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domenica 22 settembre 2013
Rapporto Centro studi di Confindustria su occupazione e assunzioni
L'occupazione nel 2012 è diminuita dello 0,6%, ma sono aumentate le assunzioni a tempo indeterminato. E' quanto emerge dall'indagine annuale del Centro studi di Confindustria sull'occupazione nelle aziende associate. Il calo nel numero di occupati è più accentuato rispetto al 2011, quando era dello 0,3%, ma meno pesante dell'1,1% del 2010. Le nuove assunzione sono maggiori nel Nord-Ovest, il 40,8% del totale, e nelle imprese di grandi dimensioni, il 41% rispetto al 31,3% delle medie e al 32,3% delle piccole.
È il quadro che emerge dall'indagine annuale del Centro studi di Confindustria sulle condizioni dell'occupazione nelle aziende. Lo studio ha fatto il punto anche sul ricorso alla Cig, in crescita nel 2012: la forza lavoro potenziale assorbita è stata pari al 5,3% delle ore lavorabili nell'industria (era il 4,2% nel 2011), e pari al 2,5% nei servizi (dall'1,3%).
L'indagine Csc sul mercato del lavoro nel 2012 risolleva anche la crescita della quota di neoassunti a tempo indeterminato, più alta rispetto a 2011 e 2010, ed il particolare nel Nord Ovest (40,8% delle assunzioni totali) e nelle imprese di grandi dimensioni (41% nelle aziende con oltre 100 addetti, 31,3% nelle medie, 32,3% nelle piccole). La "probabilità di stabilizzazione" nei rapporti di lavoro è più alta nell'industria: le trasformazioni di contratti da tempo determinato a indeterminato sono state il 38,6% mentre si sono fermate al 23,9% nei servizi.
Stabile invece l'assenteismo dei dipendenti: nel 2012, le ore di assenza sulle ore lavorabili nelle aziende associate è rimasta sui livelli dell'anno precedente (7,0% da 7,3%) e si è confermata più elevata nei servizi (7,4% contro il 6,7% nell'industria, comprese le costruzioni) e nelle imprese grandi (7,8% in quelle con più di 100 addetti; 4,9% in quelle fino ai 15). Il maggior tasso di assenza per le donne (10,3% contro il 5,7% degli uomini) è attribuibile all'utilizzo più frequente dei congedi familiari; d'altra parte, soprattutto al genere femminile è lasciato l'onere dell'accudimento familiare.
Quanto alle tipologie contrattuali, nel 2012 risultano coperti da un accordo aziendale due lavoratori su tre nell'industria, uno su due nei servizi. La contrattazione di secondo livello è meno diffusa nelle imprese più piccole: la svolgono due su tre di quelle con più di 100 addetti, una su dieci di quelle con meno di 15 dipendenti.
Parliamo adesso dell’analisi del Fondo Monetario in cui sono esposte le seguenti previsioni: «La crescita mondiale è ancora debole e i rischi al ribasso sono diventati più marcati» questa è la previsione del Fondo Monetario nel World Economic Outlook che indica tra i rischi le conseguenze del rallentamento della Cina, della politica monetaria Usa e di una possibile stagnazione in Eurolandia. Per la zona Euro, il Fmi ritiene fondamentale rafforzare l'area ed i governi dovrebbero in particolare «migliorare ulteriormente la qualità degli aggiustamenti di bilancio allargando la base imponibile e riformando il sistema degli sgravi fiscali». In sostanza, secondo il Fmi, visto che tutti questi fattori «si rafforzano a vicenda, una risposta vigorosa su tutti i fronti è il miglior modo di agire. La risposta deve comunque essere supportata da comprensive riforme dei mercati del lavoro, finanziari, dei prodotti e dei servizi».
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venerdì 25 gennaio 2013
Unioncamere e l’anno nero del lavoro
Nel 2012 chiuse mille imprese al giorno. Era già successo nel 2008 e nel 2007, tuttavia in quegli anni le nuove iscrizioni avevano abbondantemente superato le 400mila unità e pertanto il saldo finale positivo era molto più consistente. Squinzi: Cgil non ostacolo alle riforme, ma remare uniti.
Nel 2012 hanno chiuso i battenti mille imprese al giorno. Lo ha calcolato Unioncamere, secondo cui nell'anno che si è appena concluso si sono registrate 364.972 chiusure (+24mila sul 2011) a fronte di 383.883 aperture (il valore più basso degli ultimi otto anni e 7.427 in meno rispetto al 2011). Il saldo tra entrate e uscite è dunque positivo per 18.911 unità, ma si tratta del secondo peggior risultato dal 2005 e vicino, dopo due anni di recupero, al 2009, l'anno peggiore della crisi.
Considerando anche le cancellazioni delle imprese ormai non operative da più di tre anni, al 31/12/ 2012 lo stock complessivo delle imprese esistenti ammontava a 6.093.158. Lo rileva Unioncamere. Si restringe ulteriormente (-6.515 imprese), spiega Unioncamere, il tessuto imprenditoriale dell'industria manifatturiera - trascinato dalla forte contrazione dell'artigianato, che chiude l'anno con 20.319 imprese in meno - quello delle costruzioni (-7.427) e dell'agricoltura (-16.791).
Il conto più salato del 2012 lo paga il Nord che - Lombardia esclusa - perde complessivamente circa 6.600 imprese, i tre quarti delle quali (poco meno di 5mila unità) nel solo Nord-Est. Giovani under 35, immigrati e donne, attività del turismo, del commercio e dei servizi alle imprese e alle persone sono le tipologie di imprenditori e i settori di attività che, nel 2012, hanno consentito a mantenere in lieve attivo il bilancio anagrafico delle imprese italiane (+0,3% contro il +0,5 del 2011). I dati ufficiali sulla natalità e mortalità delle imprese risultante dal Registro delle imprese sono stati elaborati da Unioncamere sulla base di Movimprese, la rilevazione statistica condotta da InfoCamere, la società di informatica delle Camere di Commercio italiane.
"In questi anni - ha detto il Presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello - le imprese italiane hanno fatto letteralmente dei miracoli per restare sul mercato. In tante, anche in assenza di vere politiche di sostegno, sono addirittura riuscite a migliorare le proprie posizioni e a rafforzarsi. Ma molte di più non ce l'hanno fatta e, con loro, si sono persi migliaia di posti di lavoro, per non parlare di competenze e tradizioni importanti".
Vediamo, la ricetta di Confindustria per una terapia d'urto.
Più crescita - "Il tasso di crescita si innalzerà al 3%; il pil aumenterà di 156 miliardi, più 2.617 euro ad abitante", indica il documento rivolto alle forze politiche in campo per il voto di febbraio.
Più lavoro - attuando il piano d'azione proposto dagli industriali "l'occupazione si espanderà di 1,8 milioni di unità, il tasso di occupazione salirà al 60,6% dal 56,4% del 2013 e il tasso di disoccupazione scenderà all'8,4% dal 12,3% atteso per il 2014".
Più industria, più investimenti- "Il peso dell'industria tornerà al 20% del valore aggiunto dell'intera economia dal 16,7% attuale, gli investimenti balzeranno del 55,8% cumulato (+66,4% quelli in macchinari e mezzi di trasporto, +44,7% quelli in costruzioni), l'export si innalzerà del 39,1%".
Più redditi famiglie, più produttività - "Il reddito delle famiglie che vivono di lavoro dipendente nel 2018 sarà più alto di 3.980 euro reali". L'inflazione "rimarrà attorno all'1,5%"; la produttività "aumenterà di quasi l'1% medio all'anno".
Conti pubblici in equilibrio, meno pressione del fisco - "Il deficit pubblico diventerà un consistente surplus, il debito cadrà al 103,7% del pil, ben sotto il 111,6% richiesto dai patti europei (129,2% nel 2013, compresi 48 miliardi di debiti commerciali della p.a. alle imprese), la pressione fiscale scenderà dal 45,1% al 42,1% e le spese correnti al netto degli interessi dal 42,9% al 36,9%".
Nel 2012 hanno chiuso i battenti mille imprese al giorno. Lo ha calcolato Unioncamere, secondo cui nell'anno che si è appena concluso si sono registrate 364.972 chiusure (+24mila sul 2011) a fronte di 383.883 aperture (il valore più basso degli ultimi otto anni e 7.427 in meno rispetto al 2011). Il saldo tra entrate e uscite è dunque positivo per 18.911 unità, ma si tratta del secondo peggior risultato dal 2005 e vicino, dopo due anni di recupero, al 2009, l'anno peggiore della crisi.
Considerando anche le cancellazioni delle imprese ormai non operative da più di tre anni, al 31/12/ 2012 lo stock complessivo delle imprese esistenti ammontava a 6.093.158. Lo rileva Unioncamere. Si restringe ulteriormente (-6.515 imprese), spiega Unioncamere, il tessuto imprenditoriale dell'industria manifatturiera - trascinato dalla forte contrazione dell'artigianato, che chiude l'anno con 20.319 imprese in meno - quello delle costruzioni (-7.427) e dell'agricoltura (-16.791).
Il conto più salato del 2012 lo paga il Nord che - Lombardia esclusa - perde complessivamente circa 6.600 imprese, i tre quarti delle quali (poco meno di 5mila unità) nel solo Nord-Est. Giovani under 35, immigrati e donne, attività del turismo, del commercio e dei servizi alle imprese e alle persone sono le tipologie di imprenditori e i settori di attività che, nel 2012, hanno consentito a mantenere in lieve attivo il bilancio anagrafico delle imprese italiane (+0,3% contro il +0,5 del 2011). I dati ufficiali sulla natalità e mortalità delle imprese risultante dal Registro delle imprese sono stati elaborati da Unioncamere sulla base di Movimprese, la rilevazione statistica condotta da InfoCamere, la società di informatica delle Camere di Commercio italiane.
"In questi anni - ha detto il Presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello - le imprese italiane hanno fatto letteralmente dei miracoli per restare sul mercato. In tante, anche in assenza di vere politiche di sostegno, sono addirittura riuscite a migliorare le proprie posizioni e a rafforzarsi. Ma molte di più non ce l'hanno fatta e, con loro, si sono persi migliaia di posti di lavoro, per non parlare di competenze e tradizioni importanti".
Vediamo, la ricetta di Confindustria per una terapia d'urto.
Più crescita - "Il tasso di crescita si innalzerà al 3%; il pil aumenterà di 156 miliardi, più 2.617 euro ad abitante", indica il documento rivolto alle forze politiche in campo per il voto di febbraio.
Più lavoro - attuando il piano d'azione proposto dagli industriali "l'occupazione si espanderà di 1,8 milioni di unità, il tasso di occupazione salirà al 60,6% dal 56,4% del 2013 e il tasso di disoccupazione scenderà all'8,4% dal 12,3% atteso per il 2014".
Più industria, più investimenti- "Il peso dell'industria tornerà al 20% del valore aggiunto dell'intera economia dal 16,7% attuale, gli investimenti balzeranno del 55,8% cumulato (+66,4% quelli in macchinari e mezzi di trasporto, +44,7% quelli in costruzioni), l'export si innalzerà del 39,1%".
Più redditi famiglie, più produttività - "Il reddito delle famiglie che vivono di lavoro dipendente nel 2018 sarà più alto di 3.980 euro reali". L'inflazione "rimarrà attorno all'1,5%"; la produttività "aumenterà di quasi l'1% medio all'anno".
Conti pubblici in equilibrio, meno pressione del fisco - "Il deficit pubblico diventerà un consistente surplus, il debito cadrà al 103,7% del pil, ben sotto il 111,6% richiesto dai patti europei (129,2% nel 2013, compresi 48 miliardi di debiti commerciali della p.a. alle imprese), la pressione fiscale scenderà dal 45,1% al 42,1% e le spese correnti al netto degli interessi dal 42,9% al 36,9%".
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giovedì 1 novembre 2012
Confidustria: la crisi del lavoro
Secondo Confindustria "la principale fonte di instabilità rimane l'Eurozona, dove gli indicatori qualitativi mostrano un peggioramento della recessione nel trimestre in corso; i passi avanti istituzionali compiuti hanno nettamente ridotto il rischio di dissolvimento della moneta unica, ma non bastano a rompere il circolo vizioso “recessione-restrizione di bilancio-banche selettive"
"Le turbolenze non sono finite" e "il quadro resta, da tempo ormai, condizionato dalle incognite sulla composizione del Parlamento che uscirà tra pochi mesi dalle elezioni". E' quanto ha affermato il Centro studi di Confindustria nell'analisi mensile.
"Le statistiche in agosto hanno sorpreso all'insù, ma il clima di fiducia rimane ai minimi e il 'meno peggio' estivo – ha spiegato il Centro studi nella congiuntura flash - può tradursi in una flessione più' marcata in autunno, complice il deterioramento nel resto della Ue. Tuttavia, la caduta della domanda interna è stata così violenta da creare spazi per un rimbalzo e l'indice anticipatore Ocse predice la graduale attenuazione della riduzione del Pil nei prossimi trimestri".
Secondo i dati prodotti dalla Cgia Mestre: nel 2012 chiudono 1000 imprese al giorno. Anche se quelle nate sono più numerose di quelle cessate, nei primi 9 mesi di quest'anno sono poco più di 279.000 le imprese che hanno chiuso i battenti: praticamente 1.033 al giorno. E' quanto segnala l'Ufficio studi della Cgia di Mestre secondo il quale "a impensierire" è il fatto che, nonostante il saldo sia positivo e pari a quasi a 20.000 imprese, "ad aprire siano aziende con dimensioni occupazionali molto contenute, mentre quelle che chiudono sono quasi sempre delle attività strutturate con diversi lavoratori alle loro dipendenze. Prova ne sia che il tasso di disoccupazione sta crescendo in maniera preoccupante".
"Nonostante il saldo della nati-mortalità delle aziende sia positivo – ha commentato Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia di Mestre - dobbiamo ricordare che molte persone hanno aperto un'attività in questi ultimi anni di crisi, non perché' in possesso di una spiccata vocazione imprenditoriale, bensì dalla necessità di costruirsi un futuro occupazionale dopo esser stati allontanati dalle aziende in cui prestavano servizio come lavoratori dipendenti. Questa dinamicità del sistema è un segnale positivo, ma non sufficiente a tranquillizzarci. Se entro i primi 5 anni di vita il 50% delle aziende muore per mancanza di credito, per un fisco troppo esoso e per una burocrazia che spesso non lascia respiro, c'è il pericolo che la tenuta di buona parte di questi nuovi imprenditori, figli della difficoltà economica che stiamo vivendo, sia inferiore a quella di coloro che hanno avviato un'attività prima dell'avvento della crisi".
"In passato – ha proseguito Bortolussi - la decisione di aprire la partita iva maturava dopo molti anni di esperienza lavorativa come dipendente: non a caso oltre il 50% dei piccoli imprenditori proviene da una esperienza come lavoratore subordinato e spesso gli investimenti realizzati per aprire una impresa erano il frutto dei risparmi. Ora, difficilmente ciò avviene: si apre per necessità, perché magari il posto di lavoro non c'è più e quindi bisogna inventarsi una nuova opportunità lavorativa a scapito delle motivazioni, della preparazione professionale e della capacita' organizzativa".
E poi i dati riferiti all'artigianato sono ancor più preoccupanti: negli ultimi tre anni il saldo nazionale della mortalità delle aziende di questo settore ha sempre segno negativo: -15.914 nel 2009, -5.064 nel 2010 e -6.317 nel 2011. Nei primi tre mesi del 2012 (ultimo dato disponibile) il saldo ha toccato la punta massima di -15.226: i settori più in difficoltà sono quelli delle costruzioni, le attività manifatturiere e i servizi alla persona.
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domenica 24 giugno 2012
Riforma del mercato del 2012 le ultime notizie dal Ministro
Stretta di mano e sorrisi tra il ministro del Welfare e il presidente di Confindustria che aveva definito «boiata» la riforma del lavoro.
''Ieri il presidente Squinzi ha detto che non è ancora del tutto convinto, io sono invece convinta che ci siano in questa riforma molte cose positive anche per le imprese''. Così il ministro del lavoro Elsa Fornero rispondendo al numero uno di Confindustria. ''Con il mondo delle imprese - ha ricordato il ministro - abbiamo già iniziato un colloquio''.
Oltre che per le imprese, Fornero si è detta convinta che il Ddl sul mercato del lavoro contenga ''cose positive per le giovani generazioni. Questa - ha concluso - è la preoccupazione forse maggiore del governo: evitare di avere una generazione a cui non diamo nessuna o pochissime opportunità ''.
''Abbiamo tutta la determinazione per esaminare il problema con grande attenzione'', ha detto il ministro del lavoro, Elsa Fornero. ''C'e' sempre la richiesta di un numero, a questo numero siccome ci sono persone ancora al lavoro, non e' facile da definire. Si tratta di trovare delle soluzioni che siano ispirate a equità e anche a sostenibilità nel tempo'', ha concluso Fornero.
Fornero "si tratta di vedere come queste norme entrino ad operare e di capire quali possono essere migliorate, anche in corso di applicazione e monitoraggio". Monitoraggio, ha sottolineato il ministro, che "certamente dovrà essere impostato con grande serietà e determinazione".
A margine dell'assemblea di Federmeccanica, il ministre Elsa Fornero ha sostenuto che "Noi ci dobbiamo fidare di voi e voi dovete fidarvi di noi. Voi siete preoccupati" delle ultime modifiche alla riforma mentre "io ho motivo di preoccuparmi che non ne abuserete. E tutti dobbiamo avere fiducia che i giudici faranno seriamente il loro lavoro". Comunque non c'é l' intenzione di fare passi indietro "ma solo passi in avanti" nel caso il governo italiano si presentasse al prossimo consiglio europeo senza la riforma del lavoro approvata dal Parlamento.
Sulla riforma del lavoro «È chiaro che non sono convintissimo, però sono disponibile al dialogo», ha detto Squinzi . «Lei è stata veramente molto brillante - ha detto ai giornalisti - ha detto che mi avrebbe convinto, io non ne sono così convinto di farmi convincere, però sono disponibile ad ascoltare». I correttivi alla riforma, aveva detto il presidente di Confindustria nel suo intervento, «a nostro giudizio e, probabilmente, anche a giudizio delle organizzazioni sindacali, vanno introdotti subito, senza aspettare, come suggerisce il governo, gli esiti di una fase di sperimentazione». «In secondo luogo il perdurare della crisi ben oltre ogni previsione impone una riflessione sulla necessità di differire l'entrata in vigore delle nuove norme in materia di ammortizzatori sociali. Ciò del resto, appare ancora più necessario se si considera che uno dei profili più deboli della riforma è quello relativo alle politiche attive».
L'Italia «non può rassegnarsi al declino, deve resistere con tutte le sue forze, deve recuperare capacità di creare valore aggiunto e benessere» ha affermato da parte sua Fornero. «Vorrei che tutta l'Italia fosse l'Italia del lavoro - ha aggiunto - è drammatico che mi si chieda sempre come gestire riduzioni di posti di lavoro. C'è una crisi drammatica, ma c'è anche qualcosa di più, che sta nel nostro modo di essere e nella struttura economica. Bisogna capirlo e ripartire da qui».
''Ieri il presidente Squinzi ha detto che non è ancora del tutto convinto, io sono invece convinta che ci siano in questa riforma molte cose positive anche per le imprese''. Così il ministro del lavoro Elsa Fornero rispondendo al numero uno di Confindustria. ''Con il mondo delle imprese - ha ricordato il ministro - abbiamo già iniziato un colloquio''.
Oltre che per le imprese, Fornero si è detta convinta che il Ddl sul mercato del lavoro contenga ''cose positive per le giovani generazioni. Questa - ha concluso - è la preoccupazione forse maggiore del governo: evitare di avere una generazione a cui non diamo nessuna o pochissime opportunità ''.
''Abbiamo tutta la determinazione per esaminare il problema con grande attenzione'', ha detto il ministro del lavoro, Elsa Fornero. ''C'e' sempre la richiesta di un numero, a questo numero siccome ci sono persone ancora al lavoro, non e' facile da definire. Si tratta di trovare delle soluzioni che siano ispirate a equità e anche a sostenibilità nel tempo'', ha concluso Fornero.
Fornero "si tratta di vedere come queste norme entrino ad operare e di capire quali possono essere migliorate, anche in corso di applicazione e monitoraggio". Monitoraggio, ha sottolineato il ministro, che "certamente dovrà essere impostato con grande serietà e determinazione".
A margine dell'assemblea di Federmeccanica, il ministre Elsa Fornero ha sostenuto che "Noi ci dobbiamo fidare di voi e voi dovete fidarvi di noi. Voi siete preoccupati" delle ultime modifiche alla riforma mentre "io ho motivo di preoccuparmi che non ne abuserete. E tutti dobbiamo avere fiducia che i giudici faranno seriamente il loro lavoro". Comunque non c'é l' intenzione di fare passi indietro "ma solo passi in avanti" nel caso il governo italiano si presentasse al prossimo consiglio europeo senza la riforma del lavoro approvata dal Parlamento.
Sulla riforma del lavoro «È chiaro che non sono convintissimo, però sono disponibile al dialogo», ha detto Squinzi . «Lei è stata veramente molto brillante - ha detto ai giornalisti - ha detto che mi avrebbe convinto, io non ne sono così convinto di farmi convincere, però sono disponibile ad ascoltare». I correttivi alla riforma, aveva detto il presidente di Confindustria nel suo intervento, «a nostro giudizio e, probabilmente, anche a giudizio delle organizzazioni sindacali, vanno introdotti subito, senza aspettare, come suggerisce il governo, gli esiti di una fase di sperimentazione». «In secondo luogo il perdurare della crisi ben oltre ogni previsione impone una riflessione sulla necessità di differire l'entrata in vigore delle nuove norme in materia di ammortizzatori sociali. Ciò del resto, appare ancora più necessario se si considera che uno dei profili più deboli della riforma è quello relativo alle politiche attive».
L'Italia «non può rassegnarsi al declino, deve resistere con tutte le sue forze, deve recuperare capacità di creare valore aggiunto e benessere» ha affermato da parte sua Fornero. «Vorrei che tutta l'Italia fosse l'Italia del lavoro - ha aggiunto - è drammatico che mi si chieda sempre come gestire riduzioni di posti di lavoro. C'è una crisi drammatica, ma c'è anche qualcosa di più, che sta nel nostro modo di essere e nella struttura economica. Bisogna capirlo e ripartire da qui».
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domenica 18 marzo 2012
Riforma del mercato del lavoro la partita fra governo e parti sociali
La partita fra governo, sindacati e Confindustria si gioca principalmente sugli ammortizzatori sociali e sull’art 18 dello Statuto dei lavoratori. Il Governo si sta preparando a intervenire sull'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori limitando ai soli licenziamenti discriminatori l'obbligo del reintegro nel posto di lavoro ma la modifica potrebbe valere almeno all'inizio solo per i nuovi assunti.
E' quanto emerso dalle dichiarazioni del presidente del Consiglio Mario Monti nel corso del convegno del Centro studi di Confindustria. Monti ha affermato che martedì ''si chiuderà la trattativa'' sulla riforma del mercato del lavoro. Quindi, con o senza accordo (oggi più difficile secondo quando ammesso dai sindacati), il Governo andrà avanti con la riforma. Ma se l'articolo 18 sembra il tema più complicato da affrontare anche sulle altre questioni aperte non si è ancora trovato un punto di equilibrio.
Ecco, in estrema sintesi, i temi sui quali si interverrà e si giocherà questa difficile partita.
Articolo 18: Il Governo avrebbe voluto limitare l'obbligo del rientro nel posto di lavoro solo per i licenziamenti discriminatori (considerati nulli e quindi mai effettuati) prevedendo per quelli senza giusta causa o giustificato motivo solo l'indennizzo economico. La mediazione alla quale il Governo sta lavorando è di lasciare per i licenziamenti disciplinari (giusta causa e giustificato motivo soggettivo) la scelta al giudice tra reintegro e risarcimento economico mentre per i motivi economici (il cosiddetto giustificato motivo oggettivo) resterebbe solo l'indennizzo. La mediazione sembra comunque indigeribile per la Cgil pronta ad accettare al massimo interventi sui tempi dei processi mentre Cisl e Uil potrebbero accettarla per sbarrare la strada a ipotesi più drastiche.
Ammortizzatori sociali: il Governo punta a un sussidio di disoccupazione universale (l'Aspi) che sostituisca l'attuale indennità di disoccupazione (che dura 8-12 mesi) ma anche la mobilità (l'indennità erogata in caso di licenziamenti collettivi nelle aziende industriali con più di 15 dipendenti che può durare fino a 48 mesi per un over 50 del Sud). Il nuovo sistema (l'indennità dura 12 mesi per gli under 55 e 18 per gli over 55) rende più omogenee le tutele ma ha scatenato la rivolta delle piccole imprese e in particolare degli artigiani che si troverebbero a pagare contributi più alti. Potrebbero accettare la parificazione del contributo (all'1,3%) se venisse loro riconosciuta una riduzione dell'aliquota Inail, cassa nella quale commercianti e artigiani risultano largamente in attivo. I sindacati hanno comunque chiesto che si mantenga la mobilità almeno per i lavoratori più anziani che dovessero perdere il lavoro dopo i 60 anni con una sorta di scivolo verso la pensione. Il Governo punta a limitare anche l'uso della cassa integrazione con l'esclusione della causale cessazione di attività (eliminando quindi l'autorizzazione della cig straordinaria nei casi di chiusura degli impianti).
Contratti: il sistema proposto dal Governo penalizza sul fronte dei costi e degli adempimenti burocratici i contratti flessibili. In particolare si prevede per i contratti a tempo determinato un contributo aggiuntivo dell'1,4% mentre per i contratti a progetto (spesso utilizzati dalle aziende per rapporti che sono sostanzialmente subordinati) dovrebbe arrivare un aumento dei contributi previdenziali (27,72%), avvicinandoli all'aliquota dei lavoratori dipendenti (33%). Dovrebbe essere valorizzato il contratto di apprendistato rafforzandone il contenuto formativo. Sulla flessibilità in entrata c'è preoccupazione da parte delle imprese perché si prevedono più costi e maggiore burocrazia, motivo per cui la Confindustria ha chiesto di ''rivedere la proposta''.
Ma a gelare le previsioni del capo del governo arrivano i paletti di Susanna Camusso: il segretario generale della cgil punta il dito su misure "molto squilibrate" che le appaiono "molto lontane da portare ad un accordo".
Dello stesso avviso Raffaele Bonanni: "la discussione e' tra gli opposti estremisti", evidenzia il segretario della Cisl denunciando "il gioco al massacro che vuole che il governo decida". Il risultato, lamenta il sindacalista, sarà che "il governo deciderà nel peggiore dei modi come ha fatto sulle pensioni". Osserva che sull'art. 18, senza un'intesa, "il governo è tentato di andare molto più avanti". "E' un errore storico grave quello di chi si oppone a mediare sull'art. 18 ha riferito ancora Bonanni -. Così si consente al governo di cambiarlo unilateralmente. Noi lo vogliamo salvare, gli altri preferiscono lavarsi le mani".
Pessimista anche Luigi Angeletti: per il segretario generale della Uil, sulla riforma del mercato lavoro "non ci sono allo stato attuale soluzioni condivise.
E' quanto emerso dalle dichiarazioni del presidente del Consiglio Mario Monti nel corso del convegno del Centro studi di Confindustria. Monti ha affermato che martedì ''si chiuderà la trattativa'' sulla riforma del mercato del lavoro. Quindi, con o senza accordo (oggi più difficile secondo quando ammesso dai sindacati), il Governo andrà avanti con la riforma. Ma se l'articolo 18 sembra il tema più complicato da affrontare anche sulle altre questioni aperte non si è ancora trovato un punto di equilibrio.
Ecco, in estrema sintesi, i temi sui quali si interverrà e si giocherà questa difficile partita.
Articolo 18: Il Governo avrebbe voluto limitare l'obbligo del rientro nel posto di lavoro solo per i licenziamenti discriminatori (considerati nulli e quindi mai effettuati) prevedendo per quelli senza giusta causa o giustificato motivo solo l'indennizzo economico. La mediazione alla quale il Governo sta lavorando è di lasciare per i licenziamenti disciplinari (giusta causa e giustificato motivo soggettivo) la scelta al giudice tra reintegro e risarcimento economico mentre per i motivi economici (il cosiddetto giustificato motivo oggettivo) resterebbe solo l'indennizzo. La mediazione sembra comunque indigeribile per la Cgil pronta ad accettare al massimo interventi sui tempi dei processi mentre Cisl e Uil potrebbero accettarla per sbarrare la strada a ipotesi più drastiche.
Ammortizzatori sociali: il Governo punta a un sussidio di disoccupazione universale (l'Aspi) che sostituisca l'attuale indennità di disoccupazione (che dura 8-12 mesi) ma anche la mobilità (l'indennità erogata in caso di licenziamenti collettivi nelle aziende industriali con più di 15 dipendenti che può durare fino a 48 mesi per un over 50 del Sud). Il nuovo sistema (l'indennità dura 12 mesi per gli under 55 e 18 per gli over 55) rende più omogenee le tutele ma ha scatenato la rivolta delle piccole imprese e in particolare degli artigiani che si troverebbero a pagare contributi più alti. Potrebbero accettare la parificazione del contributo (all'1,3%) se venisse loro riconosciuta una riduzione dell'aliquota Inail, cassa nella quale commercianti e artigiani risultano largamente in attivo. I sindacati hanno comunque chiesto che si mantenga la mobilità almeno per i lavoratori più anziani che dovessero perdere il lavoro dopo i 60 anni con una sorta di scivolo verso la pensione. Il Governo punta a limitare anche l'uso della cassa integrazione con l'esclusione della causale cessazione di attività (eliminando quindi l'autorizzazione della cig straordinaria nei casi di chiusura degli impianti).
Contratti: il sistema proposto dal Governo penalizza sul fronte dei costi e degli adempimenti burocratici i contratti flessibili. In particolare si prevede per i contratti a tempo determinato un contributo aggiuntivo dell'1,4% mentre per i contratti a progetto (spesso utilizzati dalle aziende per rapporti che sono sostanzialmente subordinati) dovrebbe arrivare un aumento dei contributi previdenziali (27,72%), avvicinandoli all'aliquota dei lavoratori dipendenti (33%). Dovrebbe essere valorizzato il contratto di apprendistato rafforzandone il contenuto formativo. Sulla flessibilità in entrata c'è preoccupazione da parte delle imprese perché si prevedono più costi e maggiore burocrazia, motivo per cui la Confindustria ha chiesto di ''rivedere la proposta''.
Ma a gelare le previsioni del capo del governo arrivano i paletti di Susanna Camusso: il segretario generale della cgil punta il dito su misure "molto squilibrate" che le appaiono "molto lontane da portare ad un accordo".
Dello stesso avviso Raffaele Bonanni: "la discussione e' tra gli opposti estremisti", evidenzia il segretario della Cisl denunciando "il gioco al massacro che vuole che il governo decida". Il risultato, lamenta il sindacalista, sarà che "il governo deciderà nel peggiore dei modi come ha fatto sulle pensioni". Osserva che sull'art. 18, senza un'intesa, "il governo è tentato di andare molto più avanti". "E' un errore storico grave quello di chi si oppone a mediare sull'art. 18 ha riferito ancora Bonanni -. Così si consente al governo di cambiarlo unilateralmente. Noi lo vogliamo salvare, gli altri preferiscono lavarsi le mani".
Pessimista anche Luigi Angeletti: per il segretario generale della Uil, sulla riforma del mercato lavoro "non ci sono allo stato attuale soluzioni condivise.
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mercoledì 29 giugno 2011
Intesa su contratti e rappresentanza sindacale
L’intesa fra sindacati CGI,L CISL e UIL e Confidustria stabilisce che se un accordo aziendale viene approvato dalla maggioranza delle rappresentanze unitarie (RSU) o dalle rappresentanze sindacali aziendali (RSA) le norme approvate e firmate sono efficaci per tutto il personale in forza dell’azienda e perciò vincolano tutte le organizzazioni sindacali che hanno firmato l’intesa.
Nel caso degli accordi siglati dalle Rsa è comunque previsto un referendum abrogativo. Questo sicuramente è stato uno dei punti più delicati della trattativa, insieme all'aspetto delle possibile modifiche che può contenere il contratto aziendale rispetto a quello nazionale.
Il contratto collettivo nazionale ha la funzione di garantire la certezza dei trattamenti economici normativi comuni per tutti i lavoratori del settore ovunque impiegati nel territorio nazionale. La contrattazione aziendale si esercita nelle materie delegate dal contratto nazionale di lavoro di categorie o dalla legge.
Vediamo cosa prevede il protocollo d’intesa. Il protocollo inserisce oltre all'esigibilità degli accordi aziendali approvati a maggioranza dalle Rsu e Rsa, anche il principio di tregua sindacale, con il principio di evitare che una volta approvata l'intesa ci sia qualche sigla che proclama gli scioperi. Saranno i contratti aziendali a definire le clausole di tregua sindacale per garantire l'esigibilità delle intese stesse. L'effetto sarà vincolante per le organizzazioni sindacali che hanno firmato l'intesa e non per i singoli lavoratori.
Il protocollo affronta anche la questione della rappresentatività delle sigle sindacali. Infatti, il numero delle deleghe viene certificato dall’INPS e trasmesso al Cnel, il quale dovrà ponderarlo con i voti delle RSU. Per poterlo legittimare è necessario che il dato della rappresentatività per ogni organizzazione superi il 5% del totale dei lavoratori, quindi il peso dei sindacati verrà certificato dall’Inps che dovrà contare formalmente il numero degli iscritti alle varie organizzazioni (ponderato con i voti presi alle elezioni delle Rsu).
Il sì della Cgil, sicuramente rafforza la leadership della Camusso, all'accordo Confindustria sindacati su rappresentanza sindacale ed efficacia dei contratti e segna la svolta del ritorno ad una intesa unitaria nelle relazioni sindacali in Italia, che mancava da quattro anni. "Si chiude la stagione delle divisioni", hanno detto la leader della Cgil Susanna Camusso, e la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia.
Il nodo del confronto con il Lingotto si riaccende ora nel dibattito interno alla Cgil: il testo dell'accordo sui contratti (che tocca punti al centro dello scontro tra Fiom e Fiat sugli accordi firmati dalle altre organizzazioni sindacali per Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco) verrà ora portato da Susanna Camusso all'approvazione del direttivo della CGIL, dove dovrà confrontarsi con il no della Fiom. Sarà battaglia.
Soddisfazione dalle sigle sindacali Cisl, Uil, e Ugl. L'accordo raggiunto ha un grande, grande valore in un momento difficile per l'economia, ed è il miglior contributo che i sindacati potevamo dare ai lavoratori, questa è "una occasione di rilancio del movimento sindacale", dice il leader della Cisl Raffaele Bonanni. Per il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, é stato firmato "un accordo molto importante" che permette "di superare i conflitti e le lacerazioni degli ultimi tempi" e incentivando la contrattazione di secondo livello "apre una nuova frontiera": basta con le "regole scritte lontano dai posti di lavoro". Mentre l'Ugl, con Giovanni Centrella, sottolinea che "con la firma dell’intesa si è posto un tassello importante per recuperare il tempo perso con accordi separati o polemiche inutili". Per il ministro dell'Economia Giulio Tremonti è arrivato, con una nota, un “grazie a Raffaele Bonanni, Luigi Angeletti, Susanna Camusso ed Emma Marcegaglia. Per il presidente di Confidustria l'accordo "é un risultato frutto del lavoro e dell'autonomia delle parti, di una discussione tra di noi" e che "quello dell'autonomia è un valore che Confindustria e la Cgil condividono".
Auguriamoci una nuova stagione fra Aziende e sindacati che operino a favore dei lavoratori.
Nel caso degli accordi siglati dalle Rsa è comunque previsto un referendum abrogativo. Questo sicuramente è stato uno dei punti più delicati della trattativa, insieme all'aspetto delle possibile modifiche che può contenere il contratto aziendale rispetto a quello nazionale.
Il contratto collettivo nazionale ha la funzione di garantire la certezza dei trattamenti economici normativi comuni per tutti i lavoratori del settore ovunque impiegati nel territorio nazionale. La contrattazione aziendale si esercita nelle materie delegate dal contratto nazionale di lavoro di categorie o dalla legge.
Vediamo cosa prevede il protocollo d’intesa. Il protocollo inserisce oltre all'esigibilità degli accordi aziendali approvati a maggioranza dalle Rsu e Rsa, anche il principio di tregua sindacale, con il principio di evitare che una volta approvata l'intesa ci sia qualche sigla che proclama gli scioperi. Saranno i contratti aziendali a definire le clausole di tregua sindacale per garantire l'esigibilità delle intese stesse. L'effetto sarà vincolante per le organizzazioni sindacali che hanno firmato l'intesa e non per i singoli lavoratori.
Il protocollo affronta anche la questione della rappresentatività delle sigle sindacali. Infatti, il numero delle deleghe viene certificato dall’INPS e trasmesso al Cnel, il quale dovrà ponderarlo con i voti delle RSU. Per poterlo legittimare è necessario che il dato della rappresentatività per ogni organizzazione superi il 5% del totale dei lavoratori, quindi il peso dei sindacati verrà certificato dall’Inps che dovrà contare formalmente il numero degli iscritti alle varie organizzazioni (ponderato con i voti presi alle elezioni delle Rsu).
Il sì della Cgil, sicuramente rafforza la leadership della Camusso, all'accordo Confindustria sindacati su rappresentanza sindacale ed efficacia dei contratti e segna la svolta del ritorno ad una intesa unitaria nelle relazioni sindacali in Italia, che mancava da quattro anni. "Si chiude la stagione delle divisioni", hanno detto la leader della Cgil Susanna Camusso, e la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia.
Il nodo del confronto con il Lingotto si riaccende ora nel dibattito interno alla Cgil: il testo dell'accordo sui contratti (che tocca punti al centro dello scontro tra Fiom e Fiat sugli accordi firmati dalle altre organizzazioni sindacali per Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco) verrà ora portato da Susanna Camusso all'approvazione del direttivo della CGIL, dove dovrà confrontarsi con il no della Fiom. Sarà battaglia.
Soddisfazione dalle sigle sindacali Cisl, Uil, e Ugl. L'accordo raggiunto ha un grande, grande valore in un momento difficile per l'economia, ed è il miglior contributo che i sindacati potevamo dare ai lavoratori, questa è "una occasione di rilancio del movimento sindacale", dice il leader della Cisl Raffaele Bonanni. Per il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, é stato firmato "un accordo molto importante" che permette "di superare i conflitti e le lacerazioni degli ultimi tempi" e incentivando la contrattazione di secondo livello "apre una nuova frontiera": basta con le "regole scritte lontano dai posti di lavoro". Mentre l'Ugl, con Giovanni Centrella, sottolinea che "con la firma dell’intesa si è posto un tassello importante per recuperare il tempo perso con accordi separati o polemiche inutili". Per il ministro dell'Economia Giulio Tremonti è arrivato, con una nota, un “grazie a Raffaele Bonanni, Luigi Angeletti, Susanna Camusso ed Emma Marcegaglia. Per il presidente di Confidustria l'accordo "é un risultato frutto del lavoro e dell'autonomia delle parti, di una discussione tra di noi" e che "quello dell'autonomia è un valore che Confindustria e la Cgil condividono".
Auguriamoci una nuova stagione fra Aziende e sindacati che operino a favore dei lavoratori.
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