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sabato 14 marzo 2015

Contratto di lavoro a tutele crescenti: mutui a rischio



Il contratto a tutele crescenti è legge dello stato: dal 1° marzo regolerà le nuove assunzioni a tempo indeterminato. Porterà davvero a un miglioramento del mercato del lavoro? Dipende dalla sua capacità di ridurre la precarietà.

Pensiamo a cosa succederà quando il beneficio fiscale verrà meno. Non si tratta di un’ipotesi ca perché il rischio che il bonus fiscale non sia sostenibile per le finanze pubbliche è molto concreto. In Italia è ora possibile assumere a termine senza causa scritta e rinnovare per cinque volte il contratto nell’arco di tre anni. Nulla vieterà a un’impresa di offrire il nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti soltanto dopo tre anni di contratto a termine. Tenendo conto che nei primi due anni l’indennizzo è decisamente modesto, in queste condizioni si rischia di rendere precario un nuovo assunto per almeno cinque anni. Ciò significa che una volta esaurito il beneficio fiscale, la precarietà potrebbe anche aumentare. Una situazione paradossale.

L'ABI rassicura, più mutui grazie al Jobs Act, ma da un'inchiesta su dieci banche solo una concede il prestito a fronte di contratto indeterminato a tutele crescenti: dati e riflessioni.

Il problema si è posto da subito: il nuovo contratto indeterminato a tutele crescenti previsto dal Jobs Act, che prevede meno garanzie contro il licenziamento rispetto al vecchio tempo indeterminato, avrà conseguenze sensibili sulla possibilità di ottenere mutui per acquistare la casa? Una risposta certa al momento non si può dare, visto che il nuovo indeterminato a tutele crescenti è in vigore dal 7 marzo  2015 e non ci sono dati su come si comporteranno le banche.

Ci sono, in compenso, due elementi contrastanti su cui riflettere: da una parte una dichiarazione del presidente dell’ABI, Giorgio Patuelli, del tutto confortante sul fatto che le banche vedranno di buon occhio il nuovo contratto indeterminato a tutele crescenti per la concessione dei mutui. Anzi, per Patuelli, i mutui sono destinati ad aumentare nel caso in cui lo strumento alimenti nuove assunzioni, spingendo quindi un maggior numero di lavoratori ad acquistare la casa e a chiedere mutui. Dall’altra, ci sono dubbi sollevati da più parti sul fatto che il nuovo contratto presenta meno garanzie rispetto al vecchio e anche una specifica inchiesta di Repubblica che mette in luce una serie di criticità.

Partiamo dalle dichiarazioni di Patuelli:

«Guardiamo con una disposizione favorevole al nuovo contratto, ci attendiamo un aumento di assunzioni a tempo indeterminato, destinato ad assorbire alcune forme contrattuali precarie. Sono convinto che i neoassunti con il contratto a tutele crescenti saranno bene visti dalle banche, che sono pronte ad accogliere positivamente la richiesta di prestiti e mutui avanzata da lavoratori stabilizzati».

«Per le banche la questione sostanziale è rappresentata dalla tipologia di contratto che è a tempo indeterminato – aggiunge Patuelli -. Il fatto che le tutele dal licenziamento si esplichino in modo differente rispetto al passato è ininfluente, perché al posto della reintegrazione è previsto per il lavoratore licenziato il pagamento di un indennizzo crescente fino a 24 mensilità che rappresenta una garanzia. Ovviamente il merito di credito sarà visto da ciascuna banca con una predisposizione positiva, ma guardando alla situazione specifica, ovvero all’importo richiesto, al reddito mensile, al valore dell’immobile, come si è sempre fatto per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato».

Come si vede, toni rassicuranti da parte del presidente dell’ABI, che però non sembrano confortati, almeno per il momento, dai fatti.

Due giornalisti di Repubblica, Matteo Pucciarelli e Silvia Valenti, hanno svolto una specifica inchiesta, presentandosi in una decina di banche fingendosi una coppia che chiedeva un mutuo per una casa a Milano da 200 milioni di euro, 70mila come anticipo. Il mutuo serviva a coprire il 65% dell’acquisto, dunque, (in genere, il massimo è l’80%). La somma richiesta: 130mila euro. Si presentavano come una giovane coppia di trentenni con due contratti di assunzione a tempo indeterminato, uno a tutele crescenti, per un importo di 1600 euro al mese, l’altro con il vecchio tempo indeterminato, con stipendio di 1200 euro al mese. Ebbene, una sola banca ha dichiarato disponibilità a concedere il mutuo, mentre tre hanno dato risposta negativa, quattro hanno preso tempo, due non hanno risposto.

Va fatta una precisazione importante: il problema fondamentale emerso dall’inchiesta non è l’indisponibilità a concedere un mutuo, ma la scarsa conoscenza da parte delle banche del nuovo contratto a tutele crescenti. Si tratta di un nuovo strumento sul quale ancora non c’è una preparazione adeguata da parte degli operatori e dei consulenti a cui ci si rivolge per ottenere i mutui.

Nella maggior parte dei casi le banche hanno chiesto tempo, per acquisire ad esempio documentazione storica sulle busta paga dell’assunto a tutele crescenti (che, nella coppia in questione, rappresentava lo stipendio più alto), nel senso che si rimandava la decisione di qualche mese, alcuni hanno chiesto almeno sei buste paga pregresse. Non sono mancati casi in cui di fatto l’orientamento iniziale è stato quello di considerare il contratto a tutele crescenti in modo simile a un contratto parasubordinato (caso in cui, spesso, si chiedono ulteriori garanzie).

L’unica banca che ha detto sì senza fare una piega è Deutsche Bank (fra le poche banche straniere interpellate nell’inchiesta, la maggioranza nel panel è stato rappresentato da istituti di credito italiani). L’impiegato a cui la giovane coppia si è rivolta ha risposto, semplicemente: «se non lo diamo a voi, il mutuo, a chi dobbiamo darlo?».

E’ difficile non pensare che se non si fanno mutui a giovani coppie con due contratti a tempo indeterminato, quale che sia la protezione prevista in materia di articolo 18 e reintegro, sembra difficile che il mercato dei mutui possa riprendersi come tutti auspicano.

Che effetti dovremmo quindi aspettarci dal nuovo contratto? Rendendo più facili le interruzioni di lavoro, implicherà ovviamente un aumento dei licenziamenti. Al tempo stesso, renderà anche più facile assumere nuovi lavoratori. Il saldo netto è però ambiguo, come da sempre evidenziato dagli studi empirici in materia.

Il vero obiettivo del contratto a tutele crescenti non va ricercato tanto nella riduzione della disoccupazione, quanto piuttosto nella riduzione della precarietà. Questo significa che la riforma avrà avuto successo se la quota di assunzioni a termine si ridurrà. Come dovrebbe ridursi anche la quota di assunzioni sotto altre forme instabili (in particolare contratti a progetto e false partite Iva).



domenica 18 agosto 2013

Ecobonus 13.700 assunzioni per il settore edilizia



Gli incentivi per l’edilizia rilanciano l’occupazione. A misurare l'impatto degli incentivi per le ristrutturazioni edili e il risparmio energetico un rapporto di Confartigianato: a luglio 2013 sono 2 milioni i proprietari di case orientati a effettuare entro 12 mesi un intervento di manutenzione circa 22,2% rispetto a luglio dell'anno scorso".

Sono 13.700 i nuovi posti di lavoro nel settore costruzioni per effetto degli incentivi fiscali per le ristrutturazioni. E' la stima della Confartigianato, che sottolinea che questo è "uno dei principali effetti degli incentivi per le ristrutturazioni edili e il risparmio energetico varati a giugno dal governo. Una boccata d'ossigeno per il comparto maggiormente colpito dalla crisi, che nell'ultimo anno ha perso 122mila occupati".

Se gli incentivi fiscali trainano l’occupazione, rimane un nodo, quello dei mutui: in uno studio diffuso in vista del nuovo piano casa da 5 miliardi che il governo «si appresta a presentare per sbloccare i mutui e agevolare l’acquisto di abitazioni», Confartigianato avverte: per le famiglie «comprare un’abitazione rimane un miraggio», anche perché in Italia i mutui sono ancora «i più cari d’Europa».

In crescita anche la spesa per ristrutturazioni e riqualificazione energetica che, prevede Confartigianato, nel secondo semestre di quest'anno aumenterà di 1.565 milioni, pari al +26%, di cui 1.065 milioni per ristrutturazioni edili e 500 milioni per risparmio energetico. Gli incentivi fiscali hanno già mostrato in passato il loro effetto benefico sull'edilizia: secondo la Confartigianato, nel 2011 le detrazioni sono state utilizzate da 6.752.644 contribuenti italiani per una cifra di 3.595 milioni e hanno inciso per il 4,2% del valore aggiunto del settore costruzioni.

La spesa complessiva effettuata nel 2011 per interventi di ristrutturazione ammonta a 12 miliardi di cui 3,5 miliardi (29,1%) per il risparmio energetico e 8,5 miliardi (70,9%) per il recupero del patrimonio edilizio. Tale spesa rappresenta il 5,8% del valore del fatturato nel settore delle costruzioni e il 13,9% del valore aggiunto. Positivo anche l'impatto sull'ambiente: nel 2011 gli interventi per l'efficienza energetica degli edifici (per detrazioni pari a 1,8 miliardi) hanno generato un risparmio energetico notevole di 1.435 Gwh/anno.

Dal 2007 al 2011 il risparmio energetico ottenuto grazie agli ecobonus arriva a 7.637 Gwh/anno. Il maggiore risparmio deriva dall'impiego di impianti di riscaldamento efficienti (40,3%), seguito dalla sostituzione di infissi (22,2%), sostituzione di scalda acqua elettrici (13,6%) e dalla coibentazioni di superfici opache orizzontali (7,8%).


sabato 14 maggio 2011

Prestiti senza busta paga. Attenzione alle truffe

I prestiti senza busta paga rappresentano formule di finanziamento proposte da banche, finanziare ed assicurazioni, per rispondere alle esigenze di consumatori che non sono in grado di fornire a garanzia del prestito uno stipendio mensile.
E’ bene ricordare che l’erogazione dei prestiti senza busta paga restano vincolati ad una serie di garanzie accessorie a tutela del finanziamento: possono, infatti, essere richiesti a garanzia, ad esempio, eventuali ipoteche immobiliari, rendite da locazione (canone di affitto in caso di immobili di proprietà locati a terzi) oppure la firma di un garante.
I prestiti senza busta paga sono soluzioni destinate a clienti diversificati: casalinghe, lavoratori assunti con contratti atipici, oppure piani di prestito agevolato senza busta paga riservati agli studenti. Nel caso dei prestiti senza busta paga per studenti, i piani di rimborso e le condizioni previste dal contratto sono particolarmente convenienti: generalmente l’erogazione dell’importo è finalizzata all’acquisto di materiale didattico, l’acquisto di supporti tecnologici oppure sono destinati a finanziare percorsi di studio come laurea, specializzazioni ed altro.
Gli importi per i prestiti senza busta paga sono molto contenuti: di solito le erogazioni non superano i due mila euro, mentre nel caso dei prestiti per studenti le somme variano sulla base delle offerte e dei piani proposti dai diversi istituti di credito.
Attenzione alle truffe.
Quando è possibile ottenere un prestito senza paga. Con certezza se se si dispone di un immobile di proprietà ed in ogni caso di entrate per far fronte alle rate.
I prestiti senza busta paga non vengono concessi a lavoratori che pur disponendo ad esempio di un'occupazione in nero, non possono certificare alcun tipo di entrata.
E’ utile sottolineare che i lavoratori autonomi (senza busta paga) possono ottenere dei prestiti  se rientrano nei parametri stabiliti dalle società finanziarie che, in linea generale, sono:
nessun protesto o segnalazione in banca dati;
carico finanziario (altri prestiti e mutui in corso) non troppo elevato (di solito non si deve superare il 25 % - 30% del reddito dimostrato);
 reddito che deve essere dimostrato dall'ultimo 730, attività aperta da più di un anno.
Invitiamo a diffidare (ATTENZIONE ALLE TRUFFE) di persone e società finanziaria (principalmente agenzie di mediazione creditizia) che promettono prestiti senza busta paga a lavoratori in nero e disoccupati richiedendo in anticipo spese di istruttoria della pratica. Spesso si tratta di espediente per ottenere soldi in anticipo sui prestiti che non verranno mai erogati, giustificando legalmente tali costi come “spese di istruttoria o di consulenza finanziaria” quindi non rimborsabili nel caso di un diniego.
Spesso bisogna alzare la guardia per le truffe  ed i truffatori che sono in agguato e si può cadere nella trappola soprattutto quando si cerca un prestito a tutti i costi.
Per i soggetti non garantiti, senza vere garanzie parlando del settore mutui, che indubbiamente è la parte più interessante, c’è da dire che non è pensabile di avere un mutuo che copra il 100% del valore dell’immobile, quindi bisogna diffidare di chiunque lo prometta.
La situazione cambia se invece si ha bisogno di un mutuo che copra il 60% o meno del valore della casa, perché così potrebbe bastare la garanzia dell’ipoteca sull’immobile. Anche in questo caso però la banca vorrà in qualche modo assicurarsi sulle entrate economiche del richiedente, anche se non regolari, richiedendo lo storico dell’estratto conto bancario.
Fattore essenziale è che la società che propone prestiti deve essere iscritta su appositi elenchi tenuti presso la Banca d’Italia con lo scopo di prevenire e contrastare l’attività di riciclaggio.
Ricordiamo inoltre l’attività di vigilanza di Consob e Banca d’Italia, che si sviluppa a tre livelli: regolamentare, informativa e ispettiva. La vigilanza ispettiva riguarda la possibilità di Banca d’Italia e Consob di effettuare ispezioni e richiedere l’esibizione dei documenti e il compimento degli atti ritenuti necessari presso i soggetti abilitati, comunicandosi l’un l’altra le ispezioni disposte affinché l’altra possa chiedere accertamenti su profili di propria competenza. Quindi esiste una garanzia per ovviare alle truffe.
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