lunedì 21 settembre 2015

Fondi di solidarietà e ammortizzatori sociali le regole per il 2015 - 2016


L’intervento sugli ammortizzatori sociali nel Jobs Act, tocca le tutele del reddito sia in caso di sospensione del rapporto di lavoro sia in caso di disoccupazione. I principi e criteri prevedono: tutele del reddito universali in caso di disoccupazione; tutele uniformi e legate alla storia contributiva dei lavoratori; razionalizzazione della normativa in materia di integrazione salariale; coinvolgimento attivo dei lavoratori espulsi dal mercato del lavoro e dei beneficiari di ammortizzatori sociali; semplificazione delle procedure amministrative e riduzione gli oneri non salariali del lavoro.

L’impianto resta quello disegnato dalla legge Fornero del 2012 ma viene allargato il raggio d’azione: da gennaio 2016 l’obbligo di contribuire ai fondi è infatti esteso ai datori che occupano più di 5 dipendenti e non rientrano nella cassa integrazione. Entrano così in gioco circa 150mila nuove imprese per 1,3 milioni di lavoratori, rispetto alla platea precedente, limitata alle aziende dai 16 addetti in su.

Con il nuovo meccanismo (che entrerà in vigore l’1 gennaio 2016) gli ammortizzatori sociali andranno a coprire circa 600.000 imprese e 5.600.000 lavoratori

Integrazioni salariali ordinarie (CIGO) e straordinarie (CIGS)

I principali interventi riguardano:
l’estensione dei trattamenti di integrazione salariale agli apprendisti assunti con contratto di apprendistato professionalizzante, con la conseguente estensione degli obblighi contributivi (gli apprendisti diventano destinatari della CIGO e, nel caso in cui siano dipendenti di imprese per le quali trova applicazione solo la CIGS, di quest’ultimo trattamento, limitatamente alla causale di crisi aziendale);

la revisione della durata massima complessiva delle integrazioni salariali: viene previsto, infatti, che per ciascuna unità produttiva, il trattamento ordinario e quello straordinario di integrazione salariale non possano superare la durata massima complessiva di 24 mesi in un quinquennio mobile.

Utilizzando i contratti di solidarietà tale limite può essere portato a 36 mesi nel quinquennio mobile;
Integrazioni salariali ordinarie (CIGO)

I principali interventi riguardano:

una riduzione generalizzata del 10% sul contributo ordinario pagato su ogni lavoratore.
l’introduzione del divieto di autorizzare ore di integrazione salariale ordinaria eccedenti il limite di un terzo delle ore ordinarie lavorabili nel biennio mobile, con riferimento a tutti i lavoratori dell’unità produttiva mediamente occupati nel semestre precedente la domanda di concessione dell’integrazione salariale; e ciò, al fine di favorire la rotazione nella fruizione del trattamento di CIGO, nonché il ricorso alla riduzione dell’orario di lavoro rispetto alla sospensione;

Integrazioni salariali straordinarie (CIGS)
I principali interventi riguardano:

la razionalizzazione della disciplina concernente le causali di concessione del trattamento: nello specifico, viene previsto che l’intervento straordinario di integrazione salariale possa essere concesso per una delle seguenti tre causali:

riorganizzazione aziendale (che riassorbe le attuali causali di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale);

crisi aziendale, ad esclusione, a decorrere dal 1° gennaio 2016, dei casi di cessazione dell’attività produttiva dell’azienda o di un ramo di essa. Viene previsto, tuttavia, che può essere autorizzata, per un limite massimo di 6 mesi e previo accordo stipulato in sede governativa, entro il limite di spesa di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, una prosecuzione della durata del trattamento di CIGS, qualora all’esito del programma di crisi aziendale l’impresa cessi l’attività produttiva e sussistano concrete prospettive di rapida cessione dell’azienda e di un conseguente riassorbimento occupazionale);

contratto di solidarietà: pertanto, gli attuali contratti di solidarietà di tipo “A”, previsti per le imprese rientranti nell’ambito di applicazione della CIGS, diventano una causale di quest’ultima;

l’introduzione della previsione che per le causali di riorganizzazione aziendale e crisi aziendale possano essere autorizzate sospensioni del lavoro soltanto nel limite dell’80% delle ore lavorabili nell’unità produttiva nell’arco di tempo di cui al programma autorizzato; e ciò, al fine di favorire la rotazione nella fruizione del trattamento di CIGS; questa disposizione non opera per un periodo transitorio di 24 mesi dall’entrata in vigore del decreto;

la revisione della durata massima della CIGS e dei contratti di solidarietà; nello specifico:
per la causale di riorganizzazione aziendale viene confermata l’attuale durata massima di 24 mesi per ciascuna unità produttiva, eliminando però la possibilità, attualmente prevista, di concedere le c.d. “proroghe complesse” (ossia due proroghe della durata massima di 12 mesi ciascuna);

per la causale di crisi aziendale viene confermata la durata massima di 12 mesi;

per la causale di contratto di solidarietà viene confermata, rispetto agli attuali contratti di solidarietà di tipo “A”, la durata massima di 24 mesi. Tale durata può essere estesa a 36 mesi, in quanto viene previsto che la durata dei trattamenti per la causale di contratto di solidarietà, entro il limite di 24 mesi nel quinquennio mobile, sia computata nella misura della metà. Oltre tale limite, la durata di tali
trattamenti viene computata per intero.

In sintesi
Cassa integrazione in deroga. Può essere autorizzata fino al 31 dicembre 2016 con appositi provvedimenti di concessione, i datori destinatari sono: Imprese di cui all'articolo 2082 Codice civile, esclusi i datori non imprenditori (sono stati riammessi gli studi professionali). Beneficiari: operai, impiegati e quadri, compresi apprendisti e somministrati. Requisiti: anzianità lavorativa di 12 mesi e devono essere state fruite le ferie residue. Quando e durata Crisi aziendali; ristrutturazione o riorganizzazione, massimo 5 mesi per il 2015. L’indennità 80% della retribuzione complessiva che sarebbe spettata, ridotto progressivamente in caso di proroga.

Contratti di solidarietà «B».  Sopravvivono fino al 30 giugno 2016. Datori destinatari Aziende non rientranti nel campo di applicazione delle Cig. I beneficiari sono i lavoratori subordinati, esclusi i dirigenti, dipendenti da: imprese con più di 15 dipendenti, che abbiano avviato la procedura di mobilità; imprese con meno di 15 dipendenti che stipulano contratti di solidarietà al fine di evitare licenziamenti plurimi individuali; imprese alberghiere, aziende termali pubbliche e private operanti in località territoriali con gravi crisi occupazionali; imprese artigiane. Indennità 25% della retribuzione persa. Durata Massimo 24 mesi

Fondi di solidarietà bilaterali, sistema in vigore dal 2016. Sono istituiti presso l'Inps, con decreto Lavoro-Economia, entro 90 giorni dagli accordi istitutivi del fondo. Obbligatori per tutti i settori che non rientrano nella Cigo o Cigs, in relazione ai datori che occupano in media più di 5 dipendenti (rientrano anche gli apprendisti) . I fondi già costituiti si adeguano alle nuove norme entro il 31 dicembre 2015.

Assegno ordinario per le causali Cigo/Cigs
-importo pari alle integrazioni salariali (80% retribuzione persa nei limiti dei massimali); durata compresa tra 13 sett. nel biennio mobile e le durate di Cigo/Cigs

Assegno di solidarietà
stipula di accordi collettivi di solidarietà ; durata max 12 mesi nel biennio mobile; importo pari alle integrazioni salariali (80% retribuzione persa)

Fondi «puri» e alternativi
Fondi di solidarietà bilaterali «puri»
Erogano l'assegno ordinario
Se il fondo viene costituito dopo il 2016 la contribuzione è almeno pari allo 0,45% (contribuzione addizionale non inferiore all'1,5%)

Fondi di solidarietà bilaterali alternativi
Si tratta dei fondi costituiti in riferimento ai settori dell'artigianato e della somministrazione di lavoro. Assicurano almeno una delle seguenti prestazioni: assegno ordinario o quello di solidarietà. La contribuzione addizionale non può essere inferiore all'1,5%

Fondo d'integrazione salariale

Prestazioni
Assegno di solidarietà (massimo 12 mesi nel biennio mobile – per i datori fino a 15 dipendenti, richiedibile per eventi dal 1° luglio 2016); l'ulteriore assegno ordinario solo per i datori oltre i 15 dipendenti fino a un massimo 26 settimane nel biennio mobile, per le stesse causali di Cigo (no maltempo) e Cigs (per crisi o riorganizzazione)

Durata
La durata massima dell'assegno è di 4 volte i contributi versati (questo limite è modulare nel periodo transitorio 2016-2021)

Contributi
Contributo ordinario (2/3 sul datore e 1/3 sul lavoratore): nelle aziende oltre 15 dipendenti è pari allo 0,65%, in quelle fino a 15 dipendenti è dello 0,45 %

Contributo addizionale: 4% della retribuzione persa

Riforma pensioni: flessibilità in uscita, opzione donna, opzione uomo e blocca il turn over


L’ipotesi allo studio del governo. Giuliano Poletti riaccende le speranze  per chi spera nella flessibilità pensionistica:” Stiamo lavorando sulle riforma delle pensioni. Sappiamo che c'è un aspetto da risolvere legato a uno scalino alto che blocca il turn over introdotto dalla Legge Fornero.

Il Governo lavora all'uscita anticipata delle donne dal lavoro dal 2016 a 62-63 anni con 35 di contributi: si tratta di una nuova opzione donna - spiegano tecnici dell'Esecutivo - che prevedrebbe, invece del ricalcolo contributivo, una riduzione dell'assegno legata alla speranza di vita e pari a circa il 10% per tre anni di anticipo rispetto all'età di vecchiaia. Senza interventi sulla riforma Fornero le donne del settore privato l’anno prossimo si troveranno di fronte a un nuovo scalino con il passaggio dell’età di vecchiaia da 63 anni e 9 mesi a 65 anni e 7 mesi (1 anno e 10 mesi in più rispetto al 2015).

La penalizzazione sarebbe meno pesante perché non sarebbe previsto il ricalcolo contributivo sull'intera vita lavorativa (come nell’opzione donna che scade quest’anno) ma solo un sistema legato alla speranza di vita. In pratica chi decide di uscire prima avrà un assegno decurtato.

Si studia anche un meccanismo di flessibilità per gli uomini guardando però solo a coloro che hanno perso il lavoro a pochi anni dalla pensione. Si lavora a una sorta di opzione uomo (sempre con decurtazione legata alla speranza di vita) ovvero la possibilità di accedervi con 3 anni di anticipo rispetto all'età di vecchiaia (66 anni e 7 mesi dal 2016) con un taglio dell'assegno legato non al ricalcolo contributivo, ma all'equità attuariale, cioè al tempo più lungo di percezione dell'assegno. Il Governo - spiegano tecnici dell'Esecutivo - studia anche il prestito pensionistico e una sorta di assegno di solidarietà per le situazioni di maggiore disagio, ossia all'anticipo di una parte della prestazione da restituire una volta che si raggiungono i requisiti per la pensione. Per le situazioni di maggiore disagio si ipotizza una ''pensione di solidarietà'', ovvero una sorta di ammortizzatore sociale di accompagnamento alla pensione.

Vediamo le proposte di Cesare Damiano

Pensione anticipata. Tra le varie idee è quella che è risultata a lungo la più gradita ai pensionandi. La soluzione vedrebbe l’uscita dal lavoro esattamente come avveniva nella pensione di anzianità soppressa dalla Fornero ma con qualche anno di ritardo. Età minima 62 anni a cui aggiungere 38 anni di contributi, con 63 anni servirebbero invece 37 anni di versamenti e così via (nella formulazione originaria occorrevano 60 anni di età più 40 di contributi).  Oggi servono 42 anni e 6 mesi per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne per accedere alla pensione anticipata (che è il nome dell’istituto, sebbene molti intendono il termine come mera anticipazione della pensione). E’ una delle soluzioni più “difficili” da attuare a causa degli elevati costi: si stima una spesa superiore ai 10 miliardi.

Pensione flessibile con penalizzazioni decrescenti. Età minima 62 anni con 35 anni di contributi: si percepirebbe inizialmente un assegno decurtato dell’8% che andrebbe a scalare fino a raggiungere lo zero (quindi fine della penalizzazione) a 66 anni. Con 41 anni di contributi si conseguirebbe la pensione di vecchiaia indipendentemente dall’età, come accadeva quando era in vigore la pensione di anzianità (all'epoca bastavano 40 anni di contributi).

Sul tema dei pensionamenti flessibili, si potrebbe individuare una strada che si potrebbe tradursi in realtà un nuovo meccanismo di flessibilità, prendendo in esame l'ipotesi Damiano del pensionamento anticipato con la quota 97, seppur con una maggiore percentuale di penalizzazione per ogni anno mancante dal raggiungimento dei termini di pensionamento. Al posto del 2% iniziale, si potrebbe passare ad un 3 o 4%, con l'effetto di arrivare a toccare un tetto massimo attorno al 15% per coloro che decidessero di uscire dal lavoro attorno ai 62 anni di età.

L'intervento per rendere flessibile l'uscita in pensione ci sarà. Ma dovrà essere compatibile con il quadro dei conti pubblici e degli obiettivi definiti dal Def, il Documento di Economia e Finanza con il quale il governo ha definito le stime per il Paese nel prossimo futuro. E quindi non potrà che essere minimo, focalizzato sulle categorie con maggiori problemi. "Sono possibili correttivi per chi è vicino ai requisiti ma in difficoltà con il lavoro", ha spiegato il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan.

venerdì 18 settembre 2015

Pensioni guida alla ricongiunzione contributi


La ricongiunzione dei contributi è quell’istituto che permette, a chi ha posizioni assicurative in gestioni previdenziali diverse, di riunire, mediante trasferimento, tutti i periodi contributivi presso un’unica gestione, allo scopo di ottenere una sola pensione.

La ricongiunzione, avviene a domanda del diretto interessato o dei suoi superstiti e deve comprendere tutti i periodi di contribuzione (obbligatoria, volontaria, figurativa, riscattata) che il lavoratore ha maturato in almeno due diverse forme previdenziali fino al momento della richiesta e che non siano già stati utilizzati per liquidare una pensione.

I periodi ricongiunti sono utilizzati come se fossero sempre stati versati nel fondo in cui sono stati unificati e danno quindi diritto a pensione in base ai requisiti previsti dal fondo stesso. Si tratta però di un provvedimento che comporta solitamente degli oneri economici a carico del richiedente variabili a seconda della sua retribuzione, dell'età anagrafica, dell'anzianità contributiva complessiva e dell'importo del contributo che si intende trasferire da una gestione all'altra.

Ricongiunzione nel Fondo Pensioni Dipendenti, è possibile ricongiungere presso il Fondo pensioni lavoratori dipendenti, gestito dall’Inps, tutti i contributi esistenti nelle altre gestioni sostitutive, esclusive o esonerative dell’Assicurazione obbligatoria (cosiddette gestioni “alternative” quali INPDAP, Fondi speciali Ferrovie, Volo, Elettrici, Telefonici, eccetera) o nelle Gestioni speciali dei lavoratori autonomi (Artigiani, commercianti e coltivatori diretti).  Fino al 30 Giugno 2010 l'operazione era gratuita; dal 1° Luglio 2010, per effetto delle modifiche introdotte dalla legge 122/2010, l'istituto è diventato di regola oneroso.

La procedura di ricongiunzione effettuata prevede il pagamento, di regola, di un onere a carico del richiedente. Onere che è pari al 50% della somma risultante dalla differenza tra la riserva matematica, determinata in base a specifici criteri e tabelle, necessaria per la copertura assicurativa relativa al periodo utile considerato, e le somme versate dalla gestione o dalle gestioni assicurative interessate. Il pagamento può essere effettuato, su domanda, in un numero di rate mensili non superiore alla metà delle mensilità corrispondenti ai periodi ricongiunti, con la maggiorazione di interesse annuo composto pari al 4,50%. Infine, il debito residuo al momento della decorrenza della pensione può essere recuperato ratealmente sulla pensione stessa, fino al raggiungimento del numero di rate indicato in precedenza.

La ricongiunzione interessa anche i lavoratori autonomi; per tali lavoratori è tuttavia richiesto che possano far valere un periodo di contribuzione di almeno cinque anni immediatamente antecedente nell'Ago oppure in due o più gestioni previdenziali diverse dall'Ago. Si ricorda, peraltro, che i lavoratori autonomi hanno anche la facoltà di ricorrere al cumulo contributivo gratuito ed ottenere una prestazione derivante dai contributi accreditati nel fondo lavoratori dipendenti e da quelli accreditati in qualità di lavoratori autonomi. I contributi presenti nella gestione separata non possono essere invece ricongiunti.

Sono stati ammessi alla ricongiunzione solo nel 1990 anche i liberi professionisti, e possono pertanto attivare la ricongiunzione sia in uscita dalle Casse, sia in entrata verso le Casse. In tali casi tuttavia i lavoratori dovranno sostenere interamente l'onere del provvedimento.

La domanda di ricongiunzione va presentata dall'assicurato alla sede competente dell'istituto, ente, cassa, fondo o gestione previdenziale in cui si intente ricongiungere i diversi periodi contributivi. La facoltà di ricongiunzione normalmente può essere esercitato solo una volta; è ammessa una seconda possibilità di ricongiunzione soltanto se sono passati almeno 10 anni dalla prima richiesta, nonché al momento del pensionamento solo nella stessa gestione in cui è stata effettuata la prima ricongiunzione.

Lo strumento della ricongiunzione INPS è applicabile ai contributi obbligatori, volontari, figurativi e da riscatto. Per fare domanda di ricongiunzione il lavoratore deve aver maturato contributi in almeno due diverse forme previdenziali senza averli già utilizzati per liquidare la pensione. L’istanza si trasmette online alla sede competente dell’Istituto, ente, cassa, fondo o gestione presso cui si intende trasferire i periodi contributivi.

Di norma il pagamento avviene utilizzando i bollettini MAV da versare presso sportello bancario senza costi aggiuntivi o uffici postali pagando la commissione postale. I bollettini possono essere acquisiti: dall’INPS, che li invia insieme al provvedimento di accoglimento della domanda di ricongiunzione; online dal sito INPS (www.inps.it > Portale dei Pagamenti > riscatti ricongiunzioni e rendite) con codice PIN; dal contact center INPS al numero 803164 gratuito da rete fissa o 06164164 da rete mobile a pagamento. Indicando codice fiscale  e numero pratica, il pagamento può avvenire anche presso:
tabaccherie del circuito Reti Amiche;

sportelli bancari di Unicredit o il suo sito internet;

Sito INPS (www.inps.it > Portale dei Pagamenti > riscatti ricongiunzioni e rendite) con carta di credito o tramite contact center.

Si paga in unica soluzione, entro 60 giorni dalla ricezione del provvedimento di accoglimento dell’INPS o a rate, con maggiorazione degli interessi legali calcolati al tasso vigente. L’importo totale della ricongiunzione deve essere suddiviso in rate mensili consecutive, d’importo unitario non inferiore a 27 euro. Le prime tre da versare in un’unica soluzione entro 60 giorni dalla notifica del provvedimento di accoglimento della domanda di ricongiunzione da parte dell’INPS. Se i termini non vengono rispettati l’INPS considera l’omissione come rinuncia alla ricongiunzione.

In caso di versamento rateale, se non sono pagate due rate consecutive, in pendenza di rateazione, viene annullata l’operazione di ricongiunzione, con rimborso di quanto versato. Si potrà riproporre una nuova domanda dopo 10 anni o al momento del pensionamento.

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