mercoledì 11 maggio 2016

Trovare lavoro con un tweet ecco hashtag jobfair



Il 19 maggio Twitter con l'iniziativa #Jobfair ha lanciato una giornata di mercato virtuale dell'impiego per chi  cerca e chi offre lavoro, nella quale le aziende e le persone a caccia di lavoro possano dialogare in 140 battute.

Le regole sono poche e semplici: ad ogni azienda interessata a trovare nuovo personale, dopo aver seguito la procedura d'iscrizione all'iniziativa, basterà inviare un tweet che, oltre all'hashtag #JobFair, dovrà riportarne di altri, per meglio descrivere l'offerta lavorativa.

A partire dal 2014 la società ha iniziato a celebrare delle giornate particolari, e il 19 maggio è una di queste date nella quale domanda e offerta di lavoro sono invitate ad incontrarsi. Per le aziende c'è l'opportunità di registrarsi in anticipo sotto il simbolo #Jobfair (fiera del lavoro), E compilare   liste  delle posizioni disponibili. nel giorno fissato gli aspiranti iniziano a consultare le inserzioni, e avviano lo scambio di messaggi per la selezione e la trattativa finale.

In Italia l'hashtag ufficiale della giornata sarà #JobFair. Sarà quindi sufficiente pubblicare i propri tweet inserendo l'hashtag ufficiale per facilitarne la condivisione. Nel corso della giornata le aziende di tutta Europa twitteranno in tempo reale le proprie offerte di lavoro,  mentre chi è in cerca di una nuova occupazione risponderà inviando il proprio curriculum vitae.

Durante l’evento ci sarà anche la possibilità di ricevere consigli e suggerimenti da esperti del settore, che daranno il loro contributo aggiungendo l’hashtag ufficiale ai loro Tweet.

Le aziende o le agenzie di selezione che stanno cercando personale per le proprie posizioni aperte potranno:
indicare il settore di pertinenza (es. #Marketing, #Vendite)
il luogo di lavoro (es. #Milano, #Roma o #CentroItalia)

così da misurare al meglio la ricerca degli annunci di lavoro.

Twitter poi invierà ulteriori informazioni  a tutte le aziende che si registreranno, che avranno così la possibilità di partecipare a sessioni di formazione dedicate all'uso di Twitter per le attività di  job scouting.

Il tema del lavoro è sempre più comune sul social network: sono già tante le aziende che hanno attivato un account specifico sulla piattaforma per la selezione del personale e Twitter è uno strumento molto efficace che per chi voglia costruire il proprio profilo professionale e una rete di contatti, restare aggiornato sulle novità che riguardano i diversi settori e andare alla ricerca di nuove opportunità.

Certo, condensare il proprio curriculum, in appena 140 caratteri, non sarà un'impresa semplice, ma un uso sapiente degli hashtag, che mettano in risalto i punti di forza (ad esempio: #inglese, #espertomarketing, ecc.), potrebbe darvi la possibilità di essere contattati per un colloquio.

Concludendo, il 19 maggio Twitter si trasformerà  in una enorme fiera del lavoro europea: un'opportunità da cogliere al volo.

martedì 10 maggio 2016

Pensione: consigli per investire e sfruttare i risparmi


Vediamo di dare delle opzioni per far fruttare di più i risparmi a lungo termine mettendo in evidenza la  Giornata nazionale della previdenza e del lavoro.

Nel corso delle prossime settimane la Busta arancione sarà inviata a milioni di lavoratori che non dispongono del Pin Inps, cioè del codice per accedere al sito e provare a farsi i calcoli per conto proprio.

Che cosa è conveniente fare quando arriva? «E’ necessario in ogni caso dotarsi del Pin o dello Spin, la credenziale unica di accesso ai servizi on line della pubblica amministrazione —ha  risposto Carbone —. A differenza di quella cartacea, che utilizza un parametro standard, la versione elettronica offre diverse possibilità di simulazione e personalizzazione. Una volta entrati, il primo passaggio è verificare sull’estratto conto contributivo che l’intera vita lavorativa sia stata registrata in maniera corretta. Secondo l’Inps, del resto, circa il 20% degli utenti della Busta arancione ha riscontrato anomalie. Se il passato contributivo è in regola, si può pensare al futuro effettuando una o più simulazioni con parametri più prudenti per la crescita del Pil e anche sulla crescita della retribuzione.

Facciamo un esempio. Per un trentenne con reddito netto di mille euro al mese e versa un contributo di mille euro l’anno, il beneficio fiscale è di 270 euro l’anno: moltiplicato per i quarant’anni di versamenti sino al pensionamento (ipotizzato a settanta) il beneficio complessivo è di 11.366 euro. La prestazione finale sarà tassata invece a titolo definitivo con un’aliquota molto bassa, appena il 9%. Per un quarantenne con una retribuzione netta di millecinquecento euro, il beneficio fiscale è anch’esso di 270 euro l’anno e 10.565 per l’intero programma previdenziale, mentre la rendita sarà tassata con un’aliquota del 10,8%. L’ultimo esempio è relativo infine a un cinquantenne che ha una retribuzione attuale di duemila euro netti il mese e ne versa mille sempre all’anno, per i diciotto che gli restano al pensionamento. Il beneficio fiscale è di 380 euro l’anno e 6.840 complessivi, mentre la prestazione finale sarà tassata con un’aliquota del 14,1%.

Il riscatto degli anni di laurea è uno dei più forti alleati su cui può valere chi vuole migliorare il proprio futuro previdenziale, anche se piuttosto costoso. Le simulazioni che ogni lavoratore dovrà valutare attentamente la propria posizione. Di solito, solo per chi ha iniziato a lavorare presto, verso i 25 anni, il riscatto degli anni di laurea può servire ad anticipare il pensionamento. Per coloro che invece hanno iniziato stabilmente oltre i trent’anni , potrebbe non bastare per smettere prima. Un trentenne, per il quale l’età di pensionamento è stimata a 70 anni e 5 mesi potrebbe staccare a 68 e 4 con un riscatto di tre anni di studi, e a 66 e 2 se questo è di cinque anni. Per un quarantenne che ha un’età di pensionamento stimata a 69 anni e 5 mesi, il riscatto di tre anni consentirebbe di anticipare a 67 e 4, quello di cinque anni a 65 e 2 mesi. L’ultimo caso è relativo infine a un cinquantenne che ha un’età di pensionamento stimata a 68 anni e tre mesi: riscattando tre anni potrebbe staccare a 66 e 2, con cinque potrebbe smettere di lavorare a 63 anni e 11 mesi.

Una pensione per investire cento euro netti al mese: è un obiettivo raggiungibile con un limitato sacrificio economico, a patto di cominciare prima possibile. Le simulazioni di Progetica ipotizzano una continuità di versamenti sino all’età della pensione e l’adesione a un fondo pensione bilanciato-azionario con il 30% di titoli obbligazionari. Vengono considerati i costi medi di un fondo pensione aperto (promosso da compagnie d’assicurazione, banche, Sim e Sgr), in funzione della durata. Tutti i valori sono al netto delle tasse e dell’inflazione.

La pensione per investire è in azione: solo accettando una qualche dose di rischio sui mercati (adeguata naturalmente all'età e all’orizzonte temporale), si può ottenere una rendita integrativa adeguata con un esborso sostenibile.  Un trentenne che vuole ottenere al momento del pensionamento una rendita integrativa di cento euro netti al mese dovrebbe versarne 33 in una linea bilanciata-azionaria, sino al pensionamento fissato a settant’anni. Con una garantita, invece, il conto salirebbe a 54 euro, il 65% in più. E anche per un quarantenne e un cinquantenne, la tranquillità di una linea garantita ha un maggior costo. Per ottenere al momento del pensionamento lo stesso obiettivo, il primo deve versare per ventinove anni 56 euro se opta per un comparto bilanciato e 80 se si rifugia invece nel porto tranquillo di un garantito. Per un cinquantenne, che davanti a se ha ancora diciotto anni di lavoro, il contributo da investire è di 108 euro al mese con un bilanciato e 135 con il garantito.

«Nella previdenza integrativa, investire in una linea che ha una componente azionaria aiuta a ottenere rendimenti migliori nel medio-lungo periodo», spiega Andrea Carbone, partner di Progetica, la società indipendente di consulenza in pianificazione finanziaria e previdenziale che ha realizzato le elaborazioni. Le linee a basso rischio garantiscono infatti dalle oscillazioni di breve periodo dei mercati finanziari, ma pregiudicano la crescita nel lungo termine. Nelle tabelle sono stati considerati i costi medi di un fondo pensione aperto: tutti i valori sono in termini reali, tengono conto cioè dell’inflazione.

Il contributo aziendale, che spetta solo a chi aderisce, fa la differenza nel determinare la convenienza del fondo pensione. Nelle simulazioni realizzate viene considerata la pensione integrativa netta che si può ottenere grazie a un contributo del datore di lavoro pari all’1% della retribuzione. «Per esempio, un trentenne con un reddito attuale netto di mille euro il mese — spiega Andrea Carbone, partner di Progetica — può attendersi al momento del pensionamento, ipotizzato a settant’anni, una pensione integrativa di cento euro il mese se partecipa al fondo in una linea che garantisce la restituzione dei contributi versati, e di centocinquanta se opta invece per una bilanciata-azionaria: metà di queste rendite verrebbe finanziata dal datore di lavoro». Per un quarantenne con un reddito netto attuale di millecinquecento euro netti il mese e che davanti a sè ha ancora ventinove anni di lavoro, il contributo aziendale da solo vale una pensione integrativa di 89 euro con un comparto garantito e 122 con un bilanciato-azionario. Per un cinquantenne con un reddito attuale di duemila euro netti il mese e pensionamento a 68 anni, infine, la rendita mensile integrativa è pari a 62 euro il mese nel primo caso e 77 nel secondo. Attenzione però: ha diritto al contributo aziendale solo il lavoratore che s’iscrive al fondo pensione aziendale o di categoria, oppure a quello aperto (promosso cioè da compagnie d’assicurazione, banche, Sim e Sgr) su base collettiva, cioè in seguito a un accordo fra azienda e dipendenti. Anche in queste simulazioni è stata ipotizzata la continuità di versamenti sino alla pensione e sono stati considerati i costi medi dei fondi aperti in funzione della durata prevista. Tutti i valori sono al netto delle tasse e in termini reali.

Destinare necessariamente la liquidazione alla pensione per il futuro. E’ una delle proposte di cui si sta discutendo per rilanciare una previdenza complementare che sarà sempre più necessaria, soprattutto per i giovani. Il Tfr (pari al 6,91% della retribuzione) rappresenta nel caso dei lavoratori dipendenti un’importante risorsa su cui contare. «Il conferimento del Tfr alla previdenza complementare evita di doversi privare nell’immediato di risorse — ha spiegato Andrea Carbone, partner di Progetica, società indipendente di consulenza in pianificazione finanziaria e previdenziale —. Un trentenne con un reddito netto attuale di mille euro il mese che conferisce il Tfr a un fondo pensione può attendersi al pensionamento (ipotizzato a settant’anni) una rendita integrativa di 344 euro al mese se s’iscrive a una linea che garantisce la restituzione dei contributi versati, e 519 se sceglie invece per una bilanciata-azionaria con il 70% di azioni». Un quarantenne che destina a un fondo pensione il Tfr relativo a un reddito netto attuale di 1.500 euro il mese può attendersi al pensionamento, a 69 anni, una pensione integrativa di 307 con il comparto garantito e 421 con il bilanciato-azionario. Per un cinquantenne con un reddito netto di duemila euro il mese, infine, la rinuncia al Tfr (che in azienda si rivaluta con un tasso dell’1,5%, più il 75% dell’inflazione) può consentire di ottenere al pensionamento (a 68 anni) una pensione integrativa di 215 euro al mese se l’aderente sceglie una linea garantita, e 265 se opta invece per una bilanciata. Le simulazioni di Progetica presuppongono la continuità di versamenti alla previdenza integrativa sino all’età della pensione; tutti i valori sono al netto delle tasse e in termini reali, tengono cioè conto dell’inflazione.


Contratti di collaborazione: indennità di disoccupazione entro il 12 luglio


Estesa a tutto il 2016 l'operatività dell'indennità di disoccupazione DIS COLL da richiedere entro il 12 luglio 2016 per chi è già disoccupato. Le domande che si riferiscono a cessazione di collaborazioni avvenute tra il 1° gennaio e il 5 maggio 2016 vanno inviate all'Inps entro il 12 luglio. Per gli eventi che si verificano da oggi, invece, la domanda va presentata entro 68 giorni dalla fine del rapporto.

La circolare 74/2016 pubblicata dall’INPS ha fornito le indicazioni applicative  riguardanti la Dis-Coll, ossia l'indennità di disoccupazione a beneficio dei collaboratori, anche a progetto, ma senza partita Iva che perdono involontariamente l'occupazione. Da quest'anno il sussidio viene riconosciuto anche ai collaboratori della pubblica amministrazione, a patto che, come tutti gli altri, siano iscritti alla gestione separata dell'Inps in via esclusiva, mentre, sempre degli iscritti alla gestione separata.

Sono esclusi  dalla categoria dei destinatari gli amministratori, i sindaci o revisori di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica. Sono altresì esclusi dalla tutela dell’indennità DIS COLL gli assegnisti di ricerca, i dottorandi e i titolari di borsa di studio.

L’indennità DIS COLL è corrisposta mensilmente per un numero di mesi pari alla metà dei mesi di contribuzione accreditati nel periodo che va dal 1° gennaio dell’anno civile precedente l’evento di cessazione dal lavoro al predetto evento. Ai fini del calcolo della durata della prestazione, non sono computati i “periodi contributivi” che hanno già dato luogo ad erogazione della DIS COLL .

Per la fruizione dell’indennità DIS COLL i lavoratori con contratto di collaborazione devono presentare apposita domanda all’INPS, esclusivamente in via telematica, entro il termine previsto a pena di decadenza di sessantotto giorni dalla data di cessazione del contratto di collaborazione.

L’indennità di disoccupazione DIS COLL spetta a decorrere dall’ottavo giorno successivo alla data di cessazione del rapporto di lavoro se la domanda è presentata entro l’ottavo giorno o, qualora la domanda sia presentata successivamente a tale data, la prestazione DIS COLL spetta dal primo giorno successivo alla data di presentazione della domanda.

Per poter chiedere il contributo è necessario lo stato di disoccupazione e almeno tre mesi di contribuzione alla gestione separata nel periodo che, per quest'anno, parte dal 1° gennaio 2016 fino al momento in cui è terminata la collaborazione.

La durata della Dis-coll è metà dei mesi di contribuzione validi nel periodo preso in considerazione, tenuto conto anche delle frazioni di mese, ma non può in alcun caso superare i 6 mesi. L'importo, invece, è pari al 75% del reddito medio imponibile ai fini previdenziali derivante dalla collaborazione se il valore che si determina non è superiore a 1.195 euro, altrimenti è pari a 1.195 più il 25% della differenza tra il reddito medio mensile e 1.195 euro, ma comunque non può superare i 1.300 euro. In ogni caso, a partire dal quarto mese l'importo si riduce del 3% ogni mese.

Soprattutto in questo secondo anno va ricordato che, in base a una delle regole da rispettare per il calcolo della durata, i periodi di contribuzione già utilizzati per una indennità precedente non sono utili per quella successiva. Così, per esempio, se l'anno scorso si è fruito di una Dis-coll sulla base dei contributi versati nel 2015, il medesimo periodo non è utile quest'anno per calcolare la durata di una eventuale nuova indennità. Se l'anno scorso si sono “valorizzati” i mesi da gennaio a giugno, per ipotesi, poi si è fruito di 3 mesi di Dis-coll e quindi si è ripreso a lavorare, quest'anno il periodo gennaio-giugno 2015 non è valido per calcolare la durata dell'indennità in caso di perdita del lavoro, ma si dovrà tener in considerazione solo i mesi successivi.

Il beneficio decade dall’indennità, con effetto dal verificarsi dell’evento interruttivo, nei casi di seguito elencati:

perdita dello stato di disoccupazione;

non regolare partecipazione alle misure di politica attiva proposte dai centri per l’impiego;

nuova occupazione con contratto di lavoro subordinato di durata superiore a cinque giorni;

inizio di una attività lavorativa autonoma, di impresa individuale o di un’attività parasubordinata senza che il lavoratore comunichi all’INPS entro trenta giorni, dall’inizio dell’attività o, se questa era preesistente, dalla data di presentazione della domanda;

titolarità di trattamenti pensionistici diretti;

acquisizione del diritto all’assegno ordinario di invalidità, sempre che non si scelga per l’indennità DIS COLL.


Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...
BlogItalia - La directory italiana dei blog