lunedì 8 dicembre 2014

Certificazione nei contratti di lavoro



La certificazione è una speciale procedura finalizzata ad attestare che il contratto che si vuole sottoscrivere abbia i requisiti di forma e contenuto richiesti dalla legge. È una procedura a carattere volontario, può essere eseguita solo su richiesta di entrambe le parti (futuro lavoratore e datore di lavoro) e ha lo scopo di ridurre il contenzioso in materia di qualificazione di alcuni contratti di lavoro.

Possono essere oggetto di certificazione solo i contratti di:
lavoro intermittente
lavoro ripartito
lavoro a tempo parziale
lavoro a progetto
associazione in partecipazione
appalto

La procedura di certificazione è attivata a seguito di una richiesta scritta e congiunta del datore di lavoro e del lavoratore. L'inizio del procedimento deve essere comunicato alla DTL competente per territorio e deve concludersi entro 30 giorni dalla ricezione dell'istanza. Nella valutazione la commissione deve tener presente i codici di buone pratiche.

La procedura si conclude con un atto di certificazione motivato che indica l'autorità presso cui è possibile presentare ricorso, il termine per presentarlo e gli effetti della certificazione. L'atto di certificazione può essere impugnato dal datore di lavoro e dal lavoratore, oltre che dai terzi interessati, davanti al giudice del lavoro e in alcuni casi al TAR (Tribunale amministrativo regionale). La pratica di certificazione e i contratti certificati devono essere conservati presso le sedi di certificazione per almeno 5 anni dal momento della loro scadenza.

Le sedi di certificazione svolgono attività di consulenza e assistenza al datore e al lavoratore sia in relazione alla stipulazione, sia in relazione alle modifiche del programma negoziale.

Il recente D. Lgs. 276/03 ha introdotto la certificazione che è finalizzata a ridurre il contenzioso in materia di rapporti di lavoro attraverso un'esatta qualificazione del rapporto stesso. Infatti, chi abbia stipulato un contratto di lavoro atipico, può certificare la genuinità di quel contratto e del proprio rapporto di lavoro, rivolgendosi ad apposite Commissioni, giurando che il proprio rapporto di lavoro si svolge davvero coerentemente con la tipologia contrattuale prescelta e non nasconde, invece, un ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Più precisamente, alla certificazione possono ricorrere i titolari di un contratto di lavoro intermittente, di lavoro ripartito, di lavoro a tempo parziale, di lavoro a progetto e di associazione in partecipazione. Inoltre, è ammessa la procedura di certificazione per i contratti di appalto anche ai fini della concreta distinzione dalla somministrazione di lavoro. L'autorità dotata del potere certificatorio può essere un ente bilaterale, la Direzione provinciale del lavoro, una Provincia e le Università. La procedura deve concludersi entro il termine di trenta giorni dalla presentazione dell'istanza.

L'atto di certificazione deve essere motivato e contenere, tra l'altro, il termine e l'autorità cui è possibile ricorrere nei confronti della certificazione stessa. Infatti, nei confronti della certificazione può essere impugnata avanti il Giudice del Lavoro, ad opera delle stesse parti o di un terzo, nella cui sfera giuridica l'atto impugnato produca effetti. Tuttavia, l'impugnazione giudiziale è ammessa solo per alcuni motivi, indicati dal legislatore delegato: ciò infatti può accadere per il caso in cui il rapporto si svolga, di fatto, in maniera diversa da come è stato certificato, o per erronea qualificazione del contratto, o per un vizio del consenso (quindi quando qualcuno sia stato indotto alla certificazione per violenza, errore, dolo). In questo caso, il preventivo tentativo obbligatorio di conciliazione deve essere effettuato davanti alla commissione di certificazione che ha adottato l'atto di certificazione. L'atto di certificazione può essere impugnato anche davanti al Tribunale Amministrativo Regionale per violazione del procedimento o per eccesso di potere.

Nonostante le finalità dichiarate dal legislatore delegato si deve ritenere che, in realtà, la certificazione avrà la sola conseguenza di aumentare i ricatti ai danni del lavoratore. Infatti, si può scommettere che, d'ora in poi, il datore di lavoro subordinerà l'assunzione di un lavoratore atipico, o la stipulazione di un contratto a progetto, alla contestuale certificazione e, ovviamente, se il lavoratore rifiuterà, non si darà corso al rapporto di lavoro.

La certificazione presenta notevoli vantaggi per i lavoratori e per le aziende in quanto la Commissione, costituita da soggetti altamente qualificati, assiste attivamente le parti nella redazione del contratto e ne verifica e convalida la regolarità formale e sostanziale, qualunque sia il modello contrattuale prescelto dalle parti (lavoro autonomo, subordinato, coordinato, ecc.). Con la certificazione, quindi, le parti sono sicure della “qualità” dei contratti stipulati.

Gli effetti della certificazione sono importanti, oltre che sul piano della certezza del diritto, anche su quello della resistenza del contratto in caso di controversia, in quanto la certificazione dispiega i propri effetti verso i terzi (enti previdenziali compresi) e previene il contenzioso giudiziale in materia di qualificazione del rapporto.

Come tutte le forme di certificazione, anche la certificazione dei contratti di lavoro e di appalto ha un’importante valenza in termini di responsabilità sociale d’impresa e presenta indubbi riflessi positivi nei rapporti dell’azienda sia con i propri lavoratori sia con i propri interlocutori (clienti, fornitori, istituzioni, istituti di credito, ecc.).

Le Commissioni di certificazione hanno il potere di svolgere:
a. attività di consulenza e assistenza alle parti contrattuali sia al momento della stipulazione del contratto di lavoro sia, successivamente, per eventuali modifiche concordate in sede di attuazione del rapporto;
b. attività di certificazione di tutti i contratti in cui sia dedotta, direttamente o indirettamente, una prestazione di lavoro.
c. attività di conciliazione delle controversie ai sensi dell'articolo 410 c.p.c.

Gli effetti del provvedimento di certificazione permangono, anche nei confronti dei terzi, fino al momento in cui sia stato accolto, con sentenza di merito, un eventuale ricorso giurisdizionale. Nei confronti dell’atto di certificazione, sia le parti che i terzi che ne abbiano interesse possono proporre ricorso giurisdizionale soltanto per vizi del consenso, per erronea qualificazione del rapporto o per difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione. Il ricorso al giudice ordinario deve obbligatoriamente essere preceduto da un tentativo di conciliazione da svolgersi avanti alla commissione che ha certificato l’atto.



Esodati - salvaguardati: chi e come fare domanda entro il 5 gennaio 2015



Secondo l’esecutivo la vicenda esplosa dopo la riforma Fornero, quando l’Inps quantificò in 328.650 i lavoratori che rischiavano di restare senza lavoro e senza pensione per effetto dell’improvviso aumento dei requisiti, si è chiusa con i sei «decreti di salvaguardia» approvati finora, che consentono a 170mila lavoratori di andare in pensione con le regole vigenti prima della riforma.

Secondo i comitati degli esodati ci sarebbero invece almeno altre 50 mila posizioni da sanare. Al di là di questo braccio di ferro, che riguarda comunque persone che hanno perso il lavoro prima della riforma Fornero, va affrontato il tema dei lavoratori anziani che stanno perdendo o perderanno il lavoro senza essere coperti dagli ammortizzatori sociali fino al raggiungimento della pensione. Di qui il tema della flessibilità in uscita: stabilire cioè regole che consentano, in determinati casi, di andare in pensione prima. Oltre alla minipensione anticipata sotto forma di prestito a se stessi, altre ipotesi prevedono la possibilità di lasciare il lavoro qualche anno prima ma con una pensione più bassa o attraverso penalizzazioni per ogni anno di anticipo o con il calcolo dell’assegno col metodo contributivo, cioè sulla base dei versamenti effettuati durante tutta la vita lavorativa.

Le istruzioni INPS per gli esodati della sesta salvaguardia: ecco chi deve fare domanda alla DTL entro il 5 gennaio, i moduli e le modalità di presentazione.

Con il Messaggio n. 9305/2014 l’INPS ha chiarito le modalità con le quali i lavoratori esodati - salvaguardati possono presentare domanda di accesso alla sesta salvaguardia dalla Riforma delle Pensioni Fornero (D.L. 201 del 2011, convertito dalla legge n. 214 del 2011).

Chi non deve fare domanda
Più in particolare l’Istituto precisa che gli esodati esclusi dalla quarta salvaguardia (art 11 bis della legge n. 124 del 2013) per esaurimento del plafond sono esonerati dal dover ripresentare la domanda di accesso entro il 5 gennaio 2015. Si tratta dei lavoratori che sono in possesso di un provvedimento di accoglimento della Direzione Territoriale per il Lavoro, ma non hanno ricevuto la certificazione del diritto alla salvaguardia perché esclusi dal contingente numerico.

Chi deve fare domanda
La scadenza del 5 gennaio riguarda invece i lavoratori che non hanno presentato alla DTL competente la domanda di accesso alla quarta salvaguardia, o l’hanno presentata ma non hanno ricevuto alcun provvedimento di accoglimento da parte della DTL stessa.

Come fare domanda
L’istanza va presentata utilizzando moduli e istruzioni forniti dal Ministero e contenuti nella Circolare 27/2014. Ricordiamo che le modalità di presentazione delle istanze cambiano per le diverse categorie di salvaguardati:

i lavoratori cessati in base ad accordi devono presentare l’istanza presso la DTL davanti alla quale sono stati sottoscritti gli accordi;

in tutti gli altri casi, la domanda va presentata alla DTL competente in base alla residenza del lavoratore.

Le istanze possono essere trasmesse:

agli indirizzi PEC (Posta Elettronica Certificata) della DTL;

alla email dedicata;

via raccomandata A/R.

Dopo 30 giorni dalla presentazione delle domande, la DTL ne decide l’ammissibilità  motivando un eventuale parere contrario. Il lavoratore esodato ha altri 30 giorni per presentare ricorso. Nel proprio Messaggio l’Istituto precisa, inoltre, che nella lettera di certificazione viene indicata anche la data di apertura della cosiddetta “finestra di accesso” e, quindi, la prima data utile dalla quale l’assicurato può ottenere la pensione. La domanda di pensione in salvaguardia potrà poi essere presentata in qualsiasi momento successivo all’apertura della finestra al pari di tutti gli altri assicurati.



Pensioni per l’anno 2015, le modifiche e le novità



Proponiamo una guida alla pensione anticipata e di vecchiaia: requisiti contributivi e anagrafici da gennaio 2015, decorrenza, presentazione della domanda e strumenti di calcolo di contributi e pensioni.

La pensione di vecchiaia decorre dal primo giorno del mese successivo a quello in cui il lavoratore/lavoratrice raggiunge l’età pensionabile (o dal primo giorno del mese successivo a quello in cui si raggiungono i requisiti ). Per i dipendenti la decorrenza scatta dal primo giorno del mese seguente alla presentazione della domanda (con cessazione del rapporto di lavoro). Requisito contributivo: anzianità minima di 20 anni al 31 dicembre 1995 (contributi versati o accreditati a qualsiasi titolo).

Requisito anagrafico donne:
dipendenti  settore privato: dal 1.01.2014 al 31.12.2015 63 anni e 9 mesi;
dipendenti settore pubblico: dal 1 .01.2013 al 31. 12.2015 66 anni e 3 mesi;
autonome e gestione separata: dal 1.01.2014 al 31.12.2015 64 anni e 9 mesi;

Requisito anagrafico uomini:
dipendenti nel pubblico e privato: dal 01.01.2013 al 31.12.2015 66 anni e 3 mesi;
autonomi e gestione separata: dal 1.01.2013 al 31.12.2015 66 anni e 3 mesi.

La pensione anticipata la possono richiederla lavoratori/lavoratrici dipendenti e autonomi iscritti all'Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO) e alle forme sostitutive, esonerative e integrative previa risoluzione del rapporto di lavoro. La decorrenza scatta dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda previa cessazione del rapporto di lavoro dipendente, non richiesta quando il soggetto svolge attività di lavoro autonomo. Le modalità di erogazione della pensione anticipata variano per:

soggetti con anzianità contributiva al 31.12. 1995 (per gli uomini 42 anni e 6 mesi dal 1.01.2014 al 31.12.2015, per le donne 41 anni e 6 mesi dal 1.01.2014 al 31.12.2015);

soggetti con primo accredito contributivo a decorrere dal 1.01.1996: anzianità contributiva per gli uomini di 42 anni e 6 mesi (dal 1.01.2014 al 31.12.2015) e per le donne di 41 anni e 6 mesi (dal 1.01.2014 al 31.12.2015). L’accesso alla pensione è vincolato al compimento di 63 anni di età (versati e accreditati almeno 20 anni di contribuzione effettiva e non figurativa).

Per coloro che accedono alla pensione anticipata al di sotto dei 62 anni di età, si applica sull’assegno pensionistico mensile una riduzione calcolata secondo il sistema retributivo pari a:

1% per ogni anno di pensione anticipata rispetto ai 62 anni; 2% per ogni anno ulteriore di anticipo.

La riduzione non opera per lavoratori:

con primo accredito contributivo a decorrere dal 1 gennaio 1996;

che maturano l’anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017 derivante solo da prestazione effettiva di lavoro, includendo i contributi obbligatori e quelli derivanti dalla ricongiunzione, i periodi di congedo per maternità, assolvimento obblighi di leva, malattia, infortunio e CIG ordinaria.

Pensione anticipata senza penalizzazioni previste dalla Riforma Fornero, nuovo tetto alle pensioni d’oro, aumento della tassazione dei fondi pensione e per le casse di previdenza private, rivalutazione del TFR: sono alcune delle novità previdenziali per il 2015 inserite nella Legge di Stabilità, su alcune delle quali si attendono modifiche nel corso dell’ultimo passaggio in Senato.

La Legge di Stabilità per il 2015 prevede che i lavoratori senza requisito anagrafico (62 anni) ma con quello contributivo pieno (42 anni e sei mesi per gli uomini, 41 anni e 6 mesi per le donne) entro il 2017, possano andare in pensione senza la decurtazione dell’assegno prevista dalla Riforma Fornero 2011 (1% in meno per ogni anno prima dei 62 anni, e 2% per ogni anno prima dei 60 anni). Si tratta di un punto della Legge di Stabilità su cui non si attendono più modifiche, per cui non dovrebbe esserci il rischio di marcia indietro (come successo l’estate scorsa per un analogo provvedimento inserito e poi stralciato dal Decreto sulla Riforma della PA).

L’attuale testo della Legge di Stabilità prevede un aumento della tassazione dall’11 al 20%, ma si attendono modifiche nel passaggio in Senato. L’ipotesi più probabile vede un’aliquota del 17%, la stessa prevista per la rivalutazione del TFR (che pure è stata alzata rispetto all’attuale 11% e su cui non si attendono cambiamenti).

Casse di previdenza
L’attuale formulazione della Legge di Stabilità prevede un incremento della tassazione dal 20 al 26% (equiparandola alle rendite finanziarie), ma si lavora per far restare l’aliquota al 20%.

L’Opzione donna si tratta della possibilità, prevista dalla legge 243 del 2004, per le lavoratrici con almeno 35 anni di contributi e 57 anni d’età di andare in pensione, se lo vogliono, ma con l’assegno interamente calcolato col contributivo, che di regola comporta un taglio del 15-20%, rispetto al calcolo retributivo. L’opzione scade il 31 dicembre 2015. L’Inps, contrariamente a quanto disposto in precedenza, ha deciso di continuare ad accettare le domande di chi matura i requisiti fino alla fine del 2015. La Ragioneria aveva invece spinto per una interpretazione che, tenendo conto della vecchia «finestra mobile», chiudesse l’operazione nel 2014. L’Inps attende ora le indicazioni del ministero del Lavoro al quale si è rivolto mentre la stessa legge 243 prevede che entro il 2015 il governo decida se prorogare l’«opzione donna». Una ipotesi che potrebbe essere presa in considerazione, magari alzando la soglia dei 57 anni.

L’INPS ha appena annunciato che le lavoratrici possono continuare a far richiesta fino al dicembre 2015: le domande non saranno rigettate in attesa di chiarimenti dal Ministero del Lavoro.

Sono passati tre anni dal 6 dicembre 2011, quando col decreto salva Italia il governo Monti decise una stretta sulle pensioni senza precedenti. La riforma Fornero abolì infatti le pensioni di anzianità, aumentò l’età per quella di vecchiaia a 66 anni ed estese il calcolo contributivo pro rata a tutti i lavoratori. Ma nemmeno la riforma Fornero sarà l’ultima. Con insistenza tra gli addetti ai lavori si parla di un provvedimento di legge del governo che potrebbe arrivare a gennaio per introdurre qualche elemento di flessibilità sull’età pensionabile.

All’Inps pensano che sia necessaria qualche modifica alla riforma Fornero. Lo aveva detto il precedente commissario straordinario, Vittorio Conti, e lo ha ribadito l’attuale, Tiziano Treu. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha ripreso in mano il vecchio progetto di una minipensione anticipata (6-700 euro al mese) erogata dietro richiesta dei lavoratori cui manchino 2-3 anni ai requisiti Fornero e che poi verrebbe restituita in piccolissime rate dal momento in cui scatta la pensione piena.



Invio domanda di pensione INPS
Online dal sito INPS (www.inps.it) dotati di PIN;
tramite Contact Center al numero 803164 gratuito da rete fissa o al numero 06164164 da rete mobile a pagamento;
tramite CAF, Patronato e intermediari autorizzati dall’INPS.

L’INPS mette a disposizione l’Estratto Conto Contributivo per aiutare a capire quanto manca per andare in pensione visualizzando l’elenco dei contributi versati: lo strumento è raggiungibile dal sito dell’istituto, dotati di PIN, seguendo il percorso Servizi online > Servizi per il cittadino > Inserimento codice identificativo PIN > Fascicolo Previdenziale del Cittadino (dal menu a sinistra) > Posizione Assicurativa > Estratto Conto.


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