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domenica 22 novembre 2015

Jobs act: il nuovo contratto di collaborazione per il 2016


Collaborazioni organizzate dal committente, è il nome che il decreto utilizza per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa (spesso noti come co.co.co.) nati nel 1997 con la cosiddetta legge Treu, poi modificati – in molti casi – in contratti a progetto (co.co.pro.) dal DLgs. 276/03.

Questi contratti erano e restano una categoria intermedia tra il lavoro autonomo e il lavoro subordinato, in cui c’è in teoria la piena autonomia operativa e non c’è vincolo di subordinazione, ma nel quadro di un rapporto unitario e continuativo con il committente all’interno dell’organizzazione aziendale. Per evitare che questi contratti mascherino in realtà lavoro subordinato con minori costi e tutele, il decreto introduce le caratteristiche per individuare i rapporti di collaborazione da ritenere invece subordinati, a partire dall’1 gennaio 2016: prestazioni esclusivamente personali e continuative, organizzate dal committente anche in riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.

La seconda indicazione – tempi e luogo – è quella più chiara e stringente, ma il decreto introduce comunque quattro possibilità di deroga, per le quali non vale quanto sopra indicato:

– collaborazioni realizzate sulla base di accordi collettivi nazionali stipulati dai sindacati in ragione di particolari esigenze produttive e organizzative di uno specifico settore;

– collaborazioni relative a professioni intellettuali per la quali è necessaria l’iscrizione agli albi professionali (ingegneri, giornalisti, avvocati, ecc.);

– attività specifiche di componenti di organi di amministrazione e controllo delle società e di partecipanti a collegi e commissioni;

– prestazioni per associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate a federazioni sportive nazionali, discipline sportive associate e enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI (allenatori e istruttori, principalmente).

Col decreto vengono abrogate tutte le norme esistenti al riguardo, che sopravvivono solo per i contratti ancora in essere, tuttavia le nuove indicazioni valgono a partire dal 2016: per circa sei mesi questo tipo di contratti non potranno essere quindi stipulati.

Con l’entrata in vigore del decreto attuativo del Jobs Act (dlgs 81/2015) sono cambiati i contratti di collaborazione: vediamo quali sono le principali caratteristiche delle nuove formule, a partire dall’autonomia gestionale limitata, che li distanzia sempre di più dal rapporto di lavoro autonomo, lasciando tuttavia, un certo grado di libertà, quel tanto che permette di farli discostare anche dalla subordinazione.

In pratica, la nuova normativa sul riordino dei contratti di lavoro ha profondamente modificato i contratti di collaborazione coordinata e continuativa (Co.co.co.): se l’intento dichiarato era quello di abolirli a vantaggio di formule contrattuali stabili, nella pratica sussistono numerose eccezioni che rendono tali collaborazioni ancora stipulabili, ma prive di gran parte delle garanzie e tutele finora previste, soprattutto quelle stabilite dal decreto legislativo 276/2003.

Normativa
Il riferimento normativo per la nuova disposizione legislativa in materia di collaborazioni è l’articolo 409 c.p.c., inserito in realtà nel “Titolo quarto” dedicato alle “Norme per le controversie in materia di lavoro”. A rendere possibili nuove forme di collaborazione è anche il Collegato Lavoro alla Legge di Stabilità 2016.

Entrando nel concreto, il decreto attuativo del Jobs Act ha:
abrogato tutti gli articoli della Riforma Biagi sulle collaborazioni coordinate e continuative anche a progetto;
abrogato le norme della Riforma del Lavoro Fornero che limitavano l’utilizzo delle collaborazioni rese da persone titolari di posizione fiscale ai fini IVA (le cosiddetta “partite IVA”).
Ecco come viene definita dalla norma la tipologia contrattuale in esame:
“Rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato”.

Nuova presunzione di subordinazione
Il decreto ha stabilito i parametri da utilizzare per un rapporto di collaborazione autentico (articolo 2). In sostanza, il contratto non deve contenere alcune modalità esplicative della prestazione. Nel caso in cui queste siano presenti, dal 1° gennaio 2016, ai rapporti di collaborazione interessati si applicherà la disciplina del rapporto di lavoro subordinato:

“A far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”.

Si tratta di elementi che devono essere presenti in contemporanea; la mancanza di uno solo di questi elementi non fa scattare la presunzione assoluta.

Perché i contratti di collaborazione vengano giudicati autentici devono essere:
collaborazioni continuative, svolte in maniera prevalentemente personale e autonomamente organizzate dal collaboratore;

collaborazioni disciplinate (trattamento economico e normativo), dai CCNL (stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale), in ragione delle particolari

esigenze produttive ed organizzative del relativo settore;

collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali;

collaborazioni rese in favore di associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate al C.O.N.I.;

collaborazioni certificate dalle Commissioni di Certificazione, in base all’art. 76 del D.L.vo n. 276/2003.


domenica 3 maggio 2015

Dis-Coll 2015: come presentare domanda? le istruzioni dell’INPS



Sono finalmente arrivate le istruzioni dell’INPS sulla Dis-Coll 2015, il nuovo ammortizzatore sociale che partirà il prossimo 1°maggio in via sperimentale e sarà destinato ai collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto, che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione a decorrere dal 1°gennaio 2015.

La DIS-COLL, la nuova indennità di disoccupazione mensile rivolta ai collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto, che hanno perduto involontariamente la propria occupazione; tutti i chiarimenti dell'Inps nella Circolare del 27.04.2015 n. 83

Per evento di disoccupazione si intende l’evento di cessazione dal lavoro che ha comportato lo stato di disoccupazione, si precisa che ai sensi dell’art. 2, comma 1 del richiamato d.lgs. n. 181 del 2000, lo status di disoccupato deve essere comprovato dalla presentazione dell’interessato presso il servizio competente in ogni ambito territoriale dello Stato o anche tramite posta elettronica certificata, accompagnata da una dichiarazione attestante l’attività lavorativa precedentemente svolta, nonché l’immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa.

Per accedere all’indennità di disoccupazione Dis-Coll, i lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa o con contratto a progetto, che si trovino in stato di disoccupazione, dovranno presentare apposita domanda all’INPS.

La richiesta deve essere inviata esclusivamente in via telematica entro il termine di sessantotto giorni dalla data di cessazione del contratto di collaborazione, pena la decadenza.

L’INPS sottolinea che la Dis Coll spetterà a decorrere dall’ottavo giorno successivo alla data di cessazione del rapporto di lavoro nel caso in cui la domanda venga presentata entro l’ottavo giorno o, se la domanda viene presentata successivamente a tale data, la prestazione spetterà dal primo giorno successivo alla quello di presentazione della domanda.

Domanda Dis-Coll e maternità
Nel caso di evento di maternità o di degenza ospedaliera indennizzabili insorti durante il rapporto di collaborazione successivamente cessato, il termine di sessantotto giorni per la presentazione della domanda comincia dalla data in cui cessa il periodo di maternità o di degenza ospedaliera indennizzati. Se invece l’evento di maternità o di degenza ospedaliera indennizzabili insorti si verifica entro sessantotto giorni dalla data di cessazione del rapporto di collaborazione, il termine di presentazione della domanda rimane sospeso per un periodo pari alla durata dell’evento di maternità o di degenza ospedaliera indennizzabili e riprende a decorrere, al termine del predetto evento, per la parte residua.

L’Istituto fornisce anche degli esempi in merito alla tutela della maternità: nel caso in cui la data di cessazione del rapporto di collaborazione sia il 31/05/2015 e l’inizio della maternità si verifichi tra 1/07/2015 (inizio del periodo) e l’ 01/12/2015 (fine del periodo) in questo lasso di tempo il termine di presentazione della domanda rimane sospeso. Dal 2 dicembre il termine riprende a decorrere, per la parte residua, e scade l’8 gennaio 2016.

L’Inps ha precisato che:
Nei casi di evento di maternità o di degenza ospedaliera di cui sopra l’indennità DIS-COLL decorre - se la domanda è stata presentata durante il periodo di maternità o di degenza ospedaliera indennizzati - dall’ottavo giorno successivo alla fine del periodo di maternità o di degenza ospedaliera. Qualora la domanda sia stata presentata successivamente alla fine del periodo di maternità o di degenza ospedaliera ma comunque nei termini di legge, l’indennità DIS-COLL decorre dal giorno successivo alla presentazione della domanda.

Domanda Dis-Coll e malattia
Gli eventi di malattia insorti durante il rapporto di collaborazione e proseguiti oltre la cessazione del rapporto di lavoro, nonché quelli insorti dopo la cessazione del del suddetto rapporto non concorrono a determinare né slittamento né sospensione del termine di presentazione della domanda di indennità DIS-COLL e non incidono sulla decorrenza della indennità DIS-COLL.

Domanda Dis-Coll: come e dove inviarla
Data l’immediata entrata in vigore della disciplina, prevista per il 1°maggio 2015, allo scopo di permettere ai lavoratori disoccupati di inviare la domanda, fino al prossimo 11 maggio, giorno entro il quale verranno resi disponibili i servizi di presentazione telematica, la richiesta di Dis-Coll DIS–COLL sarà accettata, sia proveniente da parte del cittadino che da parte degli Enti di Patronato, anche in forma cartacea mediante l’apposito modulo disponibile sul sito dell’INPS. Il percorso da seguire per ottenere il modulo sarà il seguente:
www.inps.it. - Sezione “Moduli” - sezione “Prestazioni a sostegno del reddito”.

La domanda potrà essere inviata anche tramite PEC e indirizzata alla Struttura INPS territoriale competente il cui indirizzo è reperibile sul predetto sito INPS alla Sezione “ Le sedi INPS” – Ricerca Testuale – Nome Sede Inps o Comune di Residenza”.

Ricordiamo dunque che fino all’11 maggio 2015 non sarà possibile presentare domanda attraverso il canale Contact Center che verrà avviato solo a decorrere da questa data.

Dis-Coll 2015 e il termine dei 68 giorni
Esclusivamente al fine di gestire adeguatamente le cessazioni del rapporto di collaborazione intercorse tra la data del 1° gennaio 2015 e la data di pubblicazione della circolare (27 aprile 2015), il termine di sessantotto giorni per la presentazione della domanda di DIS-COLL decorre dalla data di pubblicazione della presente circolare. In questi casi la prestazione viene corrisposta dall'ottavo giorno successivo alla data di cessazione dal lavoro.

L’INPS ha sottolineato che:
I collaboratori rientranti nel campo di applicazione della legge n. 92 del 2012 accedono fino al 31 dicembre 2015 esclusivamente alla indennità DIS-COLL in presenza di tutti i requisiti richiesti per detta indennità dal d.lgs. n. 22 del 2015. Pertanto le eventuali domande di detti soggetti - intese ad ottenere l’indennità Una Tantum CoCoPro 2014 - presentate tra il 1° gennaio 2015 e la data di pubblicazione della presente circolare per le quali la cessazione del lavoro si sia verificata nel 2015 saranno gestite come domande di DIS COLL.



lunedì 31 dicembre 2012

Ministero del Lavoro e falsa partita Iva

Il ministero del Lavoro ha scelto una partenza morbida per l'azione di contrasto alle false partite Iva, cioè per quei lavoratori che vengono di fatto costretti ad aprire una posizione Iva per mascherare da lavoro autonomo posizioni di lavoro che sono in realtà di collaborazione coordinata e continuativa o anche di lavoro subordinato.

Con un decreto ministeriale e una circolare diramata dall'Ufficio ispettivo dello stesso ministero del Lavoro - si è precisato infatti che la presunzione di "falsa partita Iva" non si applica:

se la prestazione è svolta da un iscritto a un Ordine professionale

se il lavoratore è in possesso di una specifica "competenza", che (secondo la circolare) può derivare anche dal possesso di una laurea o di un diploma di scuola superiore (liceo o istituto professionale).

Infatti, il professionista iscritto a un Albo non deve provare l’attività autonoma ai fini dell’esclusione dalla presunzione di “falsa” partita IVA.

Comunque restano esclusi dalla presunzione di “falsa” partita IVA prevista dalla Riforma del Lavoro (L. n. 92/2012) i professionisti iscritti a un ordine, albo o elenco purché sia tenuto o controllato da una amministrazione pubblica e per la relativa iscrizione sia necessario un esame di Stato, oppure una valutazione di titoli. Simile discorso per le imprese artigiane e commerciali iscritte alla Camera di commercio e le federazioni sportive a condizione che per l'iscrizione non sia necessaria una semplice domanda, ma si assume come obbligo la valutazione di titoli e/o altre condizioni previste dai propri ordinamenti. E’ quanto ha chiarito il Ministero del Lavoro con la circolare n. 32/2012 definendo l'ambito di operatività del meccanismo presuntivo delle “false” partite IVA.

La Riforma del Lavoro all’art. 1, c. 26 ha inserito una norma volta a contrastare un utilizzo distorto delle prestazioni lavorative rese in regime di lavoro autonomo. In particolare, l’intenzione è stata quella di regolarizzare tutti quei lavoratori che si sono visti attirare dai propri datori di lavoro ad aprire una partita IVA, appunto “falsa”, al sol fine di evitare d’ingabbiarsi in contratti di lavoro che risultano più onerosi e costosi per chi offre lavoro.

In riferimento all’attività di verifica, il Ministero fa presente che il momento a partire dal quale si potrà esercitare una presunzione da parte degli organi ispettivi o dai lavoratori interessati, dipenderà dalla combinazione dei tre indici presuntivi:
se si farà valere la postazione fissa e il fatturato di oltre l'80%, la prima verifica potrà essere fatta non prima del 18 luglio 2014 (data di scadenza dei due anni solari previsti dalla legge);

qualora i parametri di controllo siano la durata della collaborazione e la postazione fissa;

la durata della collaborazione e il fatturato, la prima verifica non potrà essere effettuata prima del 2015 atteso che il biennio interessato sarà il 2013/2014.

Dalla circolare viene chiarito che per i primi due parametri la verifica potrà essere fatta solo a posteriori una volta che siano trascorsi i due anni stabiliti dalla legge anche se assumono un diverso criterio di calcolo. Il parametro degli 8 mesi va valutato rispetto all'anno civile (1 gennaio-31 dicembre); mentre per il parametro del fatturato occorre fare riferimento al biennio solare, vale a dire a un doppio periodo di 365 giorni decorrenti dal 18 luglio 2012 (data di entrata in vigore della Legge Fornero).

In ogni caso, precisa ancora la circolare, i controlli potranno avviarsi dal 18 luglio 2014, trascorsi cioè due anni dall'entrata in vigore della riforma del lavoro (la legge 92/2012). Questo perché la stessa riforma - nel modificare l'articolo 69 bis del decreto legislativo 276/2003 - prevede un tempo di due anni per verificare l'eventuale presenza di una prestazione di eccessiva prevalenza, resa cioè a un solo committente in esclusiva o in larghissima parte.

La presunzione dei collaboratori a progetto non opera: qualora siano riconosciute capacità teoriche di grado elevato acquisite attraverso significativi percorsi formativi (diploma, laurea o qualifica professionale), oppure da capacità tecnico-pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell’esercizio concreto di attività; quando il titolare della partita IVA possa dimostrare un fatturato annuo non inferiore a 1,25 volte il minimo imponibile previsto per i contributi dovuti dagli artigiani ed esercenti attività commerciali (che, per l’anno 2012, è pari a € 18.662,50). Affinché operi la suddetta esclusione è necessario che la sussistenza di entrambi i requisiti.

giovedì 28 giugno 2012

Riforma del lavoro 2012. Partita IVA


Riforma del lavoro, si allenta la stretta sulle Partite IVA: i nuovi parametri per l'assunzione, le soglie di reddito consentite e la questione aperta dei contributi per la gestione separata.

Per contrastare il fenomeno delle finte partite IVA vengono introdotte delle presunzioni di lavoro coordinato e continuativo. La durata di collaborazione non deve superare otto mesi (6 nel ddl originario); il corrispettivo pagato non deve essere superiore dell'80% di quello di dipendenti e co.co.pro. (75% nel ddl); il lavoratore non deve avere una postazione fissa in azienda: non si può avere una scrivania insomma ma un telefono cellulare aziendali sì. Le partite Iva che hanno un reddito annuo lordo di almeno 18mila euro sono considerate vere, come quelle svolte da professionisti iscritti agli ordini.

Quindi si presumono co.co.pro. Le partite IVA se ricorrano almeno due dei seguenti presupposti: la collaborazione abbia una durata superiore ai 8 mesi nell'anno solare; ed il corrispettivo della collaborazione costituisca più dell'80% dei corrispettivi percepiti nell'anno solare; inoltre il collaboratore non deve avere una postazione fissa.

C'è anche una norma di interpretazione autentica dell'articolo 61, comma 3, del Dlgs 276/2003, volta a chiarire che le norme che disciplinano il lavoro a progetto e il lavoro occasionale non si applicano alle sole prestazioni professionali riconducibili alle attività per l'esercizio delle quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi, ferma restando la possibilità per i professionisti abilitati di svolgere, sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa, attività diverse da quelle per le quali è necessaria l'iscrizione. Ossia qualora la prestazione lavorativa e connotata da competenze teoriche di grado elevato.

sabato 12 maggio 2012

Lavoro a progetto salario minimo

Le modifiche al ddl lavoro riferito ai contrati di lavoro per i co.co.pro., arriva una sorta di salario minimo o salario.

Il compenso dei collaboratori a progetto «deve essere adeguato alla quantità e qualità del lavoro eseguito e non può comunque essere inferiore, in proporzioni di durata del contratto, all'importo annuale determinato periodicamente con decreto del Ministero del Lavoro». Per raggiungere questo obiettivo, i principi previsti sono «da un lato gli emolumenti previsti per analoghe prestazioni svolte nella forma del contratto d'opera» così come previsto dal codice civile e «dall'altro la media delle retribuzioni previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, in riferimento a prestazioni comparabili e omogenee rese in forma di lavoro subordinato. Il decreto ministeriale è emanato sentite le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro».

Per i cosiddetti co.co.pro., viene introdotto il principio della giusta retribuzione calcolata sulla media tra le tariffe del lavoro autonomo e dei contratti collettivi di lavoro. Quindi le aziende dovranno corrispondere ai collaboratori un salario minimo in modo tale da tutelare soprattutto i giovani precari che spesso vengono “sfruttati” come si sul dire, con compensi irrisori.

Altra novità è la volonta di introdurre una indennità di disoccupazione per chi ha un contratto a progetto, anche se in una unica soluzione, guardando verso una mini Aspi. Gli emendamenti dei relatori prevedono infatti che venga rafforzata l’attuale una tantum per una fase sperimentale che durerà 3 anni al termine della quale sarà effettuata una verifica per passare ad una mini Aspi.

L’esempio fatto dai relatori è quello di un collaboratore a progetto che, avendo lavorato 6 mesi, percepirà nell’anno successivo circa 6 mila euro sotto forma di una-tantum.

Si tratta sicuramente di importanti novità nel mondo del lavoro che coinvolgeranno i lavoratori parasubordinati che in Italia, secondo i dati Isfol, sono 1 milione 422 mila. Il 46,9% (676 mila) sono collaboratori a progetto (co.co.pro.) con un reddito medio di 9.855 euro l’anno e il 35,1% di loro ha un’età inferiore ai 30 e il 28,7% tra i 30 e i 39 anni. Quindi una salario minimo e indennità di disoccupazione per i contratti di collaborazione a progetto andranno a beneficio dei giovani lavoratori.
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