mercoledì 7 marzo 2018

Il contratto di apprendistato per il 2018: retribuzione, età e tipologie





L'apprendistato è lo strumento più diffuso per l'inserimento nel mercato del lavoro. Si tratta di un particolare rapporto all'interno del quale il lavoratore acquisisce delle competenze professionali attraverso l'inserimento all'interno dell'organizzazione produttiva del datore di lavoro presso il quale svolge le proprie mansioni. Il contratto di apprendistato è per definizione un contratto di lavoro a tempo indeterminato rivolto a giovani che studiano e che vogliono nel frattempo lavorare e formarsi anche a livello professionale in cui il datore di lavoro deve corrispondere all’apprendista:

la retribuzione per la prestazione di lavoro resa, ridotta, rispetto al reolgare contratto a tempo indeterminato, a motivo della inesperienza dell'apprendista;

la formazione necessaria (in parte interna e in parte esterna) all’acquisizione di una maggiore competenza professionale.

Per evitare abusi e uso improprio del contratto di apprendistato, che gode di agevolazioni dal punto di vista retributivo e contributivo, il legislatore ha introdotto specifici limiti numerici, in rapporto al numero di dipendenti dell'azienda.

Esistono tre tipologie di apprendistato, diverse per finalità, soggetti destinatari e profili normativi, con le caratteristiche e requisiti riassunti a seguire:

apprendistato per la qualifica e il diploma superiore, tra i 15 e i 25 anni con il conseguimento di un titolo di studio (qualifica o diploma professionale  e anche per l’assolvimento dell’obbligo scolastico;

apprendistato di alta formazione e ricerca, tra i 18 e i 29 anni con il conseguimento di un  diploma di istruzione secondaria superiore, di titolo di studio universitari e dell’alta formazione, compresi i dottorati di ricerca;

apprendistato professionalizzante o "contratto di mestiere", tra i 18 e i 29 anni* con la qualifica professionale, valida ai fini contrattuali  (non titolo di studio) . * Dal 2016 è possibile assumere con questo contratto anche  i lavoratori OVER 29 beneficiari di mobilità o di trattamenti di disoccupazione, senza limiti di età, ai fini della loro qualificazione o riqualificazione professionale. Per l'accesso l'Inps ha chiarito che il lavoratore non deve necessariamente  percepire materialmente ad es. la NASPI ma semplicemente essere titolare del diritto.

Il contratto di apprendistato va stipulato in forma scritta ai fini della prova. Il contratto  deve contenere il piano formativo individuale definito anche sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali.

Nell'apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma o certificato di specializzazione e nell'apprendistato di alta formazione e ricerca, il piano formativo individuale è  predisposto dalla istituzione formativa con il coinvolgimento dell'impresa.

L'apprendistato è una forma di contratto di lavoro a tempo indeterminato, finalizzato però alla formazione e alla occupazione dei giovani.

In altre parole,
l'apprendistato consente al giovane di poter svolgere contemporaneamente una mansione all'interno di una azienda e studiare e frequentare una scuola superiore o l'università al fine di acquisire il titolo di studio.

Al conseguimento della qualifica professionale, professionalizzante o di alta formazione e di ricerca, il giovane lavoratore ha avuto competenze direttamente sul campo per tutta la durata della sua formazione e una qualifica, che e potrà essere inserito definitivamente nell’impresa con la sua assunzione a tempo indeterminato. I benefici e i vantaggi del contratto di apprendistato però, non solo solo verso il giovane ma anche per le aziende e imprese, infatti, il datore di lavoro che assume giovani con contratti di apprendistato ottiene notevoli sgravi contributivi e fiscali a fronte di una retribuzione stabilita dal CCNL e di una formazione professionale sul campo.

Per il 2018 è stata prevista la possibilità di applicare la decontribuzione del 50% triennale per l’assunzione di giovani fino a 35 anni, poi dal 2019 il limite verrà riportato a 29 anni. Il riferimento è alle assunzioni a tempo indeterminato e alle conversioni da contratto a termine a contratto a tutele crescenti.  Per l’assunzione di  giovani entro 6 mesi dal conseguimento del titolo di studio che precedentemente avevano svolto apprendistato o alternanza scuola lavoro presso la stessa azienda è previsto uno sgravio contributivo totale triennale. Decontribuzione al 100% anche per l’assunzione di giovani del Sud e NEET iscritti al programma europeo Garanzia Giovani.

Per quanto riguarda lo stipendio che l'azienda paga all'apprendista contrattualizzato. Tale retribuzione, è stabilita dalla contrattazione collettiva, in base alla tipologia di contratto di apprendistato, alla qualifica da conseguire e al livello di inquadramento. Ai fini di determinazione della retribuzione spettante, si deve far riferimento alla normale retribuzione dei lavoratori qualificati di pari livello ed è progressiva, in generale si parte dal 60% fino ad arrivare al 100% della retribuzione dei lavoratori qualificati di pari livello. Sempre riguardo alla retribuzione, la legge dà la possibilità al datore di lavoro di inquadrare l’apprendista fino a due livelli in meno rispetto alla qualifica da conseguire e/o di riconoscere una retribuzione pari ad una percentuale di quella prevista per un lavoratore già qualificato, pertanto al lavoratore è riconosciuta una retribuzione che tenga conto sia delle ore di lavoro effettivamente prestate che delle ore di formazione nella misura minima del 35%.

venerdì 2 marzo 2018

INPS: nuova procedura online per la NASPI



La NASPI è l’ammortizzatore sociale che spetta a tutti i lavoratori dipendenti che perdono involontariamente il lavoro ed è arrivata nell'area MyINPS un link per presentare la domanda e  per ottenere la NASPI è diventato più semplice, anche grazie alle informazioni presenti nelle banche dati INPS che vengono utilizzate per facilitare l’adempimento: al lavoratore che rimane senza lavoro, che deve presentare domanda all’INPS entro 68 giorni dalla cessazione del rapporto, arriverà direttamente nella propria area del sito INPS il link per compilare la richiesta di ammortizzatori sociali.

Ecco le istruzioni dettagliate alla domanda di disoccupazione INPS sul sito, i requisiti da rispettare e i documenti necessari fra cui la DID, il modello SR163 e il Patto di servizio Personalizzato.

Innanzitutto possono accedere al sussidio di disoccupazione NASPI coloro i quali abbiamo i seguenti requisiti:

stato di disoccupazione involontario;

requisito contributivo: il lavoratore deve poter far valere, nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione, almeno tredici settimane di contribuzione;

requisito lavorativo: il lavoratore deve poter far valere trenta giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione.

Verificate le condizioni di cui sopra per richiedere la prestazione si può optare per una di questa tre modalità:

direttamente dal sito www.inps.it se in possesso del PIN dispositivo INPS;

attraverso l’ausilio di un patronato;

tramite Contact Center Multicanale INPS-INAIL, chiamando da rete fissa il numero gratuito 803164 oppure da cellulare il numero 06164164.

L’utilizzo degli archivi e le tecnologie, consentono all’INPS di individuare velocemente i lavoratori che si trovano in questa situazione e di mettere loro a disposizione, nell’area MyINPS del portale, il link per l’accesso alla domanda di NASPI. La nuova modalità di presentazione della domanda è partita  dal 23 febbraio 2018 in via sperimentale.

Un servizio personalizzato, dunque, che facilita un adempimento burocratico. C’è anche un vantaggio in termini di rispetto delle tempistiche: la domanda di NASPI deve essere presentata all’INPS entro 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro, altrimenti il lavoratore decade dal diritto. Il fatto che arrivi direttamente un link nella propria area del sito INPS facilita il rispetto di questo termine.

E probabilmente consente anche un più rapido svolgimento dell’intera operazione, con una ricaduta positiva sull’erogazione del trattamento, la cui decorrenza cambia a seconda del momento in cui viene presentata la domanda: se la richiesta viene presentata all’INPS entro l’ottavo giorno dal termine della prestazione lavorativa, la NASPI parte dall’ottavo giorno, dal giorno successivo alla presentazione della domanda negli altri casi.

Se il licenziamento è per giusta causa, il trattamento parte dal 38esimo giorno successivo se la domanda è presentata entro questo termine oppure il giorno la presentazione.

Come si vede, la semplificazione e la personalizzazione del servizio di presentazione della domanda, con un link indirizzato all’avente diritto e immediatamente disponibile, facilita il rispetto dei tempi. Il lavoratore dovrà comunque compilare la domanda e inviarla. Il servizio parte per ora in via sperimentale ma verrà gradualmente esteso a tutti i lavoratori con diritto alla NASPI.

L’indennità di disoccupazione si calcola sommando tutte le retribuzioni imponibili ai fini previdenziali, ricevute negli ultimi 4 anni e dividendo il risultato per il numero di settimane di contribuzione. Il quoziente ottenuto va infine moltiplicato per il numero 4,33. La base di calcolo è l’imponibile previdenziale degli ultimi 4 anni, divisa per le settimane di contribuzione e moltiplicata per il coefficiente 4,33. Per le frazioni di mese, il valore giornaliero dell’indennità si determina dividendo l’importo ottenuto con calcolo appena esposto per 30. Si considerano tutte le settimane, interamente o parzialmente retribuite.

Se la retribuzione mensile è inferiore a 1.195 euro mensili, l’indennità è pari al 75% della retribuzione. Per stipendi superiori, la NASPI è pari al 75% a cui si aggiunge il 25% del differenziale fra retribuzione mensile e 1.195. Dal quarto mese si riduce del 3% ogni mese. La prestazione è erogata per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni (24 mesi).









mercoledì 21 febbraio 2018

APE aziendale: requisiti, accordo e la domanda



L’APE aziendale presenta vantaggi per imprese e lavoratori. Per i datori di lavoro può essere valutata come soluzione per favorire il ricambio generazionale del proprio organico. Per i lavoratori il vantaggio consiste nella possibilità di beneficiare di un incremento del montante contributivo, con conseguente aumento dell’importo della pensione. L’APE aziendale consente un accordo individuale fra impresa e lavoratore per l’anticipo pensionistico a carico dell’azienda. I requisiti del lavoratore sono gli stessi: 63 anni di età, 20 anni di contributi, un assegno pari a 1,4 volte il minimo, al massimo tre anni e sette mesi dalla pensione di vecchiaia.

L’APe aziendale si può applicare anche a un lavoratore in aspettativa oppure assente a motivo di un evento tutelato. Se un lavoratore ha diversi rapporti part-time, può stipulare un accordo di APe aziendale con una sola delle imprese per cui lavora. In questo caso, l’accredito contributivo viene calcolato in base alla retribuzione delle ultime 52 settimane utili per la misura.

L’APe aziendale è previsto dalla legge n. 232 del 2016, che ha introdotto le tre forme di anticipo pensionistico, secondo cui i datori di lavoro privati, gli enti bilaterali o i fondi di solidarietà possono: previo accordo individuale con il lavoratore, incrementare il montante contributivo individuale maturato da quest’ultimo, versando all’INPS in un’unica soluzione, alla scadenza prevista per il pagamento dei contributi del mese di erogazione della prima mensilità dell’APE, un contributo non inferiore, per ciascun anno o frazione di anno di anticipo rispetto alla maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia, all’importo determinato ai sensi dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184.

L’accordo prevede dunque che il lavoratore smetta di lavorare mentre l’impresa continua a versargli i contributi. In questo modo, il suo montante contributivo cresce anche dopo la fine del rapporto di lavoro, incrementando la pensione e assorbendo, almeno in parte, il peso delle rate.

I contributi versati dal datore di lavoro non possono essere inferiori a quelli dovuti in base alla retribuzione dell’ultimo anno (l’accordo può invece prevedere condizioni migliorative). Se sono presenti periodi non lavorati, ovvero accrediti figurativi, sarà necessario procedere a ritroso fino a ricostruire 52 settimane di lavoro retribuito. I periodi coperti da indennità sostitutiva di preavviso si intendono di lavoro effettivo.

L’importo viene versato dall’azienda in un’unica soluzione, alla scadenza del pagamento dei contributi relativi alla prima mensilità di APE.

Esempio: se la prima mensilità APE viene erogata a marzo 2018, l’adempimento del datore di lavoro o di altro soggetto obbligato dovrà avvenire entro il 16 aprile 2018.

La procedura
Il versamento viene effettuato con F24 ELIDE, utilizzando la causale dedicata APEV introdotta con Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 155/2017. Nella sezione “contribuente” si indicano il codice fiscale e i dati anagrafici del soggetto che effettua il versamento, nella sezione “erario ed altro” si inseriscono nel campo “tipo” la lettera “I” (INPS), nel campo “elementi identificativi” il codice fiscale del lavoratore a cui il versamento è riferito, nel campo “codice” la causale APEV, nel campo “anno di riferimento” l’anno dell’adempimento nel formato “AAAA“.

L’APE
La cifra che l’azienda versa a titolo di incremento del montante contributivo aumenta la pensione di vecchiaia che verrà maturata, non quella che si prende come riferimento per il calcolo dell’APE. In altri termini: per calcolare l’importo dell’anticipo pensionistico, si considera la pensione maturata dal lavoratore nel momento in cui effettua la domanda.

Il rimborso
Il trattamento che il lavoratore percepisce fino alla maturazione della pensione è del tutto analogo all’APe, quindi è un anticipo che poi va restituito con rate ventennali sulla pensione. Il montante contributivo, però aumenta, grazie al versamento dell’azienda, e quindi la pensione si alza. In questo modo, di fatto, il costo dell’APe ricade sull’azienda.

Datori di lavoro ammessi
L’APe aziendale è accessibile a tutti i datori di lavoro, a prescindere dalla natura giuridica e dalla gestione INPS alla quale vengono versati i contributi. Sono compresi anche i datori di lavori agricoli, e coloro che non sono costituiti in forma di impresa.

Non si applica alle pubbliche amministrazioni, mentre è riconosciuto agli enti pubblici economici elencati nella circolare INPS 178/2015, ovvero: enti pubblici economici, istituti autonomi case popolari trasformati in base alle diverse leggi regionali in enti pubblici economici, enti privatizzati che si sono trasformati in società di persone o società di capitali anche se a capitale interamente pubblico, ex IPAB trasformate in associazioni o fondazioni di diritto privato, aziende speciali costituite anche in consorzio, ai sensi degli articoli 31 e 114 del decreto legislativo 267/2000, consorzi di bonifica, consorzi industriali, enti morali, enti ecclesiastici.

Per l’accesso all’APE aziendale è sempre necessario l’accordo azienda-lavoratore. Nel caso in cui la prestazione venga pagata dai fondi di solidarietà, ci deve essere specifico adeguamento previsto dai relativi accordi o contratti collettivi e dei relativi decreti interministeriali che regolano la prestazione del fondo.

Gli unici enti bilaterali che presentano profili di compatibilità con l’APE aziendale sono quelli per la formazione e le Casse Edili, regolamentati ai sensi del decreto legislativo 276/2003. In ogni caso, il soggetto che paga la prestazione deve essere un solo. Non si può quindi prevedere che in parte il pagamento della cifra relativa al montante retributivo sia pagata in parte dal datore di lavoro e in parte da un ente bilaterale o da un fondo di solidarietà.

L’accordo
L’accordo individuale va inserito nella domanda di APE e contiene i seguenti elementi:

dati identificativi completi del lavoratore e del datore di lavoro (ovvero dell’ente bilaterale), comprensivi dei rispettivi codici fiscali;

importo dell’incremento del montante contributivo;

periodo assicurativo di riferimento per il calcolo del predetto montante (data inizio e data fine);
periodo previsto di fruizione dell’APE;

assunzione, da parte del datore di lavoro (ovvero dell’ente bilaterale), dell’obbligazione irrevocabile di versamento del predetto incremento del montante contributivo entro la scadenza di pagamento dei contributi relativi al periodo di paga del mese di erogazione della prima mensilità dell’APE.

Gli stessi elementi devono essere presenti nel provvedimento di concessione della prestazione se l’APe aziendale viene finanziato dal fondo di solidarietà.

In caso di inadempimento del datore di lavoro o dell’ente obbligato al pagamento della prestazione, si applica la disciplina sanzionatoria prevista per la contribuzione obbligatoria.

Quindi in sostanza l’Ape aziendale è accordo, di contratto stipulato e concordato della modalità per poter andare in pensione anticipata tra il lavoratore e l’azienda stessa. Tuttavia la prerogativa principale, che farà scattare questo ‘provvedimento’ da parte dell’azienda, è un piano di ristrutturazione aziendale. Ossia, se si deve rivedere il personale, le mansioni richieste e le eventuali figure necessarie: quelle più fondamentali e quelle più superflue. L’azienda, o usufruisce dei cosiddetti fondi bilaterali; oppure versa all’Inps dei contributi (garantiti dalla stipula di una fideiussione bancaria) proporzionati allo stipendio percepito dal dipendente. Di solito è pari al 33% dell’imponibile delle ultime 52 settimane di lavoro.



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