martedì 12 luglio 2016
Lavoratori autonomi:estese le indennità di maternità e paternità
Nella Circolare n. 128, l’INPS comunica di aver recepito l’estensione delle tutele in materia di paternità e maternità introdotta dal Jobs Act in favore di lavoratori e lavoratrici autonomi: la circolare esplicita le modalità di verifica della spettanza e di presentazione dell’istanza per la fruizione dei periodi di maternità e paternità.
L’INPS, con la Circolare n. 128 dell’11 luglio 2016, interviene in materia di indennità di paternità in favore di lavoratori autonomi e di maternità per le lavoratrici autonome. Si tratta di una estensione, operata dal Jobs Act, delle tutele genitoriali, previste in via sperimentale per l’anno 2015, ma successivamente estese anche agli anni successivi.
Il riferimento normativo è il decreto legislativo n. 80/2015 con il quale sono stati modificati gli artt. 28, 66 e 67 del T.U. maternità/paternità (D.Lgs. 151/2001). L’indennità di paternità per i lavoratori autonomi (artigiani, commercianti, coltivatori diretti, coloni, mezzadri, imprenditori agricoli a titolo principale, pescatori autonomi della piccola pesca) era stata introdotta in via sperimentale per il solo anno 2015, poi la misura è stata resa strutturale dal Dlgs 148/2015 con effetto dal 25 giugno 2015.
Requisiti
Il tutto a patto che la madre sia lavoratrice dipendente o autonoma (artigiana, commerciante, coltivatrice diretta, colona, mezzadra, imprenditrice agricola a titolo principale pescatrice autonoma della piccola pesca) e che il padre rimanga l’unico genitore al verificarsi dei seguenti eventi:
morte o grave infermità della madre;
abbandono del figlio da parte della madre;
affidamento esclusivo del figlio al padre.
Il padre autonomo deve inoltre essere iscritto ad una delle Gestioni INPS per i lavoratori autonomi (Artigiani, Esercenti attività commerciali, Coltivatori diretti, dei mezzadri e dei coloni) oppure, nel caso si tratti di pescatori autonomi, al Fondo pensioni lavoratori dipendenti. L’iscrizione può avvenire anche in data successiva all'inizio dell’attività.
L’INPS fa presente che, anche per i padri autonomi, non sussiste obbligo di astensione dal lavoro nei periodi indennizzati a titolo di indennità di paternità.
L’indennità di paternità è riconoscibile in relazione agli eventi verificatisi a partire dal 25 giugno 2015, data di entrata in vigore del decreto, o comunque, qualora l’evento si sia verificato in data anteriore al 25 giugno 2015 per gli eventuali periodi dal 25 giugno in poi.
L’indennità di paternità è riconosciuta a domanda dell’interessato, da presentare entro il termine prescrizionale di un anno, alla Struttura Inps competente in modalità cartacea o anche tramite pec o raccomandata con ricevuta di ritorno.
Indennità di paternità
L’indennità di paternità è riconoscibile dalla data in cui si verifica l’evento fino alla fine del periodo post partum che sarebbe spettato alla madre lavoratrice:
se la madre è lavoratrice dipendente, il congedo post partum coincide con i 3 mesi dopo il parto più eventuali periodi di congedo di maternità ante partum non goduti;
se la madre è lavoratrice autonoma, l’indennità post partum spetta per i 3 mesi dopo il parto.
La data del parto può invece essere indennizzata solo a favore della lavoratrice madre avente diritto all’indennità. Non esiste alcun obbligo per i padri autonomi di astensione dal lavoro nei periodi indennizzati a titolo di indennità di paternità, analogamente a quanto previsto per le lavoratrici autonome.
L’indennità è calcolata in base alle stesse regole previste per l’indennità di maternità ed è pari quindi all’80% di un importo giornaliero individuato a seconda dell’attività autonoma svolta:
per gli artigiani e gli esercenti attività commerciali l’indennità è pari all’80% del limite minimo di retribuzione giornaliera fissata, rispettivamente per gli impiegati dell’artigianato e del commercio con riferimento all’anno in cui inizia l’indennità di paternità;
per i lavoratori autonomi agricoli (coltivatori diretti, coloni e mezzadri, imprenditori agricoli) l’indennità è pari all’80% del limite minimo di retribuzione per la qualifica di operai dell’agricoltura con riferimento all’anno precedente il parto (o l’ingresso in famiglia o in Italia in caso di adozione o affidamento);
per i pescatori, l’indennità è pari all’80% del salario giornaliero convenzionale per i pescatori della piccola pesca marittima e delle acque interne associati in cooperativa di cui alla legge 13.3.1958, n. 250, fissato per l’anno in cui inizia l’indennità di paternità.
Domanda
Per il conseguimento della prestazione, l’interessato deve presentare apposita domanda all’INPS, per ora ancora in modalità cartacea, entro il termine prescrizionale di un anno decorrente dal giorno successivo alla fine del periodo indennizzabile, utilizzando il modello SR01 (domanda di indennità maternità/paternità), appositamente aggiornato e disponibile sul sito istituzionale, nella sezione modulistica. La domanda dovrà essere inoltrata all’INPS di competenza tramite Posta Elettronica Certificata (serve la PEC, non è sufficiente una email ordinaria) o mezzo equivalente (raccomandata con ricevuta di ritorno o presentazione della domanda allo sportello).
L’Istituto rende noto che, entro settembre, sarà data comunicazione dell’avvenuto aggiornamento delle applicazioni per l’acquisizione delle domande per via telematica. Successivamente, la domanda di paternità, anche per i casi in argomento, dovrà essere presentata esclusivamente in modalità telematica attraverso i consueti canali (WEB, Contact center multicanale o Patronati).
Per i periodi non fruiti dalla madre lavoratrice (dipendente o autonoma), in caso di morte o grave infermità della stessa, di abbandono del minore o di affidamento esclusivo del bambino al padre, il diritto si estende al padre. Non è prevista invece la possibilità di rinuncia all'indennità da parte della madre, lavoratrice dipendente o autonoma, a favore del padre autonomo.
L’INPS comunica che le applicazioni per l'acquisizione delle domande per via telematica sono state aggiornate per consentire l’acquisizione:
- in caso di adozione o affidamento preadottivo nazionale di un periodo fino a 5 mesi, a prescindere dall’età del minore;
- in caso di adozione o affidamento preadottivo internazionale, l’inserimento di periodi precedenti l'ingresso del minore in Italia.
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sabato 9 luglio 2016
Pensione anticipata per dipendenti, privati, autonomi e statali
La possibilità di andare in pensione fino a 3 anni prima grazie ad un prestito previdenziale da restituire in 20 anni, il cosiddetto Ape – Anticipo pensionistico, è stata estesa a tutti i lavoratori, anche statali ed autonomi. Quindi non solo dipendenti del settore privato: l’anticipo pensione APE sarà utilizzabile anche da quelli pubblici e dai lavoratori autonomi.
Il nuovo meccanismo di Anticipo pensionistico inserito nella Riforma Pensioni 2016/2017, che a sua volta confluirà nella prossima legge di Stabilità, si allarga anche ai dipendenti pubblici e agli autonomi. “Lo schema è che tutti i cittadini con i requisiti previsti possano decidere di aderire all’Ape”, ha dichiarato il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, al termine del 3° vertice tra Governo e sindacati che si è svolto la settimana scorsa sulle nuove misure per garantire una maggiore flessibilità in uscita.
Ricordiamo che l’APE è una sorta di anticipo sulla pensione che si può chiedere a tre anni dal requisito anagrafico: si percepisce un trattamento finanziato dalle banche fino al raggiungimento della pensione vera e propria, da restituire poi con un piano di ammortamento ventennale. Fra le tante questioni da risolvere c’è quella delle detrazioni, che serviranno ad alleggerire il carico della restituzione delle rate del prestito pensionistico.
La decurtazione sulla pensione dipende dagli anni di anticipo con cui ci si ritira e dall'entità dell’assegno: secondo i primi calcoli, il taglio può andare da un 5 a un 15-20% per chi sceglie i tre anni di anticipo.
Vediamo un esempio: un lavoratore che si ritira con l’anticipo pensionistico APE un anno prima e ha una pensione di 800 euro netti al mese, paga per 20 anni una rata di circa 53 euro, che sale a quasi 160 euro nel caso di pensione anticipata di tre anni: i calcoli sono della UIL e forniscono una serie di esempi di applicazione dell’opzione nel più vasto quadro di Riforma Pensioni da inserire nella Legge di Stabilità 2017. Una nuova possibilità di pensione anticipata fino a tre anni, con un trattamento (l’anticipo pensionistico APE) che poi si restituisce quando si percepisce l’assegno previdenziale vero e proprio, attraverso un piano di ammortamento spalmato su 20 anni.
Al lordo delle detrazioni, i più penalizzati (in base agli esempi che seguono), in termini percentuali risultano i titolari di pensioni basse che scelgono di ritirarsi con tre anni di anticipo: per restituire l’anticipo pensione APE subiscono un taglio sulla pensione lorda pari al 17,7%, contro il 13,9% di coloro che percepiscono un assegno da 2mila 500 euro netti al mese. In generale, il peso della decurtazione dovuta alla restituzione del prestito sui trattamenti bassi è maggiore che non su quelli alti. Ecco i calcoli dello studio UIL.
Pensione di 800 euro netti: si tratta di un trattamenti lordo intorno ai 900 euro al mese. Ecco quando paga di restituzione nei tre diversi casi ipotizzati:
Un anno di anticipo: importo da restituire 10mila 400 euro, rata mensile per 20 anni pari a 53,24 euro, rata annua 692,12 euro. Decurtazione del 5,9% della pensione.
Due anni di anticipo: importo da restituire 20mila 800 euro, rata mensile di 106,48 euro (1.384,24 euro l’anno), decurtazione pari all’11,8%.
Tre anni di anticipo: importo da restituire 31mila 200 euro, rata mensile da 159,71 euro (2.076,23 euro l’anno), e percentuale su trattamento lordo del 17,7%.
Pensione da mille euro netti al mese: si tratta di circa 1200 euro lordi. Ecco i diversi possibili piani di rateazione di questo pensionato.
Un anno di anticipo: importo da restituire, 13mila euro, rata mensile 66,55 euro (annua, 865,15), percentuale su trattamento lordo, 5,5%.
Due anni di anticipo: importo da restituire, 26mila euro, rata mensile 133,09 euro (1.730,17 euro all’anno), decurtazione 11,1%;
Tre anni di anticipo: importo da restituire 39mila euro, rata 199,64 euro (2.595,32 euro all’anno), decurtazione 16,6%.
Pensione da 2500 euro netti al mese: significa un trattamento lordo di 3600 euro. Piani di rateazione a secondo degli anni di anticipo:
Un anno di anticipo: importo da restituire 32mila 500 euro, rata da 166,37 euro (2.162,81 euro annui), percentuale 4,6%;
Due anni di anticipo: importo da restituire 65mila euro, rata da 332,74 euro (4mila 325,62 euro annui), percentuale 9,2%;
Tre anni di anticipo: importo da restituire 97mila 500 euro, rata da 499,10 euro,decurtazione 13,9%.
La decurtazione si dovrebbe azzerare o ridurre al minimo per una particolare fascia di lavoratori a basso reddito: disoccupati senza speranza di ritrovare un impiego, lavoratori impiegati in lavori pesanti e anche per soggetti coinvolti in lavoro di cura familiare. In questi casi la detrazione fiscale non solo dovrebbe compensare l'intero importo della rata ma anche coprire una fetta del “capitale”. Le detrazioni dovrebbero ridursi di molto e addirittura scomparire nei casi “uscita volontaria” dal lavoro da soggetti con reddito elevato, per i quali il taglio dell'assegno potrebbe arrivare anche al 15 per cento.
L'Ape, l'Anticipo pensionistico, passerà obbligatoriamente per l'Inps. Il lavoratore “over 63” intenzionato ad anticipare l'uscita dal lavoro non dovrà recarsi in banca per ottenere il “prestito” ma dovrà interloquire con l'ente previdenziale. Che dovrà anzitutto certificare la sua situazione previdenziale, a partire dal montante contributivo, privo dei contributi relativi agli anni di anticipo (da 1 a 3). A quel punto l'Inps con il soggetto finanziario, probabilmente previsto da un'apposita convenzione, perfezionerà l'operazione di “prestito”.
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lunedì 4 luglio 2016
CCNL sale cinematografiche 2016: novità sui contratti a termine
Per i dipendenti dagli esercizi cinematografici e cinema-teatrali, Anec con Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil hanno siglato l’ipotesi di accordo di rinnovo del CCNL. I contenuti sono identici a quelli dell'ipotesi di accordo 9 marzo 2016 siglata da Anem e Agis, eccetto che per la decorrenza degli importi per vacanza contrattuale.
Per i dipendenti dagli esercizi cinematografici e cinema-teatrali. L'accordo decorre dal 1° gennaio 2017 e prevede nel 2016 un anno di sperimentazione durante il quale le Parti monitoreranno l'andamento degli istituti rinnovati e revisioneranno le altre norme contrattuali.
Il 15 giugno 2016 è stato rinnovato il CCNL che disciplina i rapporti di lavoro tra le aziende che gestiscono sale cinematografiche ed il relativo personale dipendente. Tra le novità in tema di contratto a termine si prevede che la durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, per effetto di una successione di contratti, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale e indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l'altro, non possa superare i trentasei mesi. II limite può essere superato solo nei seguenti casi:
- sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto;
- ulteriori casi individuati al livello della contrattazione collettiva aziendale.
In ogni singolo cinema e relative sedi amministrative è consentita l'assunzione di un numero complessivo di lavoratori a tempo determinato fino ad un massimo del 40% dei lavoratori a tempo indeterminato, con arrotondamento all'unita superiore. Percentuali superiori, ma sempre entro la percentuale massima del 50%, saranno accordate dal tavolo tecnico paritetico dietro motivata richiesta. È consentita senza limitazioni però la stipulazione di contratti di lavoro a tempo determinato per la sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto. Inoltre sono esenti da limitazioni quantitative i contratti di lavoro a tempo determinato conclusi nella fase di avvio di nuove attività apertura di nuovi cinema e/o sedi amministrative) per un periodo di tredici mesi continuativi a decorrere dalla data di apertura al pubblico.
Vacanza contrattuale e sperimentazione
L’erogazione di € 120,00 a titolo di vacanza contrattuale per l'anno 2015 e di € 120,00 a titolo di sperimentazione per l'anno 2016, ai lavoratori in forza al 1° gennaio 2015 e in servizio alla data di stipulazione dell'ipotesi di accordo in tre tranche (1° aprile 2016, 1° agosto 2016 e 1° dicembre 2016).
Ai lavoratori in forza al 1° gennaio 2015 e in servizio alla data di stipulazione dell'ipotesi di accordo, saranno corrisposti € 120,00 a titolo di vacanza contrattuale per l'anno 2015 ed € 120,00 a titolo di sperimentazione per l'anno 2016, con le seguenti modalità, riferite al 4° livello di monosale e multisale:
- € 80,00 il 1° luglio 2016;
- € 80,00 il 1° ottobre 2016;
- € 80,00 il 1° dicembre 2016.
Gli importi saranno ridotti per i lavoratori assunti dopo il 1° gennaio 2015 ed in forza alle aziende, non in prova, alla data di stipulazione dell'ipotesi di accordo, nonché per i lavoratori con orario e retribuzione inferiori a quelli normali contrattuali.
Gli importi non sono utili ai fini dei vari istituti legali e contrattuali né per il calcolo del TFR.
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