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venerdì 28 settembre 2018

Jobs act: la Corte costituzionale boccia i criteri sui licenziamenti



Per i licenziamenti illegittimi sarà a discrezione del giudice. È questo l’effetto immediato della sentenza della Consulta che ha ritenuto irragionevole che la misura dell'indennità sia calcolata automaticamente in base alla sola durata del rapporto.

La Consulta ha esaminato il decreto legislativo 23/2015 sul contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti- il Jobs Act, appunto - e ha bocciato alcune disposizioni contenute nell'articolo 3, comma 1: in particolare, la norma che determina in modo rigido l'indennità che spetta al lavoratore licenziato in modo ingiustificato. Norma che non è stata modificata dal successivo decreto legge n.87/2018 (il cosiddetto Decreto dignità). In sostanza il Jobs Act prevede per il lavoratore licenziato in modo ingiusto, salvo alcuni casi, un'indennità e dunque un risarcimento di due mesi di stipendio per ogni anno di anzianità, entro un limite minimo di 4 mesi di stipendio e massimo di 24 mesi. Se per esempio fosse stato giudicato illegittimo un licenziamento di un lavoratore a tutele crescenti con 4 anni di servizio, questi avrebbe ricevuto un risarcimento di 8 mesi di stipendio. Il Decreto Dignità, approvato ad agosto, ha modificato solo una parte dell'articolo 3: è stato rialzato il limite minimo e massimo dei risarcimenti rispettivamente a 6 e a 36 mesi. L'impianto generale, però, non è stato cambiato: dunque l'indennità resta legata all'anzianità di servizio.

Secondo la Corte, la previsione di una indennità crescente in ragione della sola anzianità di servizio del lavoratore è “contraria ai principi di ragionevolezza e di uguaglianza e contrasta con il diritto e la tutela del lavoro” sanciti dagli articoli 4 e 35 della Costituzione. Tutte le altre questioni sollevate relative ai licenziamenti, invece, sono state dichiarate inammissibili o infondate. La sentenza sarà depositata nelle prossime settimane.

Le nuove tutele crescenti, in vigore dal 7 marzo 2015, hanno marginalizzato la reintegrazione, sostituendola nei licenziamenti economici e in parte disciplinari, con indennizzi monetari crescenti in base all'anzianità di servizio del lavoratore. Oggi, a seguito delle modifiche operate dal decreto Conte di metà luglio, gli indennizzi oscillano da 6 (minimo) a 36 (massimo) mensilità. La scelta del Legislatore del 2015 era quella di fornire certezza sui costi di separazione, sia per le aziende sia per gli stessi lavoratori.

Per la Consulta, con il dispositivo pubblicato, non è in discussione il meccanismo di ristoro economico al posto della tutela reale. Cioè, le tutele crescenti continuano a esistere. A violare la costituzione è piuttosto la previsione di una indennità crescente in ragione della sola anzianità aziendale. Questa previsione, secondo i giudici di legittimità, contrasterebbe con i principi di ragionevolezza e uguaglianza, e, anche, con il diritto e la tutela del lavoro.

Cosa cambierà in pratica? Secondo esperti e giuslavoristi ci sarà il rischio di una ripresa del contenzione nei tribunali del lavoro.

«L’impianto del Jobs act è confermato – spiega il giuslavorista Giampiero Falasca – ma annulla il criterio di quantificazione del risarcimento escludendo che possa legarsi solo all'anzianità lavorativa. Il giudice quindi potrà decidere caso per caso». Fatto salvo comunque il limite minimo di 6 mesi e il massimo di 36 mesi, due soglie ritoccate al rialzo la decreto dignità di questa estate. Prima infatti la forchetta era tra 4 e 24 mensilità.

Sulla stessa lunghezza d’onda Pietro Ichino che ha twittato: «L’effetto pratico sarà un aumento dell’alea del giudizio, quindi del contenzioso giudiziale (i grandi beneficati sono gli avvocati). Ma è probabile che i giudici finiscano col non discostarsi molto dal criterio stabilito dalla legge».

Ovvero cambia l’indennità di risarcimento sui licenziamenti illegittimi per motivi disciplinari ed economici nelle aziende con più di 15 dipendenti. Il giudice non dovrà più stabilirla in base agli anni di servizio, come dice la legge, ma, fermi restando i limiti minimi e massimi dell’indennità (6-36 mesi di stipendio), deciderà il risarcimento al lavoratore valutando la gravità del singolo caso. Per esempio, un dipendente licenziato in modo pretestuoso e che abbia carichi familiari gravosi (figli disabili, genitori anziani, ecc.) potrebbe vedersi riconosciuto un indennizzo pari a 36 mesi di stipendio anche se assunto da poco, contro i 6 mesi cui avrebbe diritto secondo le norme finora vigenti.





martedì 2 agosto 2016

Inps: nuove istruzioni per la cassa integrazione ordinaria


L'Inps ha fornito le istruzioni per la concessione della cassa integrazione ordinaria. Il documento completa il quadro normativo a seguito delle novità introdotte dal decreto legislativo 148/2015 del Jobs act quasi un anno fa e dal decreto ministeriale 95442, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale lo scorso 14 giugno, relativo ai criteri per l’esame delle domande di Cigo.

A differenza di quanto avvenuto in passato, per chiedere la cassa integrazione è necessario presentare una relazione tecnica dettagliata sullo stato di salute dell’azienda con l’obiettivo di “certificare” la temporaneità della situazione di difficoltà e quindi la concreta possibilità di una ripresa dell’attività a pieno regime, come già ribadito dallo stesso Inps a inizio luglio con il messaggio 2908/2016.

L'Inps ha precisato che il nuovo procedimento di concessione della CIGO, che si applica alle domande presentate a partire dal 29 giugno 2016, sarà a breve gestito esclusivamente con il sistema del Ticket, cioè attraverso un codice che servirà per la presentazione della domanda da parte dell'azienda.

Le novità principali della procedura sono:

la competenza esclusiva delle sedi Inps alla concessione della prestazione, con la corrispondente soppressione delle Commissioni provinciali CIGO;

l'individuazione di criteri univoci e standardizzati per la valutazione delle domande;

l'obbligo per le aziende richiedenti di predisporre una relazione tecnica dettagliata in forma di dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, che indichi gli elementi probatori indispensabili per la concessione della CIGO (la relazione è obbligatoria anche in caso di richiesta di proroga della domanda originaria);

la facoltà dell’Inps di svolgere un supplemento istruttorio richiedendo all'azienda un'integrazione dei documenti.

La CIGO era e resta un istituto invocabile per crisi di breve durata e di natura transitoria. Il ricorso all'integrazione salariale è infatti ammesso nei casi già contemplati dall'art. 11 del D.Lgs. n. 148/2015: situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabili all’impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali, e situazioni temporanee di mercato.

Oltre alla relazione obbligatoria l’azienda ha facoltà di presentare ulteriore documentazione, relativa, ad es., alla solidità finanziaria dell’impresa o a report concernenti la situazione temporanea di crisi del settore, oppure alle nuove acquisizioni di ordini o alla partecipazione qualificata a gare di appalto, all’analisi delle ciclicità delle crisi e alla CIGO già concessa.

Il provvedimento di concessione o di rigetto (totale o parziale) della CIGO deve contenere una congrua motivazione, che menzioni gli elementi documentali e di fatto esaminati e le ragioni che hanno determinato l’adozione del provvedimento, anche in relazione alla prevedibilità ex ante della ripresa dell’attività.

Requisito comune a tutte le fattispecie è la transitorietà della crisi aziendale: deve essere prevedibile, al momento della presentazione della domanda di CIGO, la ripresa della normale attività lavorativa.
L’INPS sottolinea che le aziende soggette a cicliche contrazioni dell’orario di lavoro in periodi ricorrenti causate da particolari caratteristiche del processo produttivo non possono accedere all’intervento di CIGO durante tali soste, siano o no le stesse a carattere stagionale.

Altro requisito trasversale è la “non imputabilità”, intesa come involontarietà, mancanza di imperizia e negligenza delle parti, ma anche non riferibilità dell’evento all’organizzazione o programmazione aziendale.

Si ribadisce infine che la mono-committenza non può costituire elemento di valutazione ai fini della concessione o meno della CIGO e quindi non è, di per sé, causa di rigetto della domanda.

L’INPS,inoltre ha  affermato che in linea di massima la causale non è integrabile, in quanto la sospensione dell’attività lavorativa è già contemplata nel capitolato di appalto ed è quindi connessa al rischio di impresa.

Soltanto in caso di circostanze del tutto imprevedibili, casi fortuiti o di forza maggiore,
che inducano l’azienda committente ad ordinare la sospensione dei lavori, sarà possibile ricorrere alla CIGO

Le causali previste dal decreto ministeriale
mancanza di lavoro/commesse da parte di un’impresa che abbia avviato l’attività produttiva da più di un trimestre;

crisi di mercato o settore merceologico, per un’azienda che abbia avviato l’attività produttiva da almeno un trimestre.

In entrambi i casi, nella relazione tecnica dettagliata, deve essere data prova di un andamento involutivo degli ordini e delle commesse perdurante nel tempo. In questo caso costituiscono elementi probanti: il significativo calo di ordini e commesse, la diminuzione dei consumi energetici, l’andamento involutivo e/o negativo del fatturato, o del risultato operativo, o del risultato di impresa o dell'indebitamento rispetto alle due annualità precedenti l’anno in cui il periodo di integrazione è richiesto.

fine cantiere/fine lavoro: si tratta di brevi periodi di sospensione dell’attività lavorativa tra la fine di un lavoro e l'inizio di un altro che non devono essere superiori a tre mesi. Nella relazione va documentata la prevista durata dei lavori nonché la fine degli stessi;


fine fase lavorativa è caratterizzata, invece, dalla sospensione dell’attività di lavoratori specializzati in una particolare lavorazione che, terminata la fase di lavoro cui sono addetti, rimangono inattivi in attesa di un nuovo reimpiego. La sospensione tuttavia non deve interessare l’intera maestranza;

perizia di variante e suppletiva: sospensioni dell’attività lavorativa dovute a situazioni di accertata imprevedibilità ed eccezionalità non imputabile alle parti o al committente. La fattispecie non deve derivare dalla necessità di variare i progetti originari o di ampliare gli stessi per esigenze della committenza sopraggiunte in corso d’opera, ma da situazioni di accertata imprevedibilità ed eccezionalità non imputabile alle parti o al committente. Non sono pertanto integrabili sospensioni dovute ad esigenze della committenza di  variare i progetti originari o di ampliare gli stessi sopraggiunte in corso d’opera (ampliamento dei lavori per l’utilizzo dei ribassi delle basi d’asta, modifiche progettuali, necessità di provvedere a nuovi calcoli ecc.).

In questo caso possono essere presentati i seguenti ulteriori elementi: copia del contratto con il committente, copia del verbale del direttore dei lavori attestante la fine fase lavorativa, la documentazione probante o dichiarazione della pubblica autorità circa l'imprevedibilità della variante per le richieste motivate da perizia di variante e suppletiva.

mancanza di materie prime/componenti, non imputabile all’azienda. A corredo della domanda, le imprese dovranno, in particolare, documentare con la relazione tecnica dettagliata sia le modalità di stoccaggio seguite, sia la data dell'ordine delle materie prime o delle componenti, attraverso infruttuose ricerche di mercato effettuate (tramite e-mail, contatti epistolari etc. ).

eventi meteo: nella relazione tecnica dettagliata va dettagliata l'attività e/o la fase lavorativa in atto al verificarsi dell'evento insieme alle conseguenze che l'evento stesso ha determinato. Alla relazione tecnica vanno allegati i bollettini meteo rilasciati da organi accreditati. Le Direzioni regionali potranno fornire indicazioni sugli enti o organismi usualmente consultati dalle Sedi territoriali per la verifica della sussistenza degli eventi meteo. Le imprese industriali svolgenti attività di impiantistica non al coperto, sono tenute a provare che l’attività aziendale espletata non poteva proseguire al coperto, senza un aumento dei costi, il prolungamento dei tempi di lavoro e/o il pregiudizio per la qualità dei prodotti o dei servizi resi.



venerdì 11 luglio 2014

Alitalia e gli esuberi in attesa della risposta dei sindacati



«A oggi il numero degli esuberi in Alitalia si è ridotto a circa 980». Lo ha detto il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, dopo l'incontro con i sindacati. Dei 2.251 esuberi previsti dal matrimonio tra Alitalia ed Etihad, ha spiegato il ministro, «250 assistenti di volo anziché andare in mobilità avranno il contratto di solidarietà, c'è la disponibilità di Alitalia e di Etihad». Per circa mille persone si sta cercando una ricollocazione. I 980 esuberi, ha sottolineato Lupi, «andranno in mobilità con l'80% dello stipendio per 4 anni» e si utilizzerà il contratto di ricollocamento previsto dall'ultima legge di stabilità. Per Lupi la soluzione è «un grande successo» raggiunto «con lo sforzo di tutti».

Per contribuire alla soluzione degli esuberi Alitalia il governo mette in campo, per la prima volta, lo strumento dei contratti di ricollocamento previsti dalla legge di stabilità. È quanto ha reso noto il ministro del Lavoro Giuliano Poletti incontrando i giornalisti uscendo dall'incontro con Alitalia e sindacati al quale ha partecipato con il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Maurizio Lupi.

«Per quanto mi riguarda - sono parole di Poletti - abbiamo messo sul tavolo la possibilità di usare sperimentalmente il contratto di ricollocamento previsto nella legge di stabilità per il quale, mi sembra, c'é già uno stanziamento di 15 milioni per la fase sperimentale».

Questo strumento - ha spiegato il ministro - consente a chi é in mobilità di fare un accordo con le agenzie del lavoro, in questo caso del Lazio, con il supporto di una unità di missione alla quale partecipano i ministeri interessati, in questo caso del Lavoro e delle Infrastrutture e Trasporti), la Regione in collaborazione con l'Enac».

«Applichiamo una cosa mai fatta prima in Italia che sperimentiamo con l'Alitalia. Non è una garanzia ma un contratto di servizio che prevede obblighi per i lavoratori, per l'agenzia e le istituzioni e rappresenta l'anticipazione delle politiche attive del lavoro che si fa fatica a far passare». Insomma, «si organizza un contratto individuale per costruire un corso di ricollocamento».

Il 12 luglio 2014 ognuno si assumerà le proprie responsabilità, perché credo sia doveroso, visto che la prossima settimana Hogan sarà in Italia, presentarsi con una risposta». «Non c'é nessuna data di ultimatum - ha sottolineato Lupi - perché avevamo già detto che la scadenza era fissata alla fine della prossima settimana, perché si possa chiudere l'accordo con le banche, i soci ed Etihad. Nessun ultimatum, nessuna rottura. Il governo chiederà che domani ci sia una risposta finale».

Questa mattina, il confronto tra azienda e sindacati confederali si è concentrato sul nodo del costo del lavoro, tema affrontato in parallelo anche al tavolo di confronto dell'azienda con i sindacati del personale navigante. Al ministero dei Trasporti, che ospita gli incontri, sono presenti i vertici di Alitalia, l'amministratore delegato Gabriele Del Torchio e il presidente Roberto Colaninno.

Il tavolo tra governo, azienda e Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti e Ugl era iniziato ieri mattina, seguito, in serata, da un secondo confronto parallelo con le associazioni professionali di piloti e assistenti di volo Anpac, Avia e Anpav e l'Usb che è andato avanti per gran parte della nottata. Forte la tensione all'interno del fronte sindacale a causa delle posizioni differenziate sulla definizione del nuovo contratto di lavoro del settore del trasporto aereo (Filt, Fit, Ugl favorevoli e Uilt, Anpac, Avia e Anpav contrari), che è entrato nella partita sui 2.251 esuberi previsti dal piano di Etihad. Altro tema affrontato ieri è stato quello relativo al recupero di ulteriori 48 milioni di risparmi sul costo del lavoro, che ancora mancano per arrivare alla cifra complessiva dei 128 milioni di euro, previsti dal piano messo a punto dall'ad Alitalia Del Torchio.



lunedì 2 giugno 2014

Etihad, accordo con Alitalia investimenti per 600 mln



In attesa dell’ atto finale dell’accordo, Alitalia ed Etihad esordiscono con il primo comunicato commerciale di prodotto congiunto lanciando il programma turistico di tariffe agevolate "Italiani nel Mondo" ("Made of Italians") 2015, pensato in occasione dell'Expo di Milano del prossimo anno. Il programma viene presentato  simultaneamente in 14 ambasciate e consolati in occasione della festa della Repubblica.

"Siamo lieti di poter andare avanti con questa operazione e confidiamo di raggiungere la positiva conclusione della transazione proposta ad Alitalia": le parole del numero uno di Etihad, James Hogan, hanno segnato la svolta positiva che era attesa nella trattativa con Alitalia. La compagnia di Abu Dhabi ha così dato il via libera alla struttura dell'operazione, ed il sì a passare al rush finale della trattativa per l'ultima messa a punto dell'operazione. Un passaggio in cui, con la lettera di risposta attesa da quando il 15 maggio Alitalia aveva mandato ad Abu Dhabi l'ultima proposta, la compagnia emiratina fissa "le condizioni e i criteri" per l'investimento, quindi segna la strada per le limature e gli ultimi nodi da sciogliere. Dagli Emirati c'è la disponibilità ad un investimento intorno ai 600 milioni di euro, preannuncia il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi, che sottolinea l'importanza del passaggio ("un giorno importante, direi decisivo"), esclude che il progetto possa portare ad una bad company e avverte: "Adesso ognuno si faccia carico delle sue responsabilità". In gioco, tra i principali nodi da sciogliere, le banche azioniste-creditrici di Alitalia ("per l'accordo sul debito che Abu Dhabi chiede di cancellare: una trattativa che potrebbe portare in parte ad una conversione in quote azionarie), ed i sindacati e lo stesso governo (per la partita su 2.600-3mila esuberi e gli ammortizzatori sociali). L'attesa è per i contenuti della lettera di Etihad, base per la trattativa finale per l'ingresso in Alitalia con una quota intorno al 49% (un passo sotto lo stop Ue agli operatori stranieri): ci vorrà circa un mese per la messa a punto definitiva, prevedono gli addetti ai lavori.

Resta ancora tutta da giocare la partita sugli esuberi che oscillano tra le 3 mila e le 2.600 unità. Se infatti la Cgil evita di commentare, in attesa di conoscere i numeri reali dell'operazione, il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, mette subito in chiaro che e' ancora prematuro parlare di esuberi''. ''L'accordo con la compagnia araba - sottolinea Bonanni - apre una prospettiva importante per Alitalia, soprattutto sul piano intercontinentale. Se ci sara', finalmente, questo nuovo piano di sviluppo che noi auspichiamo da tempo, non ci saranno esuberi e potranno essere riassorbiti via via tutti i lavoratori. Ma e' chiaro che ora dobbiamo venirci tutti incontro: governo, compagnia e sindacati''. Per il leader della Cisl ''bisogna costruire una azienda solida che salvaguardi anche l'indotto. E' sbagliato parlare subito di esuberi. Non bisogna fare terrorismo sulla pelle dei lavoratori''. Anche dal segretario generale della Uilt, Claudio Tarlazzi, arriva un invito alla cautela. ''Mantenere grande cautela per quanto riguarda gli esuberi previsti dall'accordo - afferma il sindacalista -, innanzitutto bisognerà analizzare il piano industriale per il risanamento e lo sviluppo dell'Azienda e in tale contesto dovrà essere fatta un'attenta analisi sulla dimensione degli organici in relazione al piano industriale e solo a valle di tale analisi si potrà comprendere la dimensione degli eventuali esuberi''. ''Rivendichiamo - conclude Tarlazzi - che in una fase così delicata, riguardante tanti posti di lavoro - conclude Tarlazzi -, si concretizzi quanto finora annunciato, servono tutele. Il sindacato ha finora dimostrato senso di responsabilità e continuerà fino al buon esito, ci auguriamo, dell'accordo''. A smorzare i toni interviene il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, rassicurando che ''si troverà sicuramente un compromesso sugli esuberi, anche grazie alla responsabilità dei sindacati e all'impegno del governo su questo fronte''. Resta ora da capire quando saranno convocati i sindacati. Evidentemente ci sarà un doppio passaggio: una prima convocazione da parte dell'Alitalia e un passaggio finale con il Governo che dovrà garantire le tutele agli eventuali esuberi. Intanto per venerdì prossimo dovrebbe riunirsi il Cda dell'Alitalia per una prima valutazione delle condizioni di Etihad, ma le due compagnie già si preparano a lanciare offerte commerciali integrate nell'ambito del programma turistico ''Italiani nel Mondo'' 2015 per l'Expo in programma l'anno prossimo, offrendo tariffe promozionali comuni.
Ora si dovrebbe aprire un percorso che durerà ancora qualche settimana, circa un mese, per scrivere l’intesa in ogni dettaglio e arrivare al varo finale e definitivo dell’operazione. La trattativa «sta andando avanti, stiamo facendo progressi», diceva nei giorni scorsi il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Lunedì scorso il board della compagnia aerea di Abu Dhabi si è riunito approvando la cornice dell’accordo sul modello della newco in cui dagli Emirati sono pronti a investire circa 500 milioni (per il ministro Lupi 600) per una quota tra il 40 ed il 49%, restando un passo sotto i vincoli europei all’ingresso di operatori stranieri.

Il nodo della gestione esuberi, richiederà un doppio passaggio: una intesa sindacale, e l’intervento del Governo sul fronte degli ammortizzatori sociali da mettere in campo. Per quanto di competenza dell’esecutivo appare come un percorso in discesa; il ministro del Lavoro Giuliano Poletti è stato chiaro: solo quando sarà noto il progetto, e quindi solo quando saranno chiari i numeri dell’impatto occupazionale, il governo valuterà come intervenire, ma lo farà sicuramente come è stato «sempre fatto per tutte le imprese». La stessa posizione era stata espressa da Maurizio Lupi: vediamo l’accordo, valutiamo il piano industriale, poi si vedrà il tema dell’occupazione insieme al ministro Poletti.

Altro punto chiave, il punto forse più delicato, l’intesa finale con le banche azioniste e creditrici: Etihad vorrebbe che il debito da 560 milioni restasse fuori dalla newco, sulle spalle degli attuali soci, cancellato. Le banche sarebbero disposte a farlo solo in parte, ed ad andare comunque incontro alle richieste di Etihad per una diversa strada, la conversione della quota restante, intorno ai due terzi del debito, in quote azionarie della nuova società da creare con il vettore emiratino.


lunedì 9 luglio 2012

Spending review gli esuberi dei dipendenti statali


Ci siamo sta partendo l'iter parlamentare che porterà all'entrata in vigore della cosiddetta "spending review", la revisione e razionalizzazione della spesa pubblica voluta dal governo Monti. Il dipendente statale da garantito in tutto e per tutto diventerà più simile ad un lavoratore del privato.

Vediamo i punti salienti del decreto che riguarda il settore della Pubblica Amministrazione e i dipendenti pubblici in modo particolare.

I dipendenti statali: non saranno più obbligati ad andare in vacanza nella settimana di Ferragosto e in quella tra Natale e Capodanno. Le ferie costrette per legge, previste nella prima bozza del decreto sulla spending review, sono state cancellate nell'ultima versione.

Misure principali adottate c'è quella del taglio dei dipendenti pubblici in esubero, 24 mila, così ripartiti: circa 11.000 lavorano nei ministeri e negli enti pubblici non economici (di cui 5.600 nei ministeri) e 13.000 negli enti territoriali (escluse le regioni). Tra gli 11.000 ministeriali, sono 6.000 quelli pensionabili al 31/12/2012 e 2.000 negli enti locali. Per i lavoratori della PA in esubero e vicini alla pensione potrebbe scattare il meccanismo della mobilità lunga (senza lavorare ma con l'80% dello stipendio per quattro anni).

Uscita dal lavoro morbida per chi rientra nella revisione delle piante organiche del pubblico impiego.
Il decreto sulla spending review porterà a una consistente diminuzione dei dipendenti della pubblica amministrazione sia Ministeriale che Locale.
Uno dei criteri individuati per la sospensione dalle attività del personale dichiarato in esubero partirebbe da coloro che hanno compiuto 60 anni: a loro andrebbe un'indennità dell'80% dello stipendio base (non dell'intero trattamento economico) fino alla pensione. Diversa la questione per quanto riguarda i dirigenti, per i quali è al vaglio, per quelli giunti alla maturazione dei 42 anni di contribuzione (41 per le donne), la possibilità della sospensione immediata.
E la mobilità del settore pubblico, verrebbe esercitata con un percorso simile allo stato di crisi per le aziende private. Ossia, riduzione dello stipendio, l'80% della busta paga base senza straordinari e indennità.

Entro la fine di ottobre sarà tagliata la pianta organica dei ministeri e degli enti pubblici non economici. La riduzione complessiva sarà del 20% per i dirigenti e del 10% per tutti gli altri dipendenti ma con livelli diversi a seconda delle singole amministrazioni.

Le amministrazioni pubbliche attualmente hanno trattamenti diversi per quanto riguarda i buoni pasto; alcuni lavoratori hanno diritto ai ticket da 5 euro, altri possono arrivare a valori di 14 euro e oltre. La manovra di spending review forfettizza il valore del singolo buono pasto a 7 euro per tutti.

Con quest'unico intervento lo Stato recupererà 53,8 milioni di euro. I maggiori risparmi verranno realizzati negli enti pubblici non economici dove l'importo medio dei ticket è di 11,60 euro. A guadagnarci sarà il personale dei ministeri, dove oggi i buoni pasto valgono in media 6,97 euro, e il Servizio sanitario nazionale (Ssn), che è ancora fermo a 5,60 euro a testa.

I dipendenti della Pubblica Amministrazione si vedranno anche ridimensionare lo spazio di lavoro. Il decreto prevede l'introduzione dello spazio standard per il dipendente pubblico. Gli spazi ad uso ufficio vengono infatti rapportati alle effettive esigenze funzionali degli uffici e alle risorse umane impiegate in base a un parametro di riferimento compreso tra 20 e 25 metri quadrati per addetto. Una misura di rapida applicazione, perché le amministrazioni hanno 90 giorni dalla pubblicazione del decreto per compilare i piani.
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