mercoledì 26 aprile 2017
Pensioni: dal 1° maggio 2017 al via Ape e Rita
Vediamo alcuni chiarimenti sull'anticipo pensionistico (Ape), e sulla Rendita integrativa temporanea anticipata, (Rita). Si tratta di due forme di sostegno al reddito che prevedono diverse dinamiche di finanziamento.
Dal primo maggio i lavoratori che compiranno 63 anni potranno raggiungere la pensione anticipata grazie all’APE: secondo l’Inps gli italiani che potrebbero beneficiare di questa misura introdotta dalla riforma pensioni in via sperimentale per due anni sono circa 350.000; vediamo quali sono i requisiti per richiedere l’uscita anticipata con l’anticipo pensionistico, quanto costa ottenerlo e come fare il calcolo dell’importo.
L’Ape, battezzato definitivamente come 'Anticipo finanziario a garanzia pensionistica' nella cornice della legge di stabilità 2017, non è stato varato in forma solitaria, ma accompagnato da una misura simile, vale a dire la Rita, che persegue le medesime finalità dell’Ape, pur se con una diversa dinamica di finanziamento. Ape e Rita sono due misure temporanee (il cui accesso sperimentale si chiuderà alla fine del 2018) che non modificano in alcun modo la riforma delle pensioni Fornero; il loro obiettivo è invece agire in modo sinergico e complementare rispetto alle misure di sostegno al reddito vigenti (in particolare la Naspi, la cui durata massima è di 24 mesi).
Ai lavoratori pubblici e privati con più di sessantatré anni, a partire dal 1° maggio, sarà possibile richiedere tre diverse prestazioni (ognuna dotata di requisiti diversi) che garantiranno un reddito ponte fino alla decorrenza della pensione di vecchiaia.
Il reddito potrà essere costituito da un vero e proprio prestito sulla futura pensione con tassi e condizioni agevolate e con la partecipazione dello stato degli oneri finanziari a essi collegati (Ape volontario), da una indennità finanziata dallo Stato (Ape sociale) per soggetti che versano in uno stato di difficoltà (causato da prolungata disoccupazione, disabilità), da una nuova prestazione erogata dalle forme di previdenza complementare (Rita) che permetta di godere prima dei requisiti tradizionali già accantonati presso il proprio fondo.
In questo panorama, l’Ape privato registra anche una propria variante, aziendale, più economica delle misure già messe in campo dalla riforma Fornero del 2012, che consentirà alle imprese di partecipare all’anticipo pensionistico riducendo il peso del piano di ammortamento fino a neutralizzarlo, in accordo con il lavoratore. Per potere prendere il via in termini effettivi, le tre misure necessitano di due decreti del presidente del Consiglio dei ministri e di un accordo quadro dedicato agli aspetti finanziari e assicurativi.
R.I.T.A.
Partiamo dalla RITA (su cui è uscita anche la circolare COVIP): i requisiti per l’accesso sono gli stessi previsti per l’APE volontaria (63 anni di età, 3 anni e sette mesi al massimo dalla pensione di vecchiaia, assegno maturato pari a 1,4 volte il minimo, 20 anni di contributi). In più, è richiesta la cessazione del rapporto di lavoro (non obbligatoria, invece, per l’APe di mercato).
La procedura di richiesta prevede la presentazione all’INPS di una domanda per avere la certificazione sul possesso dei requisiti, da presentare poi al Fondo di previdenza complementare. Il problema è che difficilmente l’APe di mercato potrà partire il primo maggio, visto che mancano i decreti attuativi (in dirittura d’arrivo c’è il provvedimento sull’APe sociale, non quello sull’anticipo pensionistico volontario). E questo ritardo rischia di avere ripercussioni sulla RITA, visto che mancano ancora le procedure INPS per la richiesta sopra descritta
APE
Per quanto riguarda l’APE volontaria, i consulenti del lavoro precisano che non si tratta di una nuova forma di pensione anticipata, ma di un trattamento che serve ad agganciare la pensione di vecchiaia, i cui requisti restano inalterati. Viene poi rilevata la criticità relativa al requisito relativo ai tre anni e sette mesi al massimo dalla pensione di vecchiaia: dal 2019 scatterà infatti un nuovo adeguamento alle aspettative di vita, ce rende difficile il calcolo. Si tratta con ogni probabilità d un aspetto che verrà chiarito dalla circolare attuativa.
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Mobbing, quando si può denunciare
Il Mobbing è una forma di terrore psicologico, il più delle volte senza una reale ragione, che viene esercitato sul luogo di lavoro attraverso attacchi ripetuti da parte di colleghi, superiori e datori di lavoro.
Generalmente è un comportamento persistente ed offensivo che si riassume in un abuso di potere e che causa nell’aggredito sentimenti di disperazione, umiliazione e facile vulnerabilità. E' un atteggiamneto che mina la fiducia in se stessi e diventa causa di un enorme stress.fini della configurabilità del mobbing occorre quanto segue:
la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio;
l’evento lesivo della salute e della personalità e dignità del dipendente, il nesso eziologico tra la condotta del datore o il superiore gerarchico e il pregiudizio all'integrità psico-fisica del lavoratore, la prova dell’elemento soggettivo, cioè l’intento persecutorio, ai fini della configurabilità del mobbing.
In altro senso, il mobbing è caratterizzato da una condotta del datore di lavoro o superiore gerarchico complessa, continuata e protratta nel tempo, tenuta nei confronti di un lavoratore all’interno dell’ambiente di lavoro, consistente in reiterati e sistemici atti ostili che assumono la forma di discriminazione o di persecuzione psicologica determinanti la mortificazione morale e l’emarginazione del dipendente con effetti lesivi dell’equilibrio psico-fisico e della personalità del medesimo.
È, in definitiva, un dato acquisito che il mobbing, per assumere rilevanza giuridica, implica la esistenza di plurimi elementi di natura oggettiva e soggettiva.
Il lavoratore può denunciare il datore di lavoro, il capo, o i colleghi per mobbing se ha subito una serie ripetuta di condotte illecite che hanno leso la sua dignità. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 2142/17) ha stabilito i cinque fattori principali che devono sussistere affinché si possa parlare di mobbing:
1) Comportamenti ostili in serie;
2) La ripetitività delle vessazioni per un congruo periodo di tempo: è stato ritenuto congruo un periodo pari a circa sei mesi;
3) La lesione della salute e della dignità del dipendente (ad esempio il disturbo di adattamento o la depressione);
4) Un rapporto di causa-effetto tra le condotte del datore e il danno subito dalla vittima: il secondo deve cioè essere conseguenza delle prime e di nient'altro;
5) L'intento persecutorio che collega tutti i comportamenti illeciti.
La sentenza specifica che il mobbing esiste nel caso di condotte poste in essere "con dolo specifico, ovvero con la volontà di nuocere, infastidire, o svilire un compagno di lavoro, ai fini del suo allontanamento dall'impresa". Tra i casi di mobbing vi sono il demansionamento, per cui il lavoratore viene costretto a svolgere mansioni di livello inferiore rispetto a quelle per cui è stato assunto, l'emarginazione sul lavoro, le continue critiche, la persecuzione sistematica, l'irrogazione di sanzioni disciplinari e le limitazioni alla possibilità di carriera.
Il lavoratore che vuole agire contro l'azienda per mobbing deve provare la volontà persecutoria e il piano vessatorio messo in atto dal datore di lavoro o dai colleghi. Dal punto di vista difensivo - spiega ancora il sito di consulenza legale - il dipendente può ricorrere a diverse strategie: dimettersi per giusta causa e ottenere l'assegno di disoccupazione, rifiutarsi di lavorare oppure presentare un ricorso urgente in tribunale (cosiddetto articolo 700 del codice di procedura civile) chiedendo il risarcimento del danno.
Sono 7 i parametri del mobbing secondo la Corte di Cassazione che, con sentenza n.10037/2015 ha individuato delle linee guida per riconoscere il vero mobbing per provare di essere stati danneggiati sul lavoro:
ambiente, durata, frequenza, tipo di azioni ostili, dislivello tra antagonisti, andamento per fasi successive, intento persecutorio.
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lunedì 24 aprile 2017
Ape Sociale: caratteristiche, requisiti e beneficiari
L'Ape Sociale è un’indennità garantita dallo Stato ed erogata dall’Inps a lavoratori in stato di bisogno che chiedano di andare in pensione in anticipata. La domanda all’Inps per questa tipologia di pensione anticipata dovrà essere presentata nella finestra temporale compresa tra il 1 maggio e il 30 giugno 2017. Tale finestra sarà valida per tutti coloro che raggiungeranno i requisiti richiesti per l’accesso entro il 31 dicembre 2017.
Il lavoratore che presenterà domanda, inoltre, avrà comunicazione da parte dell’Inps della accettazione o il rigetto della stessa soltanto al termine del monitoraggio dell’istituto di previdenza. Per il 2018, invece, le domande di accesso alla pensione anticipata con l’Ape sociale potranno essere inoltrate dal 1 gennaio al 31 marzo 2018 per tutti coloro che raggiungeranno i requisiti necessari all’accesso nel corso dell’anno 2018.
L’indennità è corrisposta fino al raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia o dei requisiti per la pensione anticipata. e sarà di IMPORTO pari alla rata mensile di pensione calcolata al momento dell’accesso alla prestazione (se inferiore a 1500 euro) o pari a 1500 euro (con pensione pari o superiore a 1500 euro) . L'importo di tale indennità non viene rivalutato.
Nel caso in cui un fruitore dell’Ape sociale maturi i requisiti per la pensione anticipata durante il godimento dell’Ape, decadrà automaticamente dalla
prestazione dell'Ape sociale.
Si rivolge ai lavoratori, dipendenti pubblici e privati, autonomi e ai lavoratori iscritti alla gestione separata che si trovino in una delle seguenti condizioni:
disoccupati che abbiano finito di percepire, da almeno tre mesi, la prestazione per la disoccupazione.
lavoratori che assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente (genitore, figlio) con handicap grave;
invalidi civili con un grado di invalidità pari o superiore al 74%
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lavoratori dipendenti che svolgono da almeno sei anni in via continuativa un lavoro pesante o usurante, tra quelli elencati di seguito:
Operai dell'industria estrattiva, dell'edilizia e della manutenzione degli edifici;
Conduttori di gru o di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni;
Conciatori di pelli e di pellicce;
Conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante;
Conduttori di mezzi pesanti e camion;
Infermieri ed ostetriche ospedaliere con lavoro per turni;
Addetti all'assistenza di persone non autosufficieti;
Insegnanti della scuola dell'infanzia e educatori degli asili nido;
Facchini, addetti allo spostamento merci e assimilati;
Personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia.
Operatori ecologici.
REQUISITI
Per ottenere l’indennità è necessario avere, al momento della richiesta, i seguenti requisiti:
almeno 63 anni di età;
almeno 30 anni di anzianità contributiva. Solo per i lavoratori che svolgono attività difficoltose o rischiose l’anzianità contributiva minima richiesta è di 36 anni;
maturare il diritto alla pensione di vecchiaia entro 3 anni e 7 mesi;
non essere titolari di alcuna pensione diretta. L’accesso al beneficio è inoltre subordinato alla cessazione di qualunque attività lavorativa anche autonoma.
DURATA
L’indennità è corrisposta ogni mese per 12 mensilità nell’anno, fino all’età della pensione di vecchiaia.
INCOMPATIBILITA’
L'indennità per l'APE sociale non è compatibile con l'indennità di disoccupazione involontaria, con l’assegno di disoccupazione (ASDI), né con l’indennizzo per la cessazione dell’attività commerciale.
E’ compatibile invece con lo svolgimento di attività lavorativa ma solo se i relativi redditi non superano:
8.000 euro annui come dipendente o parasubordinato
4.800 euro annui come lavoratore autonomo
DIPENDENTI PUBBLICI
Per i dipendenti pubblici che cessano l’attività e che richiedono l’APE sociale i termini di pagamento delle prestazioni di fine servizio iniziano dal compimento
dell’età per la pensione di vecchiaia e in base alle norme vigenti.
TRATTAMENTO FISCALE DELL'INDENNITA' APE
L'indennità APE SOCIALE sarà imponibile fiscalmente come un reddito in sostituzione di quello di lavoro dipendente, ma non non avrà alcuna contribuzione correlata.
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