domenica 5 giugno 2016
Lavoratore illegittimamente sospeso: omessa indicazione dei criteri di rotazione
L’ordinamento giuridico consente al datore di lavoro (che si trovi in particolari situazioni di crisi o abbia la necessità di procedere a ristrutturazioni o riorganizzazioni) di sospendere in tutto o in parte i propri dipendenti dal lavoro. Tuttavia, al contempo, questo potere viene disciplinato e limitato dalla legge. Pertanto, la sospensione in CIG disposta al di fuori di questi limiti è illegittima, e il lavoratore può ricorrere al Giudice del lavoro al fine di ottenere la riammissione al lavoro, nonché il risarcimento del danno (che, normalmente, consisterà nella differenza tra la retribuzione che egli avrebbe percepito se non fosse stato sospeso e l’indennità di CIG percepita durante la sospensione).
La CIGO ha la funzione di sostegno del reddito dei lavoratori per sospensioni dal lavoro e riduzioni dell’orario di lavoro dovute ad eventi transitori non imputabili né al datore di lavoro né ai lavoratori, ovvero a situazioni temporanee di mercato.
L’ammontare del trattamento economico è pari all’80% della retribuzione spettante ai lavoratori per le ore non lavorate; dopo il primo semestre di erogazione non può superare un tetto massimo incrementato annualmente in base all’indice ISTAT.
La legge impone una procedura di informazione e consultazione sindacale con le RSA, di solito preventiva. Solo nei casi di sospensione o riduzione indifferibile del lavoro, l’imprenditore deve comunicare alle RSA o, in mancanza di queste, agli organismi provinciali dei sindacati di categoria più rappresentativi, la durata prevedibile della sospensione o contrazione del lavoro ed il numero dei lavoratori interessati; se la sospensione o contrazione superi le 16 ore settimanali, su richiesta dell’imprenditore o degli organismi rappresentativi dei lavoratori si procede ad un esame congiunto sulla ripresa del normale lavoro e sui criteri di distribuzione degli orari di lavoro.
Per la CIGO, a differenza della CIGS, il datore di lavoro anticipa il trattamento una volta adottato il provvedimento di concessione, conguagliando i contributi dovuti. Se dall’omessa o tardiva domanda deriva la perdita totale o parziale della CIGO, l’imprenditore è tenuto a corrispondere ai lavoratori una somma pari all’importo dell’integrazione non percepita.
La durata massima della CIGO è di tre mesi continuativi, ma in casi eccezionali può essere prorogata per tre mesi fino a un massimo complessivo di un anno.
La fissazione dei criteri di rotazione, da osservare in caso di sospensione del personale per fruizione della CIGO, era oggetto di indirizzi giurisprudenziali ora si ritiene che, per omessa specificazione dei criteri di rotazione, rende illegittimo il decreto di concessione del trattamento di CIGS. Conseguentemente, al lavoratore sospeso spetta il diritto soggettivo di chiedere al giudice ordinario la condanna, previa disapplicazione in via puramente incidentale, del provvedimento amministrativo di concessione della CIGS e quella del datore di lavoro al pagamento dell’integrale obbligazione retributiva.
Il D.lgs. n. 148/15, di attuazione della L. n. 183/14 (c.d. Jobs Act), riordinando la disciplina degli ammortizzatori sociali, ha omesso, per il trattamento di CIGO, il riferimento all’osservanza dei criteri di rotazione. Questi, invece, costituiscono oggetto di specifica disposizione nel caso di procedimento volto a conseguire la CIGS. Sicché, anche all’esito della riforma, si registra quella diversa formulazione letterale delle norme che disciplinano il procedimento di concessione della CIGO e della CIGS. Per avere efficacia è stabilito che la comunicazione alle organizzazione sindacali deve avere ad oggetto “[…] le cause di sospensione o di riduzione dell’orario di lavoro, l’entità e la durata prevedibile, il numero dei lavoratori interessati”. Il comma 4 dispone poi che “nei casi di eventi oggettivamente non evitabili che rendano non differibile la sospensione o la riduzione dell’attività produttiva”, il contenuto della comunicazione deve comprendere “la durata prevedibile della sospensione o riduzione e il numero dei lavoratori interessati”.
E’ doveroso ricordare che il potere di sospendere i propri dipendenti in CIG incontra innanzi tutto limiti di tipo formale. Infatti, la legge prescrive l’obbligo, per il datore di lavoro, di attivare preventivamente una procedura di informazione e (a richiesta) di consultazione con il sindacato.
L’obbligo di informare e, eventualmente, di trattare con il sindacato ha lo scopo di garantire che la sospensione dei lavoratori sia trasparente e corretta, con la conseguenza che eventuali violazioni della procedura sindacale rilevino, oltre che sul piano formale, anche su quello sostanziale.
Con riferimento ai vizi procedurali il lavoratore (ma anche il sindacato) potrebbe per esempio lamentare l’omissione della procedura, oppure il fatto che non siano state rese tutte le informazioni previste dalla legge, o che le stesse siano state fornite in maniera generica o falsa, o ancora che il datore di lavoro non ha dato seguito alla richiesta del sindacato di trattare.
Vi sono però altri limiti che il datore di lavoro deve rispettare e che, in caso contrario, legittimano il ricorso al giudice da parte del lavoratore. Innanzi tutto, si deve ricordare che il datore di lavoro può ricorrere alla CIG solo in presenza di situazioni di crisi o di ristrutturazione – riorganizzazione previste dalla legge. Sotto questo profilo, dunque, il lavoratore potrebbe per esempio contestare che la causa della sospensione, dichiarata dal suo datore di lavoro, non rientra tra quelle previste dalla legge, oppure che quella situazione non corrisponde al vero. Infine, il datore di lavoro deve scegliere il personale da sospendere in CIG utilizzando criteri oggettivi e coerenti con la causa della sospensione: il lavoratore potrebbe quindi lamentare di essere stato scelto sulla scorta di criteri che non corrispondono a tali caratteristiche.
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giovedì 2 giugno 2016
Le migliori app per trovare lavoro ecco un resoconto
Le applicazioni permettono di gestire molte attività comodamente dal proprio smartphone, tablet o telefono cellulare e ciò è molto pratico e comodo. Trovare lavoro attraverso un'applicazione è una pratica molto comune ed immediata, infatti le app che sono molto rapide, più di tante piattaforme online soprattutto quando vengono usate da smartphone. E’ la vera nuova frontiera per trovare lavoro, che ce l’abbiamo in tasca.
Oggi per chi cerca lavoro non si limita a ricerche su siti web o tramite agenzie per il lavoro, dal momento in cui possono farlo comodamente mentre viaggiano in treno o seduti in una caffetteria; praticamente ovunque ed in qualsiasi momento. Per chi utilizza uno smartphone o un tablet, la ricerca di un lavoro può essere infatti facilitata poiché questi dispositivi offrono maggiori opportunità attraverso delle apposite applicazioni.
Vediamo allora quali sono le migliori app per cercare lavoro.
Tra tutte le app disponibili online c’è TapJobs , un'applicazione molto intuitiva e veloce che permette di eseguire ricerche in modo funzionale. Con TapJobs non esistono perdite di tempo dovute a risultati di offerte di lavoro poco interessanti: dalla classifica delle ricerche più gettonate, fino alla possibilità di ricercare per una specifica azienda a cui si è interessati, TapJobs è la soluzione giusta per chi desidera un'applicazione funzionale ma al tempo stesso semplice, e da la possibilità di inviare il curriculum direttamente da Mobile la rende una delle migliori applicazioni che non possono mancare nel proprio cellulare.
Se state cercando lavoro sul web e con le app non bisogna trascurare le offerte di LinkedIn, dove è possibile stringere nuovi rapporti professionali, mettere in evidenza le proprie competenze, implementare le proprie conoscenze e restare in contatto con le aziende che assumono.
L’applicazione permette infatti di ricercare, in base alla località, qualifica o anche parola chiave, le offerte disponibili e ti avverte, mediante notifica, di nuove occasioni scelte secondo i tuoi criteri preimpostati. Basterà avere un profiloLinkedIn e potrai presentare la tua candidatura.
Trovit è presente pure in ambito lavorativo e la ricerca può essere effettuata mediante localizzazione o parola chiave. È possibile anche scegliere i vari risultati per restringere il più possibile il campo intorno a quello che davvero cerchiamo, puntando magari sullo stipendio o su determinati orari. Si ricevono anche degli alert (notifiche) per e-mail, sulle offerte più interessanti e molto altro.
Permette, tra l’altro di condividere le varie offerte sui social o per posta elettronica. E se vuoi “cambiare aria”, nessun problema perché puoi effettuare ricerche in ben 46 paesi nel mondo.
Facile da utilizzare, InfoJobs ti permette di trovare lavoro mediante un’attenta ricerca in base alla categoria (informatica, design, turismo, etc.) ed al livello professionale. Non manca neanche qui, la possibilità di selezionare le province di interesse. Ma c’è di più: ogni volta che un’Azienda leggerà il tuo Curriculum Vitae, sarai avvertito da un messaggio automatico.
Trova lavoro con Indeed, il più completo motore di ricerca del lavoro.
Si tratta, come accennato, di un motore di ricerca molto completo col quale puoi accedere alle varie offerte.
Con più di 15 milioni di offerte nel mondo e più di 50 paesi proposti per lavorare anche all’estero, l’offerta è veramente ampia. L’utilizzo di quest’applicazione è semplice ed intuitivo. Puoi utilizzare il GPS per cercare vicino alla tua città ed anche visualizzare le offerte che sono state pubblicate successivamente al tuo ultimo accesso: in questo modo non perderai del tempo prezioso a visualizzare offerte magari già viste e scartate.
Una volta inserito il tuo CV potrai modificare il messaggio di presentazione personalizzandolo in base alle singole candidature.
Oltre a ricevere via mail le offerte che più ti interessano, potrai anche seguire e ricevere aggiornamenti dalle tue Aziende preferite (e per le quali vorresti lavorare).
È presente anche una sezione chiamata “I Miei Lavori” con la quale potrai catalogare le tue candidature, oltre che salvare le offerte.
Un'applicazione fuori dal comune è anche ClicLavoro , sviluppata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali per offrire servizi sia ai cittadini in cerca di un posto fisso, sia per facilitare ed aiutare le aziende a trovare la forza lavoro di cui hanno bisogno. Oltre alla funzione di invio in tempo reale delle candidature, ricercabili per qualifica e sede dell'azienda, è possibile localizzare facilmente le Agenzie per il Lavoro ed i Centri per l'impiego più vicini alla posizione dalla quale si effettua la ricerca.
Con l’ applicazione è possibile:
inviare in tempo reale la tua candidatura per tutte le offerte che ti interessano di più effettuando la ricerca per qualifica e per luogo. Per candidarsi bisogna essere loggati e avere inserito il CV;
localizzare le Agenzie per il Lavoro, i Centri per l’impiego, le DRL-DTL, gli Informa Giovani e gli Uffici di Collocamento Marittimo della provincia selezionata. Questa funzione è accessibile anche dall’utilizzatore anonimo;
per i datori di lavoro, consultare i CV presenti nella banca dati di Cliclavoro per individuare possibili candidati a nuove assunzioni (con o senza incentivi). Per visionare i CV basta inserire il luogo e/o la qualifica desiderati. Per contattare un candidato è necessario essere loggati.
Nominata come tra le più quotate app per iOS per la ricerca del lavoro, Jobaware permette di sincronizzare tutte le attività di ricerca di lavoro sul web, interagendo anche con un eventuale profilo LinkedIn. È possibile tenere traccia dei progressi di ricerca, confrontare le offerte di lavoro in diverse città, controllare le aziende specifiche e visualizzare le informazioni sullo stipendio medio percepito dai lavoratori. L'applicazione si collega anche con una serie di risorse didattiche per facilitare la ricerca.
Corner Job è la nuova app creata per tutti coloro che cercano lavoro e propone una soluzione semplice e veloce per trovare offerte lavorative attinenti alle proprie abilità. E’ possibile creare facilmente il tuo profilo e scoprire tutti gli annunci di lavoro vicini a te. Trovare un impiego velocemente dal tuo smartphone è possibile grazie all’app di Corner Job.
E' bene scaricare tutte le app sul proprio smartphone, in modo tale da non perdere le occasioni migliori messe a disposizione.
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mercoledì 1 giugno 2016
Restituzione bonus 80 euro come funziona
Ecco quali saranno i dipendenti chiamati alla restituzione del Bonus erogato nel corso dell'anno 2015. Circa 1,4 milioni di persone che hanno ricevuto il bonus di 80 euro e dovranno restituirlo. La gran parte dovrà restituire tutta o parte della cifra ricevuta perché ha superato la soglia dei 24 mila euro di reddito, oltre la quale il bonus si riduce rapidamente fino a scomparire per i redditi superiori ai 26 mila euro. Ma circa 341 mila contribuenti lo dovranno restituire perché sono risultati “incapienti”, cioè hanno guadagnato meno di 8.000 euro, la soglia sotto la quale si perde il diritto al bonus.
Vediamo quali contribuenti sono interessati dalla restituzione del bonus 80 euro?
Si tratta fondamentalmente di tre tipologie di contribuenti:
coloro che hanno percepito un reddito inferiore alla no tax area ovvero agli 8.000 euro;
coloro che hanno percepito un reddito superiore al limite previsto dalla Legge (ovvero 26.000 euro);
coloro che hanno commesso o addirittura subito (nel senso che è stata l’Agenzia delle Entrate a commettere l’errore) errori nella compilazione della dichiarazione dei redditi modello 730 precompilato.
Il bonus da 80 euro mensili– tecnicamente un credito di imposta sull’IRPEF riservato ai lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi – è stato approvato nell'aprile del 2014, poche settimane prima delle elezioni europee. Il bonus spettava a tutti i lavoratori dipendenti che guadagnavano meno di 26 mila euro, ma –dato di fatto è una detrazione fiscale –non tocca a quei contribuenti che guadagnano meno di 8.000, per i quali è già prevista una riduzione totale dell’IRPEF. È noto dall'inizio che se nel corso dell’anno un contribuente fosse uscito da questi due limiti, superare i 26 mila euro o scendere sotto gli 8.000, sarebbe stato costretto a restituire tutta o parte della cifra che aveva ricevuto.
Il ministero delle Finanze ha pubblicato nei giorni scorsi i dati sulle dichiarazioni dei redditi del 2015, nei quali era presenta anche una tabella riassuntiva sulla distribuzione e sulla restituzione degli 80 euro. Da questi dati risulta che 11,2 milioni di italiani hanno ricevuto il bonus e 1,4 milioni lo dovranno restituire. Di questi, 651 mila contribuenti hanno dovuto restituire parte del bonus, perché sono passati dalla fascia sotto i 24.000 euro di reddito a quella sopra i 26 mila. Altri 798 mila circa hanno invece dovuto restituirlo interamente. Di questi, circa 341 mila hanno dovuto restituire il bonus perché sono scesi sotto gli 8.000 euro di reddito annuo e sono diventati “incapienti”.
Vediamo chi è diventato incapiente ha diritto comunque a un rimborso delle imposte pagate.
Queste persone si trovano quindi nella situazione paradossale di dover restituire gli 80 euro ricevuti ma essere diventati nel contempo creditori nei confronti dello stato di un’altra somma.
Facciamo un esempio concreto: un lavoratore con un contratto che gli garantisce un reddito di 10 mila euro nel corso dell’anno. Dopo sei mesi in cui ha percepito regolarmente gli 80 euro in busta paga, e in cui ha pagato l’IRPEF sul suo reddito, il lavoratore riceve una riduzione di ore e quindi di stipendio, oppure perde il lavoro: di fatto il suo reddito a fine anno non arriva a 8.000 euro. Il contribuente dovrà restituire il bonus, ma nello stesso tempo, essendo diventato incapiente, ha diritto alla restituzione di tutta l’IRPEF versata nel corso dell’anno, o che avrebbe dovuto versare in sede di dichiarazione.
Si trova in questa situazione il 12,5 per cento di chi ha ricevuto il bonus, un contribuente su otto. La causa del problema è che il governo ha introdotto gli 80 euro sotto forma di bonus mensile e non come conguaglio a fine anno, cosa che avrebbe permesso di evitare gran parte dei casi di restituzioni.
L’aspetto più antipatico della vicenda è che i contribuenti interessati, pur avendo percepito il bonus di 80 euro a rate durante l’anno precedente, dovranno restituire l’importo considerato in un’unica soluzione.
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