lunedì 19 agosto 2013
Lavorare in Franchising come iniziare l'attività nel 2013
Il Franchising è il contratto concluso tra due imprenditori con il quale una parte, il franchisor, cioè l’affiliante, attribuisce all’altra, franchisee, cioè l’affiliato, il diritto di produrre o commercializzare beni o servizi con i propri segni distintivi o brevetti, esperienze e tecniche contro un corrispettivo di denaro, e fa parte della categoria dei contratti atipici.
Il lavoro franchising è una delle più solide opportunità per lo sviluppo di un proprio punto vendita e della crescita economica di un proprio settore. Da un negozio di abbigliamento ad una agenzia viaggi, da un alimentari di prodotti tipici ad uno store di telefonia, molti sono i vantaggi garantiti dai marchi presente sul mercato che offrono contratti di franchising.
Per Contratto di Franchising si deve intendere un accordo con la quale un Franchisor (Impresa Affiliante) concede ad un Franchisee (Impresa affiliata), dietro un corrispettivo finanziario che può essere diretto o indiretto, il diritto di sfruttare un franchising con la possibilità di poter commercializzare beni e/o servizi.
Il contratto di franchising è un accordo tra produttore (che concede la commercializzazione dei propri prodotti a terze persone, nonché l’utilizzo del marchio e dell’insegna) e rivenditore, ossia l’affiliato. Il primo, franchisor, si impegna nella fornitura di prodotti secondo la quantità richiesta (in molti casi contrattualizzata in misura minima o massima). Il franchisee si obbliga a promuovere ed eseguire le vendita nella zona assegnata; prestare assistenza (anche post-vendita) ai clienti; sottostare alle clausole dettate dal franchisor, da intendersi quali regole interne di organizzazione su modalità e prezzo di vendita dei prodotti. Nella concessione di vendita è molto frequente la clausola “concessionario di vendita in esclusiva” a favore del venditore all’interno di un’area specificata.
Lavorare in franchising presenta un vantaggio, da una parte si avvantaggia l'Impresa Affiliante che riesce grazie alle reciproche prestazioni di servizi dell’affiliato di aumentare le proprie capacità di penetrazione nel mercato, dall’altra si avvantaggia l'Impresa affiliata che si avvale della posizione di affidabilità, Conoscenza e di prestigio acquisita dal franchisor, permettendogli di inserirsi nel mercato sfruttando il Nome e la conoscenza da parte dei consumatori finali del nome dell’impresa Affiliante.
Da preventivare prima di siglare un’affiliazione in franchising sono i costi di inizio attività (start-up). Primo fra tutti per l’affitto di locale idoneo: solitamente, infatti, i franchisor richiedono locali costosi, ubicati in centro città o luoghi ad alta frequentazione come centri commerciali e aeroporti. Le spese per le attrezzatura IT(dotazione informatica e software), per la gestione commerciale e ovviamente per il personale. A queste si aggiungono solitamente anche costi fissi da riconoscere al franchisor quali diritti d’ingresso o fee periodici, ossia una cifra fissa che l’affiliato versa al momento della stipula del contratto di affiliazione commerciale. Per royalties si intende poi la percentuale che l’affiliante deve riconoscere al franchisor commisurata al giro d’affare oppure in quota fissa.
Nella stipula di contratti di franchising è necessario prestare attenzione ai seguenti elementi che possono rivelarsi fondamentali per la buona riuscita dell'attività.
Definizione dell’ambito e estensione della clausola di esclusiva. Questa clausola di esclusiva nei Contratti di franchising è solitamente reciproca, in quanto vincola sia l'Impresa affiliata a non vendere beni prestare servizi in concorrenza con quelli dell’affiliato o dell'Impresa Affiliante, obbligando l'Impresa affiliata nel Contratto di franchising non venderli e prestare servizi al di fuori del territorio assegnato.
Durata del contratto in franchising. E’ bene precisare che non è prevista una durata massima del contratto di franchising, infatti può essere stipulato sia tempo indeterminato (in questo caso le parti indicheranno nel contratto la modalità e il potere di recesso da parte sia del Franchisor che del franchisee) sia tempo determinato ( in questo caso le parti dovranno disciplinare la facoltà di rinnovo del contratto di franchising. In ogni caso ed è bene precisare questo punto , la durata del contratto in franchising deve in ogni caso essere tale da consentire al franchisee l’ammortamento degli investimenti effettuati.
Definizione dell’oggetto del contratto di franchising. Occorre che venga definito e descritto con particolare minuzia e attenzione tutto il know how, cioè l’insieme di formule, conoscenze, segni distintivi che permettono di individuare i prodotti e servizi del franchisor.
E’ necessario infine definire sempre nell’ambito dell’oggetto del contratto di franchising nei dettagli anche la tipologia di consulenza commerciale, promozionale e di marketing che il franchisor si impegna a trasmettere ai propri affiliati.
Definire con attenzione gli obblighi per il franchisee al rispetto delle direttive indicate dal franchisor, anche eventualmente modificate in corso d’opera.
Definire con attenzione l’ambito dell’obbligo di riservatezza sul know how trasferito.
Definire il rispetto di determinati standard di qualità e le modalità di verifica dei suddetti standard.
Definire eventuali penali per il non rispetto degli obblighi contrattuali nel contratto in franchising.
Vediamo alcuni siti online da consigliare:
Aprireinfranchising.it
Lavorofranchising.it
Franchising.it
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domenica 18 agosto 2013
Fisco le scadenze per i contribuenti a partire da agosto 2013
Ricordiamo che tutti gli adempimenti fiscali, la cui scadenza è compresa tra l'1 ed il 20 agosto del 2013, possono essere effettuati entro il 20 agosto del 2013 senza l'applicazione di sanzioni o corrispettivi aggiuntivi a titolo di interessi.
E' questa infatti la cosiddetta tregua fiscale estiva che ha permesso ai contribuenti di andare in vacanza e procedere agli adempimenti fiscali dopo il Ferragosto. Ne consegue che quello del 20 agosto del 2013 è il termine ultimo per tanti adempimenti fiscali.
Il Fisco chiama in cassa dopo una breve pausa estiva. L'ultima scadenza è stata infatti il 9 agosto scorso con il versamento dell'imposta di bollo. Ma martedì 20 agosto arriva la 'valanga'. Sono infatti ben 262 le scadenze per i contribuenti: 258 versamenti diversi, 1 comunicazione e 3 adempimenti contabili.
Insomma una quantità notevole nel quale bisogna muoversi.
Ecco alcune delle scadenze principali in particolare per le persone fisiche:
Versamento della terza rata dell'Irpef relativa ai maggiori ricavi o compensi indicati nella dichiarazione dei redditi,con applicazione degli interessi nella misura dello 0,42%
Persone fisiche titolari di partita Iva che rateizzano e che hanno effettuato il primo versamento entro il 17 giugno: versamento terza rata primo acconto 2013 e saldo 2012 dell'Irpef
Persone fisiche titolari di partita Iva che rateizzano e che hanno effettuato il primo versamento entro il 17 giugno: terza rata acconto Irpef sui redditi soggetti a tassazione separata da indicare in dichiarazione e non soggetti a ritenuta alla fonte.
Persone fisiche titolari di partita Iva soggette agli studi di settore che rateizzano e che hanno effettuato il primo versamento entro l'8 luglio: versamento terza rata primo acconto 2013 e saldo 2012 dell'Irpef.
Soggetti che si adeguano alle risultanze degli studi di settore nella dichiarazione dei redditi e nella dichiarazione Irap che hanno scelto il pagamento rateale ed hanno effettuato il primo versamento entro l'8 luglio.
Versamento della terza rata dell'Irap relativa ai maggiori ricavi o compensi indicati nella dichiarazione dei redditi, con applicazione degli interessi nella misura dello 0,42%.
Cedolare secca per le persone fisiche soggette agli studi di settore: versamento saldo 2012 e primo acconto 2013.
Versamento dell'Iva dovuta per il secondo trimestre (maggiorata dell'1% ad esclusione dei regimi speciali).
Versamento, in unica soluzione o come prima rata, dell'Ires, a titolo di saldo per l'anno 2012 e di primo acconto per l'anno 2013, con la maggiorazione dello 0,40% a titolo di interesse corrispettivo.
Per chi è soggetto agli studi di settore versamento della terza rata dell'Irap relativa ai maggiori ricavi o compensi indicati nella dichiarazione dei redditi, con applicazione degli interessi nella misura dello 0,42%.
Versamento dell'imposta sostitutiva applicata su ciascuna plusvalenza realizzata nel secondo mese precedente (regime del risparmio amministrato).
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Spending review, Mastrapasqua: sistemare spesa per non tagliare gli statali
«Trovare le risorse per gli stipendi degli statali, bloccati da 7 anni, è possibile. Anzi auspicabile. Si può fare tagliando gli sprechi e le inefficienze. Ci stiamo già lavorando e a settembre faremo il punto con i sindacati».
Gianpiero D’Alia, ministro della Pubblica amministrazione, è ben consapevole dei sacrifici fatti finora dai travet. E proprio per questo ha in mente un piano da attuare a settembre.
Il presidente dell’INPS Antonio Mastrapasqua – nel corso di un’intervista al Messaggero – ne traccia brevemente i lineamenti della nuova politica economica e sociale- i primi segni di ripresa dell’economia: da tre mesi sono in calo costante le domande di cassa integrazione da parte delle aziende
Il massimo dirigente dell’istituto di previdenza sociale afferma: “Personalmente non credo nei tagli lineari, sono invece un fautore della vera spending review. E sono convinto che un miglior utilizzo delle risorse umane, oltre a rendere più facile la vita ai cittadini aiuterebbe la crescita del Pil”. Mastrapasqua ne è sicuro: “Probabilmente questi lavoratori – le risorse umane – li abbiamo spesso impiegati in amministrazioni non sempre utili e non sempre efficienti”.
Come valuta l’idea del governo di prepensionare fino a 200 mila dipendenti pubblici con lo scopo di recuperare 2 miliardi in tre anni?
«Se questa sarà la volontà del governo, l’Inps si muoverà di conseguenza. Personalmente non credo nei tagli lineari, sono invece un fautore della vera spending review. E sono convinto che un miglior utilizzo delle risorse umane, oltre a rendere più facile la vita ai cittadini aiuterebbe la crescita del Pil».
Non pochi sostengono che gli oltre 3 milioni di statali sono un numero esagerato, che una sforbiciata sarebbe perciò salutare.
«Preferisco non entrare nel merito delle polemiche. Mi limito a osservare che non è dell’Italia il record di dipendenti pubblici. Francia e Germania ne hanno più di noi, e non solo nel settore previdenza e assistenza, dove peraltro i 32mila dipendenti Inps si confrontano con i 110 mila dell’istituzione omologa in Francia e i 65 mila in Germania».
«Il punto è che probabilmente questi lavoratori li abbiamo spesso impiegati in amministrazioni non sempre utili e non sempre efficienti. In Italia ci sono 30mila enti dichiarati inutili, forse è lì che si dovrebbero cercare i risparmi. Comunque, ogni piano concordato con le parti sociali è un contributo importante alla crescita».
Per rendere più efficiente la Pubblica amministrazione e definire tempi certi entro i quali il cittadino può avere risposte, di recente lei ha fatto una proposta shock: silenzio assenso entro cinque giorni dalla richiesta.
«Perché no. Una norma così perentoria renderebbe superato ogni provvedimento anticorruzione, cancellando in un sol colpo le occasioni di clientele o amicizie interessate all’interno dei sistemi di Pa. Uno shock che costringerebbe anche le amministrazioni a riorganizzarsi e a dare prova di efficienza, sottoponendosi alla valutazione più credibile: quella del merito, misurato direttamente dall’utente».
Perché ciò sia possibile è però necessario informatizzare in breve tempo tutta la Pubblica amministrazione.
«Sicuro. D’altro canto è una sfida alla quale l’Italia non può sottrarsi. Pensi che da quando l’invio dei certificati medici è stato reso obbligatorio in via telematica, nell’aprile 2010, ne sono stati emessi quasi 60 milioni. Ciò vuole dire che i cittadini, che erano costretti a inviare due raccomandate, una all’Inps e una al datore di lavoro, hanno speso circa 600 milioni di euro in meno».
È dal 1996 che gli italiani attendono informazioni sul nuovo regime pensionistico. Che fine ha fatto la busta arancione?
«Un’osservazione preliminare: in Svezia, dove nasce il modello della busta arancione, la previdenza deriva dalla fiscalità generale e i cittadini sono 9 milioni, come la sola Lombardia. E’ evidente che in un contesto simile tutto è più semplice. Comunque, noi siamo pronti: l’operazione busta arancione potrebbe partire già entro l’autunno».
Anche al tempo del ministro Elsa Fornero l’operazione sembrava imminente, poi però tutto è finito nel congelatore.
«Non certo per responsabilità dell’Inps. In ogni caso, il confronto è ripartito con il ministro Giovannini. Il governo vuole opportunamente condividere la responsabilità delle informazioni diffuse su una materia tanto delicata, dove i giovani lavoratori devono simulare il loro futuro per poter avere un calcolo o una proiezione credibile. Non possiamo permetterci errori».
Riforma Fornero: quale parte andrebbe riformata?
«Trovo sbagliato parlare di riforma o di controriforma. E’ giusto parlare di manutenzione intelligente, non di stravolgimento. Del resto, la riforma stessa prevedeva l'apertura di un tavolo di monitoraggio. Ed è in questo quadro che va inserito il problema esodati. Il ministro Giovannini ha già comunicato al Parlamento che a settembre se ne riparlerà. Credo che un confronto con i sindacati sarebbe utile. Ma il margine di intervento deve essere contenuto nei termini del problema reale».
A proposito di esodati, basterà a risolvere il problema il terzo decreto in via di gestazione?
«Non sta a me dirlo. In ogni caso, il premier Letta ha assicurato che il governo farà la sua parte fino in fondo».
In tema di welfare la parola tagli ricorre spesso. Davvero c’è ancora qualcosa da tagliare?
«Premesso che l’Italia non spende più della media Ue, anzi è in linea con il 29% del Pil, il problema è come spende. Prima di parlare di tagli bisognerebbe valutare come riallocare la spesa. Per esempio, si spende troppo poco per le politiche attive per il lavoro. Naturalmente è anche un problema di efficienza dei centri per l'impiego, che in Italia intermediano poco più del 3% dell'occupazione contro il 10% della Germania, il 30% del Regno Unito e il 41% della Svezia».
Insomma, basta tagli e in cambio una spesa più razionale.
«Sicuro. Dobbiamo cominciare a vedere nel welfare un motore di sviluppo, non solo un centro di costo. E poi, perché tutto deve essere gratis per tutti? Perché chi ha redditi alti deve avere prestazioni come chi ha meno disponibilità? Penso ai ricoveri ospedalieri, penso all’indennità di accompagnamento per gli invalidi civili. Diamo di più a chi ha meno togliendo qualche beneficio a chi può contare su più risorse proprie».
Sul fronte della previdenza, pubblico e privato spesso confliggono tra loro. Proprio non è possibile trovare spazi di collaborazione?
«Al contrario, deve però cadere la prevenzione negativa che circonda i temi del welfare e della previdenza. Il paese ha bisogno di integrazione delle risorse. Naturalmente ciascuno secondo le proprie responsabilità e obiettivi, ma senza pregiudizi. Io credo che con la giusta educazione previdenziale, e la busta arancione aiuterà molto, questo obiettivo diventerà possibile».
Mi risulta che a livello di governo si vorrebbe rimettere mano ad alcune norme sulla previdenza integrativa per renderla più facile, conveniente e competitiva. Ne ha sentito parlare?
«Sì, e sarebbe una cosa giusta. Ma senza demonizzare quella obbligatoria mettendo in circolo leggende inverosimili. La pensione ci sarà e sarà commisurata ai versamenti».
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