Anno nuovo, regole nuove. La legge di stabilità ha cambiato il regime agevolato per le «piccole» partite Iva, dal 2015 mini-imprese e professionisti dovranno fare i conti con un nuovo regime che vedrà un'imposta sostitutiva più alta (15% contro il 5% del precedente regime dei minimi) e con soglie di ricavi variabili a seconda dell'attività.
Il governo sostiene di aver ridotto, tramite la legge di Stabilità, di 800 milioni il monte-tassazione delle partite Iva. Ma è davvero così e il taglio interessa entrambi i segmenti del lavoro autonomo, quello tradizionale e quello di nuova generazione? Esaminando le tabelle allegate al provvedimento si viene a scoprire abbastanza agevolmente che 520 milioni (degli 800) serviranno a intervenire sui minimi contributivi di artigiani e commercianti, misura più che legittima ma che non ha niente a che vedere con il portafoglio di professionisti, chi lavora con partita IVA e freelance. Il resto delle risorse serve a coprire il cambio del regime dei minimi (per Irpef e Iva) con una platea allargata e che vede predominare in benefici dei commercianti.
Che cosa si può fare in concreto per venire incontro alle legittime esigenze delle partite Iva? A detta del sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti si tratta di decidere se si vuole operare a “invarianza di risorse” oppure se siamo in grado di investire risorse aggiuntive.
Nel primo caso Zanetti propone di rinunciare agli interventi sui contributi previdenziali di artigiani e commercianti – che assorbono buona parte degli 800 milioni stanziati per gli autonomi – , di confermare le nuove soglie Irpef previste dalla legge di Stabilità per le varie tipologie di partite Iva e alzare però il forfait per professionisti e freelance da 15 mila a 30 mila, “applicando un’aliquota fiscale tra il 10 e il 12%”. Per operare queste correzioni si potrebbero usare i decreti attuativi della delega fiscale che potrebbero essere approvati entro marzo.
“Tra l’altro la delega fiscale è la sede più appropriata per modificare norme di questo tipo e caso mai si è sbagliato a usare la Stabilità”. E’ chiaro che in questo modo artigiani e commercianti farebbero un passo indietro e i freelance avrebbero un regime fiscale dei minimi più severo di quello di oggi (10-12% contro 5%) ma valido per sempre – e non solo per 5 anni – e senza tetti anagrafici.
Se invece il governo fosse in grado di reperire nuove risorse il passo indietro per la previdenza di artigiani e commercianti non sarebbe più necessario e si potrebbe finanziare con alcune centinaia di milioni di euro il rialzo dei minimi per professionisti e freelance tra i 25 e i 30 mila euro.
Quindi dal 2015 i freelance andranno incontro a un salasso. La legge di Stabilità rivoluziona il regime dei minimi, uno status agevolato destinato agli under 35. Con le vecchie regole, le giovani partite Iva pagavano il 5% di Irpef, a patto di guadagnare meno di 30 mila euro l'anno. Dal primo gennaio l'aliquota triplica: passa al 15%. Ma è solo l'inizio, perché 30 mila euro, a quanto pare, sono troppi. Il governo ha introdotto delle soglie differenti a seconda dell'attività svolta. Per pagare il 15%, i commercianti devono incassare meno di 40 mila euro. I giovani professionisti meno di 15 mila.
In altre parole: chi ha guadagni mensili anche meno che decorosi, sforerà. Per la Confederazione Italiana Libere Professioni del Lazio il nuovo regime dei minimi contenuto nella legge di Stabilità, se non avverranno modifiche comporterà un incremento della tassazione dei giovani professionisti del 500% circa. Su un reddito medio ipotizzato di 19 mila euro, se nel 2014 si pagavano 900 euro di Irpef-sostituto d’impresa, con la riforma in arrivo nel 2015 si sborseranno oltre 4 mila euro. Su base mensile questo significa un taglio di 200 euro almeno su un reddito mensile da 1400 euro. Questo rovescio riguarda i professionisti under 40, i coetanei del presidente del Consiglio. Il vecchio regime dei minimi aveva una tassazione unica al 5%, nella quale si ricomprendevano Irpef, addizionali e Irap. Il limite massimo di reddito era di 30mila euro, e le agevolazioni valevano per cinque anni o fino al compimento del 35esimo anno di età del professionista. La tassazione sale dal 5 al 15%, l’asticella dei 30mila non vale più se non per alcune professioni.
Ad essi poi si applicheranno i cosiddetti coefficienti di redditività, che andranno a definire il reddito su cui applicare l’aliquota del 15%. In pratica un professionista tipo avvocato o commercialista che dovesse ottenere introiti per 20mila euro, ossia il massimo consentito dalle tabelle, si vedrebbe applicare un coefficiente del 78%, con un reddito definitivo di 15.600 euro e una esborso fiscale di 2.340 euro. Stando così le cose, bisognerà valutare bene se converrà aderire al regime dei minimi, tenendo presenti i livelli massimi di reddito e il coefficiente di redditività della propria professione, oppure optare per il regime ordinario dove si pagheranno più tasse ma si potranno però dedurre le spese sostenute.
Cancellato invece il limite dei cinque anni, e questa sembra essere l’unica novità positiva. Chi già paga le tasse con il regime dei minimi avrà una fase transitoria che permetterà di mantenere l’attuale regime agevolato.
Inoltre il governo ha dato il via libera agli aumenti contributivi Inps per gli iscritti alla gestione separata. Una misura, prevista dalla Riforma Fornero e bloccata dai precedenti governi, che porterà l'aliquota dal 27 al 33% entro il 2018. Con un primo scatto oltre il 29% già dal primo gennaio del 2015.
I freelance iscritti ad alcune casse professionali, con aliquote che vanno dal 12 al 22%, sono un po' più fortunati. Gli iscritti all'Inps che rientreranno nel regime dei minimi, vedranno evaporare in tasse il 44% dei loro (bene che vada) 15 mila euro. Chi invece ha la colpa di avere una partita Iva e uno stipendio decente dovrà sopportare una pressione fiscale del 52% nel 2015 e del 56% nel 2018.
Secondo una elaborazione della Fondazione Hume ha calcolato gli effetti del nuovo sistema su un giovane professionista del terziario, ad esempio un consulente informatico, che abbia deciso di mettersi in proprio. Quindicimila euro di compensi l’anno, capitale iniziale di circa duemila (il minimo per un computer e uno smartphone). Se avesse aperto la partita Iva la settimana scorsa, l’imposta sostitutiva si sarebbe attestata a 450 euro. Così, decolla a 811. Un aumento superiore all’80 per cento.
L’altro profilo è quello di un giovane che avvia un’attività di vendita al dettaglio e viaggia sui venticinquemila euro di ricavi l’anno. Bisogna calcolare un 10mila euro di costi, inevitabili per chi inizia. Se con il «vecchio» regime dei minimi, attivato entro il 2014, l’imposta sostitutiva si fermava a 520 euro, con il nuovo forfait - stima la Fondazione Hume - l’importo sfiora i 700.