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lunedì 23 dicembre 2013

Lavoro e articolo 18. Si torna a parlare dello Statuto dei lavoratori



E si torna a parlare dell' articolo 18 ...............

Il leader dei metalmeccanici Fiom Maurizio Landini ha chiesto a Matteo Renzi di battersi per ''ripristinare l'articolo 18 dello statuto dei lavoratori per tutelarli dai licenziamenti ingiustificati''. Ed sembrea in risposta il neo segretario del Pd Matteo Renzi parlando di occupazione, ribadisce l'ipotesi di un sussidio di disoccupazione di due anni e sul articolo 18.

«La discussione solo articolo 18 sì o no ci riporta alla casella di partenza. Non è importante un articolo ma semplificare per dare garanzie a tutti» e creare possibilità di investimento.  «Non torniamo - è stato l' invito di Renzi- a discussioni ideologiche. La rivoluzione sul lavoro è possibile se tutti abbandoniamo le certezze altrimenti se ripartiamo da solito percorso perdiamo la strada per tornare a casa».

«Oggi  solo un lavoratore su tre ha la Cig, gli altri..... Abbiamo il 12,7% di disoccupazione. Io penso ad una maggiore flessibilità in uscita, ma lo Stato deve garantire una indennità per i primi due anni di disoccupazione per mantenere la famiglia e un sistema serio di formazione professionale».

Renzi conferma che il piano per il lavoro del Partito democratico «verrà presentato a gennaio». Ma Marianna Madia, che pure è la responsabile Pd per il lavoro, allarga le braccia sconsolata.

«Guardi, abbiamo fatto una riunione di segreteria ancora giovedì, l’altro ieri, proprio su questo: il piano-lavoro, che Renzi vorrebbe pronto entro un mese. E naturalmente di tutto abbiamo discusso meno che dell’abolizione dell’articolo 18. Ancora mi chiedo, anzi, chi ha messo in giro la notizia che noi si starebbe ragionando su questo: probabilmente, qualcuno che vuol mandare tutto a gambe all’aria».

Ora, dunque, la questione sarebbe addirittura il chi: cioè, chi è che nel Pd ha parlato dell’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori? «Non Renzi - spiega Marianna Madia - che probabilmente non sarebbe contrario, ma ha chiaro che non è questo il tempo per una simile discussione, e infatti l’ha ripetuto anche alla presentazione del libro di Vespa». E se non Renzi, chi allora? Gutgeld, forse, solitamente definito consigliere economico del neo-segretario Pd? «Magari ne ha scritto - dice la Madia -. Ma naturalmente una cosa è quello che scrive Gutgeld e altra quello che decidiamo noi».

Ma tant’è che Stefano Fassina - viceministro all’Economia - prendesse il bastone e randellasse: il piano lavoro di Renzi «è inutile, se non dannoso», ed è «deprimente il ritorno dell’ossessione sull’articolo 18 e sulle regole, dopo i conclamati fallimenti della ricetta neoliberista». Che Matteo Renzi lo abbia detto oppure lo abbia soltanto pensato, non è granché importante in questo caso: perché - al di là della polemica a “uso interno” - quel che riemerge in queste ore con disarmante nettezza è uno dei tabù (forse il più solido e attuale) che da anni divide la sinistra italiana.

«E sarebbe anche singolare che qualcuno la ponesse - annota da Strasburgo Stefano Fassina, che della difesa dei diritti in senso lato ha fatto per anni una bandiera -. Parlare di come licenziare mentre le aziende non assumono a causa della crisi, è un esercizio di ottimismo o di cinismo, non saprei dire. Senza contare che, in larga misura, l’articolo 18 già non esiste più: visto che la riforma Fornero in materia di mercato del lavoro lo ha di fatto surrogato, lasciando alle aziende - grandi e piccole - la possibilità di licenziare per ragioni economiche. E infatti reintegri per giusta causa non se ne vedono più...».


sabato 15 settembre 2012

Fornero e l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori: “basta modifiche”


Fischi e urla hanno accolto a Verona l'arrivo del ministro del Lavoro Elsa Fornero, al Teatro Ristori, sede del convegno sul Festival della dottrina sociale. I manifestanti in attesa dell'arrivo del ministro hanno distribuito volantini in cui si chiede «l'abrogazione della Fornero» accusata, dai rappresentanti della sinistra di aver abolito l'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori facilitando così i licenziamenti.

"E' un radioso pomeriggio di settembre - si è difesa Fornero, parlando con i giornalisti - e l'accoglienza della città mi sembra splendida. La contestazione? sarei felicissima di discutere anche con quei ragazzi che pensano che noi stiamo sbagliando". Secondo Fornero i contestatori "non sono convinti che questo governo lavora anche per loro e sarei pronta a spiegarglielo se solo volessero accettare il dialogo".

"L'art.18 è stato modificato e non servirà farlo ancora, e lo Statuto dei Lavoratori non verrà più toccato". La modifica dell'art.18 - ha proseguito Fornero - "é fatta per rendere il lavoro più facile non più difficile. Non è contro i lavoratori e certo non è per facilitare i licenziamenti. Si tratta di una modifica - ha proseguito la responsabile del dicastero del Lavoro - che vuole rendere il lavoro più inclusivo non irrigidendo i posti di lavoro che oggi esistono".

Per il ministro Fornero la riforma del lavoro "é ambiziosa e i suoi vari aspetti si tengono insieme. Se sarà necessario modificarla in punti marginali non sarà un dramma".

"Non ho mai voluto usare il termine 'autunno caldo' ma la situazione è difficile ed è sotto gli occhi di tutti", ha detto il ministro del Lavoro. "Noi abbiamo strumenti limitati - ha aggiunto - e li useremo tutti per cercare di aiutare le persone in difficoltà ma anche per fornire speranze ai giovani perché abbiano più facilità di accesso al lavoro. Vedremo di impegnarci fino all'ultimo giorno di questo governo tecnico".

domenica 1 aprile 2012

La riforma del mercato del lavoro 2012. Cambia lo Statuto dei lavoratori

Non è ancora iniziato l'iter in Parlamento, ma la riforma del mercato del lavoro è sempre in primo piano. Il ministro del welfare assicura: ''Nessuno vuole dare alle imprese la licenza di licenziare''. Ma la Cgil resta ferma sulla richiesta del reintegro. Gli industriali si schierano con il governo.

Il disegno di legge di riforma del mercato del lavoro Monti-Fornero, approvata il 23 marzo, salvo intese, ha segnato una svolta nel metodo e nei contenuti ed è visto “in una prospettiva di crescita”. Lo scopo è di realizzare un mercato del lavoro dinamico, flessibile e inclusivo, capace cioè di contribuire alla crescita e alla creazione di occupazione di qualità, di stimolare lo sviluppo e la competitività delle imprese

Il Ministro del Lavoro ha confermato la determinazione con cui l'esecutivo ha messo in tasca la riforma. Articolo 18 compreso: «Non lo aboliamo. Distinguiamo le fattispecie», aveva evidenziato giorni fa la Fornero, confermando che nei casi di licenziamento per motivi economici, se giudicati illegittimi, ci sarà solo l'indennizzo e, invece, che nei casi di licenziamento disciplinare si affida al giudice il potere di decidere tra reintegro e indennizzo. E così è stato.

Licenziamento individuale. Nello specifico ci saranno tre regimi sanzionatori per il licenziamento individuale illegittimo: la reintegrazione nel posto di lavoro sarà disposta dal giudice solo nel caso di licenziamento discriminatorio e in alcuni casi di infondatezza del licenziamento disciplinare.

Licenziamento per motivi economici. Nel caso di licenziamento per motivi economici ritenuto illegittimo dal giudice, il datore di lavoro potrà essere condannato solo al pagamento di un'indennità. L'indennizzo che dovesse essere deciso a fronte di un licenziamento illegittimo per motivi disciplinari o per motivi economici potrà variare tra le 15 e le 27 mensilità.

Preventiva procedura di conciliazione. Si legge nella bozza che per i licenziamenti economici è previsto «l'esperimento preventivo di una rapida procedura di conciliazione innanzi alle direzioni territoriali del lavoro, non appesantita da particolari formalità, nell'ambito della quale il lavoratore potrà essere assistito anche da rappresentanti sindacali, e potrà essere favorita la conciliazione tra le parti».

Obbligatorio indicare i motivi del licenziamento. Sarà sempre obbligatorio indicare i motivi del licenziamento.

Se il licenziamento economico è strumentale e il lavoratore riesce a provare che è invece di natura disciplinare o discriminatoria il giudice applica le relative tutele. È prevista l'introduzione di un rito procedurale veloce per le controversie in materia di licenziamento.

Articolo 18 dello statuto dei lavoratori, abbattuto un capo saldo. Si è abbattuto, dunque, il totem dell’articolo 18, la norma dello Statuto dei lavoratori del 1970 che garantiva il diritto al reintegro nel posto di lavoro a chi veniva licenziato senza giusta causa o giustificato motivo nelle aziende con più di 15 dipendenti. Il nuovo articolo 18, esclude il reintegro e offre solo la possibilità dell'indennizzo nel caso in cui il lavoratore abbia ragione davanti al giudice.

Una tutela assoluta sancita nella legge al termine del 1969, una stagione di lotte sindacali per l’affermazione dei diritti e il miglioramento delle condizioni dei lavoratori nell'Italia delle rivoluzioni sociali.
La riforma, però, come ha sottolinea lo stesso ministro Fornero non è solo l'articolo 18, è «tutto» l'intervento: dal congedo di paternità obbligatoria agli ammortizzatori alle politiche attive per il lavoro. Dall'apprendistato come trampolino di lancio nel mercato del lavoro all'ingresso dell'Aspi, la nuova indennità di disoccupazione, fino alla stretta su tutte le forme di contratti subordinati per combattere la precarietà.

domenica 25 marzo 2012

Riforma mercato del lavoro: maggiore flessibilità in uscita

La riforma del mercato del lavoro ha abbattuto il totem dell’articolo 18, ossia la norma dello Statuto dei lavoratori che garantiva il diritto del reintegro nel posto di lavoro a chi viene licenziato senza giusta causa o giustificato motivo con più di 15 dipendenti.

L’introduzione di vincoli alla flessibilità in entrata scontenta le imprese, la flessibilità in uscita o meglio la rivisitazione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori trova l’opposizione, anch’essa differenziata, dei sindacati e di parte delle forze politiche.

La riforma del mercato del lavoro è sorretta da quattro fondamenti essenziali: una distribuzione più equa delle tutele tra lavoratori flessibili e assunti a tempo indeterminato che vada di pari passo con la revisione dell'articolo 18; un uso più efficiente degli ammortizzatori sociali; un premio per chi stabilizza il personale; un contrasto più convinto all'elusione degli obblighi contributivi e fiscali.

In questa diatriba governo sindacati, il cosiddetto tavolo del lavoro si è deciso di fare una revisione della flessibilità in entrata. Il punto principale sarà l'apprendistato , in una forma che si auspica concretamente formativa. Da un lato, viene previsto un termine minimo (6 mesi) per la sua durata; dall'altro, viene stabilito che salga da 1/1 a 3/2 il rapporto tra apprendisti e lavoratori qualificati. Al tempo stesso, per rendere meno conveniente il ricorso ai rapporti a tempo determinato, viene fissato un tetto inderogabile di 36 mesi e viene elevata dell'1,4% la contribuzione da versare.

Contemporaneamente si interviene sulla flessibilità in uscita. Con una profonda revisione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. La possibilità di ottenere il reintegro resterà in piedi per i soli licenziamenti discriminatori. Per quelli di tipo disciplinare invece la scelta sarà demandata al giudice che, per alcune causali determinate, potrà optare per un indennizzo compreso tra le 15 e le 27 mensilità. E quella risarcitoria sarà l'unica via da seguire per gli «allontanamenti» dovuti a motivi economici. Ferma restando la volontà di punire eventuali abusi. Nel processo (che seguirà comunque un rito più breve dell'ordinario così da arrivare prima alla sentenza) l'addetto licenziato potrà provare che il licenziamento è stato determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari e ottenere dal magistrato la tutela corrispondente.

Cambia poi, e profondamente, l'assetto degli ammortizzatori sociali, che andrà a regime nel 2017. La nuova assicurazione sociale per l'impiego ASPI è destinata a sostituire le varie indennità di disoccupazione. Ne potranno usufruire oltre ai lavoratori dipendenti anche gli apprendisti e gli artisti purché possano contare su 2 anni di anzianità assicurativa e 52 settimane di lavoro nell'ultimo biennio. È prevista una fase transitoria per il passaggio del periodo dagli 8 mesi attuali (12 per gli over 50) ai 12 dell'Aspi (18 per gli over 55). La contribuzione è estesa a tutti i lavoratori che rientrino nell'ambito di applicazione dell'indennità. L'aliquota è pari a quella attuale per i lavoratori a tempo indeterminato (1,31%) ma sarà gravata di un ulteriore 1,4% per i lavoratori a termine. Resta il sistema della cassa integrazione, con limitazioni all'uso della «straordinaria» mentre per le aziende non coperte dalla Cig straordinaria arriva un fondo di solidarietà. Infine le norme contro le «dimissioni in bianco» e per la conciliazione, con il via sperimentale del congedo di paternità obbligatorio.

domenica 26 febbraio 2012

Via libera al controllo delle e-mail dei lavoratori dipendenti


La Corte di Cassazione ha dato il via al controllo delle mail aziendali da parte del datore di lavoro. Infatti, si può controllare la posta elettronica del dipendente purché i controlli siano finalizzati a trovare riscontri a comportamenti illeciti del lavoratore dipendente.
Il controllo della posta elettronica e degli ingressi ad internet da parte del datore di lavoro per analizzare la corretta esecuzione della prestazione è vietato. Non lo è più, però, quando avviene ex post. In seconda battuta, dunque, l'azienda a seguito dell'emersione di elementi di fatto «tali da raccomandare l'avvio di una indagine retrospettiva» può accedere alla corrispondenza telematica del dipendente. E se sussistono delle violazioni ha la facoltà di licenziare. E’ quanto ha stabilito la Corte di cassazione, sentenza n. 2722/2012, respingendo il ricorso di un alto funzionario di banca e confermando le sentenze di primo e secondo grado.
Secondo la Cassazione questi controlli non ledono la dignità e la riservatezza del lavoratore ma attenzione: non sono ammessi tutti i tipi di controllo. Vanno esclusi, spiega la Corte, i controlli per verificare "l'esatto adempimento delle obbligazioni discendenti dal rapporto di lavoro". Insomma si possono solo eseguire controlli destinati "ad assertare un comportamento che pone in pericolo l'immagine" dell'azienda presso terzi.
Il riscontro non riguardava lo svolgimento della prestazione lavorativa .Contro questa sentenza il bancario è ricorso in Cassazione, sostenendo, tra l'altro, che il datore di lavoro avrebbe violato le tutele dello Statuto dei lavoratori sui limiti nei controlli a distanza dei lavoratori dipendenti. Per la Corte, però, il caso è diverso da quello tutelato dall'articolo 4 dello Statuto.
Infatti, l'attività di controllo sulle strutture informatiche aziendali da parte della banca «prescindeva dalla pura e semplice sorveglianza sull'esecuzione della prestazione», essendo, invece, «diretta ad accertare la perpetrazione di eventuali comportamenti illeciti (poi effettivamente riscontrati)». Un controllo al passato dunque che non verteva sull' «esatto adempimento delle obbligazioni» discendenti dal rapporto di lavoro, bensì «destinato ad accertare un comportamento che poneva in pericolo la stessa immagine dell'istituto presso terzi».

domenica 15 gennaio 2012

Nel 2012 le prospettive sull’articolo 18 Statuto dei lavoratori

La non attuazione dell’ articolo 18 dello statuto dei lavoratori alle piccole e medie aziende che si uniscano, superando così i 15 dipendenti, «può essere un’opportunità per le imprese per concorrere alla crescita». È la posizione netta espressa da Rete Imprese Italia (Casartigiani, Cna, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti) al ministro del Lavoro, Elsa Fornero, nell’incontro sulla riforma del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali.
Ed è proprio le modifiche relative all’articolo 18 che ha portato i tre maggiori sindacati a trovare una unità di vedute sulla riforma del mercato del lavoro.
Abbiamo chiesto al ministro del Lavoro che si agisca presto per ottenere una maggiore flessibilità del lavoro — ha spiegato Marco Venturi, presidente di turno di Rete Imprese Italia—e una riduzione dei costi. Siamo inoltre favorevoli all’estensione degli ammortizzatori sociali ai settori che oggi ne sono sprovvisti. Da parte del ministro c’è stata disponibilità all’ascolto: niente di più per ora». La stessa disponibilità riscontrata dalle Acli, l’associazione dei lavoratori cattolici, che ha illustrato al ministro la sua proposta di «contratto prevalente» che prevede un periodo di ingresso di tre anni, durante il quale si può risolvere il rapporto di lavoro, e poi la stabilizzazione. Sarebbe rimasto invece fuori da tutti i confronti il tema dell’articolo 18: Fornero non avrebbe nemmeno fornito spiegazioni sulla genesi della norma che sarebbe inserita nel provvedimento sulle liberalizzazioni e che riguarderebbe le Pmi.
E’ giusto ricordare che il governo dei tecnici intende modificare l’articolo 18, passando per il decreto sulle liberalizzazioni, ed in una delle bozze, ce n’è una che modifica la norma dello Statuto dei lavoratori che stabilisce l’obbligo di reintegro per i licenziati senza giusta causa. In caso di fusione tra due o più mini imprese, la soglia delle aziende alle quali si applica l’articolo 18 - stando alla bozza - dovrebbe salire dagli attuali 15 dipendenti a 30. O a 50, a seconda della versione. Misura tutto sommato di buon senso e meno radicale rispetto alle alternative che ci vorrebbe dettare l’Europa. L'articolo 3 della bozza del decreto, che s'intitola "Sviluppo delle imprese e flessibilità del lavoro", interviene direttamente sull'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, numero 300, ossia sul cardine dello Statuto dei lavoratori. All'articolo 1 dell'articolo 18 viene aggiunto un comma 1 bis, che recita: "In caso di incorporazione o di fusione di due o più imprese che occupano alle proprie dipendenze alla data del 31 gennaio 2012 un numero di prestatori d'opera pari o inferiore a 15 dipendenti, il numero di prestatori di cui al comma precedente è elevato a cinquanta". La premessa di Monti è semplice: se piccole imprese si aggregano e il numero di dipendenti sale a causa della fusione, comunque non scatta l'obbligo di reintegro fino a 50 dipendenti. L'articolo 18, per inciso, impone al datore di lavoro che ha licenziato senza giusta causa, che viene stabilita da un tribunale, di reintegrare il dipendente se la sua azienda ha più di 15 dipendenti.
Vediamo alcuni aspetti dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
Lo statuto dei lavoratori nasce nel 1970 con la legge n. 300 e prevede la reintegrazione del lavoratore al proprio posto, in caso di licenziamento senza giusta causa o giustificato. In assenza di questi presupposti, il giudice dichiara l'illegittimità dell'atto e ordina la reintegrazione del ricorrente nel posto di lavoro. La norma dispone che il giudice “annulla il licenziamento intimato senza giusta causa e “ordina al datore di lavoro il reintegro del dipendente licenziato. La reintegrazione deve avvenire riammettendo il dipendente nel medesimo posto che occupava prima del licenziamento, salva la possibilità di procedere al trasferimento in un secondo momento, se ricorrono apprezzabili esigenze tecnico-organizzative o in caso di soppressione dell’unità produttiva cui era addetto il lavoratore licenziato.

domenica 7 agosto 2011

Mercato del lavoro: ipotesi e nuove frontiere


La riforma del mercato del lavoro, che servirà per affrontare la crisi, prevede che lo Statuto dei lavoratori diventi uno Statuto dei lavori e le modifiche devono prevedere una maggiore flessibilità contrattuale e la possibilità di deroga alle norme del contratto nazionale. Questa riforma deve avere lo scopo di attrarre gli investimenti e avere uno sguardo verso il futuro dei giovani come d’altronde ha sostenuto il ministro dell’Economia Tremonti.

Quindi approvare la riforma del mercato del lavoro deve risultare la madre di tutte le liberalizzazioni, ossia la modifica dell' articolo 41 della Costituzione sulla libertà economica, garantendo così che «è lecito tutto, tranne ciò che è espressamente vietato dalle leggi».

Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, insiste nel voler introdurre una norma che estende erga omnes la validità del contratto aziendale. E si vedrà nel corso della trattativa ma in ogni caso le norme stabilite tra le parti nella loro autonomia durano, hanno prestigio e sono rispettate.

Le direttive del Governo puntano sulla riforma del mercato del lavoro per favorire la crescita: il fulcro è lo Statuto dei lavori, che dovrebbe essere un aggiornamento dello Statuto dei lavoratori del 1970. Insieme al potenziamento della contrattazione aziendale, introducendo i cosiddetti contratti di prossimità per stabilire il primato della contrattazione aziendale su quella nazionale – sul modello degli accordi Fiat di Mirafiori e Pomigliano – e detassando il premio di produttività al 10% in modo strutturale con la delega fiscale.

Il ministro Sacconi, convinto in questa fase di poter fare velocemente cose che ieri sarebbero state bloccate al primo tentativo, afferma con le parti sociali parleremo di problemi, numeri e vecchi tabù. Ma è stato accolto male l'annuncio di Tremonti, che peraltro fa riferimento ad una più generale riforma del mercato del lavoro.

Si punta a ridurre del 50% la normativa sul lavoro, prevedendo un nuovo regime di sanzioni che tengano conto della natura sostanziale o formale della violazione e favoriscano l'immediata eliminazione degli effetti della condotta illecita. Inoltre si individua un nucleo di diritti universali e indisponibili, di rilevanza costituzionale da applicare a tutti i rapporti di lavoro dipendente e alle collaborazioni a progetto rese in regime di sostanziale mono-committenza.
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