Il collegato al lavoro del 2010 ha introdotto numerosi elementi di innovazione nel sistema del lavoro pubblico e privato , quindi modifiche che riguardano sia i dipendenti pubblici che i dipendenti privati. e fra le molte disposizioni in materia di lavoro, per alcune delle quali il governo è delegato ad emettere propri provvedimenti, il testo contiene modifiche all’articolo 33 della legge 104/1992 relativo ai permessi ai lavoratori che assistono familiari con handicap grave.
Chi sono i beneficiari dei permessi?
La legge 104/1992, che regolamenta i permessi sui portatori di handicap, sono stati modificati art 33 (permessi per l’assistenza a portatori di handicap in situazione di gravità);
la fruizione dei permessi – congedi con la nuova normativa è limitata ai coniugi, parenti o affini entro il secondo grado, tranne il caso in cui i genitori o il coniuge della persona da assistere abbiano superato i 65 anni o siano deceduti o mancanti, o siano anche loro affetti da grave disabilità. Inoltre viene reso esplicito il divieto di riconoscere a più di un lavoratore il diritto di assistere la stessa persona (tranne il caso di assistenza a figli con handicap grave);
E’ fatto esplicitato il diritto a scegliere la sede lavorativa più vicina al proprio domicilio viene trasformato nel diritto a scegliere la sede lavorativa più vicina al domicilio della persona da assistere.
Prima di questa legge era presente sia nella pubblica amministrazione che nel settore privato un enorme esasperazione nelle richieste di questi congedi, infatti ne beneficiava, i tre giorni di permesso erano riconosciuti al malato, oppure a un qualunque parente entro il terzo grado.
Adesso i tre giorni di permesso non possono essere riconosciuti a più di una persona per assistere uno stesso familiare, a meno che non si tratti di due genitori per l'assistenza del figlio, che possono usufruirne alternativamente.
domenica 27 marzo 2011
domenica 20 marzo 2011
Datori di lavoro: le modalità per l’invio dei 730/4 2011
L’Agenzia delle Entrate ha confermato la non obbligatorietà dell’adempimento 730/4 telematico; confermata così l’impossibilità di superare l’ostacolo di indicare il relativo al mod. 770-2010 e di acquisire automaticamente tutte le informazioni dalle comunicazioni già prodotte l’anno scorso. Quindi possiamo sostenere che non essendoci l’obbligatorietà è possibile non adempiere a quanto chiesto in questa fase di sperimentazione (anno 2010).
Il sito dell’’Agenzia delle Entrate ha reso disponibile il modello 730/2011 relativo alla dichiarazione dei redditi 2010 di lavoratori dipendenti, collaboratori a progetto e pensionati. Il modello 730 2011 potrà essere consegnato tramite sostituto d'imposta (datore di lavoro), dal C.A.F., o professionista abilitato, e i termini ultimi di presentazione del modello prevedono due date: la prima scadenza è riservata a chi presenta il modello 730 del 2011 al proprio sostituto d'imposta (datore di lavoro o ente pensionistico), mentre la seconda è riservata a chi presenta il modello a un C.A.F. o a un commercialista.
In base alla modalità di presentazione che si sceglie, i termini di consegna sono stati fissati per il 30 aprile 2011 (se il modello è presentato al proprio sostituto d'imposta) e per il 31 maggio 2011 (se il modello è presentato a un CAF o a un professionista abilitato).
Il sostituto d’imposta (datore di lavoro ) ha tre possibili opzioni per inviare di o far recapitare: direttamente a domicilio; avvalendosi di uno dei soggetti incaricati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni, segnalando, in questo caso, sul modello appena approvato, il relativo codice sede Entrate; scegliere, in caso di appartenenza ad determinato un gruppo, l’indirizzo di una delle società dello stesso, comunicando, anche in questo caso, il codice sede Entrate.
Nel 2011, il lavoratore dipendente collaboratore (contribuente) potrà quindi presentare telematicamente la dichiarazione al datore di lavoro che, a sua volta, lo invierà online.
Novità modello 730 2011
Nel nuovo modello 730 sono state inserite due colonne dedicate sia per il saldo 2010 sia per l'acconto 2011. La detrazione fiscale potrà arrivare fino a un massimo di 149,5 euro. Tra le novità del 730 2011 troviamo quella relativa al credito d’imposta previsto a seguito del reintegro delle somme anticipate sui fondi pensione per determinate esigenze, come spese sanitarie per gravi condizioni o acquisto prima casa, e il riconoscimento di un credito d’imposta per chi ha fatto ricorso alla mediazione per la risoluzione di controversie civili e commerciali; e, inoltre, l’introduzione della cedolare secca sulle locazioni degli immobili ad uso abitativo ubicati nella provincia dell’Aquila, in alternativa alla tassazione ordinaria.
Confermati per la dichiarazione dei redditi del 2011 i principali sconti fiscali, dalla detrazione 36% per le ristrutturazioni edilizie agevolate, alla detrazione 55% agli interventi volti al risparmio energetico, alle detrazione sul trattamento economico accessorio per il personale del comparto sicurezza, soccorso e difesa.
Il sito dell’’Agenzia delle Entrate ha reso disponibile il modello 730/2011 relativo alla dichiarazione dei redditi 2010 di lavoratori dipendenti, collaboratori a progetto e pensionati. Il modello 730 2011 potrà essere consegnato tramite sostituto d'imposta (datore di lavoro), dal C.A.F., o professionista abilitato, e i termini ultimi di presentazione del modello prevedono due date: la prima scadenza è riservata a chi presenta il modello 730 del 2011 al proprio sostituto d'imposta (datore di lavoro o ente pensionistico), mentre la seconda è riservata a chi presenta il modello a un C.A.F. o a un commercialista.
In base alla modalità di presentazione che si sceglie, i termini di consegna sono stati fissati per il 30 aprile 2011 (se il modello è presentato al proprio sostituto d'imposta) e per il 31 maggio 2011 (se il modello è presentato a un CAF o a un professionista abilitato).
Il sostituto d’imposta (datore di lavoro ) ha tre possibili opzioni per inviare di o far recapitare: direttamente a domicilio; avvalendosi di uno dei soggetti incaricati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni, segnalando, in questo caso, sul modello appena approvato, il relativo codice sede Entrate; scegliere, in caso di appartenenza ad determinato un gruppo, l’indirizzo di una delle società dello stesso, comunicando, anche in questo caso, il codice sede Entrate.
Nel 2011, il lavoratore dipendente collaboratore (contribuente) potrà quindi presentare telematicamente la dichiarazione al datore di lavoro che, a sua volta, lo invierà online.
Novità modello 730 2011
Nel nuovo modello 730 sono state inserite due colonne dedicate sia per il saldo 2010 sia per l'acconto 2011. La detrazione fiscale potrà arrivare fino a un massimo di 149,5 euro. Tra le novità del 730 2011 troviamo quella relativa al credito d’imposta previsto a seguito del reintegro delle somme anticipate sui fondi pensione per determinate esigenze, come spese sanitarie per gravi condizioni o acquisto prima casa, e il riconoscimento di un credito d’imposta per chi ha fatto ricorso alla mediazione per la risoluzione di controversie civili e commerciali; e, inoltre, l’introduzione della cedolare secca sulle locazioni degli immobili ad uso abitativo ubicati nella provincia dell’Aquila, in alternativa alla tassazione ordinaria.
Confermati per la dichiarazione dei redditi del 2011 i principali sconti fiscali, dalla detrazione 36% per le ristrutturazioni edilizie agevolate, alla detrazione 55% agli interventi volti al risparmio energetico, alle detrazione sul trattamento economico accessorio per il personale del comparto sicurezza, soccorso e difesa.
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Rapporto di lavoro nel 2011
Innanzitutto bisogna mettere in evidenza che le forti difficoltà del mercato del lavoro, dovute alla crisi economica a livello globale e non locale ha portato le amministrazioni che gestiscono il personale a valutare sempre con maggiore attenzione ai contratti di lavoro a tempo determinato in genere per le sostituzioni di maternità e dare maggiore rilevanza a progetti aziendali a lungo termine con contratti a progetto.
I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, contratto a progetto, devono essere predeterminati dal committente ed autonomamente gestiti dal collaboratore in funzione del risultato, indipendentemente dal tempo impiegato per la realizzazione del progetto. E per il datore di lavoro deve essere un contratto che garantisca tutele sul progetto e maggiori garanzie al collaboratori, infatti la finanziaria 2010 ha aumentato l'indennità disoccupazione dei collaboratori a progetto.
Vediamo qualche dato statistico del 2011
Nel mese di gennaio gli occupati sono 22.831 mila unità, in diminuzione dello 0,4% (-83 mila unità) rispetto a dicembre 2010. Nel confronto con l’anno precedente l’occupazione è in calo dello 0,5% (-110 mila unità). La diminuzione registrata nel mese è dovuta sia alla componente maschile sia a quella femminile.
Il tasso di occupazione è pari al 56,7%, in calo di 0,2 punti percentuali rispetto a dicembre e di 0,4 punti rispetto a gennaio 2010.
Il dato è che il numero dei disoccupati, pari a 2.145 mila, ha registra una crescita dello 0,1% (+2 mila unità) rispetto a dicembre. Il risultato è sintesi della crescita della disoccupazione femminile e della flessione di quella maschile. Su base annua la crescita del numero di disoccupati è del 2,8% (+58 mila unità).
Per il terzo mese consecutivo il tasso di disoccupazione si attesta all’8,6% con una crescita di 0,2 punti percentuali su base annua. Prosegue la crescita del tasso di disoccupazione giovanile, che raggiunge il 29,4%.
Una soluzione di politica del lavoro la si può trovare nel documento prodotto dal sindacato UIL contro la lotta al lavoro sommerso bisogna fare un sforzo per far si che le tante risorse recuperabili tornino a far parte del bilancio dello Stato e siano indirizzate a sostegno di bisogni primari per i lavoratori e per il Paese stesso. Il tasso di lavoro irregolare deve essere colpito e fare in modo un rapporto di lavoro che navighi a vista tra la sua stabilità e la flessibilità, per incentivare le imprese ( creare posti di lavoro stabili) Regolare il rapporto di lavoro.
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domenica 13 marzo 2011
Curriculum vitae europeo, istruzioni
Un curriculum vitae europeo per facilitare la mobilità dei lavoratori tra i Paesi dell’Unione Europea.
Nonostante la libera circolazione, definita per legge e diritti, le persone (i lavoratori) non vedono riconosciute sia le qualifiche che le competenze in un paese che non sia quello in cui siano state maturate.
L’Unione Europea ha proposto, viste le difficoltà, vari strumenti per favorire la trasparenza e il riconoscimento delle qualifiche e dei titoli acquisiti, con lo scopo di consentire alle persone di poter presentare ed utilizzare le proprie competenze nei paesi dell’europei intesi come comunità, Unione Europea.
Cosa contiene il curriculum europeo?
Innanzitutto informazioni sulla esperienza professionale, istruzione e formazione ossia qualifiche e titoli, competenze linguistiche. Il dato particolare consiste nella adozione di un formato standard per tutti i Paesi , che sia in grado di facilitare l’eliminazione delle barriere poste dai diversificati metodi istituzionali e nazionali di riconoscimento delle competenze, facendo in modo che la propria storia professionale sia comprensibile a 360 gradi, a tutti.
A chi può servire il curriculum europeo?
A tutti coloro che desiderano lavorare all’estero, in un paese diverso da quello di origine;, a coloro che hanno competenze in ambiti diversi da quello educativo formativo, non documentati da titoli; a coloro che hanno acquisito un titolo all’estero o esperienze di lavoro in diversi paesi europei.
Il Centro Nazionale Europass Italia, istituito presso l’Isfol, è la struttura incaricata dalla Commissione europea per fornire informazioni di carattere generale sull’ Europass curriculum vitae. L'Europass curriculum vitae è un modello standardizzato che consente di descrivere, sulla base di un formato condiviso e riconosciuto in tutta Europa, le esperienze di studio e di lavoro e le competenze sviluppate da un individuo, al momento della presentazione di una candidatura per un lavoro o per la prosecuzione di un percorso formativo. Questo strumento può essere utilizzato in tutti i casi di mobilità geografica e professionale. Informazioni dettagliate si trovano sul sito del Nec Italia http://www.europass-italia.it/scelta2.asp , dove è possibile prendere visione del modello proposto , il quale può essere scaricato e compilato.
Nonostante la libera circolazione, definita per legge e diritti, le persone (i lavoratori) non vedono riconosciute sia le qualifiche che le competenze in un paese che non sia quello in cui siano state maturate.
L’Unione Europea ha proposto, viste le difficoltà, vari strumenti per favorire la trasparenza e il riconoscimento delle qualifiche e dei titoli acquisiti, con lo scopo di consentire alle persone di poter presentare ed utilizzare le proprie competenze nei paesi dell’europei intesi come comunità, Unione Europea.
Cosa contiene il curriculum europeo?
Innanzitutto informazioni sulla esperienza professionale, istruzione e formazione ossia qualifiche e titoli, competenze linguistiche. Il dato particolare consiste nella adozione di un formato standard per tutti i Paesi , che sia in grado di facilitare l’eliminazione delle barriere poste dai diversificati metodi istituzionali e nazionali di riconoscimento delle competenze, facendo in modo che la propria storia professionale sia comprensibile a 360 gradi, a tutti.
A chi può servire il curriculum europeo?
A tutti coloro che desiderano lavorare all’estero, in un paese diverso da quello di origine;, a coloro che hanno competenze in ambiti diversi da quello educativo formativo, non documentati da titoli; a coloro che hanno acquisito un titolo all’estero o esperienze di lavoro in diversi paesi europei.
Il Centro Nazionale Europass Italia, istituito presso l’Isfol, è la struttura incaricata dalla Commissione europea per fornire informazioni di carattere generale sull’ Europass curriculum vitae. L'Europass curriculum vitae è un modello standardizzato che consente di descrivere, sulla base di un formato condiviso e riconosciuto in tutta Europa, le esperienze di studio e di lavoro e le competenze sviluppate da un individuo, al momento della presentazione di una candidatura per un lavoro o per la prosecuzione di un percorso formativo. Questo strumento può essere utilizzato in tutti i casi di mobilità geografica e professionale. Informazioni dettagliate si trovano sul sito del Nec Italia http://www.europass-italia.it/scelta2.asp , dove è possibile prendere visione del modello proposto , il quale può essere scaricato e compilato.
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giovedì 10 marzo 2011
Mobilità per gli studi professionali
Il parere del ministero del Lavoro sul quesito sollevato da Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro e da Confprofessioni ha cambiato gli orientamenti dei centri per l'impiego che non vogliono iscrivere nelle liste di mobilità questa categoria di dipendenti, perché non licenziati da imprese.
Adesso con l'interpretazione del ministero del Lavoro i dipendenti degli studi professionali hanno diritto alla procedura della mobilità, come prevista dalla legge 223 del 91 in caso di licenziamento per riduzione di personale o per cessazione dell'attività.
L’interpello n 10 del 2011 ha risposto al quesito posto dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, che era volto a chiarire la possibilità, per i dipendenti degli studi professionali di essere iscritti alla lista di mobilità.
Sicuramente risulta una vittoria “legale” da parete degli studi professionali o dei dipendenti che lavorano presso di loro.
Ricordiamo che secondo l'articolo 4 della legge n. 236 del 1991, possono essere iscritti nelle liste di mobilità i lavoratori licenziati da imprese, anche artigiane o cooperative di produzione e lavoro, che occupano anche meno di quindici dipendenti, licenziati per giustificato motivo oggettivo riconducibile a riduzione, trasformazione o cessazione dell’attività lavorativa.
Il ministero ha sottolineato che la Corte dell'Unione Europea ha esteso la nozione di datore di lavoro, affermando che bisogna applicare la dottrina ai licenziamenti collettivi effettuati da qualunque datore, persona fisica o giuridica. La possibilità di iscrivere nelle liste anche i dipendenti degli studi professionali, licenziati per riduzione di personale, va dunque nella linea delle direttive dell'Unione Europea. Oltre che essere iscritti alla lista, questi lavoratori potrebbero aver diritto anche all'indennità di mobilità in deroga, se possono vantare un'anzianità aziendale di almeno dodici mesi, di cui almeno sei di effettivo lavoro. Le leggi 203 del 2008 e 2 del 2009 hanno esteso alcune misure di sostegno, in deroga ai canonici ammortizzatori, a categorie di lavoratori che per il settore di attività o per le dimensioni aziendali ne sarebbero stati esclusi.
Pertanto, l’indennità di mobilità in deroga può essere erogata anche dai dipendenti licenziati da studi professionali a seguito della crisi, se posseggono i requisiti richiesti e dichiarano la loro immediata disponibilità al lavoro e a percorsi formativi, senza che rilevi la forma giuridica, individuale o associata, dello studio professionale di provenienza.
Si è trattato di un risultato importante perché il chiarimento del ministero ha posto sullo stesso livello i lavoratori degli studi professionali ai lavoratori degli altri settori, commercio, industria e servizi in cui la legge per la legislazione in materia di cassa integrazione, mobilità e trattamenti di disoccupazione era già in vigore.
Il ministero ha precisato che i lavoratori degli studi professionali, in presenza di almeno 12 mesi di anzianità lavorativa presso lo stesso studio (di cui almeno 6 di lavoro effettivamente prestato) hanno diritto anche all'indennità di mobilità in deroga.
Adesso con l'interpretazione del ministero del Lavoro i dipendenti degli studi professionali hanno diritto alla procedura della mobilità, come prevista dalla legge 223 del 91 in caso di licenziamento per riduzione di personale o per cessazione dell'attività.
L’interpello n 10 del 2011 ha risposto al quesito posto dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, che era volto a chiarire la possibilità, per i dipendenti degli studi professionali di essere iscritti alla lista di mobilità.
Sicuramente risulta una vittoria “legale” da parete degli studi professionali o dei dipendenti che lavorano presso di loro.
Ricordiamo che secondo l'articolo 4 della legge n. 236 del 1991, possono essere iscritti nelle liste di mobilità i lavoratori licenziati da imprese, anche artigiane o cooperative di produzione e lavoro, che occupano anche meno di quindici dipendenti, licenziati per giustificato motivo oggettivo riconducibile a riduzione, trasformazione o cessazione dell’attività lavorativa.
Il ministero ha sottolineato che la Corte dell'Unione Europea ha esteso la nozione di datore di lavoro, affermando che bisogna applicare la dottrina ai licenziamenti collettivi effettuati da qualunque datore, persona fisica o giuridica. La possibilità di iscrivere nelle liste anche i dipendenti degli studi professionali, licenziati per riduzione di personale, va dunque nella linea delle direttive dell'Unione Europea. Oltre che essere iscritti alla lista, questi lavoratori potrebbero aver diritto anche all'indennità di mobilità in deroga, se possono vantare un'anzianità aziendale di almeno dodici mesi, di cui almeno sei di effettivo lavoro. Le leggi 203 del 2008 e 2 del 2009 hanno esteso alcune misure di sostegno, in deroga ai canonici ammortizzatori, a categorie di lavoratori che per il settore di attività o per le dimensioni aziendali ne sarebbero stati esclusi.
Pertanto, l’indennità di mobilità in deroga può essere erogata anche dai dipendenti licenziati da studi professionali a seguito della crisi, se posseggono i requisiti richiesti e dichiarano la loro immediata disponibilità al lavoro e a percorsi formativi, senza che rilevi la forma giuridica, individuale o associata, dello studio professionale di provenienza.
Si è trattato di un risultato importante perché il chiarimento del ministero ha posto sullo stesso livello i lavoratori degli studi professionali ai lavoratori degli altri settori, commercio, industria e servizi in cui la legge per la legislazione in materia di cassa integrazione, mobilità e trattamenti di disoccupazione era già in vigore.
Il ministero ha precisato che i lavoratori degli studi professionali, in presenza di almeno 12 mesi di anzianità lavorativa presso lo stesso studio (di cui almeno 6 di lavoro effettivamente prestato) hanno diritto anche all'indennità di mobilità in deroga.
domenica 6 marzo 2011
Gestione separata INPS
Come è nata?
La Gestione separata è un fondo pensionistico finanziato con i contributi previdenziali obbligatori dei lavoratori assicurati ed è nata con la legge n. 335 del 1995 di riforma del sistema pensionistico (riforma Dini).
Lo scopo è di assicurare la tutela previdenziale a categorie di lavoratori fino ad allora escluse e ciò è avvenuto essenzialmente in tre modi: disponendo la costituzione di nuovi fondi previdenziali e aggregando alcune categorie di professionisti a casse professionali già esistenti ed infine disponendo l'iscrizione alla Gestione separata di tutte le categorie residuali di liberi professionisti, per i quali non è stata prevista una specifica cassa previdenziale; nella fattispecie devono quindi essere ricompresi anche i professionisti con cassa previdenziale, nel caso in cui, ai sensi del suo regolamento, l'attività non sia iscrivibile; della quasi totalità delle forme di collaborazione a progetto), che fino ad allora non avevano mai beneficiato di alcuna disciplina specifica, né giuridica, né previdenziale.
Sono stati assicurati alla Gestione anche: gli spedizionieri doganali non dipendenti; gli assegni di ricerca; i beneficiari di borse di studio per la frequenza ai corsi di dottorato di ricerca; gli amministratori locali; i lavoratori autonomi occasionali; gli associati in partecipazione; i medici con contratto di formazione specialistica; i Volontari del Servizio Civile Nazionale; i prestatori di lavoro occasionale accessorio.
L’accertamento dei requisiti in caso di del congedo di maternità di madre lavoratrice iscritta alla Gestione Separata. È noto che, il congedo di maternità del D.Lgs.151 del 2001 è stato esteso anche in favore delle lavoratrici iscritte alla Gestione separata.
La lavoratrice iscritta alla Gestione separata INPS analogamente a quanto previsto per la lavoratrice dipendente, ha diritto all’indennità di maternità per il periodo di congedo obbligatorio ordinario e anticipato o prorogato eventualmente disposto dai servizi ispettivi delle DPL, a condizione che risultino accreditate in favore della lavoratrice stessa tre mensilità di contribuzione nei 12 mesi precedenti la data di inizio del periodo di congedo obbligatorio (ordinario e/o anticipato/prorogato) richiesto.
Ai fini della concessione dell’assegno di maternità dello Stato occorre accertare che la lavoratrice iscritta alla Gestione separata sia in possesso dei seguenti requisiti:
1) abbia diritto all’indennità di maternità a carico della Gestione Separata in quanto risultano accreditate in favore della stessa i 3 mesi di contribuzione effettiva nei 12 mesi precedenti l’inizio del congedo obbligatorio (ordinario e/o anticipato);
2) abbia 3 mesi di contribuzione per la maternità, maturati anche in gestioni diverse, nel periodo compreso tra i 18 ed i 9 mesi antecedenti la data dell’evento (parto o ingresso del minore adottato/affidato nella famiglia della richiedente).
Questo assegno di maternità spetta, a condizione che il trattamento economico per maternità (indennità o retribuzione), corrisposto o spettante alla lavoratrice, sia di importo inferiore rispetto all’importo dell’assegno medesimo.
Per il trattamento economico, dovrà includersi sia l’indennità spettante per il periodo ordinario di congedo obbligatorio di maternità sia l’indennità spettante per gli eventuali periodi di interdizione anticipata o prorogata disposti dal servizio ispezione della DPL. La misura della quota sarà ricavata sottraendo dal valore dell’assegno, vigente alla data del parto (o ingresso in famiglia), l’importo complessivo dei suddetti trattamenti economici.
Parliamo della riconoscibilità o meno del diritto all’indennità per congedo parentale in favore di lavoratori dipendenti che, durante la fruizione del congedo stesso, intraprendono una nuova attività lavorativa.
A tale riguardo il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali che, ha sottolineato che il congedo parentale risponde alla precisa funzione di assicurare al genitore lavoratore un periodo di assenza dal lavoro finalizzato alla cura del bambino e non può, quindi, essere utilizzato dal lavoratore stesso per intraprendere una nuova attività lavorativa che, ove consentita, finirebbe col sottrarre il lavoratore dalla specifica responsabilità familiare verso la quale il beneficio in esame è orientato. I lavoratori iscritti alla Gestione separata INPS aventi diritto al congedo parentale (lavoratori a progetto presso la pubblica amministrazione e titolari di assegno di ricerca) e le lavoratrici autonome non possono proseguire l’attività lavorativa nel periodo in cui fruiscono dell’indennità per congedo parentale, né possono intraprendere, durante il periodo medesimo, una nuova attività (sia essa dipendente, parasubordinata o autonoma); anche in tal caso, infatti, l’eventuale trattamento indebitamente concesso a titolo di congedo parentale dovrà essere recuperato.
Ovviamente il datore di lavoro dovrà accertarsi presso la sede INPS che i contributi versati risultano corretti e ripondano al effettivo servizio prestato dal lavoratore .
La Gestione separata è un fondo pensionistico finanziato con i contributi previdenziali obbligatori dei lavoratori assicurati ed è nata con la legge n. 335 del 1995 di riforma del sistema pensionistico (riforma Dini).
Lo scopo è di assicurare la tutela previdenziale a categorie di lavoratori fino ad allora escluse e ciò è avvenuto essenzialmente in tre modi: disponendo la costituzione di nuovi fondi previdenziali e aggregando alcune categorie di professionisti a casse professionali già esistenti ed infine disponendo l'iscrizione alla Gestione separata di tutte le categorie residuali di liberi professionisti, per i quali non è stata prevista una specifica cassa previdenziale; nella fattispecie devono quindi essere ricompresi anche i professionisti con cassa previdenziale, nel caso in cui, ai sensi del suo regolamento, l'attività non sia iscrivibile; della quasi totalità delle forme di collaborazione a progetto), che fino ad allora non avevano mai beneficiato di alcuna disciplina specifica, né giuridica, né previdenziale.
Sono stati assicurati alla Gestione anche: gli spedizionieri doganali non dipendenti; gli assegni di ricerca; i beneficiari di borse di studio per la frequenza ai corsi di dottorato di ricerca; gli amministratori locali; i lavoratori autonomi occasionali; gli associati in partecipazione; i medici con contratto di formazione specialistica; i Volontari del Servizio Civile Nazionale; i prestatori di lavoro occasionale accessorio.
L’accertamento dei requisiti in caso di del congedo di maternità di madre lavoratrice iscritta alla Gestione Separata. È noto che, il congedo di maternità del D.Lgs.151 del 2001 è stato esteso anche in favore delle lavoratrici iscritte alla Gestione separata.
La lavoratrice iscritta alla Gestione separata INPS analogamente a quanto previsto per la lavoratrice dipendente, ha diritto all’indennità di maternità per il periodo di congedo obbligatorio ordinario e anticipato o prorogato eventualmente disposto dai servizi ispettivi delle DPL, a condizione che risultino accreditate in favore della lavoratrice stessa tre mensilità di contribuzione nei 12 mesi precedenti la data di inizio del periodo di congedo obbligatorio (ordinario e/o anticipato/prorogato) richiesto.
Ai fini della concessione dell’assegno di maternità dello Stato occorre accertare che la lavoratrice iscritta alla Gestione separata sia in possesso dei seguenti requisiti:
1) abbia diritto all’indennità di maternità a carico della Gestione Separata in quanto risultano accreditate in favore della stessa i 3 mesi di contribuzione effettiva nei 12 mesi precedenti l’inizio del congedo obbligatorio (ordinario e/o anticipato);
2) abbia 3 mesi di contribuzione per la maternità, maturati anche in gestioni diverse, nel periodo compreso tra i 18 ed i 9 mesi antecedenti la data dell’evento (parto o ingresso del minore adottato/affidato nella famiglia della richiedente).
Questo assegno di maternità spetta, a condizione che il trattamento economico per maternità (indennità o retribuzione), corrisposto o spettante alla lavoratrice, sia di importo inferiore rispetto all’importo dell’assegno medesimo.
Per il trattamento economico, dovrà includersi sia l’indennità spettante per il periodo ordinario di congedo obbligatorio di maternità sia l’indennità spettante per gli eventuali periodi di interdizione anticipata o prorogata disposti dal servizio ispezione della DPL. La misura della quota sarà ricavata sottraendo dal valore dell’assegno, vigente alla data del parto (o ingresso in famiglia), l’importo complessivo dei suddetti trattamenti economici.
Parliamo della riconoscibilità o meno del diritto all’indennità per congedo parentale in favore di lavoratori dipendenti che, durante la fruizione del congedo stesso, intraprendono una nuova attività lavorativa.
A tale riguardo il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali che, ha sottolineato che il congedo parentale risponde alla precisa funzione di assicurare al genitore lavoratore un periodo di assenza dal lavoro finalizzato alla cura del bambino e non può, quindi, essere utilizzato dal lavoratore stesso per intraprendere una nuova attività lavorativa che, ove consentita, finirebbe col sottrarre il lavoratore dalla specifica responsabilità familiare verso la quale il beneficio in esame è orientato. I lavoratori iscritti alla Gestione separata INPS aventi diritto al congedo parentale (lavoratori a progetto presso la pubblica amministrazione e titolari di assegno di ricerca) e le lavoratrici autonome non possono proseguire l’attività lavorativa nel periodo in cui fruiscono dell’indennità per congedo parentale, né possono intraprendere, durante il periodo medesimo, una nuova attività (sia essa dipendente, parasubordinata o autonoma); anche in tal caso, infatti, l’eventuale trattamento indebitamente concesso a titolo di congedo parentale dovrà essere recuperato.
Ovviamente il datore di lavoro dovrà accertarsi presso la sede INPS che i contributi versati risultano corretti e ripondano al effettivo servizio prestato dal lavoratore .
martedì 1 marzo 2011
Telelavoro: nuova frontiera del lavoro.
Sii, parliamo della bozza delle linee guida sulla conciliazione dei tempi di lavoro e della famiglia presentata dal ministro Maurizio Sacconi alle parti sociali.
Il telelavoro, auspicato dal ministiro potrebbe portare ad orari flessibili in entrata e in uscita fino ai tre anni del bambino e il tempo parziale in forma temporanea fino ai cinque anni. Queste misure sarebbero detassate del 10%. Tra le altre iniziative previste, una banca ore, giornate lunghe con orari concentrati dei propri turni, asili aziendali. Adesso le parti sociali dovranno pronunciarsi sul documento.
Quindi il telelavoro pensato ed auspicato dal ministro del Lavoro si pone in alternativa ai congedi parentali o facoltativi; una banca ore; orari flessibili in entrata e in uscita entro i primi tre anni di vita del bambino; la trasformazione temporanea del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale per i primi cinque anni del bambino o per assistere genitori e familiari.
La nuova frontiera del lavoro (madri lavoratrici) punta a incentivare il telelavoro, il tempo parziale, il lavoro ripartito (Job sharing) e il lavoro intermittente per modulare in maniera flessibile i tempi e gli orari di lavoro nell'interesse dei lavoratori e delle imprese. La bozza prevede anche un buono prepagato per la baby sitter.
Sacconi ha indicato l'intenzione di convocare il nuovo tavolo il prossimo 7 marzo. "Mi auguro che quel giorno, che anticipa la data emblematica dell'8 marzo, possa esserci l'intesa".
Si prevede nel’ambito delle linee guida, tra l’altro, la costituzione di asili nido aziendali e interaziendali e l’attivazione di servizi collettivi di trasporto da e per gli asili pubblici. Accompagnate anche dalla possibilità di usufruire di due settimane per l’inserimento dei figli alle scuole materne ed al primo anno di scuola elementare. Oltre all’erogazione da parte del datore di lavoro di buoni lavoro per lo svolgimento da parte di terzi di prestazioni di lavoro occasionale accessorio per attività domestiche e di cura: cioè come badanti e colf.
Indicato, inoltre, l’impegno, al rientro della maternità di assegnare la lavoratrice alle stesse mansioni o comunque a mansioni che non vanifichino la professionalità e l’esperienza già acquisite.
Diamo fiducia al telelavoro sia per le madri che per dare nuove aspettative alle famiglie, aspettiamo il parere delle parti sociali.
Il telelavoro, auspicato dal ministiro potrebbe portare ad orari flessibili in entrata e in uscita fino ai tre anni del bambino e il tempo parziale in forma temporanea fino ai cinque anni. Queste misure sarebbero detassate del 10%. Tra le altre iniziative previste, una banca ore, giornate lunghe con orari concentrati dei propri turni, asili aziendali. Adesso le parti sociali dovranno pronunciarsi sul documento.
Quindi il telelavoro pensato ed auspicato dal ministro del Lavoro si pone in alternativa ai congedi parentali o facoltativi; una banca ore; orari flessibili in entrata e in uscita entro i primi tre anni di vita del bambino; la trasformazione temporanea del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale per i primi cinque anni del bambino o per assistere genitori e familiari.
La nuova frontiera del lavoro (madri lavoratrici) punta a incentivare il telelavoro, il tempo parziale, il lavoro ripartito (Job sharing) e il lavoro intermittente per modulare in maniera flessibile i tempi e gli orari di lavoro nell'interesse dei lavoratori e delle imprese. La bozza prevede anche un buono prepagato per la baby sitter.
Sacconi ha indicato l'intenzione di convocare il nuovo tavolo il prossimo 7 marzo. "Mi auguro che quel giorno, che anticipa la data emblematica dell'8 marzo, possa esserci l'intesa".
Si prevede nel’ambito delle linee guida, tra l’altro, la costituzione di asili nido aziendali e interaziendali e l’attivazione di servizi collettivi di trasporto da e per gli asili pubblici. Accompagnate anche dalla possibilità di usufruire di due settimane per l’inserimento dei figli alle scuole materne ed al primo anno di scuola elementare. Oltre all’erogazione da parte del datore di lavoro di buoni lavoro per lo svolgimento da parte di terzi di prestazioni di lavoro occasionale accessorio per attività domestiche e di cura: cioè come badanti e colf.
Indicato, inoltre, l’impegno, al rientro della maternità di assegnare la lavoratrice alle stesse mansioni o comunque a mansioni che non vanifichino la professionalità e l’esperienza già acquisite.
Diamo fiducia al telelavoro sia per le madri che per dare nuove aspettative alle famiglie, aspettiamo il parere delle parti sociali.
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