mercoledì 12 febbraio 2014

Contributi ai lavoratori domestici 2014



Aggiornati dall'INPS gli importi dei contributi per i lavoratori domestici nella circolare n. 23 del 10 febbraio 2014.  L'INPS, con la Circolare n. 23 del 10 febbraio 2014, ha comunicato gli importi dei contributi previdenziali per l'anno 2014 relativi al lavoro domestico. La circolare è consultabile nel sito www.inps.it.

Per il rapporto di lavoro a tempo determinato, va considerata l'applicazione del contributo addizionale, a carico del datore di lavoro, pari all'1,40% della retribuzione convenzionale, ad eccezione delle assunzioni a termine per sostituzioni.

Rideterminati gli importi dei contributi per colf e badanti, contributi lavoratori domestici per il 2014 in base alla variazione percentuale, calcolata dall’Istat, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati, verificatasi tra il periodo gennaio-dicembre 2012 ed il periodo gennaio-dicembre 2013. Tale variazione infatti è risultata essere pari all’1,10% e i conseguenza, sono state determinate le nuove fasce di retribuzione su cui calcolare i contributi dovuti per l’anno 2014 per i lavoratori domestici.

In particolare  si prevede:

retribuzione oraria effettiva: 7,86- contributo 2014 1,49 euro
retribuzione oraria effettiva: 9,57- contributo 2014 1,68 euro
retribuzione oraria effettiva: oltre 9,57- contributo 2014 2,04 euro.

Per calcolare i contributi in relazione alla retribuzione pattuita, l’INPS mette a disposizione di datori di lavoro e lavoratori un software di simulazione del calcolo accessibile con il servizio nel sito internet.

La tredicesima mensilità corrisponde ad un dodicesimo dell’intera retribuzione annua, che i datori di lavoro devono pagare ai loro collaboratori familiari entro il mese di dicembre, in occasione delle festività natalizie. La tredicesima matura anche durante le assenze per malattia, infortunio sul lavoro e maternità, nei limiti del periodo di conservazione del posto e per la parte non liquidata dagli enti preposti.

Se il lavoratore domestico presta servizio per più famiglie ogni datore di lavoro è tenuto ad effettuare il calcolo della quota di tredicesima sulla base della retribuzione oraria corrisposta.

Si ricorda in relazione sempre ai contributi lavoratori domestici, ai datori di lavoro, a decorrere dal 1° febbraio 2001, spetta un esonero dal versamento del contributo Cassa Unica Assegni Familiari,  pari a 0,8 punti percentuali oppure pari a 0,4 punti percentuali a valere sui versamenti di altri contributi sociali, prioritariamente sui contributi di maternità e disoccupazione.  Proprio in merito al contributo CUAF, questo è dovuto per tutti i rapporti di  lavoro domestico salvo il caso di rapporto fra coniugi e tra parenti o affini entro il terzo grado conviventi. Restano in vigore gli esoneri previsti e l’applicazione della minore aliquota contributiva dovuta per l’Assicurazione Sociale per l’Impiego (ASpI) dai datori di lavoro soggetti al contributo CUAF che, ovviamente, incide sull’aliquota complessiva. Si precisa, inoltre, che, per il rapporto di lavoro a tempo determinato, ai sensi dell’art. 2,comma 28, della legge 28 giugno 2012, n. 92 continua ad essere applicato il contributo addizionale, a carico del datore di lavoro, previsto pari all’ 1,40% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali (retribuzione convenzionale). Tale contributo non si applica ai lavoratori assunti a termine in sostituzione di lavoratori assenti.

Dal 1° gennaio 2014, tuttavia, in riferimento alle trasformazioni di contratto da tempo determinato a tempo indeterminato decorrenti dalla predetta data, ai sensi dell’art. 1, comma 135, della legge 27 dicembre 2013 (Legge di Stabilità 2014), non è più previsto il limite delle ultime sei mensilità per la restituzione al datore di lavoro del contributo addizionale che deve avvenire anche nel caso in cui il datore di lavoro riassuma con contratto di lavoro a tempo indeterminato il lavoratore entro sei mesi dalla cessazione del contratto a termine, con una riduzione del rimborso corrispondente ai mesi che intercorrono tra la scadenza e l’assunzione a tempo indeterminato.

Per il rimborso del contributo addizionale il datore di lavoro dovrà presentare domanda in via telematica attraverso uno dei seguenti canali:

WEB – servizi telematici accessibili direttamente dal cittadino tramite PIN attraverso il portale dell’Inps;

Contact Center Multicanale – numero gratuito 803164 da rete fissa e 06164164 da  telefono cellulare con tariffazione stabilita dal proprio gestore.

La busta paga virtuale delle casalinghe quanto vale ? 7mila euro al mese



Le banche, gli istituti di credito e gli enti finanziari hanno qualche difficoltà a concedere prestiti a casalinghe senza reddito. L’assenza di una busta paga percepita mensilmente, infatti, corrisponde ad una mancata garanzia di pagamento. Tuttavia, esistono dei prestiti personali a tassi particolarmente agevolati pensati proprio per le casalinghe senza reddito.

La casalinga che ha bisogno di una certa somma per fare acquisti inerenti alla propria abitazione o per pagare i lavori di restauro o di messa a norma degli impianti, può rivolgersi alle banche, agli istituti di credito o alle finanziarie per ottenere un prestito di circa tremila euro, da poter restituire in un lasso di tempo prestabilito con interessi agevolati.

Se la cifra di cui ha bisogno è più alta, la casalinga può presentare la firma di un garante, una terza persona che si impegni a restituire personalmente le rate qualora lei fosse impossibilitata a farlo.

I prestiti alle casalinghe senza busta paga rientrano nella categoria dei prestiti personali. Si tratta di prestiti considerati “rischiosi” dalle Banche proprio perché i richiedenti non godono di un reddito assicurato da un regolare contratto di lavoro.


Cuoca, insegnante, addetta alle pulizie, lavandaia, babysitter. Molte professioni per una sola casalinga ma, ufficialmente,non si lavora en no si guadagna. Stipendio effettivo? Zero euro. Retribuzione teorica ai prezzi di mercato? Quasi 7mila euro al mese. Circa 83 mila euro l’anno. Non una cifra a caso, ma il risultato di un preciso algoritmo — calcolato da una ricerca del sito americano Salary. com che monetizza la rivincita delle donne che stanno in casa .

Gli esperti hanno intervistato oltre sei mila donne, indagando sul tempo che dedicano ai dieci fondamentali lavori domestici ogni settimana. Una casalinga avrebbe cucinato per 14 ore settimanali a 10 euro l’ora. Si sarebbe trasformata in autista, per figli grandi e piccoli, per 8 ore alla settimana a 10 euro l’ora. Avrebbe impartito ripetizioni per 13 ore la settimana, alla stessa cifra. Non solo. Per tamponare le varie crisi familiari si sarebbe trasformata in psicologa almeno 7 ore alla settimana, a 28 euro l’ora, e in manager a 40 euro l’ora.

A quanto ammonterebbe dunque lo stipendio di una super mamma? Il risultato si ottiene moltiplicando il numero di ore trascorse, tra una lavatrice e una corsa per portare i figli in piscina, con le tariffe medie delle diverse categorie professionali. La somma finale, niente affatto trascurabile, è pari a quella di un quadro di un’azienda o di un manager di buon livello: 6.971 euro al mese. Faticando una media di 94 ore alla settimana, le “non lavoratrici” raggiungerebbero così un reddito annuo di 83 mila euro.

Le casalinghe italiane, secondo i dati Istat, sono 4 milioni 879 mila. Una donna su sei. In parecchi casi sotto i 35 anni. Per tutte loro, considerate ingiustamente non produttive dal punto di vista economico, il sondaggio di Salary. com rivoluziona le cose e regala una bella gratificazione. «Se non ci fossero le mamme come farebbero molte famiglie a conciliare i vari impegni? Chi andrebbe a prendere i bimbi a scuola visto che gli orari non si conciliano mai con quelli degli uffici? La realtà è che fanno risparmiare parecchi soldi allo Stato», ama commentare Tina Leonzi, fondatrice del Moica, Movimento italiano casalinghe

Come tutelare dunque il lavoro reale rispetto al non lavoro percepito? «Sicuramente un’ipotesi pensionistica sarebbe auspicabile, noi abbiamo più volte avanzato la richiesta che nell’età della pensione di ogni lavoratrice fosse riconosciuto uno sconto per ogni figlio avuto, ma anche un reddito minimo per quelle che non hanno un impiego sarebbe un segno di civiltà ». In attesa che le cose cambino le donne fanno fronte comune. Oltre al Moica o a Federcasalinghe, è nato il portale la Casalinga Ideale.it. «Ottimizzare il tempo e pianificare» è il mantra della fondatrice Giorgia Giorgi, lo stesso dei responsabili delle aziende di tutto il mondo. Peccato però che per la casalinga ideale non ci siano stipendi e neppure bonus. Almeno fino a oggi.

Per stabilire quale sia il prestito personale per casalinghe senza busta paga più adeguato al proprio caso è opportuno confrontare il maggior numero di preventivi possibile, prestando grande attenzione alle condizioni di restituzione e all’entità dei tassi di interesse che vengono applicati.

Richiedere i preventivi è un procedimento semplice e veloce che può essere eseguito online. Collegandosi ai siti specifici della banca, dell’istituto di credito o dell’ente finanziario al quale si è interessati si può accedere alla sezione dedicata ai prestiti personali senza busta paga.

lunedì 10 febbraio 2014

730 per il 2014 a credito con doppio controllo sui familiari a carico



A partire dal 2014, doppio controllo - del sostituto d'imposta e delle Entrate - sulla spettanza delle detrazioni per carichi di famiglia dei contribuenti che presentano un modello 730 con importi a credito complessivamente superiori a 4.000 euro.

Le detrazioni Irpef applicate nella dichiarazione dei redditi 2014 riservano un’amara sorpresa per molti contribuenti: addio al rimborso automatico in busta paga se si ha diritto a detrazioni fiscali oltre 4mila euro, per carichi di famiglia o per crediti in eccedenza dell’anno precedente. In questi casi, scatteranno i controlli dell’Agenzia delle Entrate per la restituzione di somme in eccedenza e solo dopo una verifica si avrà diritto a incassare il credito d’imposta: lo prevede la Legge di Stabilità 2014 (comma 586).

Per le dichiarazioni presentate a partire dall’anno 2014, ovvero per i modelli 730/2014 relativi ai redditi dell’anno 2013 viene introdotta una forma di controllo preventivo volto a contrastare l’erogazione di indebiti rimborsi dell’imposta sul reddito delle persone fisiche da parte dei sostituti d’imposta o dell’Agenzia delle Entrate nell’ambito dell’assistenza fiscale.

L’Agenzia delle Entrate, entro sei mesi dalla scadenza dei termini previsti per la trasmissione telematica della dichiarazione (sei mesi decorrenti dal 30 giugno e dal 10 novembre per il modello 730 integrativo), ovvero dalla data della effettiva trasmissione, ove questa sia successiva alla scadenza di detti termini, effettuerà dei controlli preventivi, anche documentali, sulla spettanza delle detrazioni per carichi di famiglia in caso di rimborso complessivamente superiore a 4.000 euro, anche determinato da eccedenze d’imposta derivanti da precedenti dichiarazioni.

Il rimborso che risulterà spettante al termine delle operazioni di controllo preventivo verrà successivamente erogato dalla stessa Agenzia delle Entrate e non più dal sostituto di imposta.

L’effetto pratico di questo ulteriore controllo, ulteriore rispetto a quello già eseguito dal sostituto di imposta o dal CAF/professionista abilitato, è quello di allungare ulteriormente i tempi del rimborso dell’eccedenza di imposta del contribuente.

I controlli devono, infatti, essere effettuati entro sei mesi dalla scadenza dei termini di invio delle dichiarazioni all’Agenzia delle Entrate posticipando di conseguenza il termine del rimborso stesso. Quest’ultimo sarà poi erogato direttamente dall’Agenzia delle Entrate con una tempistica che non è stata definita dal disegno di legge.

Oltre al controllo preventivo sulla spettanza delle detrazioni per carichi di famiglia rimangono in essere gli ulteriori possibili controlli previsti in materia di imposte sui redditi.

La relazione illustrativa al disegno di legge chiarisce che “il controllo preventivo è diretto al riscontro dei dati esposti nelle dichiarazioni che presentano elementi sintomatici di particolari criticità e non pregiudica gli altri controlli previsti dalla disciplina in materia di imposte sui redditi.

In particolare, prima dell’erogazione del rimborso, qualora questo sia determinato, anche in parte, da detrazioni per carichi di famiglia e/o da eccedenze d’imposta derivanti dalla precedente dichiarazione, il controllo preventivo viene effettuato sulla documentazione attestante i carichi di famiglia che hanno dato luogo al rimborso ovvero all’eccedenza d’imposta”.

La norma prevede un controllo preventivo sulla spettanza delle detrazioni per carichi di famiglia in caso di rimborso complessivamente superiore a 4.000 euro non estensibile, salvo modifiche in sede di conversione, al caso frequente di mancanza di detrazioni per carichi di famiglia con contemporanea presenza di cospicui crediti di imposta.

La relazione illustrativa invece accomuna la presenza delle detrazioni di famiglia alle eccedenze di imposta derivanti dalla precedente dichiarazione, dando adito ad un primo dubbio: cosa succede se un contribuente non ha carichi di famiglia ma ha un’eccedenza a credito riportata dall’anno precedente di importo superiore a 4.000 euro? Tale dichiarazione è soggetta all’ulteriore controllo dell’Agenzia delle Entrate o può essere liquidata dallo stesso sostituto di imposta o CAF/professionista abilitato che è intervenuto con possibilità di ottenere il rimborso dell’imposta direttamente nella busta paga o nella rata di pensione, a partire dal mese di luglio (per i pensionati a partire dal mese di agosto o di settembre)?

Se lo scopo della norma è quello di verificare la spettanza delle detrazioni per carichi di famiglia se ne dovrebbe dedurre che, in mancanza delle stesse, le relative dichiarazioni non dovrebbero essere assoggettate a questo ulteriore controllo indipendentemente dall’importo del credito.

Qualora invece la finalità della norma sia quella di verificare tutte le situazioni a credito IRPEF di importo superiore a 4.000 euro non si comprende l’esplicito riferimento dell’articolo ai carichi di famiglia. In quest’ultimo caso sarebbe stato sufficiente un riferimento all’ammontare dell’eccedenza di imposta IRPEF.

Ricordiamo che sono considerati familiari fiscalmente a carico i membri della famiglia che nel corso dell’anno solare oggetto della dichiarazione hanno posseduto un reddito complessivo uguale o inferiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili.

Nel limite di reddito di 2.840,51 euro che il familiare deve possedere per essere considerato fiscalmente a carico, devono essere computate anche le seguenti somme, che non sono comprese nel reddito complessivo:

le retribuzioni corrisposte da Enti e Organismi Internazionali, da Rappresentanze diplomatiche e consolari, da Missioni, dalla Santa Sede, dagli Enti gestiti direttamente da essa e dagli Enti centrali della Chiesa Cattolica;

la quota esente dei redditi di lavoro dipendente prestato nelle zone di frontiera ed in altri Paesi limitrofi in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto lavorativo da soggetti residenti nel territorio dello Stato;

il reddito d’impresa o di lavoro autonomo assoggettato ad imposta sostitutiva nel caso di applicazione del regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità (art. 27, commi 1 e 2, D.L. n. 98/2011);

il reddito d’impresa o di lavoro autonomo assoggettato ad imposta sostitutiva in applicazione del regime per le nuove attività produttive (art. 13, legge n. 388/2000 - Finanziaria 2001);

il reddito dei fabbricati assoggettato alla cedolare secca sulle locazioni.

Mentre non deve essere considerato il reddito degli immobili sfitti (rendita catastale) assoggettati ad IMU (imposta municipale unica) prevista dal D.Lgs. n. 23/2011.

Possono essere considerati familiari a carico, anche se non conviventi con il contribuente o residenti all’estero:
il coniuge non legalmente ed effettivamente separato;

i figli (compresi i figli naturali riconosciuti, adottivi, affidati o affiliati) indipendentemente dal superamento di determinati limiti di età e dal fatto che siano o meno dediti agli studi o al tirocinio gratuito; gli stessi pertanto ai fini dell’attribuzione della detrazione non rientrano mai nella categoria “altri familiari”.

Possono essere considerati a carico anche i seguenti altri familiari, a condizione che convivano con il contribuente o che ricevano dallo stesso assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell’Autorità giudiziaria:
il coniuge legalmente ed effettivamente separato;

i discendenti dei figli;

i genitori (compresi i genitori naturali e quelli adottivi);

i generi e le nuore;

il suocero e la suocera;

i fratelli e le sorelle (anche unilaterali);

i nonni e le nonne (compresi quelli naturali).

Se ne ricava che i contribuenti senza familiari a carico non saranno sottoposti a controllo aggiuntivo, e continueranno a ricevere i rimborsi automaticamente senza alcun controllo. Ricordiamo che la legge considera a carico i familiari, anche se non conviventi, che hanno conseguito un reddito complessivo inferiore 2.840,51 euro. Per familiari si intendono coniuge (a meno che non sia intervenuta separazione legale) e figli. Si possono considerare a carico anche i conviventi (fermo restando il precedente limite di reddito) seguenti: coniuge legalmente ed effettivamente separato, discendenti dei figli, genitori, generi e nuore, suoceri, fratelli e sorelle, nonni.



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