mercoledì 27 marzo 2013

Licenziamento del lavoratore possibilità al trasferimento o al tempo parziale

Rispetto rigoroso della tempistica, esatta individuazione dei requisiti dimensionali dell'azienda, definizione del perimetro del licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Sono i tre binari su cui si articola la circolare n. 3/2013 del ministero del Lavoro sulla conciliazione obbligatoria preventiva. Senza dimenticare l'obbligo di pagamento del ticket sui licenziamenti scattato il 1 gennaio 2013, che va versato a prescindere dall'esito della conciliazione.

A parte i passaggi previsti dalla conciliazione obbligatoria, bisogna considerare con attenzione anche i diversi effetti che questa produce sul rapporto di lavoro, a seconda dell'esito finale.

Il datore di lavoro può avanzare la procedura del licenziamento del lavoratore se il tentativo di conciliazione viene meno perché le parti non hanno trovato un accordo, perché si è verificato l'abbandono o l'assenza di una di esse, oppure se la convocazione da parte della Direzione Territoriale del lavoro (Dtl ) non è arrivata nei termini previsti: in queste ipotesi, la cessazione del rapporto ha effetto dal giorno della comunicazione alla Dtl con cui il procedimento è stato avviato (individuata nella data di ricezione della comunicazione da parte dell'ufficio), fatti salvi il diritto al periodo di preavviso – se il lavoratore non ha continuato a lavorare, durante la procedura – oppure, in alternativa, all'indennità sostitutiva in favore del lavoratore.

In alcuni casi, come quello di un periodo contrattuale di preavviso breve, si pone il problema di computare a questo titolo soltanto una parte dei giorni lavorati.

Per evitare eccessi, la riforma del lavoro ha previsto che eventuali malattie insorte dopo la comunicazione di avvio non producano alcuna sospensione del licenziamento, mentre restano validi gli effetti sospensivi previsti dalle norme a tutela della maternità e della paternità e in caso di impedimento derivante da un infortunio sul lavoro.

Viceversa, nell'ipotesi di esito positivo della conciliazione, le soluzioni alternative al licenziamento possono essere diverse: si pensi, ad esempio al trasferimento del lavoratore, alla trasformazione del rapporto da tempo pieno tempo parziale.
I contenuti dell'accordo sono verbalizzati dalla commissione di conciliazione, e acquistano un valore incontestabile.

Nel caso di risoluzione consensuale del rapporto, invece, la Dtl ne dà sempre atto con un verbale e resta escluso l'obbligo di convalida – previsto dall'articolo 4, comma 17, della legge 92/2012 – davanti a uno degli organismi abilitati. Inoltre, in deroga alla disciplina ordinaria, il lavoratore può accedere all'Aspi ed essere affidato a un'agenzia del lavoro per la ricollocazione.

Sugli adempimenti operativi che riguardano la comunicazione obbligatoria del licenziamento ai servizi per l'impiego, che in via ordinaria deve essere effettuata nei cinque giorni successivi al recesso, il ministero del Lavoro (con la nota 18273 del 12 ottobre 2012) ha già chiarito che il termine di riferimento decorre dalla conclusione della procedura di conciliazione: vale a dire dalla data di effettiva risoluzione del rapporto, e non dal giorno della comunicazione di avvio del procedimento, che la legge 92/2012 individua come «data legale» e dalla quale si producono gli effetti del licenziamento.

Ricordaiamo che, in caso di omissione della comunicazione obbligatoria, è prevista una sanzione amministrativa a carico del datore di lavoro, con un importo che va da un minimo di 100 euro a un massimo di 500 euro.

domenica 24 marzo 2013

Contribuzione dovuta sulle interruzioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato


L'INPS, con la circolare n. 44 del 22 marzo 2013, ha fornito alcuni chiarimenti sui criteri impositivi e sulla misura del nuovo contributo sulle cessazioni dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato previsto dalla legge di Riforma del mercato del lavoro.

La legge introduce un nesso tra il contributo e il teorico diritto all’Aspi da parte del lavoratore il cui rapporto di lavoro è stato interrotto; conseguentemente, i datori di lavoro saranno tenuti all’assolvimento della contribuzione in tutti i casi in cui la cessazione del rapporto generi in capo al lavoratore il teorico diritto alla nuova indennità, a prescindere dall’effettiva percezione della stessa.

Restano escluse dall’obbligo contributivo le cessazioni del rapporto di lavoro a seguito di:

dimissioni (ad eccezione di quelle per giusta causa o intervenute durante il periodo tutelato di maternità);

risoluzioni consensuali, ad eccezione di quelle derivanti da procedura di conciliazione presso la D.T.L., nonché da trasferimento del dipendente ad altra sede della stessa azienda distante più di 50 km dalla residenza del lavoratore e\o mediamente raggiungibile in 80 minuti o più con i mezzi pubblici;

decesso del lavoratore. 

Il contributo non è dovuto, per il periodo 2013 – 2015, nei seguenti casi: 

licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro, in applicazione di clausole sociali che garantiscano la continuità occupazionale prevista dai CCNL;

 interruzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e chiusura del cantiere.   

Ne consegue che, per le interruzioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato intervenute nel 2013, a decorrere dal 1 gennaio, per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni, la contribuzione da versare sarà pari a € 483,80 (€1.180X41%).  

Per i soggetti che possono vantare 36 mesi di anzianità aziendale, l’importo massimo da versare nel 2013 sarà, quindi, € 1.451,00 (€483,80 X 3).

L'Inps ha precisato che:
1. il contributo è scollegato all’importo della prestazione individuale; conseguentemente, lo stesso è dovuto nella misura indicata, a prescindere dalla tipologia del rapporto di lavoro cessato (full time o part time);

2. per i rapporti di lavoro inferiori ai dodici mesi, il contributo va rideterminato in proporzione al numero dei mesi di durata del rapporto di lavoro; a tal fine, si considera mese intero quello in cui la prestazione lavorativa si sia protratta per almeno 15 giorni di calendario. Per un rapporto di 10 mesi, ad esempio, l’importo da versare nel 2013 sarà pari a € 403,16;

3. nell’anzianità aziendale si devono includere tutti i periodi di lavoro a  tempo indeterminato. Quelli a tempo determinato si computano se il rapporto è stato trasformato senza soluzione di continuità o se comunque si è dato luogo alla restituzione del contributo dell’1,40%.

4. nel computo dell’anzianità aziendale non si tiene conto dei periodi di congedo di cui all’articolo 42, c. 5 del D.lgs, 151/2001; 

5. la contribuzione va sempre assolta in unica soluzione, non essendo prevista una definizione rateizzata.

6. il contributo è dovuto anche per le interruzioni dei rapporti di apprendistato diverse dalle dimissioni o dal recesso del lavoratore, ivi compreso il recesso del datore di lavoro al termine del periodo di formazione.


ASPI tabelle contributive del 2013



Diffuse dall'Inps le tabelle contributive applicabili dal 1° gennaio 2013. Con il messaggio 4623 del 15 marzo 2013, l’Inps ha diffuso le tabelle con le aliquote contributive applicabili dal 1  gennaio 2013. Si tratta delle aliquote previste per i diversi settori nei quali operano le aziende che effettuano le rispettive attività, agricoltura inclusa, con personale dipendente.

Quest’anno le tabelle assumono un rilievo particolare dal momento che dal 1 gennaio 2013 è formalmente entrata in vigore l’Aspi per il cui finanziamento si preannuncia una contribuzione ripartita su tre distinti livelli: il contributo ordinario, quello aggiuntivo ed infine il contributo correlato all’interruzione di alcuni rapporti di lavoro.

Si ricorda che la contribuzione ordinaria è pari all’1,61%, ed è comprensiva della percentuale (0,30%) destinabile ai Fondi interprofessionali. Il costo del lavoro, per gran parte dei datori di lavoro, resta invariato in virtù della conservazione della medesima quota prevista sino al 31 dicembre 2012. Per altri invece può verificarsi una crescita, fissata dalla residua applicazione del cuneo fiscale.

Più salato è il costo del lavoro per chi si avvale di contratti non a tempo indeterminato. L'aumento è pari all'1,40%, decorre dal 1° gennaio e si paga per tutti i contratti, anche per quelli stipulati prima di quella data. Fanno eccezione, per espressa previsione della normativa, i lavoratori assunti in sostituzione, gli apprendisti, i lavoratori stagionali e i dipendenti delle pubbliche amministrazioni.

Nei confronti di quei datori di lavoro per i quali l’incremento previsto risulta pari all’intero 1,61% si annuncia una graduale uniformazione della contribuzione in un periodo quinquennale, ossia dal 2013 al 2017. Cresce ancora il costo del lavoro per quei datori che si avvalgono di forme contrattuali a tempo determinato: l’aumento in tal caso è pari all’1,40%, decorre dal 1 gennaio ed è previsto il pagamento per tutti i contratti, anche per quelli stipulati precedentemente la data fissata.

Si fa eccezione per i lavoratori stagionali, i lavoratori assunti in sostituzione, gli apprendisti e i dipendenti delle pubbliche amministrazioni. Il maggiore onere contributivo, in realtà, può essere in parte vanificato mediante la previsione aggiuntiva della restituzione del contributo versato nell’ultimo semestre in caso di trasformazione a tempo determinato alla scadenza.

Nelle tabelle Inps non sono indicati gli apprendisti. Anche questa particolare categoria di lavoratori è interessata ad aumenti. Prima di tutti va rilevato che l'1,61% si applica a tutti gli apprendisti anche se assunti da aziende che occupano (al momento dell'assunzione) sino a 9 dipendenti e per cui trova applicazione lo sgravio totale triennale. Può essere utile, a riguardo, ricordare che il computo dei lavoratori (per verificare se si può usufruire dello sgravio) va eseguito escludendo gli apprendisti, i lavoratori assunti con contratto di inserimento (Dlgs 276/2003); i lavoratori assunti con contratto di reinserimento (articolo 20 della legge 223/1991), i lavoratori somministrati, con riguardo all'organico dell'utilizzatore. Si deve, inoltre, tenere presente che il requisito occupazionale va determinato tenendo conto della struttura aziendale complessivamente considerata e che, ai fini dello sgravio, rileva il profilo soggettivo relativo alla formazione dell'apprendista.
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