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domenica 2 febbraio 2014

Dimissioni della lavoratrice madre e dei lavoratori padri



Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha reso noto con la Nota del 9 dicembre 2013 prot. n. 21490, che è stata adeguata la modulistica per la convalida delle dimissioni e della risoluzione consensuale delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri avvenute nei primi tre anni di vita del bambino o di accoglienza del minore adottato. Sarà possibile utilizzare il nuovo modello a partire dal 1° gennaio 2014. Rispetto al precedente modulo di dichiarazione utilizzato dagli Uffici, nel nuovo modulo è contemplata la casistica della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro che deve essere convalidato a seguito della modifica apportata al Testo Unico sulla maternità e paternità dalla Riforma Fornero (art. 4, co. 16, Legge n. 92/2012). Il nuovo modello prevede altresì che venga richiesto anche il dato relativo al numero dei figli e l’età degli stessi (fino ad un anno, da 1 a 3 anni, oltre i 3 anni).

L’ordinamento vigente stabilisce che ‘la risoluzione consensuale del rapporto o la richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni decorrenti dalle comunicazioni di cui all'articolo 54, comma 9 del Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151, devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali competente per territorio. A detta convalida è sospensivamente condizionata l'efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro’. Dal 2014 la convalida presso la Direzione Territoriale di Lavoro competente per territorio dovrà avvenire presentando un apposito modulo, allegato al presente messaggio.

In tale modulo saranno incluse informazioni aggiuntive rispetto a quelle richieste dal modulo attualmente in uso. In particolare, dovranno essere specificati i seguenti elementi: numero ed età dei figli, se vi è stata erogazione di incentivo all’esodo, se il lavoratrice o la lavoratrice hanno in precedenza chiesto di poter ricorrere a strumenti di flessibilità dell’orario o di poter ricorrere ad un rapporto di lavoro a tempo parziale.

La L. 92/2012 ha infatti modificato il comma 4, dell’articolo 55, del d. lgs 151/2001 (T.U. Maternità) per quanto riguarda la convalida presso la Direzione territoriale del lavoro competente per territorio delle dimissioni e delle risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro di lavoratrici madri/lavoratori padri durante il periodo protetto che ora quindi dovranno essere convalidate presso la DTL:
dalla lavoratrice durante il periodo di gravidanza;
dalla lavoratrice e dal lavoratore durante i primi 3 anni di vita del bambino;
dalla lavoratrice ed dal lavoratore durante i primi 3 anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento.
Nel modulo in aggiunta alle dimissioni della lavoratrice madre/del lavoratore padre, è stato inserito il riferimento all’ipotesi della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro e, oltre al numero dei figli, è stata specificata anche l’età degli stessi (fino ad 1 anno, da l a 3 anni, oltre 3 anni).
Il Ministero precisa che ai dati contenuti nel report relativo al monitoraggio in questione sono state aggiunte le seguenti informazioni: qualifica, età del figlio, erogazione di incentivo all’esodo, richiesta di part time/orario flessibile da parte del lavoratore/lavoratrice.
Infine si fa presente che la nuova modulistica dovrà essere utilizzata, in sostituzione di quella attualmente adottata, per l’effettuazione del monitoraggio delle convalide delle dimissioni e delle risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri, a partire dal mese di gennaio 2014.

giovedì 30 gennaio 2014

Aliquote contributive gestione separata INPS 2014




Con la Legge 147/2013 o Legge di Stabilità 2014, pubblicata in Gazzetta Ufficiale lo scorso 27/12/2013 sono entrate in vigore dal 1 gennaio 2014 le nuove aliquote gestione separata INPS 2014. In particolare tali aliquote già soggette ad aumento progressivo dell’1%, sono state leggermente ritoccate, è stata fatta una ulteriore distinzione tra lavoratori autonomi titolari di Partita Iva e lavoratori autonomi privi di Partita IVA.

Le nuove aliquote gestione separata INPS dovute, a decorrere dal 1° gennaio 2014, dai collaboratori coordinati e continuativi iscritti alla Gestione separata, in applicazione della legge n. 326/2003 e successive modifiche, sono le seguenti:

Collaboratori già iscritti ad una gestione previdenziale obbligatoria e titolari di pensione: 22%;

Collaboratori privi di altra tutela previdenziale: 27,72%.

Come detto sopra la legge di stabilità ha introdotto una ulteriore distinzione tra soggetti iscritti esclusivamente alla gestione separata INPS titolari di Partita IVA e lavoratori autonomi privi di partita IVA iscritti alla sola gestione separata. Le nuove aliquote contributive per il 2014 saranno in questo caso:

soggetti non titolari di partita IVA non iscritti ad altre gestioni di previdenza obbligatoria né pensionati: 28,72%;

soggetti titolari di partita IVA non iscritti ad altre gestioni di previdenza obbligatoria né pensionati: 27,72%.

Le percentuali sopra indicate non sono state ancora ufficializzate dall’INPS, da cui attendiamo una circolare definitiva, ma introdotte, come detto prima, dalla legge di stabilità n. 147/2013 al comma 491, che ha anche previsto per l’anno 2015 l’aumento dal 22% al 23,5% per i soggetti già iscritti ad una gestione obbligatoria e per i titolari di pensione.

Rimane confermata per gli iscritti che non siano pensionati o che non risultino già assicurati ad altra forma previdenziale obbligatoria l’ulteriore aliquota contributiva per il finanziamento dell’onere derivante dall’estensione agli stessi della tutela relativa alla maternità, agli assegni per il nucleo familiare, alla degenza ospedaliera, alla malattia ed al congedo parentale. Questa aliquota contributiva aggiuntiva, è pari allo 0,72%.

Le nuove aliquote contributive dovute, a decorrere dal 1° gennaio 2014, dai collaboratori coordinati e continuativi iscritti alla Gestione separata, in applicazione della legge n. 326/2003 e successive modifiche.


Aliquote inps gestione separata anno 2014 (comma 491 legge n. 147 del 27/12/2013)

Le nuove aliquote contributive dovute, a decorrere dal 1° gennaio 2014, dai collaboratori coordinati e continuativi iscritti alla Gestione separata, in applicazione della legge n. 326/2003 e successive modifiche, sono le seguenti:

Categoria aliquota 2014

Collaboratori già iscritti ad una gestione previdenziale obbligatoria e titolari di pensione  22% (*)

Collaboratori privi di altra tutela previdenziale  28,72 % (**)

In evidenza:

Le percentuali sopra indicate non sono state ancora ufficializzate dall’INPS, ma modificate, in parte, dalla legge di stabilità n. 147/2013 c. 491, che ha anche previsto per l’anno 2015 l’aumento dal 22% al 23,5% per i soggetti già iscritti ad una gestione obbligatoria e per i titolari di pensione.

(*) la legge di stabilità n. 147/2013 (art. 1 c. 491), per i soggetti già iscritti a una gestione obbligatoria e per i titolari di pensione, ha previsto per l'anno 204 l'aumento di due punti, portandola dal 20% al 22%, prevedendo anche per l'anno 2015 l'aumento di un punto e mezzo, portandola al 23,5%.

(**) la legge 28/6/2012 n. 92 (art.2) ha previsto, per i soggetti iscritti ala gestione separata INPS privi di alcuna copertura previdenziale, per l'anno 2014, l'aumento di un punto, portandola dal 27,72% al 28,72%. Si evidenzia che tale aumento, previsto per l'anno 2014, non si applica ai lavoratori autonomi titolari di partita IVA, iscritti alla gestione separata, privi di altra copertura previdenziale obbligatoria o che non siano pensionati (legge n. 147/2013, art. 1, co. 744).

Si Ricorda inoltre che:  la contribuzione INPS segue il criterio di cassa, pertanto i compensi di competenza anno 2013, da liquidarsi nel corso dell’anno 2014, subiscono le nuove aliquote. L’onere contributivo è ripartito in misura pari a : • 2/3 a carico del committente;• 1/3 a carico del collaboratore.

L’iscrizione alla Gestione Separata INPS è a cura del collaboratore utilizzando la prevista modulistica.

Il versamento all’INPS è a cura del committente entro il giorno 16 del mese successivo a quello di pagamento del compenso, utilizzando il mod. F24EP.

 Lavoro autonomo occasionale: trattamento previdenziale

Si ricorda che l’art. 44 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 dispone che:

“…A decorrere dal 1° gennaio 2004 i soggetti esercenti attività di lavoro autonomo occasionale e gli incaricati alle vendite a domicilio di cui all’articolo 19 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, sono iscritti alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, solo qualora il reddito annuo derivante da dette attività sia superiore ad euro 5.000. Per il versamento del contributo da parte dei soggetti esercenti attività di lavoro autonomo occasionale si applicano le modalità ed i termini previsti per i collaboratori coordinati e continuativi iscritti alla predetta gestione separata…”.

Pertanto, dal 1° gennaio 2004 sono assoggettati all’obbligo assicurativo e contributivo presso la Gestione separata INPS i lavoratori autonomi occasionali, percettori di redditi di lavoro autonomo non esercitato abitualmente, di cui art. 67, comma 1, lettera I, del TUIR n. 917/86, al raggiungimento di un reddito annuo, derivante da tale attività, superiore a € 5.000,00, a prescindere dal numero dei committenti delle prestazioni occasionali.

Per quanto riguarda la determinazione della percentuale del contributo dovuto alla Gestione separata INPS, nonchè le modalità di versamento, così come stabilisce la legge n. 326/03, "si applicano le modalità ed i tempi previsti per i collaboratori coordinati e continuativi iscritti alla predetta gestione separata..." .

Pertanto, dal 1° gennaio 2004, sono assoggettati all'obbligo assicurativo e contributivo presso la gestione separata INPS i lavoratori autonomi occasionali, percettori di redditi di lavoro autonomo non esercitato abitualmente, di cui all'art. 67, co. 1, lett. l) del TUIR (DPR n. 917/86), al raggiungimento di un reddito annuo, derivante da tale attività, superiore a € 5.000,00, a prescindere dal numero dei committenti delle prestazioni occasionali.

Per quanto riguarda la determinazione della percentuale del contributo dovuto alla gestione separata INPS, nonché le modalità di versamento, così come stabilisce la legge n. 326/2003, "si applicano le modalità ed i tempi previsti per i collaboratori coordinati e continuativi iscritti alla predetta gestione separata...".

giovedì 2 gennaio 2014

Aspi 2014, requisiti e termini in vigore dal 1 gennaio 2014



Ricordiamo che l'Aspi (Assicurazione Sociale per l'Impiego) è una prestazione a sostegno del reddito, introdotta dalla riforma Fornero nel 2013, la quale dall’1 gennaio del 2013, sostituisce le indennità di disoccupazione e di mobilità unificandole e come la precedente viene erogata ai lavoratori che presentano domanda  nel caso in cui siano stati licenziati, oppure che si siano dimessi per giusta causa (ovvero, licenziamento per giustificato motivo e quello per giusta causa). Dal 1 gennaio 2014, l'Aspi subirà delle variazioni, che saranno progressive fino a stabilizzarsi nel 2016.

Infatti, dal 1° gennaio non è più applicato il limite delle ultime sei mensilità, con riferimento alla restituzione del contributo addizionale introdotto dalla riforma Fornero a finanziamento dell'Aspi e dovuto in relazione ai contratti di lavoro a termine. Pertanto, decorso il periodo di prova, sarà restituito al datore di lavoro in caso di trasformazione del contratto a tempo indeterminato.

Innanzitutto, possono beneficiare dell'indennità di disoccupazione (Aspi) i dipendenti a tempo indeterminato e determinato che hanno perduto involontariamente l'occupazione; rientrano i seguenti lavoratori:

coloro che hanno un contratto di apprendistato;
i soci di cooperative (ai sensi del D.P.R. n. 602/70);
i dipendenti a tempo indeterminato di aziende pubbliche;
personale artistico-teatrale con contratto subordinato;
i dipendenti sospesi;
madri o padri lavoratori che si dimettono entro il compimento del primo anno del proprio figlio.

I requisiti per poter fare domanda dello stato di disoccupazione involontario sono i seguenti:
l’interessato deve presentare, presso il Centro per l’impiego nel cui ambito territoriale si trovi il proprio domicilio, una dichiarazione che attesti l’attività lavorativa precedentemente svolta e l’immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa.

L’indennità quindi non spetta nelle ipotesi in cui il rapporto di lavoro sia cessato a seguito di dimissioni o risoluzione consensuale.

Il lavoratore ha diritto all’indennità nelle ipotesi di dimissioni durante il periodo tutelato di maternità ovvero di dimissioni per giusta causa.

Inoltre, la risoluzione consensuale non impedisce il riconoscimento della prestazione se intervenuta:

nell’ambito della procedura conciliativa presso la Direzione Territoriale del Lavoro, secondo le modalità previste all’art. 7 della legge n. 604 del 1966, come sostituito dall’art. 1, comma 40 della legge di riforma del mercato del lavoro (Legge 28 giugno 2012 n.92);

a seguito di trasferimento del dipendente ad altra sede distante più di 50 Km dalla residenza del lavoratore e/o mediamente raggiungibile in 80 minuti o più con i mezzi pubblici.

Precisiamo inoltre che l’indennità viene corrisposta:

nel 2014 l'indennità spetterà per la durata di 8 mesi per chi ha un'età inferiore a 50 anni; per 12 mesi per chi ha un'età compresa tra i 50 ed i 55 anni; per 14 mesi per chi ha un'età superiore a 55 anni;

nel 2015 la durata dell'indennità sarà: di 10 mesi per chi ha meno di 50 anni; di 12 mesi per chi ha tra i 50 e 55 anni; e di 16 mesi per chi ha oltre 55 anni.

Un'altra novità dal 2014 riguarda la possibilità di richiedere la liquidazione dell'importo complessivo in un'unica soluzione solo nei seguenti casi: per avviare un'attività autonoma, o d'impresa o in cooperativa.

Se durante il periodo in cui si percepisce l'indennità, si viene assunti o riassunti, l'Aspi viene sospesa per massimo 6 mesi.

Non ne hanno diritto invece i lavoratori impiegati nelle pubbliche amministrazioni e coloro che hanno i requisiti per richiedere la disoccupazione agricola.

Per capire quanto spetta ricevere, basta sapere che la misura della prestazione è pari al 75 per cento dello stipendio per retribuzioni pari o inferiori ai 1.180 euro nel 2013; mentre, per retribuzioni superiori, occorrerà aggiungere il 25 per cento del differenziale tra l’importo e la retribuzione mensile complessiva per un ammontare massimo di 1.119 euro. Inoltre, all’indennità mensile si deve applicare una riduzione del 15 per cento, in seguito ai primi 6 mesi ed un’ulteriore riduzione del 15 per cento dopo 12 mesi di fruizione. Infine, l’indennità ASPI spetta dopo 8 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro.

La domanda deve essere presentata entro 60 giorni dalla perdita dell’occupazione.

Ecco le procedure online per chiedere l’ASPI, il nuovo sussidio di disoccupazione INPS dal 2013: le domande vanno presentate dal lavoratore rimasto senza impiego per via telematica, utilizzando uno dei seguenti canali:

Web - Servizio INPS online accessibile tramite PIN e codice fiscale;

Contact Center multicanale – al numero verde 803164;

Patronati e intermediari – che a loro volta utilizzeranno i servizi telematici INPS.

La domanda  deve essere inviata, a pena di decadenza, dopo 8 giorni dalla perdita del lavoro ed entro massimo due mesi (quindi in totale, entro 68 giorni dal licenziamento o dimissioni per giusta causa).

mercoledì 1 gennaio 2014

Lavoro le novità per il 2014: Aspi over 55, ammortizzatori in deroga e contributo solidarietà



Riduzione delle pressione fiscale sul lavoro dipendente, stretta sulla cassa integrazione in deroga e fine del blocco per le pensioni superiori a tre volte il minimo, prelievo di solidarietà sulle prestazioni più alte: sono alcune delle novità principali sul fronte del lavoro che arriveranno nel 2014.

Proviamo a fare una sintesi su cosa cambierà da gennaio 2014.

Esodati. Grazie a 950 milioni di euro verranno salvaguardati altri 23.000 esodati;

Assunzioni è prevista la possibilità di dedurre l’IRAP ai neoassunti: fino a 15.000 euro annui per ogni dipendente.

Detrazione lavoro dipendente. Sono state previste nuove modalità di calcolo per la detrazione d'imposta IRPEF: per redditi fino a 8.000 euro lordi l’anno, la detrazione sarà pari a 1.880 euro (rispetto ai 1840 precedenti), per i redditi da 8.000 a 28.000 euro la detrazione sarà di 978 euro a cui si aggiunge una quota di 902 euro.

Borse di studio. Il Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio universitarie viene incrementato di 50 milioni di euro.

La legge di stabilità istituisce il Fondo per la riduzione della pressione fiscale utilizzando le risorse derivanti dai risparmi di spesa derivanti dalla razionalizzazione della spesa pubblica e per il biennio 2014-2015,e dalle risorse che si stima di incassare come maggiori entrate rispetto alle previsioni di bilancio grazie alla lotta all’evasione fiscale. Per i redditi tra gli 8mila e i 55mila aumentano le detrazioni per i lavoratori dipendenti. La modulazione dei benefici farà sì che le detrazioni saranno maggiori per i redditi più bassi per scendere gradualmente fino ad azzerarsi a 55mila euro annui.

Con il nuovo anno ci sarà una stretta sulla durata degli ammortizzatori in deroga, ovvero la cassa integrazione in deroga (che si esauriranno a fine 2016). La cig in deroga potrà essere concessa per un periodo non superiore a 8 mesi nell'arco di un anno. Dal 2015 e fino a fine 2016 il sussidio potrà essere concesso fino a 6 mesi nell'arco di un anno e a 12 mesi nell'arco di un biennio mobile. Per il 2014 la mobilità in deroga potrà essere concessa per un massimo di 7 mesi (10 al Sud) per chi ha beneficiato di meno di 3 anni del sussidio e per un massimo di 5 mesi (8 al Sud) per chi ha già usufruito del sussidio per tre anni o più. Le aziende con più di 15 dipendenti che non hanno cigo e cigs (e che quindi non versano contributi per questi ammortizzatori sociali) e che non abbiano per il loro settore costituito un fondo di solidarietà dovranno dal 2014 versare lo 0,5% delle retribuzioni a un fondo di solidarietà residuale presso l'Inps.

Rivalutazione pensione: dopo i due anni di blocco per le prestazioni superiori a tre volte il minimo (circa 1.500 euro di reddito da pensione mensile) prevista dal Governo Monti torna la rivalutazione anche se differenziata. Per i trattamenti pensionistici tra 3 e 4 volte il minimo la rivalutazione sarà al 95% dell'inflazione; tra 4 e 5 volte il minimo la rivalutazione sarà al 75%; per quelli tra 5 e 6 volte il minimo la rivalutazione sarà del 50%; per quanto riguarda i trattamenti pensionistici superiori a 6 volte il trattamento minimo per il 2014 ci sarà una rivalutazione del 40%.

Contributo solidarietà pensioni alte: La legge di stabilità introduce un contributo di solidarietà, per il triennio 2014-2016, sui trattamenti pensionistici obbligatori eccedenti le 14 volte il minimo (circa 7.000 euro al mese).

L'Aspi, assicurazione per l'impiego introdotta dalla riforma del lavoro Fornero a partire dal 2013 prevede un aumento della durata del sussidio per gli over 55. Dal 2014 passa da 12 a 14 mesi. Resta invariata l'indennità normale (8 mesi) e quella per i disoccupati tra i 50 e i 55 anni (12 mesi). Nel 2015 l'Aspi passa a 10 mesi per gli under 50, 12 mesi per coloro che hanno tra i 50 e i 55 anni e a 16 mesi per gli over 55.

Dal 2014 cambiano le regole sull'Isee, l'indicatore della situazione economica da produrre per avere accesso a prestazioni legate al reddito (rette per l'università, mense ecc) per evitare che siano favoriti gli evasori. Il nuovo indicatore considera tutte le forme di reddito, comprese quelle fiscalmente esenti. Aumenta il peso della componente patrimoniale considerando il valore degli immobili rivalutati ai fini Imu. Si tiene conto delle famiglie numerose e della presenza nel nucleo di disabili.

domenica 29 dicembre 2013

Pensioni 2014: anticipata e in uscita dal lavoro




Con il nuovo anno scattano i nuovi requisiti per andare in pensione. A pagare il prezzo più consistente saranno le donne dipendenti del settore privato  che per andare in pensione di vecchiaia dovranno aver compiuto i 63 anni e 9 mesi, 18 mesi in più rispetto ai requisiti previsti per il 2013 (62 anni e tre mesi).

La pensioneanticipata è una prestazione economica a domanda, erogata ai lavoratori dipendenti e autonomi iscritti all’assicurazione generale obbligatoria ed alle forme sostitutive, esonerative ed integrative, la cui pensione è liquidata con il sistema di calcolo retributivo, misto o contributivo.

Ai fini del raggiungimento del requisito contributivo è valutabile la contribuzione versata o accreditata a qualsiasi titolo, fermo restando il contestuale perfezionamento del requisito di 35 anni di contribuzione utile per il diritto alla pensione di anzianità disciplinata dalla previgente normativa.

Per i soggetti che accedono alla pensione anticipata ad un’età inferiore a 62 anni si applica, sulla quota di trattamento pensionistico relativa alle anzianità contributive maturate al 31 dicembre 2011, una riduzione pari ad un punto percentuale per ogni anno di anticipo nell’accesso alla pensione rispetto all’età di 62 anni; tale percentuale annua è elevata a due punti percentuali per ogni anno ulteriore di anticipo rispetto a due anni.

Ricordiamo che i soggetti che maturano i requisiti per l'accesso al pensionamento a partire dal 1° gennaio 2012, possono accedere alla pensione anticipata a condizione che risulti maturata un'anzianità contributiva di 42 anni e 1 mese per gli uomini e 41 anni e 1 mese per le donne.  Tali requisiti sono aumentati di un mese per l'anno 2013 e di un ulteriore mese a decorrere dal 2014, fermi restando gli incrementi della speranza di vita a decorrere dal 1° gennaio 2013.

I requisiti prescritti a partire dal 1° gennaio 2012 per il diritto alla pensione anticipata, sia in un sistema di calcolo misto (contributivo pro-rata) sia contributivo, sono riportati nella tabella seguente.

La riforma Fornero, diciamo che ha la “sua forza” dal primo gennaio 2014 che entrano in vigore i nuovi requisiti fissati con la legge medesima. Si tratta di disposizioni più stringenti che rimandano l'età pensionabile: 66 anni e 3 mesi per lavoratori dipendenti e autonomi e per lavoratrici del settore pubblico, 63 anni e 9 mesi per lavoratrici del settore privato; 64 anni e 9 mesi per lavoratrici autonome. In merito alla pensione anticipata, per le persone in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, sono richiesti 42 anni e 6 mesi di anzianità contributiva per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne.

E allora il nuovo anno porta altri requisiti per andare in pensione: 66 anni e 3 mesi per lavoratori dipendenti e autonomi e per lavoratrici del settore pubblico, 63 anni e 9 mesi per lavoratrici del settore privato; 64 anni e 9 mesi per lavoratrici autonome. In merito alla pensione anticipata, per le persone in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, sono richiesti 42 anni e 6 mesi di anzianità contributiva per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne. In buona sostanza sono aumentati di un mese i requisiti richiesti rendendo più difficile uscire di scena senza subire penalizzazioni nell'assegno mensile corrisposto.

Nel caso della pensione anticipata, è previsto un disincentivo dell'1% per ogni anno di distanza dal raggiungimento dei 62 anni di età e del 2% per ogni anno prima del compimento dei 60 anni. Le ragioni che hanno portato a questi cambiamenti, contestati sia dai sindacati che da buona parte del governo in carica, sono ben note: equità e convergenza intragenerazionale e intergenerazionale, con abbattimento dei privilegi e clausole derogative soltanto per le categorie più deboli; flessibilità nell'accesso ai trattamenti pensionistici anche attraverso incentivi alla prosecuzione della vita lavorativa.

Sulla quota retributiva del trattamento pensionistico relativa alle anzianità contributive maturate antecedentemente al 1° gennaio 2012 è applicata una riduzione pari a 1 punto percentuale per ogni anno di anticipo nell'accesso al pensionamento rispetto all'età di 62 anni; tale riduzione è elevata a 2 punti percentuali per ogni anno ulteriore di anticipo rispetto a due anni (ovvero rispetto ai 60 anni di età). Nel caso in cui l'età al pensionamento non sia intera la riduzione percentuale è proporzionale al numero dei mesi.

Gli uomini potranno andare in pensione in anticipo rispetto all'età di vecchiaia se hanno almeno 42 anni e 6 mesi di contributi versati, un mese in più di quanto previsto nel 2013. Per le donne saranno necessari almeno 41 anni e 6 mesi di contributi (un mese in più di quanto previsto nel 2013). Anche i requisiti per la pensione anticipata andranno adeguati dal 2016 all'aumento della speranza di vita.




Pensioni da gennaio 2014 cosa cambia: donne, sistema contributivo e requisiti



Età pensionabile: 66 anni e 3 mesi per lavoratori dipendenti e autonomi e per lavoratrici del settore pubblico, 63 anni e 9 mesi per lavoratrici del settore privato; 64 anni e 9 mesi per lavoratrici autonome. In merito alla pensione anticipata, per le persone in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, sono richiesti 42 anni e 6 mesi di anzianità contributiva per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne.


Dal 1 gennaio per la vecchiaia serviranno fino a 64 anni e 9 mesi. Con le vecchie regole l’assegno sarà calcolato con il contributivo, ovvero per i lavoratori privi di anzianità contributiva al 1° gennaio 1996 e per i lavoratori che esercitano la facoltà di opzione al sistema di calcolo contributivo. Dal 1995 gli assegni si misurano sulla base dei contributi versati: ciò significa che al momento della pensione la dote accumulata da ogni lavoratore si trasforma in rendita mensile applicando un coefficiente che tiene conto dell’età e delle aspettative di vita. La determinazione dell’importo della pensione con il sistema contributivo si basa dunque sul montante contributivo individuale costituito dagli accantonamenti dei contributi annuali ai quali sarà applicato il coefficiente di trasformazione. In pratica, per ogni anno di lavoro viene accantonata una somma determinata applicando l’aliquota di computo sul reddito imponibile corrispondente al 33% per i lavoratori dipendenti, 20% per gli autonomi, mentre per gli iscritti alla gestione separata sarà determinato anno per anno.

La pensione di vecchiaia delle donne si allontana sempre di più.  Da gennaio 2014 le lavoratrici dipendenti del settore privato potranno andare in pensione di vecchiaia solo dopo aver compiuto i 63 anni e 9 mesi, 18 mesi in più' rispetto ai requisiti previsti per il 2013 (62 anni e tre mesi). Dal 2014 scattano infatti i nuovi requisiti per il pensionamento di vecchiaia delle donne previsti dalla riforma Fornero che porteranno gradualmente alla parificazione delle eta' di vecchiaia all'inizio del 2018 (66 anni e tre mesi ai quali aggiungere l'adeguamento alla speranza di vita).

L’innalzamento del limite di età è iniziato nel 1993 con la riforma Amato che ha portato la soglia anagrafica, sebbene gradualmente, da 55 a 60 anni. A partire dal 2012 è cambiato tutto. La legge Monti-Fornero ha infatti dato un deciso colpo di acceleratore alla equiparazione con gli uomini, già peraltro decisa dal precedente governo Berlusconi, che nell’estate 2011 aveva previsto un percorso che doveva iniziare nel 2014 per raggiungere il traguardo nel 2026. Ma non è stato così.

Dal primo gennaio 2012, infatti, l’età delle donne è salita di colpo a 62 anni - soglia alla quale già nel 2013 sono stati aggiunti 3 mesi (per via dell’adeguamento alle cosiddette speranze di vita) - e sarà ulteriormente elevata a 63 anni e 9 mesi nel 2014. Per le lavoratrici autonome (commercianti, artigiane e coltivatrici dirette), invece, lo scalone del 2012 è stato di 3 anni e 6 mesi (l’età è passata da 60 a 63 anni e mezzo). Limite che salirà a 64 e 9 mesi nel 2014. Più difficile infine anticipare la vecchiaia, per entrambi i sessi. Chi non ha ancora l’età, l’anno prossimo dovrà infatti accumulare almeno 42 anni e 6 mesi di contributi (41 e 6 mesi le donne).

Le sole donne che scelgono di andare in pensione con le vecchie regole - ossia a 57 anni di età con 35 di contributi (58 anni se lavoratrici autonome) - potranno continuare a farlo, in via eccezionale sino al 2015, scegliendo però un trattamento calcolato interamente con il sistema contributivo vedere sopra . Questo criterio, riferito alla contribuzione accumulata nell’arco della intera vita lavorativa, è sicuramente meno vantaggioso del sistema «retributivo», riferito agli stipendi degli ultimi anni, con una perdita in termini di pensione stimato in misura pari a circa il 25-30%.

Ecco in sintesi i requisiti per l'uscita da lavoro nel 2014, in presenza comunque di almeno 20 anni di contributi (se si hanno contributi accreditati prima del 1996. Se si e' cominciato a versare dopo il 1996 e' richiesto anche un importo di pensione di almeno 1,5 volte la soglia minima):

Donne dipendenti settore privato: potranno andare in pensione di vecchiaia le donne con almeno 63 anni e 9 mesi di età. Dal 2016 (fino al 31 dicembre 2017) scatterà' un ulteriore scalino e saranno necessari 65 anni e tre mesi ai quali aggiungere l'aumento legato alla speranza di vita. Potranno quindi andare in pensione ancora quest'anno con 62 anni e 3 mesi le lavoratrici nate prima del 30 settembre 1951 mentre se si e' nate a ottobre dello stesso anno l'uscita dal lavoro sarà' rimandata almeno fino a luglio del 2015.

Donne autonome e gestione separata: nel 2014 le lavoratrici autonome potranno andare in pensione con almeno 64 anni e 9 mesi, con un anno in più' rispetto a quanto previsto per il 2013. Per il 2016 e il 2017 saranno necessari almeno 65 anni e 9 mesi, requisito al quale andrà' aggiunta la speranza di vita.

Uomini settore privato: nel 2014 vanno in pensione con gli stessi requisiti del 2013 (66 anni e tre mesi). I requisiti cambiano nel 2016 con l'adeguamento alla speranza di vita.

Settore pubblico, uomini e donne: restano i requisiti previsti per il 2013. Si va in pensione ancora nel 2014 e fino al 2015 con 66 anni e tre mesi di eta'. Il requisito andrà' adattato alla speranza di vita nel 2016.

Pensione anticipata: nel 2014 gli uomini potranno andare in pensione in anticipo rispetto all'età' di vecchiaia se hanno almeno 42 anni e 6 mesi di contributi versati, un mese in più' di quanto previsto nel 2013. Per le donne saranno necessari almeno 41 anni e 6 mesi di contributi (un mese in più' di quanto previsto nel 2013). Anche i requisiti per la pensione anticipata andranno adeguati dal 2016 all'aumento della speranza di vita.

Al momento della liquidazione della pensione, il montante contributivo individuale con sistema contributivo viene moltiplicato per il coefficiente di trasformazione, che aumenta proporzionalmente all’aumentare dell’età di pensionamento. Per individuare il coefficiente di trasformazione, che si applicava ai lavoratori privi di anzianità contributiva alla data del 1° gennaio 1996, occorreva fare riferimento alla seguente tabella:









lunedì 23 dicembre 2013

Pensioni per il 2014 aumenti lordi minimi. Massimo 20 euro al mese




Il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, ha annunciato il blocco delle pensioni superiori a 3.000 euro. In effetti, nel 2014 gli assegni dell’Inps pari a 6 volte il trattamento minimo (circa 3.000 euro lordi al mese) nel 2014 non verranno dunque incrementati secondo l’inflazione, come invece dovrebbe avvenire di regola.

Per le pensioni che entreranno in vigore a gennaio 2014, ci sarà una rivalutazione piena o quasi solo per gli importi pensionistici fino a circa 2.000 euro al mese lordi. E' giusto ricordare che solo le pensioni che non superano tre volte il trattamento minimo di 495,40 euro al mese avranno il recupero al 100%.

Al crescere della pensione, la percentuale di rivalutazione scende fino a 2.477,000 (5 volte il minimo ) sarà del 75% oltre questo il limite sarà del 50%. Poi, a partire da sei volte il minimo (2.972 euro al mese) scatta un altro tipo di decurtazione: l’incremento è limitato al 45 per cento, ma si applica solo alla quota di pensione che non supera questa soglia.

Se si guarda alla curva delle pensioni gli aumenti lordi in arrivo a gennaio 2014 porterà soltanto un aumento di circa 20 euro al mese, lordi. Niente di esaltante insomma. Nessuna pioggia di denaro. Ossia pensioni rivalutatesi ma di poche decine di euro è il risultato dopo  tanti annunci e...

In sostanza, operando un raffronto con l'anno passato avverrà che una pensione da 500 euro di quest'anno salirà a 506 euro l'anno prossimo. Per beneficiare di un incremento bisogna prendere una pensione di 900 euro, in quel caso l'aumento sarà di 10 euro mensili circa. Chi oggi incassa 1.800 euro mensili di pensione godrà nel 2014 di un aumento di 20 euro circa. Al crescere degli importi, salgono anche le rivalutazioni, dai 1800,00, per effetto del meccanismo congegnato comincerà a flettere, infatti chi aveva un importo di 2.000,00 euro avrà un aumento mensile di 18,00 chi ne aveva 2.500,00 avrà  un aumento mensile di 15,00, tanto che da 3.000,00 euro in su l'aumento sarà di 14,27 per tutti.

Questo schema durerà fino al 2016 : dall'anno successivo dovrebbe essere riportato in vigore quello degli anni 90 che prevede rivalutazioni differenziate tra il 100% ed il 75%, percentuali applicate però solo sulle fasce di pensione che superano i limiti.

Per quanto riguarda i conti pubblici, la rivalutazione parziale porterà nel 2014 un risparmio 580 milioni che diventano 380 al netto degli effetti fiscali.

sabato 12 ottobre 2013

Pensioni, un mese in più al lavoro per ottenere quella anticipata



Dal prossimo gennaio 2014 scatterà un ulteriore mese, quindi si passerà a 41 anni e sei mesi per le donne e 42 anni e sei mesi per gli uomini. Nessuna sorpresa nel 2015, mentre nel 2016 ci sarà il nuovo adeguamento alle aspettative di vita: ogni tre anni fino al 2019, poi biennale.

L’Inps ha accorpato diversi istituti previdenziali (Enpals, Inpdap, Ipost) ma rendere uniforme la normativa è cosa assai più ardua. Migrazione gratuita. L’ultimo intervento in ordine di tempo è stato previsto dalla Legge di stabilità 2013 (legge 228/2012) per la quale l’Inps ha emanato la circolare 120/2013.

Con questa circolare è stata disposta, per i dipendenti iscritti all’ex Inpdap (Cpdel, Cpi, Cpug, Cps) cessati dal servizio entro il 30 luglio 2010 senza diritto a pensione, la possibilità di trasferire gratuitamente i contributi accreditati presso il Fondo pensione lavoratori dipendenti. Questa facoltà era stata preclusa dal Dl 78/2010. I lavoratori che hanno in corso un provvedimento di ricongiunzione (articoli 1 o 2 legge 29/1979) con domanda presentata tra il 1˚luglio 2010 e il 1˚gennaio 2013, che non abbiano avuto la liquidazione della pensione, potranno recedere

La riforma delle pensioni aggiunge un altro tassello con le nuove regole per gli iscritti alle gestioni ex Inpdap ed Enpals che, dal prossimo anno, sono destinatari di requisiti più severi, in linea con le regole-base per i lavoratori del settore privato e di quello statale. Lo schema della legge Fornero, a due anni di distanza dal varo del decreto 201/2011 – per affrontare l'emergenza finanziaria – continua a essere valido. Anche le ipotesi correttive non sembrano mettere in discussione l'impianto fondato su due capisaldi: il metodo di calcolo – contributivo pro rata per tutti (anche per coloro che erano stati esclusi dalla Dini del 1995) – e aumento dell'età per il pensionamento, con un innalzamento anche dell'anzianità contributiva.

Per averne diritto bisogna aver cessato il rapporto di lavoro dipendente, mentre non è richiesta la cessazione dell’attività svolta in qualità di lavoratore autonomo. La pensione anticipata decorre dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda, che si può presentare online (dal portale INPS, con PIN e codice fiscale), per telefono (numero verde 803164) o tramite intermediari (enti di patronato o intermediari riconosciuti dall’INPS).

I requisiti anagrafici, in base al decreto legge 201/2011, sono costantemente aggiornati secondo l'andamento della speranza di vita: gli adeguamenti, in una prima fase, sono triennali, poi diventeranno più frequenti, una volta ogni due. La riforma, peraltro, prevede solo ritocchi sll'insù e non è prevista l'ipotesi di correzioni in diminuzione nel caso le tabelle sulla vita media mostrassero un andamento al ribasso.

In ogni caso, l'aumento dei requisiti per la speranza di vita è già avvenuto nel 2013: il prossimo anno, dunque, ci sarà la cristallizzazione dell'incremento (i tre mesi fissati dalla legge). Invece, le novità sono quelle contenute nelle regole "strutturali". Da gennaio, in particolare, aumentano i requisiti anagrafici per la pensione di vecchiaia per le donne del comparto privato: 63 anni e nove mesi per le dipendenti e 64 anni e 9 mesi per le lavoratrici autonome. Per gli uomini, dipendenti e autonomi, restano confermati i 66 anni e tre mesi, così come per le donne dipendenti del settore pubblico.

Per le donne va ricordato che resta aperta la strada dell'opzione al contributivo: in pratica si scambia un'età della pensione un po' anticipata con un metodo di calcolo rispetto a tutti i contributi accreditati che nella generalità dei casi dovrebbe portare a un assegno meno ricco. In pratica, le donne possono optare per il contributivo avendo raggiunto i 57 anni e tre mesi , se dipendenti, e i 58 anni e tre mesi, se autonome.

Attenzione, però: i calcoli di convenienza devono essere fatti velocemente, perché la scelta deve avvenire nelle prossime settimane. Si deve infatti tenere conto dell'intervallo tra la maturazione dei requisiti – 12 mesi per le dipendenti e 18 per le autonome – e la decorrenza dell'assegno, che deve avvenire entro il 31 dicembre 2015.

L'altra chance è costituita dalla pensione anticipata, ma anche in questi casi occorre mettere in preventivo l'aumento dei requisiti stabilito per legge, oltre all'incremento di tre mesi della speranza di vita già incamerato per legge. In pratica, per la pensione anticipata dipendenti e autonomi, dal prossimo anno, dovranno lavorare un mese in più: 42 anni e sei mesi gli uomini e 41 anni e sei mesi le donne.

La pensione anticipata (ex pensione di anzianità) è regolamentata in modo diverso a seconda che il contribuente abbia iniziato a lavorare prima o dopo il 31 dicembre 1995 (da quando la Riforma Dini ha introdotto il metodo contributivo) in quanto cambia il sistema di calcolo dell’importo della pensione:
•    contributivo: per chi ha iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre ’95.
•    retributivo: per chi aveva già 18 anni di contributi il 31 dicembre ’95.
•    misto: per chi non aveva 18 anni di contributi a fine ’95, si applica il retributivo per la quota maturata fino a fine ’95 e il contributivo per le anzianità maturate successivamente.


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