martedì 6 gennaio 2015

Professionisti, partite Iva, free-lance le tasse per il 2015



Anno nuovo, regole nuove. La legge di stabilità ha cambiato il regime agevolato per le «piccole» partite Iva, dal 2015 mini-imprese e professionisti dovranno fare i conti con un nuovo regime che vedrà un'imposta sostitutiva più alta (15% contro il 5% del precedente regime dei minimi) e con soglie di ricavi variabili a seconda dell'attività.

Il governo sostiene di aver ridotto, tramite la legge di Stabilità, di 800 milioni il monte-tassazione delle partite Iva. Ma è davvero così e il taglio interessa entrambi i segmenti del lavoro autonomo, quello tradizionale e quello di nuova generazione? Esaminando le tabelle allegate al provvedimento si viene a scoprire abbastanza agevolmente che 520 milioni (degli 800) serviranno a intervenire sui minimi contributivi di artigiani e commercianti, misura più che legittima ma che non ha niente a che vedere con il portafoglio di professionisti, chi lavora con partita IVA e freelance. Il resto delle risorse serve a coprire il cambio del regime dei minimi (per Irpef e Iva) con una platea allargata e che vede predominare in benefici dei commercianti.

Che cosa si può fare in concreto per venire incontro alle legittime esigenze delle partite Iva? A detta del sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti si tratta di decidere se si vuole operare a “invarianza di risorse” oppure se siamo in grado di investire risorse aggiuntive.

Nel primo caso Zanetti propone di rinunciare agli interventi sui contributi previdenziali di artigiani e commercianti – che assorbono buona parte degli 800 milioni stanziati per gli autonomi – , di confermare le nuove soglie Irpef previste dalla legge di Stabilità per le varie tipologie di partite Iva e alzare però il forfait per professionisti e freelance da 15 mila a 30 mila, “applicando un’aliquota fiscale tra il 10 e il 12%”. Per operare queste correzioni si potrebbero usare i decreti attuativi della delega fiscale che potrebbero essere approvati entro marzo.

“Tra l’altro la delega fiscale è la sede più appropriata per modificare norme di questo tipo e caso mai si è sbagliato a usare la Stabilità”. E’ chiaro che in questo modo artigiani e commercianti farebbero un passo indietro e i freelance avrebbero un regime fiscale dei minimi più severo di quello di oggi (10-12% contro 5%) ma valido per sempre – e non solo per 5 anni – e senza tetti anagrafici.

Se invece il governo fosse in grado di reperire nuove risorse il passo indietro per la previdenza di artigiani e commercianti non sarebbe più necessario e si potrebbe finanziare con alcune centinaia di milioni di euro il rialzo dei minimi per professionisti e freelance tra i 25 e i 30 mila euro.

Quindi dal 2015 i freelance andranno incontro a un salasso. La legge di Stabilità rivoluziona il regime dei minimi, uno status agevolato destinato agli under 35. Con le vecchie regole, le giovani partite Iva pagavano il 5% di Irpef, a patto di guadagnare meno di 30 mila euro l'anno. Dal primo gennaio l'aliquota triplica: passa al 15%. Ma è solo l'inizio, perché 30 mila euro, a quanto pare, sono troppi. Il governo ha introdotto delle soglie differenti a seconda dell'attività svolta. Per pagare il 15%, i commercianti devono incassare meno di 40 mila euro. I giovani professionisti meno di 15 mila.

In altre parole: chi ha guadagni mensili anche meno che decorosi, sforerà. Per la Confederazione Italiana Libere Professioni del Lazio il nuovo regime dei minimi contenuto nella legge di Stabilità, se non avverranno modifiche comporterà un incre­mento della tassazione dei giovani professionisti del 500% circa. Su un reddito medio ipotizzato di 19 mila euro, se nel 2014 si paga­vano 900 euro di Irpef-sostituto d’impresa, con la riforma in arrivo nel 2015 si sbor­seranno oltre 4 mila euro. Su base men­sile que­sto signi­fica un taglio di 200 euro almeno su un red­dito men­sile da 1400 euro. Questo rove­scio riguarda i professioni­sti under 40, i coe­ta­nei del pre­si­dente del Consiglio. Il vecchio regime dei minimi aveva una tassazione unica al 5%, nella quale si ricomprendevano Irpef, addizionali e Irap. Il limite massimo di reddito era di 30mila euro, e le agevolazioni valevano per cinque anni o fino al compimento del 35esimo anno di età del professionista. La tassazione sale dal 5 al 15%, l’asticella dei 30mila non vale più se non per alcune professioni.

Ad essi poi si applicheranno i cosiddetti coefficienti di redditività, che andranno a definire il reddito su cui applicare l’aliquota del 15%. In pratica un professionista tipo avvocato o commercialista che dovesse ottenere introiti per 20mila euro, ossia il massimo consentito dalle tabelle, si vedrebbe applicare un coefficiente del 78%, con un reddito definitivo di 15.600 euro e una esborso fiscale di 2.340 euro. Stando così le cose, bisognerà valutare bene se converrà aderire al regime dei minimi, tenendo presenti i livelli massimi di reddito e il coefficiente di redditività della propria professione, oppure optare per il regime ordinario dove si pagheranno più tasse ma si potranno però dedurre le spese sostenute.

Cancellato invece il limite dei cinque anni, e questa sembra essere l’unica novità positiva. Chi già paga le tasse con il regime dei minimi avrà una fase transitoria che permetterà di mantenere l’attuale regime agevolato.

Inoltre il governo ha dato il via libera agli aumenti contributivi Inps per gli iscritti alla gestione separata. Una misura, prevista dalla Riforma Fornero e bloccata dai precedenti governi, che porterà l'aliquota dal 27 al 33% entro il 2018. Con un primo scatto oltre il 29% già dal primo gennaio del 2015.

I freelance iscritti ad alcune casse professionali, con aliquote che vanno dal 12 al 22%, sono un po' più fortunati. Gli iscritti all'Inps che rientreranno nel regime dei minimi, vedranno evaporare in tasse il 44% dei loro (bene che vada) 15 mila euro. Chi invece ha la colpa di avere una partita Iva e uno stipendio decente dovrà sopportare una pressione fiscale del 52% nel 2015 e del 56% nel 2018.

Secondo una elaborazione della Fondazione Hume ha calcolato gli effetti del nuovo sistema su un giovane professionista del terziario, ad esempio un consulente informatico, che abbia deciso di mettersi in proprio. Quindicimila euro di compensi l’anno, capitale iniziale di circa duemila (il minimo per un computer e uno smartphone). Se avesse aperto la partita Iva la settimana scorsa, l’imposta sostitutiva si sarebbe attestata a 450 euro. Così, decolla a 811. Un aumento superiore all’80 per cento.

L’altro profilo è quello di un giovane che avvia un’attività di vendita al dettaglio e viaggia sui venticinquemila euro di ricavi l’anno. Bisogna calcolare un 10mila euro di costi, inevitabili per chi inizia. Se con il «vecchio» regime dei minimi, attivato entro il 2014, l’imposta sostitutiva si fermava a 520 euro, con il nuovo forfait - stima la Fondazione Hume - l’importo sfiora i 700.



domenica 4 gennaio 2015

Lavoratori pubblici e privati: orari visite fiscali malattia



Novità per i lavoratori per quanto riguarda le visite fiscali INPS dal 2015 Cambiano dunque gli orari per le visite fiscali per l’anno 2015 e le fasce di reperibilità dei dipendenti. Le regole sono diverse in ragione della categoria di dipendenti: pubblici o privati.

Tratteremo in modo dettagliato quali sono i nuovi orari ASL che i dipendenti pubblici, compresi insegnati, militari, polizia, scuola, sanità pubblica ecc, devono rispettare e quali sono, invece, le fasce orarie obbligatorie che i dipendenti privati, metalmeccanici, personale di poste banche, o il settore del commercio devono garantire, al fine di consentire la visita fiscale da parte dell'INPS o del datore i lavoro.

I lavoratori statali (categoria in cui rientrano anche gli insegnanti, i dipendenti della P.A. e degli enti locali, i militari e il personale ASL) hanno l’obbligo di reperibilità 7 giorni su 7, compresi giorni festivi, prefestivi, non lavorativi e weekend, nelle seguenti fasce orarie:
dalle 9 alle ore 13;
dalle 15 alle 18.

Sono esenti da questo vincolo di reperibilità i dipendenti assenti per una delle seguenti ragioni:
malattie di una certa entità che richiedono cure salvavita;
infortuni sul lavoro;
malattie per cui è stata riconosciuta la causa di servizio o stati patologici inerenti alla situazione di invalidità riconosciuta;
gravidanze a rischio;
dipendenti per cui è già stata effettuata la visita fiscale per il periodo di prognosi indicato nel certificato.

 Per i lavoratori privati l’obbligo di reperibilità resta quello di 7 giorni su 7, ma le fasce orarie sono diverse:
dalle 10 alle 12;
dalle 17 alle ore 19.

Se il dipendente non viene trovato in casa in occasione del controllo fiscale:
perderà il diritto al 100% della retribuzione per i primi 10 giorni di malattia;
lo stipendio sarà ridotto al 50% per i giorni seguenti.

Egli avrà 15 giorni di tempo per motivare la propria assenza ed evitare di incorrere nella decurtazione dello stipendio.

Quanto viene pagata la malattia?
Durante il periodo di assenza per malattia, il dipendente riceverà uno stipendio che, progressivamente, subirà una decurtazione:
dall’inizio della malattia sino al nono mese incluso lo stipendio sarà pari al 100%;
dal decimo mese e fino ad un anno di assenza per malattia sarà pari al 90%;
dal tredicesimo mese e fino ad un anno e mezzo (diciotto mesi) sarà pari al 50%.

La visita fiscale sui dipendenti del settore del Pubblico Impiego da parte dell'ASL ha lo  scopo di verificare e accertare l’incapacità temporanea dei lavoratori a svolgere l’attività lavorativa tale da giustificare l’assenza dal posto di lavoro. Tali visite, vengono quindi effettuate dal personale ASL su richiesta dell’Amministrazione, secondo le modalità stabilite dalle disposizioni vigenti.

Nello specifico, le nuove fasce orarie 2015 sono dalle ore 09.00 alle ore 13.00 e dalle ore 15.00 alle ore 18.00 per tutti i dipendenti PA compresi:
Enti locali, Statali e Comuni.
Agenzie fiscali e Ministeri, INAIL, INPS.

Insegnanti e docenti Scuola, personale ATA Pubblica Istruzione Miur.
Medici, dottori e infermieri appartenenti alla Sanità Pubblica DL 78 del 1 luglio 2009 e dal Decreto Presidente del Consiglio dei Ministri 18/12/ 2009 n. 206
Militari, Polizia di Stato, Carabinieri, Vigili del fuoco e Polizia Penitenziaria.

In tali orari, il dipendente pubblico che si dichiara malato ha l'obbligo di avvisare l'Amministrazione circa la sua assenza, di certificare la malattia con specifica attestazione medica e rimanere a casa durante le fasce orarie delle visite fiscali a partire dal primo giorno e per tutta la durata del periodo indicato sul certificato medico.

Oltre all'obbligo di comunicare all’Amministrazione, qualsiasi assenza dal domicilio, qualora avvenga negli orari di reperibilità malattia.

Si ricorda a tal proposito che secondo le ultime novità e regole, la visita specialistica esami terapie per dipendenti pubblici non è più consentito prendere un giorno di malattia bensì va richiesto uno specifico permesso per motivi personali che deve essere avallato dalla consegna all'Amministrazione di una attestazione di presenza dipendenti pubblici.

Per quanto riguarda le cause esclusione obbligo di reperibilità malattia, queste sono state individuate e regolamentate dal DM 18 dicembre 2009, n. 206 che ha riconosciuto ai soli dipendenti della Pubblica Amministrazione l'esclusione dall’obbligo di rispettare gli orari qualora l’assenza, sia riconducibile a determinate cause riconosciute per legge, ossia:
Patologie gravi con terapie salvavita.

Quali sono gli orari visite fiscali per i privati?

In generale, per tutti i lavoratori del settore privato:
dipendenti poste, bancari, telecomunicazioni, metalmeccanici, settore commercio
gli orari delle visite fiscali INPS sono: dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 17:00 alle 19:00.

Tali fasce orarie, devono essere rispettate sin dal primo giorno di malattia e sopratutto anche il sabato e domenica, festivi, Natale e Capodanno, Pasqua e feste patronali. Ricordiamo che la disciplina che regola la visita fiscale e l'obbligo di reperibilità malattia, sono sanciti dall'articolo 5 dello Statuto dei Lavoratori, che prevede la facoltà del datore di lavoro o dell'INPS di richiedere il controllo fiscale sul dipendente che si assenta dal lavoro per una patologia, visita o esami, il quale deve garantire la sua presenza in casa, nello specifico presso il domicilio comunicato attraverso il certificato medico di malattia, e rimanere a disposizione durante questi orari mentre può uscire di casa al di fuori di tali fasce.

Per esempio, se ci si ammala e si è soli in casa, per andare in farmacia bisogna andare prima delle 10 o dopo le 12 stessa cosa per il pomeriggio, mentre se ci deve recare dal medico urgentemente, si può uscire ma occorre farsi fare un certificato medico dal dottore che attesti che in quel giorno e in quell'orario, si era a visita. Fare ciò è molto importante, dal momento che la mancata reperibilità ingiustificata è sanzionabile con sanzioni disciplinari, economiche e con il licenziamento.

Cosa succede se il dipendente in malattia esce di casa? Se il medico ASL o INPS si reca al domicilio del dipendente per accertare lo stato di malattia del lavoratore e citofona durante gli orari delle visite fiscali ma nessuno risponde, perché il citofono o il campanello è rotto, la mancata risposta viene considerata come assenza ingiustificata dal domicilio da parte del dipendente ammalato.

La Corte di Cassazione con sentenza del 23.7.1998, ha legittimato e ritenuta giustificata l’assenza del dipendente dal proprio domicilio per sottoporsi a trattamenti fisioterapici, cure e visita medica specialistica, analisi ma con l’accezione che l’assenza è da ritenersi giustificata solo laddove il dipendente fornisca la prova dell’impossibilità, se non a prezzo di gravi sacrifici, di effettuare le cure al fuori delle suddette fasce.

Si può uscire di sabato e domenica? No, se la malattia cade nel fine settimana, weekend, ponte o giorno di riposo, il lavoratore deve rimanere a casa durante gli orari di reperibilità perché potrebbe ricevere il controllo medico della mutua o INPS, anche durante questi giorni. Tale controllo fiscale, infatti, per il datore di Lavoro o l'Amministrazione è un diritto richiederlo anche di sabato o domenica.

E se il citofono è guasto? Se il medico preposto alla visita fiscale si reca al domicilio del dipendente per accertare lo stato di malattia del lavoratore e citofona durante gli orari visite fiscali ma nessuno risponde, perché il citofono o il campanello è rotto, la mancata risposta viene considerata come assenza ingiustificata dal domicilio da parte del dipendente ammalato.



Inps: malattie per i dipendenti pubblici e privati, pronto il ruolo di controllore unico




Ricordiamo che I lavoratori statali della PA, sono soggetti a controlli medici da parte delle singole Asl, mentre quelli del privato vengono monitorati da camici bianchi contrattualizzati dall'INPS. Mentre per evitare che i primi (3,5 milioni il loro totale) facciano i «furbetti» si spendono circa 70 milioni all'anno, l'istituto di previdenza sociale destina solo 13 milioni ai controlli di oltre 22 milioni di dipendenti privati. La differenza di costo non deve sorprendere: le Asl, si sa, sono più care e gli statali ne escogitano una più del diavolo per stare a casa (il profluvio di certificati dei pizzardoni romani lo testimonia). Nel privato l'assenteismo, prima o poi, viene punito e, dunque, i lavoratori tendono ad autolimitarsi.

Dopo la bufera di Capodanno sui presunti assenteisti del pubblico impiego, le polemiche rilanciano il piano del governo per l'aggiornamento del sistema dei controlli sulle assenze per malattia nella Pa. Accertamenti affidati alle Asl, ma che presto potrebbe passare nelle mani dell'INPS. L'istituto è pronto, assicurano fonti interne: «Per i controlli nell'ambito del pubblico impiego il sistema delle Asl ha a bilancio 70 milioni, noi siamo pronti a farlo alla metà del costo». Risparmio garantito, grazie «ad un sistema di data mining e all'archivio dei certificati online di cui l'Istituto ha la gestione».

In tempi di revisione della spesa, la posta in gioco fa evidentemente gola all'istituto nazionale di previdenza. Ma poter “scippare” le visite fiscali alla Sanità pubblica che potrebbe avvenire nell'ambito del ddl Madia di riforma della Pubblica amministrazione, spiega la fonte interna, «occorre una modifica anche delle altre regole, per omogeneizzare il sistema di controlli nel pubblico e nel privato», dando spazio al know how Inps che già oggi si occupa delle assenze nel settore privato. L'adozione di un sistema di “data mining” (letteralmente estrazione di informazioni da una banca dati) permette di ottenere la scelta dei soggetti da sottoporre a visita di controllo attraverso un “sistema informatico esperto”, che garantisce oggettività, conservazione e riproducibilità delle azioni effettuate.

«I tempi sembrano ormai maturi - si legge nella relazione conclusiva dell'indagine conoscitiva «sull'organizzazione dell'attività dei medici che svolgono gli accertamenti sanitari per verificare lo stato di salute del dipendente assente per malattia» - per l'individuazione di un solo soggetto cui affidare lo svolgimento della funzione di controllo in merito alle assenze per motivi di salute, da individuarsi necessariamente nell'Inps. Tale scelta richiede alcune modifiche della normativa vigente che andranno meglio precisate con appositi atti».

Il costo del servizio reso dall'Inps nel settore del pubblico impiego «potrebbe trovare risposta nelle cifre già ora stanziate per il medesimo scopo. Si potrebbe valutare un budget annuo complessivo e tale da coprire una quota predefinita di visite di controllo per la Pa, lasciando ad ogni amministrazione la possibilità di integrare tale quota ove risultasse necessario procedere ad un numero maggiore di controlli», prosegue il documento della Camera. «Tale ipotesi consentirebbe di evitare che ragioni di risparmio immediato con conseguente riduzione del numero dei controlli lasci trasparire l'idea di un rallentamento della lotta all'assenteismo», conclude il documento.

Ad oggi non si può chiudere gli occhi dinanzi alla spending review dell'INPS che, per quadrare i bilanci, ha tagliato un pò su tutto. A partire dalle visite «d'ufficio» (quelle richieste dalle aziende sono pagate dalle medesime) scese dalle 789mila del 2009 alle 345mila del 2013 il cui costo si è ridotto a 12 milioni. Inoltre dei 1.400 medici impiegati dall'Inps, solo 300 hanno un rapporto di esclusiva con l'istituto. Se il regime cambiasse, lo Stato sarebbe solerte come un'azienda nell'effettuare i controlli? E i 1.100 medici senza esclusiva sarebbero inflessibili? In Italia dubitare è un obbligo.



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