lunedì 8 dicembre 2014
Violazione della procedura di sospensione propri dipendenti in CIG
La cassa integrazione guadagni è una prestazione economica erogata dall'INPS con la funzione di sostituire o integrare la retribuzione dei lavoratori sospesi dal lavoro o che lavorano a orario ridotto, in situazioni espressamente previste dalla legge. Viene concessa, in caso di sospensione o contrazione dell'attività produttiva per situazioni aziendali dovute a: eventi temporanei e non imputabili all'imprenditore o ai lavoratori o situazioni temporanee di mercato.
Obiettivo della CIG è quello di sollevare le aziende, in momentanea difficoltà produttiva, dai costi del lavoro della manodopera temporaneamente non utilizzata, consentendo ai lavoratori di riprendere la loro collaborazione una volta superata tale difficoltà.
Una sentenza della Corte di Cassazione (n. 2882 del 18/3/98) ha fornito al riguardo importanti chiarimenti.
Il datore di lavoro, quando intende sospendere propri dipendenti in CIG, deve preventivamente comunicare alle RSA, nonché alle organizzazioni sindacali di categoria più rappresentative operanti nella provincia, le cause di sospensione, l’entità e la durata prevedibile della stessa, nonché il numero dei lavoratori interessati. Ricevuta la comunicazione, le organizzazioni sindacali possono eventualmente chiedere un esame congiunto. Il contenuto dell’informazione è stato ampliato dalla Legge. n. 223 del 1991: il datore di lavoro deve infatti comunicare anche i criteri di scelta dei lavoratori da sospendere, nonché le modalità della rotazione. E’ anche previsto che il datore di lavoro, se ritiene per ragioni tecnico – organizzative di non adottare meccanismi di rotazione, debba indicarne le ragioni nel programma da predisporre all’atto della presentazione della domanda di CIG.
E’ pacifico che la violazione delle informazioni introdotte dalla L. 223 costituisca condotta antisindacale. Tuttavia, questo rimedio non sempre è sufficiente, dal momento che molto spesso il sindacato dà atto, contro al vero, che la procedura prevista dalla legge è stata esercitata o, comunque, non reagisce alle violazioni procedurali del datore di lavoro. Pertanto, mancando il sindacato che agisca in giudizio per comportamento antisindacale, il singolo lavoratore sospeso in CIG rimane senza tutela. Peraltro, non tutti i giudici ritenevano che la violazione di quegli obblighi di informazione costituisse anche un motivo di illegittimità delle singole sospensioni in CIG: infatti, la legge non prevede esplicitamente la sanzione della illegittimità della sospensione in CIG per il caso in esame, e ciò a differenza di quanto accade per la messa in mobilità, che è illegittima, per espressa previsione di legge, nel caso di violazioni procedurali. A fronte di questo orientamento giurisprudenziale, dunque, la tutela del singolo lavoratore presupponeva una causa promossa dal sindacato che, come si è detto, non sempre reagiva contro le violazioni procedurali.
La sentenza della Cassazione sopra citata riapre la questione: è stato infatti ritenuto che la mancata comunicazione dei motivi di scelta leda anche il diritto dei singoli lavoratori che, dunque, potranno agire in giudizio per ottenere il riconoscimento della illegittimità della sospensione in CIG e la reintegrazione in servizio. A questa conclusione non osta il fatto che la legge non preveda esplicitamente la sanzione della illegittimità. Infatti il datore di lavoro, se ha il potere di licenziare, non ha il potere di rifiutare la prestazione lavorativa. Ciò è possibile, mediante la sospensione in CIG, solo perché la legge consente, in alcuni casi e a determinate condizioni, di derogare al principio generale; pertanto, tale deroga è ammessa solo nei limiti indicati dalla legge; al di fuori di questi limiti, torna a valere il principio generale e la sospensione in CIG diventa illegittima. Pertanto, non è necessario prevedere specificamente la sanzione della illegittimità, che discende invece dai principi generali.
La Cig del settore industria (gestione ordinaria) può intervenire attraverso due modalità, quella ordinaria e quella straordinaria:
l'intervento ordinario è riconosciuto ai dipendenti di imprese industriali (le aziende edili o produttrici dei materiali lapidei sono ricondotte alla gestione speciale), che siano sospesi dal lavoro (zero ore lavorate) o effettuino un orario ridotto (rispetto all'orario settimanale contrattualmente previsto), a causa di una contrazione o sospensione dell'attività produttiva, dovute a:
eventi transitori non imputabili a imprenditore o ai dipendenti;
oppure a situazioni temporanee di mercato.
l'intervento straordinario è riconosciuto ai dipendenti (assunti da almeno 90 giorni) delle seguenti imprese:
- industriali (comprese le aziende edili o produttrici dei materiali lapidei) con più di 15 addetti;
- esercenti in modo prevalente e continuativo la commercializzazione del prodotto delle imprese industriali con più di 15 addetti;
- appaltatrici di servizi di mensa e ristorazione o di pulizia, con più di 15 addetti, presso aziende industriali (che anch'esse stiano ricorrendo a trattamenti di Cig);
- artigiane, con più di 15 addetti, che procedono alla sospensione dei lavori in conseguenza della contrazione dell'attività dell'impresa committente in Cig, a condizione che questa eserciti l'influsso gestionale prevalente (cioè che abbia fornito il 50% del fatturato nel biennio precedente);
- nei casi di sospensione o riduzione di orario dovute a:
- ristrutturazione, riorganizzazione o riconversione aziendale;
- crisi aziendale;
- ammissione alle procedure concorsuali (fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria, ammissione al concordato preventivo con cessione dei beni) qualora non sia disposta o sia cessata l'attività;
- accordi di riduzione di orario che salvaguardino i livelli occupazionali (contratti di solidarietà).
Chi può andare in CIG ?
Possono essere posti in Cig/O i lavoratori operai ed impiegati e sono esclusi i dirigenti e gli apprendisti
Per quali cause ?
- mancanza momentanea di lavoro;
- mancanza provvisoria di materiali per l'attività lavorativa;
- guasti agli impianti;
- ridotta o sospesa disponibilità di energia elettrica;
- casi particolari come alluvioni e incendi.
Certificazione nei contratti di lavoro
La certificazione è una speciale procedura finalizzata ad attestare che il contratto che si vuole sottoscrivere abbia i requisiti di forma e contenuto richiesti dalla legge. È una procedura a carattere volontario, può essere eseguita solo su richiesta di entrambe le parti (futuro lavoratore e datore di lavoro) e ha lo scopo di ridurre il contenzioso in materia di qualificazione di alcuni contratti di lavoro.
Possono essere oggetto di certificazione solo i contratti di:
• lavoro intermittente
• lavoro ripartito
• lavoro a tempo parziale
• lavoro a progetto
• associazione in partecipazione
• appalto
La procedura di certificazione è attivata a seguito di una richiesta scritta e congiunta del datore di lavoro e del lavoratore. L'inizio del procedimento deve essere comunicato alla DTL competente per territorio e deve concludersi entro 30 giorni dalla ricezione dell'istanza. Nella valutazione la commissione deve tener presente i codici di buone pratiche.
La procedura si conclude con un atto di certificazione motivato che indica l'autorità presso cui è possibile presentare ricorso, il termine per presentarlo e gli effetti della certificazione. L'atto di certificazione può essere impugnato dal datore di lavoro e dal lavoratore, oltre che dai terzi interessati, davanti al giudice del lavoro e in alcuni casi al TAR (Tribunale amministrativo regionale). La pratica di certificazione e i contratti certificati devono essere conservati presso le sedi di certificazione per almeno 5 anni dal momento della loro scadenza.
Le sedi di certificazione svolgono attività di consulenza e assistenza al datore e al lavoratore sia in relazione alla stipulazione, sia in relazione alle modifiche del programma negoziale.
Il recente D. Lgs. 276/03 ha introdotto la certificazione che è finalizzata a ridurre il contenzioso in materia di rapporti di lavoro attraverso un'esatta qualificazione del rapporto stesso. Infatti, chi abbia stipulato un contratto di lavoro atipico, può certificare la genuinità di quel contratto e del proprio rapporto di lavoro, rivolgendosi ad apposite Commissioni, giurando che il proprio rapporto di lavoro si svolge davvero coerentemente con la tipologia contrattuale prescelta e non nasconde, invece, un ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Più precisamente, alla certificazione possono ricorrere i titolari di un contratto di lavoro intermittente, di lavoro ripartito, di lavoro a tempo parziale, di lavoro a progetto e di associazione in partecipazione. Inoltre, è ammessa la procedura di certificazione per i contratti di appalto anche ai fini della concreta distinzione dalla somministrazione di lavoro. L'autorità dotata del potere certificatorio può essere un ente bilaterale, la Direzione provinciale del lavoro, una Provincia e le Università. La procedura deve concludersi entro il termine di trenta giorni dalla presentazione dell'istanza.
L'atto di certificazione deve essere motivato e contenere, tra l'altro, il termine e l'autorità cui è possibile ricorrere nei confronti della certificazione stessa. Infatti, nei confronti della certificazione può essere impugnata avanti il Giudice del Lavoro, ad opera delle stesse parti o di un terzo, nella cui sfera giuridica l'atto impugnato produca effetti. Tuttavia, l'impugnazione giudiziale è ammessa solo per alcuni motivi, indicati dal legislatore delegato: ciò infatti può accadere per il caso in cui il rapporto si svolga, di fatto, in maniera diversa da come è stato certificato, o per erronea qualificazione del contratto, o per un vizio del consenso (quindi quando qualcuno sia stato indotto alla certificazione per violenza, errore, dolo). In questo caso, il preventivo tentativo obbligatorio di conciliazione deve essere effettuato davanti alla commissione di certificazione che ha adottato l'atto di certificazione. L'atto di certificazione può essere impugnato anche davanti al Tribunale Amministrativo Regionale per violazione del procedimento o per eccesso di potere.
Nonostante le finalità dichiarate dal legislatore delegato si deve ritenere che, in realtà, la certificazione avrà la sola conseguenza di aumentare i ricatti ai danni del lavoratore. Infatti, si può scommettere che, d'ora in poi, il datore di lavoro subordinerà l'assunzione di un lavoratore atipico, o la stipulazione di un contratto a progetto, alla contestuale certificazione e, ovviamente, se il lavoratore rifiuterà, non si darà corso al rapporto di lavoro.
La certificazione presenta notevoli vantaggi per i lavoratori e per le aziende in quanto la Commissione, costituita da soggetti altamente qualificati, assiste attivamente le parti nella redazione del contratto e ne verifica e convalida la regolarità formale e sostanziale, qualunque sia il modello contrattuale prescelto dalle parti (lavoro autonomo, subordinato, coordinato, ecc.). Con la certificazione, quindi, le parti sono sicure della “qualità” dei contratti stipulati.
Gli effetti della certificazione sono importanti, oltre che sul piano della certezza del diritto, anche su quello della resistenza del contratto in caso di controversia, in quanto la certificazione dispiega i propri effetti verso i terzi (enti previdenziali compresi) e previene il contenzioso giudiziale in materia di qualificazione del rapporto.
Come tutte le forme di certificazione, anche la certificazione dei contratti di lavoro e di appalto ha un’importante valenza in termini di responsabilità sociale d’impresa e presenta indubbi riflessi positivi nei rapporti dell’azienda sia con i propri lavoratori sia con i propri interlocutori (clienti, fornitori, istituzioni, istituti di credito, ecc.).
Le Commissioni di certificazione hanno il potere di svolgere:
a. attività di consulenza e assistenza alle parti contrattuali sia al momento della stipulazione del contratto di lavoro sia, successivamente, per eventuali modifiche concordate in sede di attuazione del rapporto;
b. attività di certificazione di tutti i contratti in cui sia dedotta, direttamente o indirettamente, una prestazione di lavoro.
c. attività di conciliazione delle controversie ai sensi dell'articolo 410 c.p.c.
Gli effetti del provvedimento di certificazione permangono, anche nei confronti dei terzi, fino al momento in cui sia stato accolto, con sentenza di merito, un eventuale ricorso giurisdizionale. Nei confronti dell’atto di certificazione, sia le parti che i terzi che ne abbiano interesse possono proporre ricorso giurisdizionale soltanto per vizi del consenso, per erronea qualificazione del rapporto o per difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione. Il ricorso al giudice ordinario deve obbligatoriamente essere preceduto da un tentativo di conciliazione da svolgersi avanti alla commissione che ha certificato l’atto.
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Rapporto di lavoro
Esodati - salvaguardati: chi e come fare domanda entro il 5 gennaio 2015
Secondo l’esecutivo la vicenda esplosa dopo la riforma Fornero, quando l’Inps quantificò in 328.650 i lavoratori che rischiavano di restare senza lavoro e senza pensione per effetto dell’improvviso aumento dei requisiti, si è chiusa con i sei «decreti di salvaguardia» approvati finora, che consentono a 170mila lavoratori di andare in pensione con le regole vigenti prima della riforma.
Secondo i comitati degli esodati ci sarebbero invece almeno altre 50 mila posizioni da sanare. Al di là di questo braccio di ferro, che riguarda comunque persone che hanno perso il lavoro prima della riforma Fornero, va affrontato il tema dei lavoratori anziani che stanno perdendo o perderanno il lavoro senza essere coperti dagli ammortizzatori sociali fino al raggiungimento della pensione. Di qui il tema della flessibilità in uscita: stabilire cioè regole che consentano, in determinati casi, di andare in pensione prima. Oltre alla minipensione anticipata sotto forma di prestito a se stessi, altre ipotesi prevedono la possibilità di lasciare il lavoro qualche anno prima ma con una pensione più bassa o attraverso penalizzazioni per ogni anno di anticipo o con il calcolo dell’assegno col metodo contributivo, cioè sulla base dei versamenti effettuati durante tutta la vita lavorativa.
Le istruzioni INPS per gli esodati della sesta salvaguardia: ecco chi deve fare domanda alla DTL entro il 5 gennaio, i moduli e le modalità di presentazione.
Con il Messaggio n. 9305/2014 l’INPS ha chiarito le modalità con le quali i lavoratori esodati - salvaguardati possono presentare domanda di accesso alla sesta salvaguardia dalla Riforma delle Pensioni Fornero (D.L. 201 del 2011, convertito dalla legge n. 214 del 2011).
Chi non deve fare domanda
Più in particolare l’Istituto precisa che gli esodati esclusi dalla quarta salvaguardia (art 11 bis della legge n. 124 del 2013) per esaurimento del plafond sono esonerati dal dover ripresentare la domanda di accesso entro il 5 gennaio 2015. Si tratta dei lavoratori che sono in possesso di un provvedimento di accoglimento della Direzione Territoriale per il Lavoro, ma non hanno ricevuto la certificazione del diritto alla salvaguardia perché esclusi dal contingente numerico.
Chi deve fare domanda
La scadenza del 5 gennaio riguarda invece i lavoratori che non hanno presentato alla DTL competente la domanda di accesso alla quarta salvaguardia, o l’hanno presentata ma non hanno ricevuto alcun provvedimento di accoglimento da parte della DTL stessa.
Come fare domanda
L’istanza va presentata utilizzando moduli e istruzioni forniti dal Ministero e contenuti nella Circolare 27/2014. Ricordiamo che le modalità di presentazione delle istanze cambiano per le diverse categorie di salvaguardati:
i lavoratori cessati in base ad accordi devono presentare l’istanza presso la DTL davanti alla quale sono stati sottoscritti gli accordi;
in tutti gli altri casi, la domanda va presentata alla DTL competente in base alla residenza del lavoratore.
Le istanze possono essere trasmesse:
agli indirizzi PEC (Posta Elettronica Certificata) della DTL;
alla email dedicata;
via raccomandata A/R.
Dopo 30 giorni dalla presentazione delle domande, la DTL ne decide l’ammissibilità motivando un eventuale parere contrario. Il lavoratore esodato ha altri 30 giorni per presentare ricorso. Nel proprio Messaggio l’Istituto precisa, inoltre, che nella lettera di certificazione viene indicata anche la data di apertura della cosiddetta “finestra di accesso” e, quindi, la prima data utile dalla quale l’assicurato può ottenere la pensione. La domanda di pensione in salvaguardia potrà poi essere presentata in qualsiasi momento successivo all’apertura della finestra al pari di tutti gli altri assicurati.
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