miliardo appena stanziato dall'esecutivo per la Cig in deroga è insufficiente. Proprio per la concessione della Cassa integrazione dovranno essere individuati criteri maggiormente selettivi già entro un mese (a giugno) con un decreto interministeriale previsto dal decreto legge Imu-Cig varato venerdì scorso dal Governo. E un'opzione sul tavolo è quella di un maggiore coinvolgimento delle Regioni con il ricorso a criteri uniformi a livello territoriale per la concessione degli ammortizzatori a differenza di quanto accade attualmente.

domenica 21 ottobre 2012

Il ministro Fornero meno vincoli sui contratti a termine

Pause più brevi tra un contratto e l'altro. E’ quanto ha auspicato il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, in un'intervista al Sole 24 Ore aggiungendo che l'idea è quella di andare verso un decreto interministeriale per ridurre  il più possibile le pause tra un contratto e l'altro.

''Sull'impatto della riforma del mercato del lavoro stiamo raccogliendo le prime evidenze empiriche di impatto sui contratti e, in particolare, sui contratti a termine che si avviano alla scadenza. Stiamo pensando a una misura di adattamento sugli intervalli di attesa imposti tra un rinnovo e l'altro con l'obiettivo di ridurli il più possibile'' ha spiegato Elsa Fornero.

L’ipotesi è quella di ridurre ad un mese al massimo il termine di sospensione fra un rinnovo e l'altro. Gli uffici sono al lavoro per mettere a punto un allentamento responsabile della norma attuale". Il titolare del Lavoro annuncia un intervento di "correzione di corsa" della riforma del lavoro, un decreto interministeriale, un ridisegno delle regole in entrata e in uscita, l'avvio di nuovi ammortizzatori sociali. Ossia iIl ministro del Lavoro, ha annunciato il primo intervento di «correzione in corsa» della riforma del lavoro in vigore da meno di tre mesi, un ridisegno delle regole sulla flessibilità in entrata e in uscita, l'avvio dei nuovi ammortizzatori sociali e l'apprendistato («tra un mese a Napoli presentiamo un programma con la Germania per lanciarlo»).
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