martedì 1 maggio 2018

Modello 730 precompilato le cose da sapere



Al via dal 2 maggio 2018 l’operazione invio del 730 con il fai-da-te e sarà  possibile accettare, modificare e inviare all’Agenzia delle Entrate il modello 730 precompilato direttamente tramite l’applicazione web. L’operazione potrà essere conclusa al massimo entro il prossimo 23 luglio. A partire dal 7 maggio, invece, si potrà intervenire con la modalità di compilazione assistita. Effettuato l’inoltro è necessario consultare l’apposito link nel quale viene pubblicata la ricevuta verificando la presenza di eventuali comunicazioni di scarto.

Per la dichiarazione dei redditi, servono anche i seguenti documenti:

Certificazione Unica rilasciato dal datore di lavoro o dall’ente pensionistico;

Fatture, ricevute, scontrini di farmaci da banco, che attestino le spese sostenute nel corso dell’anno per le quali è prevista la deducibilità dal reddito complessivo e ch per il 2018 non trovano ancora posto nel 730 precompilato;

Altra documentazione necessaria per il riconoscimento delle spese deducibili o detraibili;

Ricevuta dei bonifici attraverso i quali sono state pagate le opere di ristrutturazione, quietanze di pagamento degli oneri di urbanizzazione, attestati di versamento delle ritenute operate sui compensi dei professionisti, quietanza rilasciata dal condominio ;

Attestati di versamento degli acconti d’imposta effettuati dal contribuente;

Ultima dichiarazione presentata, se in questa era stata evidenziata un’eccedenza d’imposta.

La documentazione tributaria va conservata per eventuali accertamenti futuri fino al 31 dicembre del quarto anno successivo alla presentazione.

Con le nuove tipologie di spesa si incrementano i dati a disposizione dei contribuenti, ma allo stesso tempo aumentano i dati presenti nell’area di parcheggio in attesa di approvazione. La conferma equivale comunque alla «modifica» del modello con conseguente perdita dei benefici connessi con l’esclusione dal controllo formale. È opportuno porre attenzione, su questi dati poiché ritenuti particolarmente sensibili anche da parte dell’Agenzia in vista di un possibile futuro controllo.

Il modello viene reso disponibile in via telematica, accendendo al sito Internet dell’Agenzia con le proprie credenziali personali o, con una delega, attraverso un Caf o un intermediario. Al cassetto fiscale personale si può accedere anche con i codici di accesso del portale Inps, e con la Spid, il sistema pubblico di identità digitale, o la Carta Nazionale dei Servizi.

Verificare il contenuto delle certificazioni uniche («Cu») che sono state rilasciate soprattutto da parte di chi ha avuto più rapporti di lavoro nell’anno avendo cura di controllare se sono state compiute o meno operazioni di conguaglio. In particolare va controllato il diritto o meno al bonus Irpef indicato in certificazione. Se quest’ultimo risulta, in tutto o in parte, non spettante, lo stesso dovrà venire restituito attraverso la modifica del precompilato e la conseguente liquidazione della dichiarazione.

Va accuratamente verificata la presenza dei seguenti elementi: utili percepiti nel 2017 sulla base dei dati contenuti nelle certificazioni degli utili (Cupe) rilasciate dalle società emittenti sulle quali si deve pagare l’Irpef (partecipazioni qualificate) non presenti nella precompilata (nemmeno nell’area di parcheggio) eventuali compensi per attività di lavoro occasionale (di carattere commerciale od autonomo) assoggettati a ritenuta d’acconto (rigo D3) normalmente tracciate in precompilata.

Gli importi relativi alle tipologie di spesa «CT» (Cure termali), «PI» (Protesica e integrativa) e «IC» (Chirurgia estetica) riguardano spese sanitarie detraibili a determinate condizioni, perciò sono sommati e riportati solo nel foglio informativo; se si possiedono i requisiti per usufruire della detrazione (ad esempio prescrizione medica) si può inserire in dichiarazione il relativo importo. In caso contrario la detrazione non sarà possibile e il dato riportato nel foglio informativo non andrà confermato.

Nella Certificazione unica («Cu») è indicato solitamente un unico codice fiscale del soggetto che ha stipulato il contratto di locazione breve, ossia di uno dei comproprietari. L'importo del corrispettivo indicato nella «Cu» è riportato nella dichiarazione precompilata solo di questo soggetto. Se l'importo deve essere ripartito è necessario modificare il dato inserito nella precompilata e gli altri comproprietari devono indicare nel proprio 730 le rispettive quote del corrispettivo.

Nella precompilata sono riportate le rate successive alla prima, ricavate dalla dichiarazione dell’anno precedente. In caso di spese sostenute nel 2017, l’informazione è presente solo nel foglio riepilogativo (salvo i pagamenti effettuati con bancomat e carta di credito per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici, o in caso di bonifici non portanti specifiche causali legate agli interventi di detrazione). La precompilata va modificata e il dato deve essere inserito direttamente in dichiarazione

Se, per semplice errore materiale, è stata invertita la causale del versamento (ad esempio indicazione del riferimento normativo di cui alla riqualificazione energetica, anziché quello relativo per al recupero del patrimonio edilizio), si può comunque beneficiare delle detrazione inserendolo correttamente il bonus nel modello da spedire. Analogamente, in costanza degli altri requisiti si può operare in caso di errata indicazione del soggetto nel bonifico rispetto a quello indicato in fattura.

Gli oneri deducibili/detraibili sostenuti nell’interesse dei familiari a carico vengono riportati nella precompilata del soggetto che ha sostenuto la spesa se comunicato all’Agenzia (nel prospetto dei familiari a carico deve essere presente il familiare). In caso contrario l’onere è inserito nella dichiarazione del contribuente che ha il familiare a carico con le percentuali riportate nell’apposito prospetto. Anche in questo caso è possibile modificare la dichiarazione.

Quest’anno si dovrà faticare ancora meno per integrare, eventualmente, la dichiarazione precompilata. Nel modello della dichiarazione dei redditi 2017, infatti, l’Agenzia inserirà anche le spese sostenute per gli asili nido, con i relativi rimborsi, i contributi detraibili versati alle società del mutuo soccorso, e le eventuali erogazioni alle onlus, fondazioni e associazioni di ricerca scientifica o per la tutela dei beni storici e artistici. Nella dichiarazione predisposta dagli uffici del fisco erano già presenti, oltre ai redditi percepiti, una serie di spese che danno luogo a detrazioni o deduzioni, come le spese sanitarie, gli interessi passivi dei mutui, i contributi previdenziali versati, le spese per l’istruzione universitaria, i premi assicurativi.

Un’altra novità del 2018 è la funzione di compilazione assistita della dichiarazione dei redditi online. Per aggiungere delle spese che non fossero elencate, o toglierne altre, ci si potrà far assistere direttamente dal Fisco. Se la dichiarazione dei redditi viene approvata e inviata senza alcuna modifica, il contribuente ha la garanzia che non subirà controlli. Se si ricorre alla compilazione assistita c’è la garanzia che i controlli, semmai, potranno riguardare solo le spese aggiunte o modificate. La stessa sicurezza di non incappare nelle successive possibili verifiche fiscali si ha se la dichiarazione precompilata viene modificata e trasmessa attraverso un Caf o un professionista (che rilascia un visto di conformità e si fa carico di eventuali errori commessi in buona fede).

Aprendo il cassetto fiscale, insieme alla dichiarazione precompilata 2018 troveremo anche una lettera con la quale l’Agenzia delle Entrate ci informerà sul modo in cui sono state utilizzate le imposte versate. Un contribuente che ha pagato 10 mila euro di imposte relative al 2016 scoprirà che 2.125 euro sono stati destinati alla voce previdenza e assistenza, 1.934 sono andati alla sanità, 1.090 a finanziare l’istruzione, 882 alla difesa, ordine pubblico e sicurezza, 832 ai servizi erogati dalla Pubblica amministrazione e così via. Nel totale delle imposte considerate, oltre all’Irpef sono ricomprese le addizionali regionali e comunali, la cedolare secca, il contributo di solidarietà, l’acconto per somme assoggettate a tassazione separata.




Indennità di licenziamento e risarcimento del danno: i criteri di applicazione





Il licenziamento è illegittimo quando è intimato:

a) in assenza di giusta causa o giustificato motivo;

b) in mancanza della forma scritta;

c) per i motivi discriminatori, ossia quando il licenziamento sia dovuta:

dalla circostanza che il lavoratore aderisca o non aderisca ad una associazione sindacale, abbia partecipato ad uno sciopero;

da ragioni di discriminazione politica, religiosa, razziale, di lingua, di sesso, di età o basate sull'orientamento sessuale o sulle convinzioni personali.

Se non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa esposti dal datore di lavoro, il giudice condanna l’azienda alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento di una indennità al lavoratore che non può essere superiore alle dodici mensilità.

Tale indennità è di natura risarcitoria, in quanto, ai fini del calcolo, si deve prendere a riferimento l’ultima retribuzione globale di fatto, rapportandola  al danno subito per effetto del licenziamento illegittimo e della successiva mancata riassunzione. A ricordarlo la Corte costituzionale con la sentenza n. 86 del 23 aprile 2018, che ha ritenuto legittimo il comma 4 dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori (legge n. 300/19709 che qualifica come “risarcitoria” l’indennità che accompagna la decisione di reintegra, a ben guardare, ha un ambito di applicazione molto ampio: in quali casi si applica?

Per chiarezza della norma è opportuno ricordare come la stessa affermi che “il giudice nelle ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro per insussistenza del fatto contestato ovvero perché il fatto rientra tra le cause punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro di cui al primo comma e al pagamento di una indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore ha percepito nel periodo di estromissione per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione”. Tale indennità, continua la norma, non può essere superiore alle dodici mensilità.

Nella sentenza si legge che “la concreta attuazione dell’ordine di reintegrazione non può prescindere dalla collaborazione del datore di lavoro poiché ha per oggetto un facere infungibile”. Tuttavia, l’inadempimento del datore di lavoro configura un “illecito istantaneo ad effetti permanenti”, da cui deriva un’obbligazione risarcitoria del danno da parte del datore nei confronti del dipendente non reintegrato. La norma denunciata, quindi, non è irragionevole ma “coerente al contesto della fattispecie disciplinata” perché – spiega la Corte – l’indennità è collegata a una “condotta contra ius del datore di lavoro e non a una prestazione di attività lavorativa da parte del dipendente”. Di qui la natura risarcitoria (e non retributiva) dell’indennità, e l’obbligo del lavoratore di restituirla qualora l’ordine di reintegrazione venga riformato.

Il lavoratore può impugnare il licenziamento illegittimo mediante qualsiasi atto scritto, anche extra giudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore.

L'impugnazione deve avvenire entro 60 giorni dalla sua comunicazione, se non viene impugnato entro tale termine il lavoratore non potrà più contestare tale atto.
La tutela riconosciuta al lavoratore e l'entità del risarcimento del danno, a seguito di licenziamento illegittimo, varia a seconda delle dimensioni dell'unità produttiva in cui era impiegato il lavoratore.

Nelle unità produttive con meno di 15 dipendenti, viene applicata la "tutela obbligatoria", che porta all'annullamento del licenziamento e l'obbligo per il datore o di riassumere il lavoratore, entro il termine di tre giorni, o il risarcimento del danno provocato, versandogli un'indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 e un massimo di 6 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto.

Il limite massimo del risarcimento del danno può essere innalzato a 10 mensilità per i lavoratori con almeno dieci anni di anzianità, a 14 mensilità per i lavoratori con anzianità superiore a venti anni in quelle aziende con più di 15 dipendenti.

Nelle unità produttive di maggiori dimensioni, l'art. 18 dello Statuto dei lavoratori prevede: la reintegrazione nel posto di lavoro e il risarcimento del danno subito a seguito di licenziamento illegittimo dal lavoratore, commisurato alla retribuzione globale di fatto  dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegra e comunque non inferiore alle cinque mensilità.

La reintegrazione può essere sostituita, su richiesta del lavoratore, da un' indennità sostitutiva pari a 15 mensilità, da aggiungersi al risarcimento.



mercoledì 25 aprile 2018

Consigli per trovare lavoro ed errori da evitare su Linkedin



Trovare un lavoro è difficile e spesso il lavoro migliore non va al candidato più qualificato, ma a quello più bravo a cercarne uno. Per aumentare le possibilità di trovare lavoro bisogna essere disposti ad adattarsi, perché il lavoro perfetto è più difficile da reperire. Bisogna imparare ad accontentarsi, a superare pregiudizi e preconcetti; e non essere eccessivamente selettivi.

Quando vi candidate per una posizione lavorativa, bisogna fare attenzione a compilare e presentare un buon curriculum vitae, utile per farvi conoscere in poche righe ed esporre i principali risultati che avete conseguito.

Il curriculum vitae è uno degli strumenti fondamentali per un candidato che cerca lavoro. Se lo scrive nel modo giusto, può distinguersi dalla massa e lo può usare come lasciapassare per l’ambito primo colloquio. I selezionatori impiegano mediamente 15 secondi per valutare un cv, ma allora come fare colpo in così poco tempo? E, una volta raggiunto l’obiettivo di ottenere un colloquio, come prepararsi al meglio per essere più efficaci?

Analizziamo le mosse giuste e qualche consiglio per conquistare il selezionatore.

Rispondere  all'offerta giusta. Accertarsi che il proprio profilo sia effettivamente in linea con ciò che viene richiesto dall’offerta di lavoro per la quale ci si vuoi candidare. E chiedersi se quell’offerta risponde davvero alle aspettative, ovvero non rispondere a ogni annuncio di lavoro che sembra vagamente interessante o abbastanza in linea con le tue competenze: non è efficace e genera solo frustrazione. Seleziona accuratamente e concentrati su quelli per cui potresti essere il candidato ideale, senza disperdere energie.

Bisogna personalizzare il curriculum vitae sulla base dell’offerta per cui ci si sta candidando. Non si deve ingannare, ma valorizzare tutte le competenze affini al profilo cercato, usando proprio le stesse parole chiave dell’offerta, per facilitare la ricerca del selezionatore. Ricordarsi sempre di mettere in luce le competenze trasversali come capacità organizzative, relazionali, impegno e motivazione, capacità di lavorare in team, professionalità e serietà. Inserirei anche qualche informazione personale: hobby, passioni o esperienze di volontariato.

Non sottovalutare l’importanza del colloquio telefonico. E' il primo contatto con l’azienda e, se non vuoi rischiare di fare brutta impressione, è meglio rispondere con calma e con concentrazione.

L’abbigliamento che verrà indossato durante il colloquio è fondamentale per una prima impressione.

E’ importante raccogliere un po’ di informazioni sull’azienda che si andrà a fare il colloquio, prepararsi sul business, e cercare su internet cosa si dice di loro.

Durante un colloquio di lavoro bisogna fare attenzione al tono della voce e a come ci si muove. Stare seduti in modo composto, guardare negli occhi la persona che si ha davanti, non parlare troppo veloce o a voce troppo alta, fare delle pause e accertati di avere l’attenzione del interlocutore. Il contatto visivo è importante per calibrare la conversazione, osservare i segnali che manda e regolarsi di conseguenza.

Non bisogna dimenticare mai che la prima qualità che cerca un selezionatore è l’onestà, ed è importante valorizzare i pregi e quello che si sa fare, senza mai mentire. Lo scopo del colloquio è dimostrare di persona di essere adatti alla posizione per cui ci si è candidati. Non si tratta di andare in conflitto contro il selezionatore, quindi bisogna cercare di essere spontaneo e credere nelle proprie capacità. Del resto, l'invito al colloquio significa che le qualifiche descritte nella candidatura sono state ritenute adeguate. E’ importante studiare per bene curriculum e lettera di presentazione e prepararsi a dare maggiori dettagli. Dimostrarsi positivo, anche e soprattutto parlando delle esperienze pregresse e fare domande sull’azienda, sulla posizione per cui si sta candidando e su un eventuale percorso di crescita. Non parlar male dei tuoi precedenti datori di lavoro e dei tuoi colleghi, bisogna essere pronti a domande scomode.

Facciamo una panoramica sugli errori da evitare su Linkedin

Sbaglia chi pensa che Linkedin serva solo a chi cerca lavoro. Il social network professionale può essere utile anche a chi ha già un’occupazione. A patto di non commettere alcuni errori banali. Ogni social ha le sue regole ma spesso si rischia di confonderle, con il risultato di farsi una cattiva pubblicità. Ecco alcuni errori da evitare su Linkedin.

Il più classico degli errori è quello di riversare su Linkedin gli stessi contenuti che si postano su Facebook. I due social hanno caratteristiche e scopi molto diversi: per questo motivo non bisognerebbe pubblicare nel proprio profilo foto delle vacanze, pensieri in libertà o altro materiale relativo a questioni personali.

Tra gli errori tipici che si commettono c’è quello di non segnalare tutte le posizioni lavorative: se però si lascia un buco temporale c’è il rischio che chi sta guardando il nostro profilo si chieda il perché. Per questo sarebbe consigliabile elencare tutti i lavori svolti.

Su Linkedin è fondamentale aggiornare costantemente il proprio profilo: anche chi usa la versione gratuita può comunque intervenire in diversi modi, aggiornando il proprio status, cercando nuovi contatti, trasformando i propri biglietti da visita in collegamenti, o frequentando gruppi per curare a dovere il proprio profilo bastano pochi minuti al giorno.

È un errore pensare che Linkedin serva solo a chi cerca un nuovo lavoro. Al contrario, può rivelarsi uno strumento utile anche a chi ha già un impiego e vuole allargare la propria rete, oppure a chi cerca collaboratori. In più, gli strumenti pay di Linkedin permettono anche ai venditori di cercare nuovi clienti sfruttando molti criteri di profilazione.

Linkedin permette di “bloccare” alcuni utenti in modo che loro non possano sbirciare nel vostro profilo. Per farlo basta aprire il menù a tendina in corrispondenza della voce “Invia un messaggio” e selezionare “Blocca o segnala”. In questo modo la persona bloccata non scoprirà di essere stata respinta e non troverà alcuna traccia del vostro profilo sul social network.

Le password devono essere difficili e vanno cambiate spesso. Su Linkedin la password non basta più: è possibile infatti attivare il secondo step di verifica (2 step verification) attraverso le impostazioni dell’account. In questo modo si riceverà un codice via sms quando si proverà ad accedere attraverso un nuovo dispositivo.

A volte basta un accento sbagliato per essere scartati. Per questo su Linkedin la grammatica ha un’importanza fondamentale. Per evitare refusi gli esperti consigliano sempre di scrivere i testi in Word e di incollarli nel social network solo dopo aver fatto un controllo con il correttore ortografico.

Su Linkedin è possibile creare profili in più lingue, fino a un massimo di 41 idiomi. Grazie a questa funzione potrete “sdoppiare” il vostro profilo: basterà fare clic sul menù “Visualizza profilo” e scegliere “Crea il tuo profilo in un’altra lingua”. In questo modo si eviterà l’errore di avere un profilo con interfaccia in italiano ma testi in inglese (o in un’altra lingua).

Su Linkedin è sempre attivo il fact checking: gli utenti con il quali siete collegati possono smascherare eventuali bufale inserite per abbellire il vostro curriculum. Ecco perché, quindi, è fondamentale non barare nella descrizione dei ruoli ricoperti, delle esperienze e delle skill.




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