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domenica 18 settembre 2016

Brexit e lavoro: effetti su mobilità e tutele dei lavoratori



Con il termine Brexit si indica l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea, così come sancito dal referendum che si è svolto lo scorso 23 Giugno 2016.

Non solo la riduzione della mobilità dei lavoratori. Ma anche effetti sugli obblighi di mantenimento dei livelli minimi di tutela ormai diffusi nel mercato europeo e a cui si devono uniformare anche stati non europei. E ancora possibili ripercussioni sulla parità di trattamento retributivo e sociale, sul sistema di protezione sociale del lavoro somministrato e più in generale su tutti i livelli di tutela che di regola tendono ad evitare al dumping sociale.

Secondo la Fondazione Studi dei consulenti del lavoro dopo l'uscita della 'Ue effetti a cascata ci saranno anche su materie di assoluta importanza quali la sicurezza sul lavoro e la protezione della privacy.

Come spiega l'analisi dei consulenti del lavoro, nel 2013 il flusso di cittadini italiani che è andato a lavorare nel Regno Unito è cresciuto del 66% passando da 26 mila a 44 mila unità. Il flusso di emigranti italiano è continuato a crescere nel 2014 (+16) e nel 2015 (+15%) raggiungendo il livello di 58.653 nel 2015.

L’analisi per classi di età al momento della registrazione di ingresso, ci permette di capire meglio, sottolineano i professionisti, la natura dell’incremento dell’emigrazione italiana nel Regno Unito. Se nel primo decennio del secolo emigravano italiani adulti con un’età compresa fra i 25 e i 34 anni, dal 2012 si registra il sorpasso della classe di età più giovane, fino a 24 anni, che anticipa i tempi di migrazioni rispetto alla generazione precedente. Molto significativo anche l’incremento nell'ultimo periodo degli over 35 che migrano per ricostruirsi un futuro dopo avere tentato nel paese di origine.

E i consulenti del lavoro sottolineano come "la decisione referendaria inglese di uscire dal sistema Europa si manifesta in una epoca storico-­ economica di particolare delicatezza. Essa si innesta nel precario intreccio di riflessioni separatiste e di coesione economico-sociale cui corrisponde l’inevitabile e dissolvente risposta agli interrogativi circa l’utilità di un sistema ormai basato sul rapporto tra debito e prodotto interno lordo piuttosto che sul benessere e prosperità economica. In tale quadro, come nelle varie cornici delle carte costituzionali dei Paesi membri, assume la consueta rilevanza il dato relativo al lavoro e all'occupazione".

E, secondo l'analisi dei professionisti, "appare utile delineare il quadro della rappresentanza inglese presso le istituzioni comunitarie, il suo peso politico ed economico e le procedure legali di 'divorzio consensuale'. Il Regno Unito vanta 70 eurodeputati e circa 50 consiglieri presso il Comitato Economico Sociale Europeo senza contare il sottobosco di dirigenti, funzionari e impiegati. In ordine a queste posizioni è legittimo chiedersi quale sarà il destino di tale rappresentanza, che non dimentichiamoci ha pesato e tuttora pesa nelle decisioni comunitarie".

E l'analisi dei consulenti del lavoro ricorda che "il sistema di uscita dalla Comunità Europea è delineato dall’art 50 dei trattati. Dalla semplice lettura delle disposizioni appare evidente che la Gran Bretagna, una volta presentato atto di notifica formale per l’uscita dalla Ue, dovrà avviare un negoziato per la stipula di un accordo volto a definire le modalità del recesso".

"Pur tuttavia, ai sensi del comma 4, lo dovrà fare in posizione di estrema debolezza -ricordano i consulenti del lavoro- in quanto impossibilitata a partecipare alle decisioni e deliberazioni che la riguardano. Si spiega pertanto la reticente volontà del governo inglese a voler dilatare tale periodo transitorio, ben consapevole che ai sensi del comma 5 non sarà sufficiente un nuovo referendum o petizione per rientrare nel sistema europeo ma occorrerà una nuova procedura formale alla stregua di qualsiasi altro Paese 'extracomunitario'".

Ed è proprio quest’ultima parola, sottolineano i consulenti del lavoro, "a scuotere gli animi delle aziende, dei lavoratori e degli operatori del diritto obbligati a confrontarsi con una figura 'extracomunitaria' mai ritagliata su di un Paese come la Gran Bretagna. I segnali invero erano già stati lanciati tempo addietro -spiegano ancora i professionisti- e non solo in riferimento al rifiuto di adottare la moneta europea ma soprattutto agli ultimi trattati economici perseguiti dal governo inglese con le modalità preponderanti del 'prendere o lasciare'".

Secondo i professionisti "tale insolenza aveva già solleticato inimicizie tra stati membri, già intenti a dissimulare sobbalzi interni in materia di immigrazione. Il ragionevole dubbio della cattiva informazione popolare circa gli effetti nefasti in caso di uscita si palesa in maniera evidente passando in rassegna le conseguenze giuridiche in materia di protezione del mercato del lavoro".

"In altre parole, gran parte della normativa in tema di lavoro degli Stati Membri, deriva direttamente e indirettamente da normative comunitarie e pertanto -rimarcano i consulenti del lavoro- sarà inevitabile un abbassamento delle tutele ad esempio in materia di flessibilità, part-­‐time, contratti a termine, 8 trasferimenti di azienda e orario di lavoro laddove il governo inglese non saprà preservare i sistemi giuridici ormai promulgati".

La questione, ricorda ancora l'analisi dei professionisti, "non si risolve in una lettura riduttiva circa la scarsa mobilità dei lavoratori. Anche i lavoratori autonomi subiranno effetti tragici circa l’inapplicabilità di tutti i sistemi di scambio e reciproco riconoscimento quali il passaporto delle qualifiche, la direttiva servizi, le regolamentazioni comuni per le libere professioni improntate al principio della proporzionalità delle normative professionali in relazione agli obiettivi di interesse generale".

E ancora "in tema di aggregazioni di imprese e di liberi professionisti, sarà interessante analizzare la sorte e la tenuta giuridica dei Gruppi europei di interesse economico, in acronimo GEIE, figura giuridica di matrice prettamente europea con lo scopo di unire le conoscenze e le risorse di attori economici di almeno due paesi appartenenti all'Unione".

"La sfida ora -aggiungono i consulenti- è evitare l’effetto domino, ricostruire una comunità europea che non sia impegnata esclusivamente a pigiare il tasto dell’austerità ma rinnovi l’impegno a creare un vero mercato interno dove magari la potenza tedesca dovrà rinunciare a qualche privilegio ormai acquisito dalla lista degli optionals".

Sia d’esempio la vicenda 'Brexit': "mai sottovalutare effetti a strascico in nome della cattiva informazione o di uno spirito antieuropeista che guarda alla libertà come baluardo per l’isolamento economico sociale. L’impegno riguarda tutti affinché la stessa vicenda 'brexit' non si trasformi in un rifiuto verso il sistema europeo che corrisponda ad un sentimento diffuso di 'bruxit', ovvero l’avversione incondizionata verso il sistema che da Bruxelles fonda l’Unione Europea".

Passando in rassegna le conseguenze giuridiche in materia di protezione del mercato del lavoro, evidenziano che «la gran parte della normativa in tema di lavoro degli Stati Membri, deriva direttamente e indirettamente da normative comunitarie e pertanto sarà inevitabile un abbassamento delle tutele ad esempio in materia di flessibilità, part-time, contratti a termine, trasferimenti di azienda e orario di lavoro laddove il governo inglese non saprà preservare i sistemi giuridici ormai promulgati».

Le conseguenze giuridiche in materia di protezione del mercato del lavoro. Non solo, quindi, riduzione della mobilità dei lavoratori ed inapplicabilità delle disposizioni UE su distacco e protezione sociale, ma, più in generale, la questione tocca anche gli effetti sugli obblighi di mantenimento dei livelli minimi di tutela ormai diffusi nel mercato europeo e a cui si devono uniformare anche stati non europei.

Inoltre, ripercussioni potranno verificarsi sulla parità di trattamento retributivo e sociale, sul sistema di protezione sociale del lavoro somministrato e su tutti i livelli di tutela che di regola tendono ad evitare il dumping sociale, come anche sulla sicurezza sul lavoro e sulla protezione della privacy.

Ingresso e accesso al lavoro dei cittadini extracomunitari e comunitari. Concludono l’analisi due tabelle recanti la disciplina dell’ingresso e dell’accesso al lavoro dei cittadini extracomunitari e comunitari.

Sono questi i possibili effetti della Brexit secondo un'analisi realizzata da Fondazione Studi e diffusa da Labitalia.



sabato 9 luglio 2016

Pensione anticipata per dipendenti, privati, autonomi e statali


La possibilità di andare in pensione fino a 3 anni prima grazie ad un prestito previdenziale da restituire in 20 anni, il cosiddetto Ape – Anticipo pensionistico,  è stata estesa a tutti i lavoratori, anche statali ed autonomi. Quindi non solo dipendenti del settore privato: l’anticipo pensione APE sarà utilizzabile anche da quelli pubblici e dai lavoratori autonomi.

Il nuovo meccanismo di Anticipo pensionistico inserito nella Riforma Pensioni 2016/2017, che a sua volta confluirà nella prossima legge di Stabilità, si allarga anche ai dipendenti pubblici e agli autonomi. “Lo schema è che tutti i cittadini con i requisiti previsti possano decidere di aderire all’Ape”, ha dichiarato il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, al termine del 3° vertice tra Governo e sindacati  che si è svolto la settimana scorsa sulle nuove misure per garantire una maggiore flessibilità in uscita.

Ricordiamo che l’APE è una sorta di anticipo sulla pensione che si può chiedere a tre anni dal requisito anagrafico: si percepisce un trattamento finanziato dalle banche fino al raggiungimento della pensione vera e propria, da restituire poi con un piano di ammortamento ventennale. Fra le tante questioni da risolvere c’è quella delle detrazioni, che serviranno ad alleggerire il carico della restituzione delle rate del prestito pensionistico.

La decurtazione sulla pensione dipende dagli anni di anticipo con cui ci si ritira e dall'entità dell’assegno: secondo i primi calcoli, il taglio può andare da un 5 a un 15-20% per chi sceglie i tre anni di anticipo.

Vediamo un esempio: un lavoratore che si ritira con l’anticipo pensionistico APE un anno prima e ha una pensione di 800 euro netti al mese, paga per 20 anni una rata di circa 53 euro, che sale a quasi 160 euro nel caso di pensione anticipata di tre anni: i calcoli sono della UIL e forniscono una serie di esempi di applicazione dell’opzione nel più vasto quadro di Riforma Pensioni da inserire nella Legge di Stabilità 2017. Una nuova possibilità di pensione anticipata fino a tre anni, con un trattamento (l’anticipo pensionistico APE) che poi si restituisce quando si percepisce l’assegno previdenziale vero e proprio, attraverso un piano di ammortamento spalmato su 20 anni.

Al lordo delle detrazioni, i più penalizzati (in base agli esempi che seguono), in termini percentuali risultano i titolari di pensioni basse che scelgono di ritirarsi con tre anni di anticipo: per restituire l’anticipo pensione APE subiscono un taglio sulla pensione lorda pari al 17,7%, contro il 13,9% di coloro che percepiscono un assegno da 2mila 500 euro netti al mese. In generale, il peso della decurtazione dovuta alla restituzione del prestito sui trattamenti bassi è maggiore che non su quelli alti. Ecco i calcoli dello studio UIL.

Pensione di 800 euro netti: si tratta di un trattamenti lordo intorno ai 900 euro al mese. Ecco quando paga di restituzione nei tre diversi casi ipotizzati:

Un anno di anticipo: importo da restituire 10mila 400 euro, rata mensile per 20 anni pari a 53,24 euro, rata annua 692,12 euro. Decurtazione del 5,9% della pensione.
Due anni di anticipo: importo da restituire 20mila 800 euro, rata mensile di 106,48 euro (1.384,24 euro l’anno), decurtazione pari all’11,8%.
Tre anni di anticipo: importo da restituire 31mila 200 euro, rata mensile da 159,71 euro (2.076,23 euro l’anno), e percentuale su trattamento lordo del 17,7%.
Pensione da mille euro netti al mese: si tratta di circa 1200 euro lordi. Ecco i diversi possibili piani di rateazione di questo pensionato.
Un anno di anticipo: importo da restituire, 13mila euro, rata mensile 66,55 euro (annua, 865,15), percentuale su trattamento lordo, 5,5%.
Due anni di anticipo: importo da restituire, 26mila euro, rata mensile 133,09 euro (1.730,17 euro all’anno), decurtazione 11,1%;
Tre anni di anticipo: importo da restituire 39mila euro, rata 199,64 euro (2.595,32 euro all’anno), decurtazione 16,6%.
Pensione da 2500 euro netti al mese: significa un trattamento lordo di 3600 euro. Piani di rateazione a secondo degli anni di anticipo:
Un anno di anticipo: importo da restituire 32mila 500 euro, rata da 166,37 euro (2.162,81 euro annui), percentuale 4,6%;
Due anni di anticipo: importo da restituire 65mila euro, rata da 332,74 euro (4mila 325,62 euro annui), percentuale 9,2%;
Tre anni di anticipo: importo da restituire 97mila 500 euro, rata da 499,10 euro,decurtazione 13,9%.

La decurtazione si dovrebbe azzerare o ridurre al minimo per una particolare fascia di lavoratori a basso reddito: disoccupati senza speranza di ritrovare un impiego, lavoratori impiegati in lavori pesanti e anche per soggetti coinvolti in lavoro di cura familiare. In questi casi la detrazione fiscale non solo dovrebbe compensare l'intero importo della rata ma anche coprire una fetta del “capitale”. Le detrazioni dovrebbero ridursi di molto e addirittura scomparire nei casi “uscita volontaria” dal lavoro da soggetti con reddito elevato, per i quali il taglio dell'assegno potrebbe arrivare anche al 15 per cento.

L'Ape, l'Anticipo pensionistico, passerà obbligatoriamente per l'Inps. Il lavoratore “over 63” intenzionato ad anticipare l'uscita dal lavoro non dovrà recarsi in banca per ottenere il “prestito” ma dovrà interloquire con l'ente previdenziale. Che dovrà anzitutto certificare la sua situazione previdenziale, a partire dal montante contributivo, privo dei contributi relativi agli anni di anticipo (da 1 a 3). A quel punto l'Inps con il soggetto finanziario, probabilmente previsto da un'apposita convenzione, perfezionerà l'operazione di “prestito”.

lunedì 19 gennaio 2015

Certificazione Unica entro il 28 febbraio 2015 per autonomi, pensionati e dipendenti



Il modello per certificare i redditi non si chiamerà più CUD, ma CU, (Certificazione Unica). Tra le principali novità si segnala il fatto che il sostituto d’imposta (datore di lavoro):

dovrà utilizzare il Modello CU per attestare sia i redditi di lavoro dipendenti e assimilati, finora riportati sul CUD, sia i redditi di lavoro autonomo e i redditi diversi, fino ad oggi certificati in forma libera;

è tenuto alla consegna della Certificazione Unica ai dipendenti, equiparati e assimilati, nonché ai lavoratori autonomi entro il 28 febbraio 2015;

è tenuto, per la prima volta, alla trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate delle predette Certificazioni entro il 7 marzo 2015.

E’ prevista una sanzione pari a 100 euro per ogni certificazione omessa, tardiva o errata, salvo che detta certificazione non venga corretta entro i 5 giorni successiva alla scadenza.

Ma vediamo con maggiore dettaglio:

Il nuovo CUD 2015 si chiama CU, Certificazione Unica  dei redditi e, a partire dal periodo d’imposta 2014, il datore di lavoro, sostituto d’imposta, lo utilizzerà per certificare:

i redditi da lavoro dipendente, equiparati e assimilati (borse di studio, collaborazioni coordinate e continuative, compensi corrisposti ai componenti degli organi di amministrazione delle società);

i redditi di lavoro autonomo, dei professionisti, i redditi diversi, le provvigioni, non più certificati in “forma libera”.

Il Decreto Legislativo si è posto l’obiettivo, già dal periodo d’imposta 2014, di inviare al domicilio dei contribuenti il modello 730 precompilato ed è stato appunto previsto questo nuovo modello CU che certificherà  anche i redditi  dei lavoratori autonomi e dei professionisti. Ciò significa che se un contribuente ha percepito, nel corso del 2014, più redditi, ad esempio, di lavoro dipendente e per prestazioni occasionali o collaborazioni, riceverà al proprio domicilio, via internet, un modello 730 che riporterà tutti i redditi percepiti, le ritenute fiscali subite e le detrazioni applicate, modello 730 che il contribuente potrà correggere o integrare se incompleto.

Il sostituto d’imposta, pertanto, dovrà provvedere:
alla consegna della Certificazione Unica ai dipendenti, equiparati e assimilati, nonché ai lavoratori autonomi entro il 28 febbraio 2015;

nonché, per la prima volta, alla trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate delle predette certificazioni entro il 7 marzo 2015 (scadenza prorogata al 9 marzo perché il 7 cade di sabato).

Per ogni certificazione omessa,  tardiva o errata è prevista una sanzione di 100 euro. La sanzione non si applica se la trasmissione è effettuata o rettificata entro i 5 giorni successivi alla scadenza.

Poiché devono essere certificati solo i redditi corrisposti, rammentiamo che se non sono state retribuite tutte le mensilità relative all’anno  2014 è necessario che ciò venga comunicato immediatamente allo studio al fine di provvedere allo storno di quanto non pagato perché, trasmesso il modello CU all’Agenzia delle Entrate e trascorsi i termini di cui sopra, non potrà più essere rettificato.

Come funziona per Pensionati, dipendenti e autonomi?
Nuovo Modello CUD 2015 pensionati, dipendenti e autonomi cos'è? Il nuovo modello CU 2015 è la nuova certificazione unica dei redditi par autonomi, pensionati e dipendenti che parte dal 2015 per i redditi relativi al 2014 e che sostituisce il vecchio CUD.

Come funziona il nuovo modello CU 2015? La Certificazione Unica mod. CU 2015 pensionati, dipendenti e lavoratori autonomi, dovrà essere infatti utilizzata dai sostituiti di imposta per certificare le ritenute operate su dipendenti e pensionati che potranno decidere anche, sempre a partire dal nuovo anno, di presentare la dichiarazione dei redditi tramite modello 730 2015 precompilato, e certificare per la prima volta le ritenute operate sui lavoratori autonomi. Tale certificazione unica, dovrà poi essere rilasciata al lavoratore autonomo, al dipendete e al pensionato, entro il 28 febbraio 2015, ovvero, la stessa scadenza di consegna che aveva il vecchio CUD. Per cui, il compito dei sostituti di imposta a partire dal 2015 sarà quindi di certificare, per la prima volta, anche le ritenute operate sui lavoratori autonomi, oltre che quelle effettuate su dipendenti e pensionati. Una volta consegnato il CU 2015 al lavoratore, il sostituito di imposta, provvederà ad inviarlo per via telematica all'Agenzia delle Entrate, entro il 7 marzo 2015.

Altra novità introdotta con certificazione unica 2015 è l'inserimento delle somme pagate dalle imprese per i Lavori socialmente utili con la quota esente che dovrà essere distinta tra la base imponibile e le ritenute Irpef effettuate, oltre che l'indicazione delle addizionali regionali Irpef e quelle complessive ancora sospese e le ritenute operate e sospese. Nel CU 2015 spazio anche alla nuova sezione dedicata a l’incremento della produttività del lavoro per il quale il sostituto di imposta  dovrà indicare anche i redditi non imponibili e l'operazione ordinaria. Per vedere la bozza della certificazione unica pensionati, dipendenti e autonomi:

La consegna CU 2015 da parte dei sostituti di imposta al lavoratore, dipendente o pensionato dovrà essere entro il 28 febbraio 2015 mentre l'invio online certificazione unica 2015 all'Agenzia delle Entrate dovrà avvenire entro il 7 marzo 2015.

Un'altra novità introdotta con la certificazione unica 2015 per pensionati e dipendenti e si trova propria sulla prima pagina del modello CU. Tale novità, consiste nel fatto che i sostituti di imposta, datori di lavoro o ente pensionistico, dovranno comunicare all’Agenzia delle Entrate anche i dati relativi al coniuge e a familiari a carico del dipendente.

Viene richiesto al sostituto di imposta, di indicare per il dipendente con familiari a carico: il coniuge, il primo figlio e i figli successivi, familiari e i figli con disabilità. Per ciascun familiare a carico, saranno indicati il codice fiscale e il numero dei mesi a carico e per figli anche se minori di tre anni, la percentuale di detrazione spettante, e la detrazione al 100% per l’affidamento dei figli. Nell'ultimo rigo, trova spazio invece la casella relativa alle famiglie numerose, che  il sostituto dovrà barrare indicando la relativa percentuale di detrazione spettante. Inoltre, vi saranno campi separati per l'indicazione esatta dei redditi percepiti, ossia, se trattasi di redditi da pensione o da dipendente, assegni al coniuge o redditi assimilati, spazio anche ai crediti non ancora rimborsati, agli oneri detraibili e deducibili, e visto che il modello CU presentato dall'Agenzia delle Entrate è una bozza e quindi soggetta a future modifiche, è già sicura quella che porterà all'inserimento di una apposita casella per il bonus Irpef da 80 euro.

Il modello CUD 2015 per gli autonomi è il nuovo modello di Certificazione Unica che dal 2015 deve essere rilasciato anche agli autonomi per certificare i redditi percepiti nel 2014. Tale CU, dovrà essere quindi compilato da tutte quelle imprese che nel corso del 2014 si sono avvalse di professionisti con Partita IVA e di collaboratori anche occasionali, per lo svolgimento di prestazioni di lavoro autonomo.

Queste stesse aziende, saranno quindi intese come "datori di lavoro" del lavoratore autonomo e quindi come sostituiti di imposta e per questo tenute alla consegna del nuovo CUD entro al 28 febbraio 2015 al lavoratore e al suo invio per via telematica all'Agenzia delle Entrate entro il 7 marzo 2015.

Cosa cambia per professionisti e collaboratori?
Il CUD, a partire dal 2015 diventa Certifcazione Unica modello CU 2015 è la grande novità introdotta dall'Agenzia delle Entrate per i lavoratori autonomi, professionisti con Partita IVA o collaboratori anche occasionali. Ma chi sono i lavoratori autonomi? Sono lavoratori esterni all'azienda che svolgono un'attività intellettuale, artistica e non piccoli imprenditori, nei confronti di un committente, con lavoro proprio e senza vincoli di subordinazione. Rientra quindi nel lavoro autonomo: la collaborazione parasubordinata, il lavoro autonomo occasionale, i professionisti con Partita IVA, il contratto a progetto o gli studi associati intesi come collaborazione tra professionisti iscritti allo stesso o diverso albo professionale.

A partire dal 2015, per questi lavoratori autonomi ci sarà una grande novità, ossia, otterranno per la prima volta dai loro "datori di lavoro" la certificazione unica redditi relativi al 2014. Cosa cambia per professionisti con partita IVA e collaboratori con modello CU 2015? Per capire meglio cosa cambia per le aziende che si avvalgono del lavoratori autonomi e per gli stessi autonomi con l'introduzione del modello CU, dobbiamo fare un piccolo esempio.

Fino adesso infatti un’azienda che si avvaleva di una consulenza esterna da parte di un professionista autonomo Partita IVA nel forfettino, doveva certificare il compenso dato senza sbrigare alcuna formalità, essendo sufficiente la sola carta intestata dell’impresa. Il professionista dal canto suo, che riceveva il compenso per la sua prestazione doveva inserire il relativo corrispettivo nella dichiarazione dei redditi mediante la certificazione dei corrispettivi ai fini di calcolo delle imposte.

Con il nuovo modello CU 2015, l'impresa che si avvale di una consulenza di un lavoratore autonomo, diventa essa stessa "datore di lavoro" del professionista e deve emettere un Cud da inoltrare al professionista e all’Agenzia delle entrate per via telematica entro il 7 marzo di ogni anno. E il modello 770 che fine farà? Per il momento rimane, anche se è allo studio un modello 770 semplificato per evitare le doppie informazioni che il Fisco riceverà sul lavoratore autonomo con il modello 770 2015 e il CU 2015.

Come va compilata la certificazione unica autonomi 2015? Il modello CU 2015 è stato completamente rinnovato in tutte le sue sezioni, è costituito da 3 pagine contenenti una serie di informazioni che il sostituito dovrà compilare e trasmettere all'Agenzia delle Entrate per la prima volta. Una nuova sezione del nuovo modello CU è per esempio la Certificazione lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi che dovrà essere compilata dall'azienda che si è avvalsa di lavoratori autonomi, quindi collaboratori anche a progetto o occasionali o professionisti con partita IVA, nel corso del 2014. Queste aziende, essendo ora intese come datori di lavori e quindi sostituti di imposta, sono tenute a partire dal 2015 a certificare ufficialmente i corrispettivi pagati a lavoratori autonomi, collaboratori e professionisti per ogni singola collaborazione o prestazione professionale ricevuta dovranno essere indicati i seguenti dati:

Compensi lordi corrisposti al lavoratore autonomo distinguendo tra somme non soggette a ritenuta, imponibili, le ritenute operate in acconto e a titolo di imposta, le addizionali regionali e comunali.
Contributi previdenziali dei lavoratori autonomi che sono a carico di chi ha richiesto la prestazione, o la collaborazione, e pagato i corrispettivi. In questa sezione va indicata anche la quota dei contributi a carico del lavoratore autonomo.

Dati su rimborsi spesa e ritenute restituite.
Somme corrisposte al lavoratore autonomo in caso fallimento indicando le somme erogate prima del fallimento aziendale, oppure,  le somme corrisposte dal curatore fallimentare o dal commissario, a seguito di liquidazione coatta amministrata.



lunedì 29 settembre 2014

Cud 2015, anzi CU per autonomi e professionisti le novità



Il prossimo anno il Cud cambia grafica, allarga la platea degli interessati e diventa la Cu2015, ovvero la certificazione unica. Sono diverse le novità che, nel 2015, riguarderanno il fisco italiano: in primis la dichiarazione dei redditi precompilata e il Cu2015. La nuova certificazione unica dovrà essere rilasciata dai sostituti di imposta a coloro che hanno percepito nel 2014 somme e valori soggetti a ritenuta.

Ai destinatari canonici dell'adempimento – lavoratori dipendenti e percettori di redditi assimilati a quelli di lavoro subordinato – si aggiungono soggetti nuovi. Il Cu2015 diventa, infatti, anche la certificazione per i redditi erogati a lavoratori autonomi (nella specie, professionisti), percettori di provvigioni comunque denominate e percettori di redditi diversi soggetti a ritenuta, a titolo d'acconto o di imposta. L'aggiunta di questi ultimi soggetti non stupisce stante che il nuovo modello e la sua trasmissione sono propedeutici all'operazione "dichiarazione precompilata" che dovrebbe mettere nel 2015 a disposizione di circa 20 milioni di contribuenti il 730 precompilato.

Quello che meno si comprende è l'inclusione dei professionisti e degli agenti e rappresentanti di commercio che, in quanto titolari di partita Iva, non sono fra i soggetti ammessi alla dichiarazione con il 730. La sezione o loro dedicata richiede, fra gli altri dati, il totale delle somme corrisposte, l'importo non soggetto a ritenuta, le spese rimborsate, l'imponibile e le ritenute di anni precedenti, i contributi previdenziali sia a carico del sostituto che del sostituito.

Per quanto riguarda i percettori di redditi di lavoro dipendente, una sezione è riservata al credito di 80 euro per i dipendenti il cui reddito non supera i 26mila euro. Dovranno essere indicati i dati relativi al credito spettante, a quello che ha trovato capienza nell'imposta, il credito rimborsato, quello non riconosciuto e l'eventuale importo del credito recuperato dal sostituto in quanto non spettante.

Anche le somme erogate per la produttività del lavoro trovano spazio in una sezione che richiede il totale erogato, le ritenute operate e sospese e l'indicazione dell'eventuale opzione per la tassazione ordinaria in luogo di quella sostitutiva del 10 per cento. In questa sezione trova anche posto il dato relativo ai redditi non imponibili di cui al comma 6 dell'articolo 51 del Tuir, che esclude dalla tassazione il 50% delle indennità di navigazione e di volo nonché le indennità e le maggiorazioni di retribuzione corrisposte ai lavoratori tenuti per contratto a prestare l'attività in luoghi sempre variabili e diversi.

Il frontespizio del Cu si arricchisce di una tabella che include tutti i dati che sono serviti per l'attribuzione delle detrazioni per i familiari a carico. Vi debbono essere indicate tutte quelle informazioni che comportano il riconoscimento di particolari benefici, quali la presenza di un figlio con disabilità, il primo figlio che sostituisce il coniuge mancante, i figli minori di tre anni, la percentuale di detrazione spettante per le famiglie numerose. Per ogni persona indicata è richiesto il codice fiscale, il numero dei mesi a carico, la percentuale di detrazione e l'eventuale detrazione al 100% in caso di affidamento dei figli. Mentre la mancata consegna della certificazione al percettore entro il 28 febbraio non dava luogo all'addebito di sanzioni purché non impedisse a quest'ultimo l'espletamento dei suoi doveri di contribuente, per ogni Cu non trasmessa, tardiva o errata è comminata la sanzione di 100 euro, evitabile solo se in caso di errori la nuova certificazione è trasmessa entro cinque giorni dalla scadenza del termine.

L’Agenzia delle entrate ha pubblicato una bozza del nuovo Cu2015 che sarà necessario per attestare sia i redditi di lavoro dipendente e assimilati, sia altri redditi che finora sono certificati in forma libera. Con il Cu2015 i sostituti d’imposta dovranno compilare un solo frontespizio contenente i propri dati, le informazioni anagrafiche del contribuente e il prospetto dei figli e degli altri familiari a carico del dipendente o pensionato in relazione ai quali sono state riconosciute le detrazioni per carichi di famiglia.

Il Cu2015, a differenza di quanto accade per il Cud, deve essere presentato all’Agenzia dal sostituto entro il 9 marzo 2015. Inoltre, mentre la mancata consegna del Cud al lavoratore entro il 28 febbraio non comportava alcuna sanzione, a patto che non impedisse a quest’ultimo l’espletamento dei suoi doveri di contribuente, per ogni Cu non trasmessa, tardiva o errata è fissata la sanzione di 100 euro.


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