lunedì 21 settembre 2015

Riforma pensioni: flessibilità in uscita, opzione donna, opzione uomo e blocca il turn over


L’ipotesi allo studio del governo. Giuliano Poletti riaccende le speranze  per chi spera nella flessibilità pensionistica:” Stiamo lavorando sulle riforma delle pensioni. Sappiamo che c'è un aspetto da risolvere legato a uno scalino alto che blocca il turn over introdotto dalla Legge Fornero.

Il Governo lavora all'uscita anticipata delle donne dal lavoro dal 2016 a 62-63 anni con 35 di contributi: si tratta di una nuova opzione donna - spiegano tecnici dell'Esecutivo - che prevedrebbe, invece del ricalcolo contributivo, una riduzione dell'assegno legata alla speranza di vita e pari a circa il 10% per tre anni di anticipo rispetto all'età di vecchiaia. Senza interventi sulla riforma Fornero le donne del settore privato l’anno prossimo si troveranno di fronte a un nuovo scalino con il passaggio dell’età di vecchiaia da 63 anni e 9 mesi a 65 anni e 7 mesi (1 anno e 10 mesi in più rispetto al 2015).

La penalizzazione sarebbe meno pesante perché non sarebbe previsto il ricalcolo contributivo sull'intera vita lavorativa (come nell’opzione donna che scade quest’anno) ma solo un sistema legato alla speranza di vita. In pratica chi decide di uscire prima avrà un assegno decurtato.

Si studia anche un meccanismo di flessibilità per gli uomini guardando però solo a coloro che hanno perso il lavoro a pochi anni dalla pensione. Si lavora a una sorta di opzione uomo (sempre con decurtazione legata alla speranza di vita) ovvero la possibilità di accedervi con 3 anni di anticipo rispetto all'età di vecchiaia (66 anni e 7 mesi dal 2016) con un taglio dell'assegno legato non al ricalcolo contributivo, ma all'equità attuariale, cioè al tempo più lungo di percezione dell'assegno. Il Governo - spiegano tecnici dell'Esecutivo - studia anche il prestito pensionistico e una sorta di assegno di solidarietà per le situazioni di maggiore disagio, ossia all'anticipo di una parte della prestazione da restituire una volta che si raggiungono i requisiti per la pensione. Per le situazioni di maggiore disagio si ipotizza una ''pensione di solidarietà'', ovvero una sorta di ammortizzatore sociale di accompagnamento alla pensione.

Vediamo le proposte di Cesare Damiano

Pensione anticipata. Tra le varie idee è quella che è risultata a lungo la più gradita ai pensionandi. La soluzione vedrebbe l’uscita dal lavoro esattamente come avveniva nella pensione di anzianità soppressa dalla Fornero ma con qualche anno di ritardo. Età minima 62 anni a cui aggiungere 38 anni di contributi, con 63 anni servirebbero invece 37 anni di versamenti e così via (nella formulazione originaria occorrevano 60 anni di età più 40 di contributi).  Oggi servono 42 anni e 6 mesi per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne per accedere alla pensione anticipata (che è il nome dell’istituto, sebbene molti intendono il termine come mera anticipazione della pensione). E’ una delle soluzioni più “difficili” da attuare a causa degli elevati costi: si stima una spesa superiore ai 10 miliardi.

Pensione flessibile con penalizzazioni decrescenti. Età minima 62 anni con 35 anni di contributi: si percepirebbe inizialmente un assegno decurtato dell’8% che andrebbe a scalare fino a raggiungere lo zero (quindi fine della penalizzazione) a 66 anni. Con 41 anni di contributi si conseguirebbe la pensione di vecchiaia indipendentemente dall’età, come accadeva quando era in vigore la pensione di anzianità (all'epoca bastavano 40 anni di contributi).

Sul tema dei pensionamenti flessibili, si potrebbe individuare una strada che si potrebbe tradursi in realtà un nuovo meccanismo di flessibilità, prendendo in esame l'ipotesi Damiano del pensionamento anticipato con la quota 97, seppur con una maggiore percentuale di penalizzazione per ogni anno mancante dal raggiungimento dei termini di pensionamento. Al posto del 2% iniziale, si potrebbe passare ad un 3 o 4%, con l'effetto di arrivare a toccare un tetto massimo attorno al 15% per coloro che decidessero di uscire dal lavoro attorno ai 62 anni di età.

L'intervento per rendere flessibile l'uscita in pensione ci sarà. Ma dovrà essere compatibile con il quadro dei conti pubblici e degli obiettivi definiti dal Def, il Documento di Economia e Finanza con il quale il governo ha definito le stime per il Paese nel prossimo futuro. E quindi non potrà che essere minimo, focalizzato sulle categorie con maggiori problemi. "Sono possibili correttivi per chi è vicino ai requisiti ma in difficoltà con il lavoro", ha spiegato il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan.

venerdì 18 settembre 2015

Pensioni guida alla ricongiunzione contributi


La ricongiunzione dei contributi è quell’istituto che permette, a chi ha posizioni assicurative in gestioni previdenziali diverse, di riunire, mediante trasferimento, tutti i periodi contributivi presso un’unica gestione, allo scopo di ottenere una sola pensione.

La ricongiunzione, avviene a domanda del diretto interessato o dei suoi superstiti e deve comprendere tutti i periodi di contribuzione (obbligatoria, volontaria, figurativa, riscattata) che il lavoratore ha maturato in almeno due diverse forme previdenziali fino al momento della richiesta e che non siano già stati utilizzati per liquidare una pensione.

I periodi ricongiunti sono utilizzati come se fossero sempre stati versati nel fondo in cui sono stati unificati e danno quindi diritto a pensione in base ai requisiti previsti dal fondo stesso. Si tratta però di un provvedimento che comporta solitamente degli oneri economici a carico del richiedente variabili a seconda della sua retribuzione, dell'età anagrafica, dell'anzianità contributiva complessiva e dell'importo del contributo che si intende trasferire da una gestione all'altra.

Ricongiunzione nel Fondo Pensioni Dipendenti, è possibile ricongiungere presso il Fondo pensioni lavoratori dipendenti, gestito dall’Inps, tutti i contributi esistenti nelle altre gestioni sostitutive, esclusive o esonerative dell’Assicurazione obbligatoria (cosiddette gestioni “alternative” quali INPDAP, Fondi speciali Ferrovie, Volo, Elettrici, Telefonici, eccetera) o nelle Gestioni speciali dei lavoratori autonomi (Artigiani, commercianti e coltivatori diretti).  Fino al 30 Giugno 2010 l'operazione era gratuita; dal 1° Luglio 2010, per effetto delle modifiche introdotte dalla legge 122/2010, l'istituto è diventato di regola oneroso.

La procedura di ricongiunzione effettuata prevede il pagamento, di regola, di un onere a carico del richiedente. Onere che è pari al 50% della somma risultante dalla differenza tra la riserva matematica, determinata in base a specifici criteri e tabelle, necessaria per la copertura assicurativa relativa al periodo utile considerato, e le somme versate dalla gestione o dalle gestioni assicurative interessate. Il pagamento può essere effettuato, su domanda, in un numero di rate mensili non superiore alla metà delle mensilità corrispondenti ai periodi ricongiunti, con la maggiorazione di interesse annuo composto pari al 4,50%. Infine, il debito residuo al momento della decorrenza della pensione può essere recuperato ratealmente sulla pensione stessa, fino al raggiungimento del numero di rate indicato in precedenza.

La ricongiunzione interessa anche i lavoratori autonomi; per tali lavoratori è tuttavia richiesto che possano far valere un periodo di contribuzione di almeno cinque anni immediatamente antecedente nell'Ago oppure in due o più gestioni previdenziali diverse dall'Ago. Si ricorda, peraltro, che i lavoratori autonomi hanno anche la facoltà di ricorrere al cumulo contributivo gratuito ed ottenere una prestazione derivante dai contributi accreditati nel fondo lavoratori dipendenti e da quelli accreditati in qualità di lavoratori autonomi. I contributi presenti nella gestione separata non possono essere invece ricongiunti.

Sono stati ammessi alla ricongiunzione solo nel 1990 anche i liberi professionisti, e possono pertanto attivare la ricongiunzione sia in uscita dalle Casse, sia in entrata verso le Casse. In tali casi tuttavia i lavoratori dovranno sostenere interamente l'onere del provvedimento.

La domanda di ricongiunzione va presentata dall'assicurato alla sede competente dell'istituto, ente, cassa, fondo o gestione previdenziale in cui si intente ricongiungere i diversi periodi contributivi. La facoltà di ricongiunzione normalmente può essere esercitato solo una volta; è ammessa una seconda possibilità di ricongiunzione soltanto se sono passati almeno 10 anni dalla prima richiesta, nonché al momento del pensionamento solo nella stessa gestione in cui è stata effettuata la prima ricongiunzione.

Lo strumento della ricongiunzione INPS è applicabile ai contributi obbligatori, volontari, figurativi e da riscatto. Per fare domanda di ricongiunzione il lavoratore deve aver maturato contributi in almeno due diverse forme previdenziali senza averli già utilizzati per liquidare la pensione. L’istanza si trasmette online alla sede competente dell’Istituto, ente, cassa, fondo o gestione presso cui si intende trasferire i periodi contributivi.

Di norma il pagamento avviene utilizzando i bollettini MAV da versare presso sportello bancario senza costi aggiuntivi o uffici postali pagando la commissione postale. I bollettini possono essere acquisiti: dall’INPS, che li invia insieme al provvedimento di accoglimento della domanda di ricongiunzione; online dal sito INPS (www.inps.it > Portale dei Pagamenti > riscatti ricongiunzioni e rendite) con codice PIN; dal contact center INPS al numero 803164 gratuito da rete fissa o 06164164 da rete mobile a pagamento. Indicando codice fiscale  e numero pratica, il pagamento può avvenire anche presso:
tabaccherie del circuito Reti Amiche;

sportelli bancari di Unicredit o il suo sito internet;

Sito INPS (www.inps.it > Portale dei Pagamenti > riscatti ricongiunzioni e rendite) con carta di credito o tramite contact center.

Si paga in unica soluzione, entro 60 giorni dalla ricezione del provvedimento di accoglimento dell’INPS o a rate, con maggiorazione degli interessi legali calcolati al tasso vigente. L’importo totale della ricongiunzione deve essere suddiviso in rate mensili consecutive, d’importo unitario non inferiore a 27 euro. Le prime tre da versare in un’unica soluzione entro 60 giorni dalla notifica del provvedimento di accoglimento della domanda di ricongiunzione da parte dell’INPS. Se i termini non vengono rispettati l’INPS considera l’omissione come rinuncia alla ricongiunzione.

In caso di versamento rateale, se non sono pagate due rate consecutive, in pendenza di rateazione, viene annullata l’operazione di ricongiunzione, con rimborso di quanto versato. Si potrà riproporre una nuova domanda dopo 10 anni o al momento del pensionamento.

giovedì 17 settembre 2015

Come compilare una fattura per una prestazione occasionale


Alcune persone effettuano prestazioni lavorative occasionali che non raggiungono valori di fatturazioni elevati, tanto da obbligare all'apertura della partita IVA, in questi casi generalmente si ricorre alla fattura per prestazione occasionale la quale, prevede comunque, una ritenuta fiscale del 20%.

Vediamo come compilare una fattura per prestazione occasionale. Assicurarsi di avere a portata di mano, dopo aver effettuato la descrizione dell'oggetto della prestazione ed il periodo relativo andrà indicato il calcolo relativo all'imponibile della somma da percepire, il 20 % di ritenuta d'acconto relativa ed infine, il netto da pagare, (ossia la cifra che si riceve per la nostra prestazione lavorativa).

La compilazione di tutti i dati relativi, andrà effettuata su foglio di carta semplice.

La fattura per prestazione d'opera occasionale andrà stampata in duplice copia e firmata sia dal prestatore d'opera, che dal committente relativo. Ricordate di apporre la data e il luogo di fatturazione.

Non bisogna dimenticare:
se superate i 5.000 euro annui dovrete avvalervi di partita IVA , foglio di carta - dati fiscali prestatore d'opera e committente - marca da bollo.

Il prestatore di lavoro occasionale, non possedendo una posizione lavorativa aperta, il datore di lavoro – committente, dovrà versare la ritenuta d'acconto. Essendo prestatori d'opera occasionali, non si deve versare nulla all'INPS. Nella fattura andranno specificati i dati anagrafici, il codice fiscale, il domicilio del soggetto che emette fattura, l'importo pattuito e versato per la prestazione lavorativa effettuata. Nella fattura andrà dichiarato di non aver superato la soglia massima consentita per legge (generalmente 5.000 euro), andranno inseriti tutti i dati relativi del committente. Un altro dato importante che andrà inserito nella fattura per prestazione occasionale è quello che descrive la tipologia di lavoro svolto e la relativa durata dello stesso. Tale ricevuta andrà corredata di marca da bollo specifica da 1,81 euro.

Ricordiamo che la ritenuta d’acconto è sempre più diffusa come mezzo di pagamento, per le nuove generazioni sempre più spesso lavorare significa collaborare con più soggetti durante l’anno per piccole mansioni limitate nel tempo e nell'impegno richiesto, spesso legate a specifici compiti e obiettivi.

In questi casi spesso i datori di lavoro propongono ai collaboratori sprovvisti di partita IVA (per collaborazioni che non superino i 5.000 euro di compenso lordo nell'anno) la formula della collaborazione occasionale, comunemente chiamata con ritenuta d’acconto.

Come funziona la collaborazione occasionale con ritenuta d’acconto
Molto semplicemente con questo strumento il collaboratore esegue un lavoro per il committente come se fosse un professionista (pur non avendo una partita IVA), per un periodo di tempo e un compenso limitati. La natura del rapporto deve essere appunto occasionale e non c’è nel rapporto lavorativo la natura di subordinazione.

Dal punto di vista pratico, al momento del pagamento della prestazione, il collaboratore deve produrre una ricevuta al committente che provvederà a pagarla.

Spesso è il committente che fornisce un modello di ricevuta che il collaboratore firma e consegna: si tratta di un ribaltamento di ruoli, come spiegato sopra, dovuto solo al fatto che il collaboratore non sa fattivamente come produrre la ricevuta ma formalmente è il collaboratore che consegna la ricevuta al committente come se fosse una fattura.

Dal punto di vista fiscale la ricevuta conterrà:

la data e il numero della ricevuta;

i dati del collaboratore (incluso codice fiscale);

i dati del committente (inclusi codice fiscale e partita iva);

la descrizione dell’attività prestata;

l’importo del compenso lordo;

l’importo della ritenuta d’acconto;

l’importo netto (lordo - ritenuta d’acconto).

Una volta consegnata la ricevuta al committente, questo provvede a:

versare l’importo netto al collaboratore (preferibilmente con una forma tracciabile, ex. bonifico bancario);

versare l’importo della ritenuta d’acconto allo Stato per conto del collaboratore entro il 15 del mese successivo alla data della ricevuta.

Quindi:

la spesa totale del committente è pari al lordo;

l’incasso del collaboratore è pari al netto;

lo Stato prende subito il 20% di tasse del collaboratore attraverso il committente. Al momento della
dichiarazione dei redditi dell’anno successivo, a seconda dei redditi totali e di eventuali deduzioni e detrazioni, lo Stato potrà:

nel caso in cui non fosse dovuta, restituire al collaboratore parte o l’intera percentuale pagata (sotto forma di credito di imposta);

nel caso in cui le tasse dovute eccedessero il 20% già versato, chiedere un conguaglio.


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