giovedì 22 settembre 2016

Inps: dimissioni e decorrenza pensione



L’Inps, con il messaggio n. 3755 del 20 settembre 2016, ha fornito alcuni chiarimenti in ordine alla decorrenza da attribuire ai trattamenti pensionistici in caso di dimissioni e risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. In caso di dimissioni telematiche, la decorrenza della pensione si calcola sull'ultimo giorno di lavoro, ossia sulla data precedente a quella inserita nel modulo online.

La decorrenza della pensione di un lavoratore che ha dato le dimissioni o ha risolto consensualmente il rapporto di lavoro per via telematica come previsto dal Jobs Act si calcola in base all’ultimo giorno di lavoro: lo specifica l’istituto previdenziale con Messaggio n.3755 del 20 settembre 2016. I riferimenti legislativi sono il decreto legislativo 151/2015 attuativo della Riforma del Lavoro e il decreto ministeriale del 15 dicembre 2015 che stabilisce le modalità operative per le dimissioni telematiche.

Per determinare la decorrenza della pensione, l’INPS prende come riferimento l’ultimo giorno di lavoro, che, in base alle regole di compilazione del modello telematico per le dimissioni, è quello precedente a quello indicato dal lavoratore.

Il modulo prevede infatti che, nel campo “Data di decorrenza dimissioni/risoluzione consensuale“, venga indicato il giorno successivo all’ultimo giorno di lavoro. In pratica, la data indicata coincide con il primo giorno di mancato svolgimento di attività di lavoro.

A partire dal 12 marzo 2016 le dimissioni volontarie e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro dovranno essere effettuate in modalità esclusivamente telematiche, tramite una semplice procedura online accessibile dal sito Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, utilizzando la specifica procedura online accessibile dal sito del ministero del Lavoro. Sono esclusi da questo obbligo il lavoro domestico, i casi di risoluzione a seguito di conciliazione stragiudiziale e le ipotesi di convalida presso le DTL. Bisogna utilizzare il modulo online, accessibile tramite credenziali INPS, da inviare all’indirizzo di posta elettronica certificata del datore di lavoro e alla direzione territoriale competente.

A partire da tale data, infatti, i datori di lavoro non possono più accogliere le dimissioni presentate dal lavoratore su carta semplice.

Pertanto il lavoratore dimissionario:

se in possesso di PIN INPS, può compilare autonomamente i predetti modelli reperibili sul sito del Ministero del Lavoro.

oppure può rivolgersi ad uno dei soggetti abilitati (patronati, organizzazioni sindacali, enti bilaterali e commissioni di certificazione).


Le dimissioni e risoluzioni consensuali dovranno essere rese “efficaci” dal lavoratore attraverso la compilazione e l'invio telematico procedura che, pena l'inefficacia del recesso, dovrà aver cura di adempiere per mezzo proprio o per tramite di soggetto delegato. L'utilizzo della procedura telematica costituisce, inoltre, unica modalità con cui il lavoratore, entro sette giorni dalla data di convalida del recesso, potrà anche revocare le proprie dimissioni richiamando codice identificativo della comunicazione inviata e marcata temporalmente. Ciò premesso, ai fini della determinazione della decorrenza dei trattamenti pensionistici, la data di cessazione del rapporto di lavoro dipendente coincide con la data dell’ultimo giorno di lavoro, ovvero, con il giorno precedente a quello indicato nella sezione del modulo “Data di decorrenza delle dimissioni /risoluzione consensuale”.




Il datore di lavoro deduce i contributi per colf e badanti



I contributi previdenziali versati nell’anno 2015 a colf e badanti nell’ambito delle prestazioni di lavoro domestico svolte, possono essere portati in deduzione dal reddito nel modello 730/2016. Viene confermato quindi anche per il 2016 la possibilità di dedurre dal proprio reddito, in sede di dichiarativo fiscale, la quota di contributi previdenziali a carico del datore di lavoro per colf e badanti nel limite massimo di 1.549,37 euro.

Ai fini di deduzione dal reddito, il contribuente - datore di lavoro, deve conservare le ricevute di pagamento MAV o bollettini di versamento all’INPS dei contributi ma dal momento che la suddetta contribuzione è versata trimestralmente, occorre fare attenzione, in quanto tra i contributi da dedurre nel modello 730 2016 o modello Unico 2016, devono essere presenti solo quelli effettivamente versati nel corso del 2015 in base al principio di cassa.

I contributi che si possono portare in detrazione fiscale sono quelli versati ai fini previdenziali ed assistenziali con il bollettino postale o con modello F24 (obbligatori per legge).

Il contribuente che intende dedurre dal proprio reddito complessivo la quota a carico del datore di lavoro dei contributi previdenziali per colf e badanti, deve indicare nel rigo E23 del modello 730/2016, l’importo dei contributi versati nell'anno fiscale 2015.

Ciò significa che la deducibilità contributi colf badanti 730 2016 o Unico 2016 può essere fatta valere solo per i seguenti versamenti:

Contributi INPS versati a gennaio 2016 e relativi al quarto trimestre 2015;

Contributi INPS versati ad aprile, luglio e ottobre 2016 e relativi ai primi 3 trimestri del 2016.

I contributi INPS colf e badanti relativi al 4° trimestre, pagati quindi a gennaio 2016, possono essere portati in deduzione dal reddito con il 730 2017 e Unico 2017

Come va calcolato l’importo deducibile dei contributi versati alla colf?

Il contribuente che assume una colf o una badante, è tenuto al versamento della relativa contribuzione previdenziale ed assistenziale, il cui importo, da versare all’INPS per i contributi, dipende dalla retribuzione oraria, ma per i contratti di lavoro sopra le 24 ore settimanali, scatta un importo forfetario.

In base alle nuove tabelle INPS importi contributi colf 2016 la quota a carico del datore di lavoro è la seguente:

Retribuzione fino a 7,88 euro: 0,35; da 7,88 a 9,59 euro è pari a 0,40; oltre 9,59 euro l’ora è pari a 0,48.

Per i contratti sopra le 24 ore settimanali: 0,25.

Il datore di lavoro, oltre ai contributi INPS, è obbligato anche a versare il contributo di assistenza contrattuale per l’accesso alle prestazioni della Cassa Colf, il cui importo è visibile nel bollettino MAV sotto la voce “Causale del Versamento” e nell’Attestazione di pagamento che viene rilasciato al lavoratore sotto la voce “Codice Organizzazione”. Tale importo per il 2016 per i contratti a tempo indeterminato e determinato è di 0,03 euro all’ora, di cui 0,01 a carico del lavoratore.

Questo importo però, non è deducibile ai fine IRPEF perché è destinato alla cassa a favore dei dipendenti collaboratori familiari.

Diversamente da quanto previsto dall’art. 15, TUIR (detrazione dei compensi erogati a tali soggetti, se il soggetto assistito è “non autosufficiente”) i contributi previdenziali versati sono deducibili a prescindere dalla situazione “fisica” in cui versa il contribuente interessato.

I contributi previdenziali e assistenziali relativi ai soggetti sopra elencati:

vengono versati dal datore di lavoro, ma sono costituiti da una quota a carico del datore di lavoro e da una quota a carico del lavoratore;

sono deducibili solo per la quota rimasta a carico del datore di lavoro.

Il versamento all’INPS dei contributi domestici familiari è effettuato per trimestri solari, entro i seguenti termini:
• dal 1° al 10 aprile, per il primo trimestre;
• dal 1° al 10 luglio, per il secondo trimestre;
• dal 1° al 10 ottobre, per il terzo trimestre;
• dal 1° al 10 gennaio, per il quarto trimestre.

La contribuzione relativa ai lavoratori domestici prevede il versamento di un contributo ordinario e un contributo integrativo.

Tuttavia, per determinare il valore della quota di contributo deducibile non bisogna utilizzare “direttamente” il totale pagato indicato nella ricevuta di pagamento, in quanto tale valore è composto:
- dalla quota di contributo a carico del datore di lavoro, deducibile nel limite di € 1.549,37;
- dalla quota di contributo a carico del lavoratore, non deducibile dal datore di lavoro.

È quindi, necessario scorporare la parte di onere deducibile in capo al datore di lavoro, in quanto la quota di contributo a carico del lavoratore è già stata dedotta al momento del pagamento delle retribuzioni (il reddito del lavoratore è già al netto della quota di contributi a suo carico).

Per effettuare il calcolo corretto dei contributi deducibili è necessario conoscere l’ammontare del contributo ordinario e di quello integrativo a carico del datore di lavoro e del lavoratore.

Gli importi del contributo ordinario (sia la quota a carico del lavoratore che quella a carico del datore di lavoro) sono rinvenibili dalle tabelle di contribuzione predisposte dall’INPS. In particolare, se l’orario di lavoro:

non supera le 24 ore settimanali, il contributo orario è commisurato a tre diverse fasce di retribuzione;

è di almeno 25 ore settimanali, il contributo è fisso per tutte le ore retribuite.

A titolo esemplificativo, la tabella relativa ai contributi applicabili ai rapporti di lavoro a tempo determinato eccetto sostituzione di lavoratori assenti prevede:

- fino a euro 7,86, un importo di contributo orario pari a euro 1,49 (con assegni familiari) (0,35 per il lavoratore) e di euro 1,50 (senza assegni familiari) (0,35 per il lavoratore);

- oltre ad euro 7,86 e fino a euro 9,57, un importo di contributo orario pari a euro 1,68 (con assegni familiari) (0,39 per il lavoratore) e di euro 1,69 (senza assegni familiari) (0,39 per il lavoratore);

- oltre ad euro 9,57, un importo di contributo orario pari a euro 2,04 (con assegni familiari) (0,48 per il lavoratore) e di euro 2,06 (senza assegni familiari) (0,48 per il lavoratore);

- per più di 24 ore settimanali, un importo di contributo orario pari a euro 1,08 (con assegni familiari) (0,25 per il lavoratore) e di euro 1,09 (senza assegni familiari) (0,25 per il lavoratore).

Il contributo integrativo obbligatorio versato dal datore di lavoro alla CAS.SA.COLF (CASsa SAnitaria COLF o cassa malattia colf) pari ad € 0,03 (di cui € 0,01 a carico del lavoratore) per ogni ora di lavoro, è deducibile per il datore di lavoro privato in misura di € 0,02 moltiplicato per l’ammontare delle ore lavorate.

Per il calcolo dei contributi dell’esempio proposto il totale dei contributi versati dal datore di lavoro risultano pari a:

€ 561,60 (€ 1,08 x 520) contributo ordinario;
€ 15,60 (€ 0,03 x 520) contributo integrativo.

La quota di contributi a carico del lavoratore sono pari ad:
€ 130,00 (520 x € 0,25) contributo ordinario;
€ 5,20 (520 x € 0,01) contributo integrativo.

Dunque in definitiva, l’ammontare deducibile per il datore di lavoro privato è pari a:
€ 431,60 (€ 561,60 - € 130,00) contributo ordinario;
€ 10,40 (€ 15,60 - € 5,20) contributo integrativo.

Il totale dei contributi deducibili per il datore di lavoro risulta quindi pari ad € 431,60 + € 10,40 = € 442,00.





mercoledì 21 settembre 2016

INPS: calcolo pensioni reversibilità o superstiti



Alla morte di un pensionato o di un lavoratore assicurato, alcuni dei suoi familiari hanno diritto ad una pensione. Si tratta di una protezione che l'ordinamento giuridico riconosce ai familiari più stretti del defunto quali il coniuge e i figli ed, in subordine, ai suoi genitori, ai fratelli o alle sorelle inabili che trova fondamento nell'esigenza di tutelare le esigenze di vita della famiglia cui il defunto contribuiva.

La pensione ai superstiti è una prestazione economica erogata, a domanda, in favore dei familiari del:

pensionato (pensione di reversibilità);

lavoratore (pensione indiretta).

I superstiti dell’iscritto nella assicurazione generale obbligatoria per i lavoratori dipendenti hanno diritto alla pensione privilegiata indiretta per inabilità nel caso in cui la morte del dante causa risulti riconducibile, con nesso di causalità diretta, al servizio prestato nel corso di un rapporto di lavoro.

Hanno diritto alla pensione:

il coniuge superstite, anche se separato: se il coniuge superstite è separato con addebito, la pensione ai superstiti spetta a condizione che gli sia stato riconosciuto dal Tribunale il diritto  all’assegno al mantenimento;

il coniuge divorziato se titolare di assegno divorzile;

i figli, adottivi e affiliati  riconosciuti legalmente o giudizialmente dichiarati, nati da precedente matrimonio dell'altro coniuge, riconosciuti legalmente o giudizialmente dichiarati dal coniuge del deceduto, minori regolarmente affidati da organi competenti a norma di legge) che alla data della morte del dante causa siano minori, inabili di qualunque età, studenti entro il 21° o 26° anno di età se universitari e siano a carico dello stesso dante causa;

i figli (legittimi o legittimati, adottivi o affiliati, naturali, riconosciuti legalmente o giudizialmente dichiarati, nati da precedente matrimonio dell'altro coniuge) che alla data della morte del genitore siano minorenni, inabili, studenti o universitari e a carico alla data di morte del medesimo;

i nipoti minori (equiparati ai figli) se a carico degli ascendenti (nonno o nonna), anche se non formalmente loro affidati, alla data di morte dei medesimi.

In mancanza del coniuge, dei figli e dei nipoti la pensione può essere erogata:

ai genitori d'età non inferiore a 65 anni, non titolari di pensione, che alla data di morte del lavoratore e/o pensionato siano a carico del medesimo.

In mancanza del coniuge, dei figli, dei nipoti e dei genitori la pensione può essere erogata:

ai fratelli celibi inabili e sorelle nubili inabili, non titolari di pensione, che alla data di morte del lavoratore e/o pensionato siano a carico del medesimo.

La pensione ai superstiti viene pagata dal primo giorno del mese successivo a quello del decesso del lavoratore o del pensionato, indipendentemente da quando viene fatta domanda.

L'ammontare si calcola sulla base dell'assegno dovuto al lavoratore scomparso, oppure della pensione che veniva pagata al pensionato deceduto, con una percentuale variabile:

60%, solo coniuge;

70%, solo un figlio;

80%, coniuge e un figlio; oppure due figli senza coniuge;

100% coniuge e due o più figli; oppure tre o più figli;

15% per ogni altro familiare, avente diritto, diverso dal coniuge, figli e nipoti.

Il superstite di lavoratore assicurato dopo il 31.12.1995 e deceduto senza aver perfezionato i requisiti amministrativi richiesti, può richiedere  l’indennità una-tantum, se:

non sussistono i requisiti assicurativi e contributivi per la pensione indiretta;

non ha diritto a rendite per infortunio sul lavoro o malattia professionale, in conseguenza della morte dell’assicurato;

è in possesso di redditi non superiori ai limiti previsti per la concessione dell’assegno sociale.

Il diritto all'importo in questione è soggetto alla prescrizione decennale.

Il diritto alla pensione ai superstiti cessa nei seguenti casi:

per il coniuge, se si sposa nuovamente. In questo caso riceve una "una tantum" di due anni della sua quota di pensione, compresa la tredicesima mensilità. Nel caso che la pensione risulti erogata, oltre che al coniuge, anche ai figli, la pensione deve essere ricalcolata a questi ultimi, con le nuove aliquote relative al nuovo nucleo familiare per i figli minori, al compimento del 18° anno di età;

per i figli studenti di scuola media o professionale che terminano o interrompono gli studi e comunque al compimento del 21° anno di età. L'avvio dell'attività lavorativa da parte dei figli, il superamento del 21° anno di età e l'interruzione degli studi non comportano l'estinzione, ma soltanto la sospensione del diritto alla pensione;

per i figli studenti universitari che terminano o interrompono gli anni del corso legale di laurea e comunque al compimento del 26° anno di età; anche in questo caso, un'attività lavorativa da parte dei figli universitari e l'interruzione degli studi non comportano l'estinzione, ma soltanto la sospensione del diritto alla pensione;

per i figli inabili qualora venga meno lo stato di inabilità;

per i genitori qualora conseguano altra pensione;

per i fratelli e le sorelle qualora conseguano altra pensione, o contraggano matrimonio, ovvero venga meno lo stato di inabilità;

per i nipoti minori, equiparati ai figli legittimi, valgono le medesime cause di cessazione e/o sospensione dal diritto alla pensione ai superstiti previste per i figli.

Le pensioni ai superstiti liquidate prima della sentenza con cui la Corte Costituzionale ha bocciato la penalizzazione in caso di matrimoni contratti dopo i 70 anni con differenza di età superiore ai 20, verranno ricalcolate dall‘INPS eliminando la decurtazione e ripristinando la normale aliquota del 60%. Le domande non ancora definite e quelle di nuova presentazione verranno direttamente esaminate in base alle regole post-sentenza. Le precisazioni arrivano dall’INPS con Circolare n. 178/2016.

L’istituto di previdenza recepisce così la sentenza 174/2016, che ha ritenuto illegittimo il taglio alle pensioni stabilito dal comma 5, articolo 18, decreto legge 98/2011. La norma prevedeva un taglio del 10% per ogni anno di matrimonio inferiore ai dieci nel caso di nozze fra persone con differenza di età superiore ai 20 anni e con uno dei due coniugi almeno 70enne.

La Suprema Corte, spiega l’INPS, ha rilevato che: ogni limitazione del diritto alla pensione di reversibilità deve rispettare i principi di uguaglianza, ragionevolezza, nonché il principio di solidarietà che è alla base del trattamento pensionistico in esame».

L’effetto della sentenza è che la norma dichiarata incostituzionale non è più applicabile dal giorno successivo alla sua pubblicazione (dal 21 luglio).

Di conseguenza, l’INPS ha stabilito le regole per ricostituire le pensioni di coloro che hanno subito la decurtazione.

Le pensioni a cui è stato applicato il taglio del 10% vengono ricalcolate a partire dal primo giorno del mese successivo al decesso del coniuge, e vengono riconosciuti i relativi ratei arretrati. Se nel frattempo è intervenuta sentenza passata in giudicato, i ratei arretrati sono erogati dal primo giorno del mese successivo al passaggio in giudicato della sentenza.

Tutti i ricorsi pendenti vanno riesaminati alla luce della sentenza.

Le pensioni di reversibilità eliminate a causa della legge incostituzionale. vengono a loro volta ricostituite ma bisogna presentare domanda.




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