mercoledì 22 febbraio 2017

Controllo e-mail e smartphone aziendali: divieto del Garante per la Privacy



Il Garante per la Privacy, con Nota 17 febbraio 2017, n. 424, ribadisce che sono vietati i controlli indiscriminati su e-mail e smartphone aziendali.

Per il datore di lavoro accedere in maniera indiscriminata alla posta elettronica o ai dati personali contenuti negli smartphone in dotazione al personale è un comportamento illecito.
I datori di lavoro possono trattare i dati personali dei lavoratori dipendenti solo se strettamente indispensabili all'esecuzione del rapporto di lavoro, così come il trattamento degli stessi può avvenire solo a cura del personale incaricato assicurando idonee misure di sicurezza per proteggerli da intrusioni o divulgazioni illecite: queste alcune delle indicazioni fornite dal Garante per la privacy nel vademecum che traccia le linee guida in materia di trattamento dei dati dei lavoratori.

Il datore di lavoro non può accedere indiscriminatamente alle email dei dipendenti, ai dati personali contenuti nello smartphone o nel tablet, né tanto meno intervenire da remoto sui contenuti del device in dotazione al lavoratore: lo ribadisce il Garante della Privacy vietando l’utilizzo di dati trattati in violazione alle norme di legge.

In primo luogo, la policy sul trattamento dei dati va comunicata al dipendente con specifica informativa, dettagliando modalità e finalità dell’attività di raccolta e conservazione dei dati. Ci sono poi regole precise da seguire nel trattamento e conservazione dei dati, che devono sempre uniformarsi al principio di correttezza e non possono prevedere attività  di controllo massivo, prolungato e indiscriminato dell’attività del lavoratore.

Altre violazioni: configurazione del sistema di posta elettronica in modo da conservare copia della corrispondenza anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro per un tempo non proporzionato (anni): dopo la cessazione del rapporto gli account di posta devono essere rimossi, previa disattivazione degli stessi e contestuale adozione di sistemi automatici per informare i terzi e fornire loro indirizzi alternativi riferiti all’attività professionale del titolare del trattamento.

Non è conforme ai principi di necessità, pertinenza e non eccedenza la conservazione per anni su server aziendali sia dei dati esterni che dei contenuti delle comunicazioni elettroniche.

In generale, le norme sul controllo a distanza, anche dopo le modifiche del Jobs Act, contenute nell’articolo 23 del decreto legislativo 151/2015, non consentono di effettuare attività idonee a realizzare (anche indirettamente) il monitoraggio massivo, prolungato e indiscriminato dell’attività del lavoratore.

Il datore di lavoro è sempre tenuto a salvaguardare la libertà e la dignità del lavoratore e, in applicazione dei principi di liceità e correttezza dei trattamenti di dati personali, informare in modo chiaro e dettagliato circa le consentite modalità di utilizzo degli strumenti aziendali e l’eventuale effettuazione di controlli anche su base individuale.

La disciplina di settore in materia di controlli a distanza, inoltre, non consente di effettuare  attività idonee a realizzare, anche indirettamente, il controllo massivo, prolungato e indiscriminato dell'attività del lavoratore.

Il Garante considera illecita anche la mancata disattivazione della mail aziendale dopo la fine del rapporto di lavoro  e l'eccessiva durata  del periodo di conservazione sui server aziendali dei dati e dei contenuti delle comunicazioni elettroniche intrattenute dal dipendente.

I lavoratori, poi, devono essere sempre informati in modo chiaro e dettagliato sulle modalità di utilizzo degli strumenti aziendali e delle  eventuali verifiche da parte del lavoro da server remoti.



Che cos'è la direttiva Bolkestein



Approvata nel 2006 e recepita nel 2010, continua a far discutere da molti anni. Tra i punti più contestati c'è l'obbligo di rimessa al bando per alcune concessioni pubbliche. Ma il decreto milleproroghe ha risparmiato gli ambulanti, rinviando la scadenza per la gara al 31 dicembre 2018. Le proteste degli ambulanti e dei tassisti, sono dovute alla direttiva europea Bolkestein, che prevede la rinegoziazione delle licenze.

La direttiva Bolkestein è un atto approvato dalla Commissione europea nel 2006. Prende il nome da Frits Bolkestein, allora commissario per la concorrenza e il mercato interno. L'obiettivo della direttiva è favorire la libera circolazione dei servizi e l'abbattimento delle barriere tra i vari Paesi.

Le proteste degli ambulanti riguardano solo uno dei punti della direttiva e del suo provvedimento di recepimento, quello che rigiuarda l'obbligo di messa al bando delle concessioni in scadenza di spazi pubblici e beni demaniali. Già negli anni scorsi, ad esempio, contro la direttiva Bolkestein si erano scagliati i titolari di concessioni delle spiagge italiane. Di norma infatti molte concessioni venivano rinnovate a scadenza con un accordo diretto pubblico-privato, senza delle vere e proprie gare a cui avessero accesso anche altri operatori. Dopo la recente sentenza dela Corte di Giustizia, che ha sanzionato la pratica del rinnovo automatico delle concessioni, il governo ha deciso di intervenire con un disegno di legge delega approvato dal consiglio dei ministri alla fine di gennaio per il “riordino della normativa relativa alle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali ad uso turistico ricreativo per favorire, nel rispetto della normativa europea, lo sviluppo e l’innovazione dell’impresa turistico-ricreativa”.

All'origine della protesta degli ambulanti c'è a grandi linee lo stesso principio. La direttiva Bolkestein prevede che siano messe a bando molte concessioni pubbliche. Tra queste anche quelle dei commercianti da strada. Il decreto milleproroghe proroga di fatto le concessioni in essere e in scadenza entro luglio 2017 fino al 31 dicembre 2018, quando si prevede che queste siano rimesse nuovamente a bando. Quelle in scadenza o già scadute vengono quindi estese fino alla fine dell'anno prossimo, ma entro quel termine gli Enti locali dovranno attrezzarsi - così prescrive la norma  - per rimettere a bando le stesse concessioni. Se da un lato quindi c'è un rinvio, dall'altro il governo mette nero su bianco un termine per il rilascio delle nuove concessioni. Ad oggi gli ambulanti chiedono che il governo intervenga direttamente per escludere completamente la categoria dall'obbligo di messa al bando delle concessioni pubbliche che sta alla base della direttiva. Non un rinvio, ma un'esclusione totale della categoria dal perimetro di applicazione della Bolkestein.

Come funziona Semplifica le procedure amministrative e burocratiche per esercitare temporaneamente un'attività all'interno di un Paese Ue e mira a evitare le discriminazioni basate sulla nazionalità. Ovvero: un venditore ambulante tedesco che vuole trasferirsi temporaneamente in Italia deve avere gli stessi diritti di un ambulante italiano che presta i suoi servizi a casa sua. E viceversa. Per raggiungere questi obiettivi propone la creazione di sportelli unici dove i prestatori di servizi possano portare a termine tutte le formalità necessarie, espletare le procedure anche via internet evitando requisiti burocratici 'inutili', autorizzazioni discriminatorie e discriminazioni basate sulla nazionalità. In virtù dell'articolo 12 della direttiva, gli ambulanti italiani parteciperanno ai bandi per il rinnovo delle licenze insieme, almeno in via teorica, ai 'colleghi' di tutta Europa.

Perché protestano i tassisti? A scatenare la serie di proteste è il decreto Milleproroghe che sospende per un altro anno l'efficacia di una serie di misure che regolamentano il servizio di Ncc (noleggio con conducente) e Uber.

Emendamento Lanzillotta e slittamento decreto - Lo slittamento al 31 dicembre prossimo del termine per il decreto del Ministero dei Trasporti volto a contrastare le pratiche di servizio abusivo di taxi e di noleggio con conducente non piace ovviamente alla categoria.

Ma, a scatenare la protesta, è stato soprattutto un emendamento approvato dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato, a prima firma della senatrice del Pd Linda Lanzillotta. Tale emendamento prevede la sospensione di una serie di disposizioni che, secondo i tassisti, sono necessarie per mettere ordine tra le offerte alternative a quelle di categoria.

Eccole nel dettaglio:

Obbligo di ritorno nella “rimessa”: i noleggiatori con conducente, dopo aver accompagnato il cliente, devono tornare nella rimessa, come prevede la legge quadro del 1992.

Prenotazione: deve avvenire obbligatoriamente "presso la rimessa”, quindi divieto di stazionamento sul suolo pubblico.

Rimessa: la sede del vettore e la rimessa devono essere situate esclusivamente nel territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione, che deve mettere comunque a disposizione una sede, una rimessa o un pontile di attracco.

Posteggio: le auto a noleggio con conducente non possono sostare in posteggio di stazionamento su suolo pubblico nei comuni dove sia esercitato il servizio di taxi.

La corsa: l'inizio e il termine di ogni singolo servizio devono avvenire nel garage situato nel comune che ha rilasciato l'autorizzazione, con ritorno alla stesso, mentre il prelevamento e l'arrivo a destinazione dell'utente possono avvenire anche nel territorio di altri comuni.

“Foglio di servizio”: i conducenti sono obbligati a compilare e tenere un "foglio di servizio" completo di una serie di dati tra cui il timbro dell'azienda e/o società titolare della licenza.

Sanzioni: in caso di violazione sono poi previste una serie di sanzioni tra cui la sospensione o la cancellazione della licenza.

L'arrivo di Uber - Ma la diatriba tra taxi e i Ncc risale a diverso tempo prima e si è inasprita con l'arrivo di Uber e l'introduzione dello smartphone. La società californiana ha infatti realizzato un business sulla possibilità di prenotare un’auto tramite app, mentre i tassisti si appellano alla legge quadro del 1992 che a loro giudizio non verrebbe rispettata e mettendo così gli Ncc in concorrenza diretta rispetto al servizio dei taxi.

Differenze tra taxi e Ncc -  I taxi sono un servizio pubblico e hanno obblighi di garanzia del servizio offerto, tariffe regolamentate e una licenza per poter operare. Il servizio Ncc è invece un servizio a prenotazione che non ha alcun obbligo di garanzia, è soggetto alle regole del mercato e deve dotarsi di un'autorizzazione del Comune per poter esercitare.





domenica 19 febbraio 2017

Collaboratori e l‘indennità di disoccupazione ecco le nuove regole



Con la proroga stabilita nell’ambito del Milleproroghe, slitta il termine ultimo per accedere alla Dis-Coll. La copertura ci sarà anche per chi perde il lavoro nel corso dei primi sei mesi del 2017, vale a dire dal 1°gennaio 2017 al 30 giugno 2017.

Attenzione però, la data del 30 giugno non è il termine ultimo per l’invio della domanda, ma la data entro la quale dovrà verificarsi l’evento di disoccupazione. Per presentare richiesta, in base alle regole già previste, ci sarà più tempo. Nel dettaglio, la domanda dovrà essere inviata entro l’inizio di settembre: la norma stabilisce infatti che l’istanza di disoccupazione debba essere trasmessa entro 68 giorni dal termine del rapporto di collaborazione.

La prestazione Dis-Coll era stata istituita con il Jobs act in via sperimentale per gli eventi di disoccupazione verificatesi nel 2015 e prorogata per il 2016.

La misura prevedeva che fosse corrisposta mensilmente per la metà dei mesi di contribuzione presenti nel periodo compreso tra il primo gennaio dell'anno solare precedente l'evento di cessazione del rapporto di collaborazione e l'evento stesso (con almeno tre mesi di contribuzione accreditata) fino a un massimo di sei mesi. La fruizione dell'indennità Dis-Coll non dava diritto alla contribuzione figurativa.

La misura della prestazione era pari al 75% del reddito medio mensile se inferiore all'importo di 1.195 euro. In ogni caso l'importo dell'indennità non poteva superare la misura massima mensile di 1.300 euro per l'anno 2015, rivalutato annualmente. Ministero: in Milleproroghe misura per proroga Dis-Coll Nel decreto Milleproroghe sarà inserita una disposizione per garantire l'erogazione dell'indennità di disoccupazione per i collaboratori coordinati e continuativi, dopo l'annuncio dell' Inps che la misura istituita in via sperimentale, non sarà prorogata nel 2017.

L’ammortizzatore introdotto in via sperimentale nel 2015, poi prorogato nel 2016, offre una copertura a collaboratori coordinati e continuativi iscritti alla gestione separata (anche a progetto, ad eccezione dei titolari di pensione, assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie e titolari di partita Iva).

Domande 2017
La domanda deve essere presentata all'INPS, esclusivamente tramite via telematica, attraverso uno dei seguenti canali:

WEB: servizi telematici accessibili direttamente dal cittadino tramite PIN attraverso il portale dell'Istituto;

Contact Center integrato INPS – INAIL: n. 803164 gratuito da rete fissa oppure n. 06164164 da rete mobile;

Enti di Patronato: attraverso i servizi telematici offerti dagli stessi.

Come detto in precedenza, l’istanza deve essere trasmessa, pena la decadenza, entro 68 giorni dalla data di cessazione del rapporto di collaborazione, che decorrono:

dalla data di cessazione dell'ultimo contratto di collaborazione. Qualora nel corso dei sessantotto giorni si verifichi un evento di maternità o di degenza ospedaliera indennizzabili, il termine rimane sospeso per un periodo pari alla durata dell'evento e riprende a decorrere al termine dello stesso per la parte residua;

dalla data di cessazione del periodo di maternità o di degenza ospedaliera indennizzati, quando l'evento sia insorto nel corso del rapporto di lavoro successivamente cessato e si sia protratto oltre la fine di questo.

Requisiti Inps sono i seguenti:

Il lavoratore deve essere in stato di disoccupazione al momento della presentazione della domanda.

Il lavoratore deve aver reso la Did, la Dichiarazione d’Immediata Disponibilità al lavoro che deve essere trasmessa dall'INPS all'Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro che può essere inviata insieme alla domanda per la Dis-Coll.

Hanno accesso all’indennità anche i lavoratori subordinati che abbiano svolto un impiego per un periodo di tempo inferiore o pari a 5 giorni e anche i lavoratori autonomi, parasubordinati e accessori che rispettino determinati limiti reddituali:

reddito sino a 8.000 euro per il nuovo lavoro parasubordinato,

reddito sino a 4.800 euro per la nuova attività di lavoro autonomo

reddito sino a 7.000 euro netti (9.333 lordi) per il lavoro accessorio, retribuito con i voucher.

Previsti anche dei requisiti contributivi. Il collaboratore dovrà aver versato 3 mesi di contributi accreditati dal 1°gennaio dell’anno solare precedente al giorno della cessazione del rapporto di lavoro.

Il modulo domanda Dis-Coll 2017 va presentato all’INPS per via telematica entro 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro, pena la non ammissibilità al beneficio.

Per cui la scadenza per inviare il modulo INPS è di 68 giorni dal giorno del licenziamento, altrimenti non si ha più diritto all'indennità.

Per cui i collaboratori devono, in sede di presentazione della domanda di Dis-Coll, rilasciare direttamente all’INPS la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro, che l’INPS  successivamente metterà a disposizione dei servizi competenti.

Una volta prestata la domanda e verificato il possesso dei requisiti e le condizioni per accedere alla prestazione, l'INPS provvede ad erogare l'importo dell'indennità di disoccupazione spettante a partire dal giorno successivo alla data di presentazione della domanda e in ogni caso non prima dell’8° giorno successivo alla cessazione del rapporto di lavoro.

Per inviare il modulo INPS direttamente, il collaboratore deve essere in possesso del PIN Dispositivo INPS e accedere al sito ufficiale dell'istituto e seguire le istruzioni per la presentazione della domanda di disoccupazione per via telematica altrimenti può rivolgersi presso i Caf e Patronati o intermediari autorizzati, presentandosi insieme alla documentazione richiesta per il riconoscimento dello stato di disoccupazione: iscrizione al centro per l'impiego e sottoscrizione della DID dichiarazione immediata disponibilità al lavoro che è stata modificata di recente con l'entrata in vigore dell’articolo 1, comma 3, della legge 10 dicembre 2014, n.183, che ha previsto nuove misure che condizionano la fruizione della DIS-COLL alla ricerca attiva di un’occupazione e al reinserimento nel mondo del lavoro.

Calcolo importo e contributi
La nota del 21 aprile 2015 del Ministero del Lavoro, ha chiarito che per il calcolo importo indennità Dis-Coll. e per la determinazione della durata della prestazione, l'INPS, deve tener conto in termini di “mesi di contribuzione o frazioni di essi” i mesi o le frazioni di mese di durata del rapporto di collaborazione.

Per cui, il reddito imponibile ai fini previdenziali, che è la base di calcolo della prestazione, va diviso per un numero di mesi, o frazione di essi, corrispondenti alla durata dei rapporti di collaborazione prestati nell'anno solare in cui si è verificata la cessazione del lavoro e quelli nell'anno solare precedente.

La misura indennità Dis-Coll. è quindi determinata in base al reddito medio mensile, ovvero, pari al 75% se tale reddito è uguale o inferiore, all’importo di 1.195 euro, rivalutato ogni anno dall'ISTAT mentre se il reddito medio mensile è superiore a tale soglia, la misura è incrementata di una somma pari al 25% della differenza tra il reddito medio mensile e 1.195 euro.

La indennità Dis-Coll si riduce invece del 3% ogni mese a partire dal primo giorno del 4° mese di fruizione, ossia, dal 91° giorno di fruizione della prestazione.

Calcolo importo Dis-Coll: Per i collaboratori il cui reddito mensile medio è superiore a predetta soglia  l'importo dell'indennità di disoccupazione spettante è del 75% + 25% della differenza tra il reddito medio e la soglia limite. In questo caso l'importo dell'indennità non può comunque superare per il 2016 i 1300 euro al mese.

A partire poi dal primo giorno del 4° mese di fruizione della Dis-Coll, l'indennità viene ridotta progressivamente del 3% ogni mese.

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