lunedì 9 aprile 2018

Pensione in contanti: modalità di pagamento


I pensionati possono presentare domanda di pagamento in contanti: i limiti previsti dalla legge e le modalità di richiesta.

Il versamento delle pensioni, da diversi anni, avviene con metodi tracciabili (es.: accredito su conto corrente bancario o postale). A d imporre questa limitazione anche alle pensioni è stata la legge sulle transazioni finanziarie in vigore dal 2012, che ha limitato a 1.000 euro il tetto massimo per i pagamenti in moneta. Tuttavia è ancora possibile richiedere il pagamento in contanti (ma solo fino al limite massimo consentito per legge) presentando specifica richiesta, da inoltrare utilizzando l’apposito modulo.

Pagamento pensione in contanti
Il pagamento in contanti della pensione, come dicevamo, può essere richiesto solo se l’importo mensile non supera i 1.000 euro. Il modello di richiesta del pagamento dell’assegno pensionistico in contanti deve essere presentato presso un Ufficio Postale.

Importante precisare che anche i pensionati che percepiscono una rata mensile di pensione inferiore a 1.000 euro e intendono scegliere questa opzione, devono stare attenti a non superare il limite consentito per il pagamento in contanti, che può essere superato a causa di somme aggiuntive quali competenze arretrate, tredicesima o eventuali rimborsi.

Pensione: pagamenti tracciabili
A fronte della normativa vigente, i pensionati che nn possono ricevere il trattamento in contanti a causa del superamento del tetto massimo, devono sempre e comunque comunicare all’Istituto di previdenza (consulta le sedi INPS) quale modalità alternativa al contante scelgono per riscuotere la pensione.

Le possibilità sono:
accredito in conto corrente postale o bancario;
su libretto postale;
su carta ricaricabile.

Per prendere visione del rateo pensione, è sempre possibile utilizzare i servizi digitali del sostituto d’imposta (INPS) per accedere al proprio profilo e verificare le informazioni a riguardo.

Poniamo alcune domande.

Quando devo scegliere come ricevere la pensione?  "La scelta riguardante il metodo di pagamento della pensione deve essere fatto al momento di presentazione della domanda di pensionamento. Sia che questa sia effettuata online, che tramite patronato, difatti, deve essere compilato un apposito campo sulla scelta del metodo di pagamento. Se non viene effettuata alcuna scelta, l’Inps mette in pagamento la pensione presso l’ufficio postale più vicino al domicilio del pensionato".

Quali sono i metodi di pagamento della pensione?  "La legge per tutti' ricorda che la pensione può essere pagata: presso un ufficio postale, in contanti; con accredito sul proprio conto corrente; con accredito sul proprio libretto di risparmio; attraverso una carta prepagata ("si tratta di un sistema ancora sperimentale, non presente in tutte le città"); con assegno circolare non trasferibile, emesso solo dalla banca, inviato al proprio domicilio. Il pagamento può essere effettuato anche a una persona delegata."

Quando viene pagata la pensione? "Secondo la nuova disciplina, dal primo giugno 2015 ogni prestazione dell’Inps deve essere pagata nel primo giorno di ciascun mese, o il giorno successivo se si tratta di giornata festiva o non bancabile, con un unico mandato di pagamento: l’unica eccezione è costituita dal mese di gennaio, in cui il pagamento deve essere effettuato il secondo giorno bancabile. Tuttavia, bisogna considerare che le giornate bancabili possono essere differenti, a seconda che il pagamento avvenga tramite Poste Italiane o un diverso Istituto di credito. A partire dal 2017, i pagamenti saranno effettuati nella seconda giornata bancabile, e non più nella prima".

Posso cambiare ufficio di pagamento se mi trasferisco?  Il pensionato può cambiare in qualsiasi momento l’ufficio in cui riscuote la pensione. "Per chiedere il cambio dell’ufficio - spiega 'La legge per tutti' - è necessario utilizzare i seguenti moduli, reperibili nella sezione modulistica del sito dell’Inps: modulo AP03, per richiedere il pagamento della pensione presso una banca; modulo AP04, per richiedere il pagamento della pensione presso Poste Italiane. Se l’interessato è titolare di più pensioni deve presentare un modulo unico. La domanda va presentata presso la propria sede Inps o presso lo sportello in cui si riscuote il trattamento".

Posso delegare un’altra persona a riscuotere la pensione? "È senz'altro possibile delegare un terzo alla riscossione della pensione, ma è necessario che questi sia munito di una specifica delega. La delega può essere rilasciata all’atto di presentazione della domanda di pensione o successivamente, presentando un apposito modulo. La delega deve essere autenticata dal funzionario dell’Inps che riceve la domanda e convalidata dall’Istituto, che rilascerà una comunicazione in duplice copia indirizzata all’ufficio pagatore della prestazione e al pensionato. Ogni volta che il delegato si reca alle Poste o in banca per ricevere la pensione - si ricorda - è tenuto a presentare la comunicazione rilasciata dall’Inps".

Perché la pensione che mi viene pagata è più bassa di quella liquidata? "All’atto della liquidazione della pensione viene stabilito l’ammontare lordo annuo, che deve essere diviso per 13 mensilità. La cifra che si riceve alla mano, però, non è pari a 1/13 della pensione lorda, in quanto sul trattamento viene effettuato il prelievo fiscale. L’Inps, in pratica, è un sostituto d’imposta ed è tenuto a trattenere l’Irpef, le addizionali regionali e comunali; inoltre è obbligato a trattenere eventuali prestiti - cessioni del quinto o eventuali importi pignorati".


mercoledì 4 aprile 2018

Naspi e lavoro, quando è compatibile



L’INPS con Messaggio n. 1162 del 16 marzo 2018 ha fornito chiarimenti sull’indennità di disoccupazione NASPI e sulla compatibilità in caso di titolarità di rapporto di lavoro intermittente o nelle ipotesi di rioccupazione come OTD in agricoltura.

Vediamo alcuni esempi:
Richiesta di NASpI da parte di un lavoratore che, contestualmente al rapporto di lavoro subordinato involontariamente perso, risulti titolare anche di un rapporto di lavoro subordinato di tipo intermittente con indennità di disponibilità o senza indennità di disponibilità. Nell’ipotesi in cui il lavoratore – titolare di un rapporto di lavoro subordinato e di un contratto di lavoro intermittente con obbligo di risposta e, quindi, con indennità di disponibilità – faccia richiesta di NASpI a seguito della cessazione del contratto di lavoro subordinato di tipo non intermittente, la domanda può essere accolta a condizione che il lavoratore stesso comunichi all’INPS, entro trenta giorni dalla domanda di prestazione, il reddito annuo presunto derivante dal suddetto contratto di lavoro intermittente, comprensivo della indennità di disponibilità. In tale ipotesi trova applicazione esclusivamente l’istituto del cumulo della prestazione con il suddetto reddito complessivo, che non deve essere superiore al limite annuo di € 8.000.

Il lavoratore che, dopo aver richiesto la NASpI al termine di un contratto stagionale, viene riassunto dallo stesso datore di lavoro con contratto di lavoro intermittente – con reddito annuale inferiore a quello minimo escluso da imposizione – per le sole giornate in cui risulti necessario ricorrere a ulteriore manodopera. In detta ipotesi non trova applicazione l’istituto del cumulo della prestazione NASpI con il reddito derivante da lavoro intermittente in quanto la condizione richiesta è che il nuovo datore di lavoro sia diverso dal datore di lavoro per il quale il lavoratore prestava la sua attività quando è cessato il rapporto di lavoro che ha determinato il diritto alla NASpI.

Qualora, pertanto, il contratto di lavoro intermittente sia di durata pari o inferiore a sei mesi si applica l’istituto della sospensione della prestazione. In particolare, laddove il rapporto di lavoro intermittente sia con obbligo di risposta alla chiamata, e quindi con indennità di disponibilità, la prestazione sarà sospesa per il periodo di durata del rapporto. Qualora invece il rapporto di lavoro intermittente sia senza obbligo di risposta alla chiamata, e quindi senza indennità di disponibilità, la prestazione sarà sospesa per le giornate di effettiva prestazione lavorativa.

Percettore di NASpI che si rioccupi a tempo determinato come OTD in agricoltura. Laddove la durata del nuovo rapporto di lavoro subordinato come OTD non superi i sei mesi, l’indennità è sospesa d’ufficio, a prescindere dal reddito che l’interessato ricava dall’attività svolta. Ai fini della determinazione del periodo di sospensione, in linea con quanto previsto per istituti analoghi dalla prassi consolidatae avuto riguardo alla previsione contenuta all’ultimo periodo del comma 1 del citato articolo 9 del D.Lgs. n. 22 del 2015, vanno considerate le sole giornate di effettivo lavoro in agricoltura.

Esiste la possibilità di sommare il sussidio NASpI con un rapporto di lavoro intermittente a determinate condizioni, mentre in altri casi la sussistenza di un nuovo rapporto di lavoro determina la sospensione del trattamento di disoccupazione. Vediamo come funziona la compatibilità del sussidio di disoccupazione con altre forme di reddito, caso per caso, con l’aiuto del nuovo messaggio INPS 1162/2018.

Iniziamo con il caso del lavoro intermittente. Se il rapporto di lavoro interviene successivamente alla NASpI, i termini di compatibilità sono quelli previsti dall’articolo 9 del D.Lgs 22/2015, in base a cui la discriminante è il reddito. La compatibilità fra NASpI e altri redditi deve restare all’interno dei limiti previsti per il mantenimento dello stato di disoccupazione.

Il lavoratore potrebbe essere però già titolare di un rapporto di lavoro intermittente nel momento in cui perde il lavoro da dipendente a tempo indeterminato che da diritto alla NASpI. In questo caso, il lavoratore deve comunicare all’INPS, entro 30 giorni dalla domanda di NASpI, il reddito annuo presunto derivante dal contratto di lavoro intermittente, comprensivo della indennità di disponibilità. Se il cumulo dei due redditi è sotto gli 8mila euro, la prestazione NASpI verrà corrisposta nella misura piena. Altrimenti, verrà sospesa.

Nel caso in cui il lavoratore continui a lavorare a chiamata, si applica la sospensione della NASpI in relazione ai giorni di effettivo lavoro. Non è possibile, invece, cumulare la NASpI con un contratto di lavoro intermittente stipulato con lo stesso datore di lavoro che stipula il nuovo accordo al termine di un contratto stagionale. Il nuovo datore di lavoro deve essere diverso da quello per il quale il lavoratore prestava la sua attività quando è cessato il rapporto che ha determinato il diritto alla NASpI.

In generale resta valida la regola in base alla quale la sospensione della NASpI, nel caso di rioccupazione, si può chiedere solo per contratti inferiori a sei mesi: sopra questa soglia temporale, e anche in caso di proroga e rinnovo, la prestazione decade. Ci sono, infine, regole particolari per i percettori di Naspi che trovino un nuovo lavoro come ODT, operaio a tempo determinato, in agricoltura. Se il contratto non raggiunge i sei mesi, la NASpI è sospesa per le giornate di lavoro effettivo. Se il contratto è sopra i sei mesi, e il reddito è superiore al minimo escluso da imposizione, la NASpI si interrompe definitivamente. Se invece il reddito è inferiore, viene percepita in forma ridotta.

Il lavoratore una volta appurato che la somma dell'indennità naspi e dello stipendio del nuovo lavoro da dipendente, è inferiore al suddetto limite reddituale, deve procedere a comunicare all'INPS, entro un mese dall'inizio dell'attività, il reddito annuo previsto. Inoltre, occorre che il datore di lavoro o l'utilizzatore in caso di contratto di somministrazione, siano diversi da quelli che hanno determinato il diritto alla Naspi a seguito del licenziamento del lavoratore.

Come cambia l'importo della NASpI? A seguito dell'instaurazione di un nuovo rapporto di lavoro subordinato compatibile con la disoccupazione, la misura dell'indennità viene ridotta, per tutto il periodo intercorrente tra la data di inizio della nuova attività e la fine della Naspi. Nello specifico, in tale periodo l'importo dell'indennità viene ridotto dell'80% e calcolata d'ufficio in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi.

Quando l'indennità di disoccupazione decade o viene sospesa? Quando il lavoratore non provvede a comunicare all'Inps il reddito annuo previsto, se poi il rapporto di lavoro subordinato ha una durata pari o inferiore a 6 mesi l'Istituto applica la sospensione dell'indennità mentre se la durata è superiore o trattasi di un contratto a tempo indeterminato, vi è la decadenza del beneficio.

La Naspi decade inoltre anche nel caso in cui venga superato il limite reddituale di 8.145 euro, fatta eccezione però in cui la durata del contratto è inferiore a 6 mesi, in tale ipotesi l'INPS applica sulla base delle comunicazioni obbligatorie, la sospensione dell'indennità per tutta la durata del contratto. Una volta concluso, l'erogazione della prestazione riprende per i mesi ancora spettanti.
E' importante ricordare, inoltre, che i contributi versati durante il periodo di sospensione sono utili per determinare la durata della NASPI in caso di una nuova richiesta di disoccupazione.

Comunicazione dei redditi presunti: nell'ipotesi in cui la durata della NASPI superi l'anno solare ed il lavoratore svolga nel frattempo un lavoro autonomo, un'attività parasubordinata, occasionale, oltre che presentare l'autodichiarazione dovrà anche fare la nuova comunicazione del reddito presunto utilizzando il modello NASpI Com, entro il 31 gennaio di ogni nuovo anno in cui si percepisce la prestazione successivamente al primo anno. Tale comunicazione, che serve all'INPS per calcolare la riduzione dell’80% dell'importo perché il lavoratore durante la naspi svolge un lavoro autonomo, se non viene presentata determina la sospensione dell'indennità fino a quando l'INPS non acquisisce il modello.

Cosa succede se il lavoratore in NASpI svolge più attività? In questo caso, l'Inps deve verificare che la somma dei redditi percepiti per ciascuna attività autonoma, parasubordinata o occasionale, non superi il limite massimo consentito dalla normativa vigente per il mantenimento dello stato di disoccupazione.


mercoledì 28 marzo 2018

Assegno di ricollocazione dal 3 aprile 2018



Entra a regime dal 3 aprile l’assegno di ricollocazione, il contributo economico che va da 250 a 5.000 euro per i servizi per il lavoro che offrono un’opportunità di impiego ad un disoccupato che sia almeno da quattro mesi percettore di Naspi, la nuova indennità di disoccupazione, ma anche a chi rientra nelle politiche di contrasto alla povertà (nel Rei) o è in cassa integrazione straordinaria.

Si chiama  Assegno di ricollocazione  (AdR) ed è  un finanziamento che ogni disoccupato può richiedere  all'ANPAL (Agenzia nazionale delle politiche attive per il lavoro)  per avere aiuto nella ricerca di un nuovo lavoro. L'assistenza consiste in un  progetto personalizzato, sulla base del suo profilo,  che viene effettuata sia  direttamente dai Centri per l'impiego (CPI ) che da  enti privati come le Agenzie per il lavoro accreditate.

L'ANPAL ha una funzione di coordinamento dei centri per l'impiego territoriali e di gestione del sistema informativo unitario SIU ma l'erogazione dell'assegno è gestita dai Centri per l'impiego.

Il contributo non viene versato al soggetto disoccupato bensì all'ente , ma  solo se il progetto raggiunge effettivamente  l'obiettivo di una nuova occupazione.

Dal 2017 è stata attiva una sperimentazione su un campione di 30mila soggetti (non del tutto  utilizzata) e adesso si apre la possibilità di richiederlo per tutti gli aventi diritto, L assegno di ricollocazione è indirizzato alle persone disoccupate che percepiscono la Nuova Prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASPI) da almeno quattro mesi, purché non siano:

impegnate in analoghe misure di politica attiva erogate dalle Regioni e Province autonome (solitamente tali misure sono denominate contratto/assegno di ricollocazione, accompagnamento al lavoro o dote lavoro);

coinvolte in misure di politica attiva finanziate da un soggetto pubblico (quali corsi di formazione per l'inserimento lavorativo, corsi di formazione per l'adempimento dell'obbligo formativo, tirocini extracurriculari, servizio civile);

destinatarie di un finanziamento pubblico per l'avvio di un'attività di lavoro.

A chi ci si deve rivolgere per utilizzare l'assegno di ricollocazione ? Allo scadere del 4 mese di percezione della NASPI il sistema informativo unitario dell' ANPAL dovrebbe inviare via al potenziale destinatario una comunicazione che descrive il funzionamento dell' ADR .

La persona è  libera di decidere se usufruire di questo strumento e  può fare domanda di assegno di ricollocazione:

sul sito dell'ANPAL www.anpal.gov.it  oppure al Centro per l'impiego competente (quello del domicilio del percettore indicato nella domanda NASPI ) dove può scegliere l'ente da cui farsi seguire per il progetto di ricollocazione:  può essere il Centro stesso o le agenzie del lavoro accreditate dal Ministero o la Fondazione Consulenti del lavoro.  Non è indispensabile scegliere per il progetto un ente accreditato della propria zona di residenza.

Dopo  la domanda il CPI ha 15 giorni di tempo per definire l'assegno che viene destinato al lavoratore e fissare un primo appuntamento 

In caso affermativo, il cittadino deve recarsi all'appuntamento. In questo caso, sarà sospeso il Patto di servizio Personalizzato eventualmente sottoscritto dal destinatario con il CPI al momento della dichiarazione DID.
Il progetto di ricollocazione prevede iniziative di orientamento e formazione e contatti con aziende, fino all'offerta di un lavoro coerente con la figura del lavoratore.

I passaggi  previsti sono:

primo incontro e assegnazione di un tutor;

definizione e firma del  programma di ricerca di un lavoro con la collaborazione attiva della persona disoccupata;

eventuali corsi di formazione per migliorare l'occupabilità del soggetto.

Il soggetto disoccupato è tenuto a partecipare agli incontri concordati e ad accettare l'offerta congrua di lavoro; in caso contrario verranno applicate le dovute sanzioni che vanno da una prima riduzione fino alla perdita totale della prestazione di sostegno al reddito.

Il programma dura al massimo 6 mesi, prorogabili di altri sei  per ogni periodo di fruizione della NASPI.

Per dare diritto all'effettiva erogazione dell'assegno alle agenzie per il lavoro , la ricerca di lavoro deve portare:

a un contratto a tempo indeterminato , anche in apprendistato, o a un contratto a tempo determinato di almeno 6 mesi, (anche 3 mesi nelle regioni meridionali in via di sviluppo ).

Una volta che il disoccupato presenta domanda, sceglie chi eroga il servizio di assistenza: può essere un centro per l’impiego o un ente accreditato ai servizi per il lavoro. La richiesta dell’assegno è volontaria e si può presentare anche in via telematica. Il centro per l’impiego, entro 15 giorni, deve decidere se rilasciare o meno l’assegno dopo le verifiche. Se viene accettato si deve quindi elaborare il Patto di servizio personalizzato e il programma di ricerca intensivo. A quel punto il disoccupato deve ,può andare incontro a sanzioni che partono da una prima riduzione dell’assegno e arrivano alla sua perdita totale.

La somma viene intascata dal Centro per l’impiego o dall'agenzia privata per il lavoro “a risultato raggiunto”, cioè alla firma del contratto subordinato. Il disoccupato, per ottenere l’assegno, deve presentare al servizio pubblico (una novità è il coinvolgimento anche dei patronati) la dichiarazione di immediata disponibilità a lavorare, la “Did”, e richiedere la somma. Il servizio si conclude dopo 180 giorni, con una possibile proroga di altri 180 giorni in caso di assunzione con contratto di almeno sei mesi.



Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...
BlogItalia - La directory italiana dei blog