giovedì 21 luglio 2016

Malattia dei lavoratori del settore privato ed esclusione della reperibilità



E’ stata pubblicata la circolare INPS n.95/2016 che detta gli indirizzi operativi e le linee guida in merito alle esenzioni dalla reperibilità per i lavoratori in malattia  del settore privato.

Pertanto sono esclusi dall'obbligo di rispettare le fasce di reperibilità (previste per il settore privato dalle ore 10.00 alle ore 12.00 e dalle ore 17.00 alle ore 19.00) i lavoratori subordinati la cui assenza sia connessa con:

patologie gravi che richiedono terapie salvavita, comprovate da idonea documentazione della Struttura sanitaria;

stati patologici sottesi o connessi a situazioni di invalidità riconosciuta, in misura pari o superiore al 67%;

infortuni sul lavoro;

malattie per le quali è stata riconosciuta la causa di servizio.

I lavoratori interessati sono quelli con contratto di lavoro subordinato appartenenti al settore privato rimanendo esclusi, pertanto, i lavoratori iscritti alla gestione separata dell’Inps.

Le linee guida sono rivolte ai medici che redigono i certificati di malattia e che, solo in presenza di una delle situazioni patologiche in esse enumerate, dovranno:

apporre la valorizzazione dei campi del certificato telematico riferiti a “terapie salvavita” / “invalidità” (decreto ministeriale 18 aprile 2012);

nel caso di certificati di malattia redatti in via residuale in modalità cartacea, attestare esplicitamente l’eventuale sussistenza delle fattispecie in argomento ai fini della esclusione del lavoratore dall'obbligo della reperibilità.

In base alla nuova circolare INPS, l'esclusione obbligo reperibilità orari visite fiscali dipendenti privati, avviene in modo analogo a quella applicata ai lavoratori del Pubblico Impiego ma con alcune differenze.

Mentre per i dipendenti pubblici le cause di esclusione dall'obbligo di rispettare le fasce orarie delle visita fiscale, sono per:

Patologie gravi che richiedono terapie salvavita.

Infortuni sul lavoro.

Malattie per le quali è stata riconosciuta la causa di servizio.

Stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta.

Le cause esclusione obbligo di reperibilità per i dipendenti privati sono:
Patologie gravi che richiedono terapie salvavita: ossia, quelle malattie che prevedono ad esempio sedute di chemioterapia, dialisi, radioterapia, riabilitazione per le persone affette da AIDS ecc

Stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta: rientrano in questo ambito tutte le menomazioni congenite, genetiche o acquisite, come ad esempio l'insufficienza cardiaca, respiratoria, renale, tumori, sindrome neurologiche, mentali tali da determinare una ridotta o capacità lavorativa superiore al 67%.

L’Istituto di previdenza ha il potere-dovere di accertare fatti e situazioni che comportano il verificarsi o meno del rischio assicurativo, presupposto della prestazione. Pertanto, pur venendo meno, nelle fattispecie oggetto della norma, l’onere della reperibilità alla visita medica di controllo, posto a carico del lavoratore nell’ambito delle fasce orarie stabilite dalla legge, rimane confermata la possibilità per l’Inps di effettuare comunque controlli, sulla correttezza formale e sostanziale della certificazione e sulla congruità della prognosi.

Esclusione obbligo reperibilità visita fiscale dipendenti privati 2016 cos'è e come funziona? E' il riconoscimento della possibilità, per i lavoratori subordinati del settore privato, di essere esclusi dal rispetto delle fasce di reperibilità della visita fiscale, qualora la malattia sia connessa a determinate cause.

Con l’articolo 25 del decreto legge 151/2015 cd. Esenzioni dalla reperibilità e di altri decreti, è stata quindi prevista una nuova normativa finalizzata a stabilire l’esenzione dall'obbligo di reperibilità per i lavoratori dipendenti privati.



INPS: assegno di 500 euro per i nuclei familiari con 4 figli



L’INPS ha pubblicato la Circolare n. 70 del 29 aprile 2016 con oggetto «Beneficio in favore di nuclei familiari con almeno quattro figli minori per il 2015, ovvero bonus famiglie con quarto figlio.

Il bonus, previsto nella Legge di stabilità 2015, è una misura a sostegno del reddito riconosciuto alle famiglie già beneficiarie degli assegni familiari concessi dai Comuni con almeno 4 figli ed è pari a 500 euro.

Nell'ambito degli interventi a sostegno del reddito delle famiglie ed al fine di contribuire alle spese per il mantenimento dei figli, si prevede il riconoscimento di buoni per l’acquisto di beni e servizi a favore dei nuclei familiari con un numero di figli minori pari o superiore a quattro in possesso di una situazione economica corrispondente ad un valore dell’ISEE non superiore a 8.500 euro l’anno.

Ai fini dell’erogazione del bonus quarto figlio si è ritenuto opportuno utilizzare, lo strumento dell’assegno al nucleo familiare con tre figli minori.

Infatti, entrambe le prestazioni sono concesse in presenza di una situazione economica delle famiglie rappresentata dal valore dell’indicatore ISEE.  In particolare per l’anno 2015, il valore dell’ISEE che determina il limite entro il quale è consentito l’accesso all’assegno concesso dal Comune è stato fissato in euro 8.555,99.

Il beneficio è riconosciuto ai nuclei familiari con un numero di figli minori pari o superiore a quattro, già beneficiari, relativamente all’annualità 2015, con un ISEE non superiore a 8.500 euro.

Non è prevista un’apposita domanda dell’interessato, essendo sufficiente la domanda già presentata per la concessione dell’assegno per i tre figli minori relativo all'annualità 2015. Necessario per poter usufruire del bonus famiglie quarto figlio è però che gli uffici comunali di competenza inseriscano celermente entro e non oltre il 31 maggio 2016 le richieste di pagamento relative alle domande dell’assegno con tre figli minori per l’anno 2015 nella procedura prestazioni sociali.

Altra importante novità resa dall’INPS nella circolare riguarda il fatto che è stato prorogato al 31 maggio 2016 la presentazione della DSU aggiornata con l’indicazione del quarto figlio minore nel nucleo. La DSU per il bonus famiglie quarto figlio non è necessaria qualora, successivamente alla domanda di assegno per il nucleo familiare con almeno tre figli minori, è stata già presentata una DSU nell’anno 2015 o 2016 in cui siano presenti almeno quattro figli minori.

L’importo del beneficio è pari a 500 euro, che viene corrisposto ai beneficiari dell’assegno per il nucleo con tre figli minori, con le stesse modalità di accredito di tale assegno ed in corrispondenza del primo accredito utile corrispondente al pagamento della prima rata di luglio 2016.

Se il requisito della presenza di quattro figli minori è soddisfatto per parte dell’anno 2015 (ad es. nascita del quarto figlio o compimento della maggiore età di uno dei figli minori nel corso dell’anno 2015) il beneficio sarà concesso per i mesi nei quali risulti soddisfatto, considerando l’eventuale frazione di mese come intero (esempio nascita del quarto figlio il 30 settembre 2015, la prestazione spetta da settembre a dicembre 2015, per complessivi quattro mesi).

Se il requisito della presenza di 4 figli minori non sussiste per tutto il 2015, potrebbe verificarsi ad esempio che il 4° figlio è nato nell'anno o ancora un figlio minorenne ha compiuto 18 anni, in questi casi il bonus famiglie quarto figlio è concesso solo in rapporto ai mesi nei quali i requisiti risultano soddisfatti.

Ricordiamo infine che ogni frazione di mese è considerata come mese intero, ad esempio se il 4° figlio nasce a dicembre spetterà solo un mese.

E’ prevista inoltre l’integrazione della misura del bonus famiglie quarto figlio dopo 90 giorni dal termine per la presentazione della domanda con i 3 figli minori per l’anno 2015.

Si ribadisce comunque che il beneficio spetta solo se entro il 31 maggio 2016 risulti già presentata una DSU con quattro minorenni e dalla quale risulti un ISEE non superiore ad euro 8.500 annui.



mercoledì 20 luglio 2016

Pensione di reversibilità: addio norma ‘anti-badanti’



Chi decide di sposarsi anche dopo i settanta ha tutto il diritto di farlo senza che venga sospettato di voler frodare l’erario. Nemmeno se il coniuge è di molto più giovane . Non è possibile tagliare la pensione di reversibilità se tra i coniugi ci sono più di 20 anni di differenza d'età. La Corte costituzionale, con la sentenza 174/2016, ha bocciato la norma “contro le (giovani) badanti” introdotta dal 2012.La norma  è stata introdotta a fronte del fatto che un numero crescente di pensionati (soprattutto uomini) si sposano con donne molto più giovani. Ed era stata introdotta per scoraggiare i cosiddetti matrimoni di convenienza, ossia i rapporti di breve durata in cui la differenza di età tra marito e moglie è elevata al punto da insospettire su eventuali interessi economici alle nozze. Più nello specifico, matrimoni contratti dopo i 70 anni e con una persona di almeno venti anni più giovane. Spesso si tratta della stessa ‘badante’ dell’anziano in questione, ma non sono gli unici casi.

Non ci può essere nessuna discriminazione basata sull'età nel diritto alla pensione di reversibilità. Il provvedimento legislativo, varato cinque anni fa, prevedeva un taglio all'ammontare della pensione di reversibilità quando il coniuge scomparso aveva contratto matrimonio a un’età superiore ai settant’anni e il coniuge superstite era più giovane di almeno vent’anni. Una norma pensata per evitare truffe ai pensionati anziani e matrimoni di convenienza a favore delle badanti.

La Corte ha ribadito che ogni limitazione del diritto alla pensione di reversibilità deve rispettare i principi di eguaglianza e di ragionevolezza e il principio di solidarietà, che è alla base del trattamento previdenziale in esame, e non deve interferire con le scelte di vita dei singoli, espressione di libertà fondamentali. In particolare, la sentenza ritiene inaccettabili le limitazioni basate su un dato meramente naturalistico quale l’età per incidere su un istituto - la pensione di reversibilità - fondato sul vincolo di solidarietà che si stabilisce nella famiglia.

Con effetto sulle pensioni liquidate dal 2012, era dunque stata introdotta la regola per cui, a fronte di un matrimonio tra una persona ultrasettantenne e un’altra che sia più giovane di oltre vent’anni, l’importo della pensione di reversibilità derivante dalla morte del più anziano viene ridotto del 10% per ogni anno di matrimonio inferiore a 10. Ciò significa che se il matrimonio è durato almeno 10 anni, la pensione di reversibilità viene corrisposta interamente, altrimenti diventa il 90, l’80, il 70% e così via per ogni anno mancante ai dieci, fino ad azzerarsi.

La Corte ha ritenuto incostituzionale una simile penalizzazione basata solo sulla differenza di età dei coniugi.

Nel caso di decesso di un pensionato, al coniuge superstite spetta l’assegno di reversibilità nella misura del 60%. Tuttavia, per evitare che giovani donne senza scrupoli sposassero uomini anziani all'imbocco del viale del tramonto solo per carpirne la pensione di reversibilità, nel 2012 era stata approvata una norma [2] in base alla quale, sussistendo tre condizioni “sospette”, la reversibilità sarebbe scesa dal 60% al 10%; dette condizioni erano:

il titolare della pensione doveva avere almeno 70 anni di età;

tra il titolare della pensione e il coniuge superstite dovevano esservi almeno 20 anni di differenza;

il matrimonio doveva essere durato meno di 10 anni.


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