mercoledì 4 febbraio 2015

Assunzioni 2015 i casi di esonero contributivo



Per fruire dello sgravio triennale contributivo per le assunzioni 2015, il lavoratore assunto non deve aver svolto attività con contratto d’apprendistato (se a tempo indeterminato) e con contratto di somministrazione nei sei mesi precedenti la data di decorrenza dell’assunzione agevolata.

La piena ammissibilità è prevista sia per i contratti di lavoro intermittente che per quello a tempo determinato. L’incentivo spetta anche in caso di attività svolte dal lavoratore con contratti di lavoro a progetto, tirocini formativi, lavoro autonomo. L’INPS fa chiarezza in merito alle condizioni generali per fruire dello sgravio contributivo previsto dalla legge di Stabilità 2015.

Arrivano le istruzioni INPS sullo sgravio triennale relativo alle assunzioni di lavoratori a tempo indeterminato effettuate con decorrenza dal 1° gennaio 2015 e fino al 31 dicembre 2015. La circolare n.17 del 29 gennaio 2014 offre chiarimenti operativi utili per l’utilizzo del nuovo regime di esonero entrato in vigore dall’inizio dell’anno, introdotto dalla legge 23 dicembre 2014, n. 190 – legge di Stabilità 2015, con i commi da 118 a 124 dell’articolo 1.

Dunque sia i datori di lavoro che abbiano già effettuato le assunzioni (ricordiamo che anche se collocato idealmente nell’ambito del contratto di lavoro a tutele crescenti che ancora non è operativo, risulta normativamente anche da un punto di vista della sua entrata in vigore, non collegato ) che quelli più prudenti in quanto attendevano i chiarimenti sulle condizioni, hanno ora contezza del pensiero dell’Istituto sull’incentivo.

L’esonero contributivo introdotto dalla legge di stabilità (fino a 8.060 euro all’anno per un triennio) verosimilmente finirà col farla da padrone rispetto agli altri incentivi, che però in alcuni casi possono coesistere con l’ultimo arrivato.

In primo luogo tra le soluzioni alternative - ancorché non sia qualificabile come un’agevolazione in senso stretto ma come un particolare regime contributivo previsto dalla legge (in funzione della causa mista contrattuale) - va considerato l’apprendistato che, pur con gli oneri della formazione, determina comunque una riduzione dei costi complessivi per il datore di lavoro, sia nella parte economica che in quella contribuiva.

L’apprendista può essere sotto inquadrato di due livelli rispetto a quello finale, oppure gli può essere attribuita una retribuzione progressiva in percentuale secondo le previsioni del Ccnl. Sul versante contributivo, va osservato che il carico contributivo datoriale è pari all’11,61% per le aziende con oltre 9 addetti ma può ridursi all’1,61% per quelle fino a 9 dipendenti. Tuttavia quest’ultima misura agevolata riguarda i contratti stipulati nel periodo 2012-2016e necessita del rispetto delle regole.

Dalle premesse è facile desumere la convenienza della nuova misura rispetto alle agevolazioni previste per chi assume lavoratori dalle liste di mobilità ex lege 223/1991. In quest’ultimo caso, infatti, i datori di lavoro sono chiamati a versare, per 18 mesi, la contribuzione nella misura del 10%, pur senza tetto complessivo annuale. Vale peraltro la pena di ricordare che, in relazione ai recenti orientamenti dell’Inps (circolare 17/2015), il nuovo esonero introdotto dalla legge di stabilità è cumulabile con il 50% dell’indennità di mobilità non fruita dal lavoratore. Per godere di entrambi gli incentivi, tuttavia, l’assunzione deve essere a tempo pieno.

Il diritto al bonus è legato a condizioni soggettive relative al soggetto da assumere ed altre in capo al datore di lavoro. riassumiamo le opzioni.

Lavoratore non occupato con un contratto a tempo indeterminato

Il primo requisito del lavoratore assunto è quello che il soggetto non deve essere stato occupato con un contratto a tempo indeterminato nei sei mesi precedenti la data di decorrenza dell’assunzione agevolata.

È un periodo mobile e la verifica va effettuata in relazione al soggetto da assumere il quale non deve aver avuto una occupazione a tempo indeterminato presso qualsiasi datore di lavoro.

L’Istituto conferma che non è possibile usufruire dell’esonero nel caso in cui in tale periodo pregresso il lavoratore abbia già svolto attività con contratto d’apprendistato.

Ciò perché tale contratto, ai sensi dell’articolo 1 del D.lgs. n. 167/2011 è un contratto a tempo indeterminato; naturalmente se tale contratto fosse stato stipulato a tempo determinato nei casi consentiti, la causa ostativa non ricorre.

Anche l’occupazione con contratto di somministrazione risulta ostativa. Piena compatibilità invece sia per i contratti di lavoro intermittente che per quello a tempo determinato.

Nel primo caso, tale possibilità è ammessa per l’INPS anche se la stipulazione fosse stata a tempo indeterminato in quanto l’istituto rappresenta un contratto privo di stabilità che non consente la fruizione dell’incentivo nel caso di assunzione e dunque, coerentemente, non può di converso rappresentare un impedimento nel caso di nuova assunzione questa volta con contratto comune a tempo indeterminato.

Evidentemente, a maggior ragione vista la natura non subordinata del rapporto, l’incentivo spetta in caso di attività svolte dal lavoratore neo assunto con contratti di lavoro a progetto, tirocini formativi, lavoro autonomo.

L’esonero non spetta inoltre ai datori di lavoro in presenza di assunzioni relative a lavoratori in riferimento ai quali i medesimi, tenendo conto anche di società controllate o collegate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto, hanno comunque già avuto in essere un contratto a tempo indeterminato nel corso del periodo da ottobre a dicembre 2014.

Assunzione di un lavoratore che già abbia fruito del beneficio

Altro aspetto che impedisce di godere dell’esonero riguarda l’eventuale assunzione di un lavoratore che già abbia fruito del beneficio.
In tal caso, la circolare sottolinea che tale ipotesi vada verificata in capo al datore di lavoro che l’assume.




giovedì 29 gennaio 2015

False Partite IVA dal 2015 cosa accadrà?



False Partite Iva, a partire dal prossimo 1 gennaio scatteranno le verifiche previste dalla Riforma Fornero dopo due anni dalla sua entrata in vigore. Di fatto, con il nuovo anno gli ispettori del lavoro potranno applicare alle partite Iva la presunzione di collaborazione coordinata e continuativa: ecco, quindi, soggetti interessati, sanzioni ed eccezioni.

Quindi scaduti i due anni dalla Riforma del Lavoro Fornero per i controlli sulla genuinità dei rapporti autonomi, per stanare le false partite IVA: cosa succede dal 2015.

Le norme contro il fenomeno delle false partita IVA sono contenute nella Riforma del Lavoro Fornero dell’estate 2012 ma, di fatto, iniziano a produrre risultati concreti sul fronte dei controlli a partire dal 2015. È infatti scaduto anche l’ultimo termine per la completa applicabilità della norma, il 31 dicembre 2014, per valutare l’eventuale monocommittenza, uno dei paletti contro le false Partite IVA. Quindi i controlli possono ora verificare a 360 gradi la genuinità o meno del rapporto di lavoro autonomo.

Il riferimento legislativo è il comma 26 dell’articolo 1 della legge 92/2012, che introduce la norma, che in base alla quale scatta automaticamente la presunzione di subordinazione se il contratto a partita IVA e prevede almeno due delle seguenti caratteristiche:

collaborazione con il medesimo committente di durata complessiva superiore a otto mesi annui per due anni consecutivi;

il corrispettivo, anche se fatturato a più soggetti riconducibili al medesimo centro d’imputazione di interessi, costituisce almeno l’80% del totale annuo percepito dal collaboratore nell'arco di due anni solari consecutivi;

postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente.

Attenzione: gli otto mesi vanno calcolati in base a ciascun anno civile (quindi, dal primo gennaio al 31 dicembre). Lo prevede specificamente la circolare applicativa del Ministero del Lavoro (circolare 32/2012).

Considerando che la durata convenzionale di un mese è 30 giorni, significa che la collaborazione è durata per almeno 241 giorni nel corso del 2013 e altrettanti nel 2014. Visto che la legge è entrata in funzione a metà 2012, il primo anno civile utile per questo parametro è stato il 2013.

Per quanto riguarda invece il parametro economico (almeno l’80% delle Entrate dei due anni), il riferimento diventa invece l’anno solare, quindi si calcolano due periodi consecutivi di 365 giorni. Esempio: un collaboratore che il 31 marzo 2016 volesse far valere la presunzione di subordinazione, deve dimostrare che gli introiti hanno rappresentato l’80% delle sue entrate per l’anno dal 31 marzo 2014 alla stessa data del 2015 e per il successivo, dal 31 marzo 2015 alla stessa data 2016.

Qui, c’è un’ulteriore precisazione: per un ricorrente che volesse far coincidere la condizione legata alla durata della prestazione (otto mesi per due anni) e quella economica (l’80% dei compensi per due anni), il Ministero ritiene che «il criterio dell’anno civile attragga» quello reddituale. In pratica, in questo 2015 si considerano i due anni dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2014.

Ricordiamo brevemente cosa prevede la legge nei casi in cui, alla fine, si riscontri che la partita IVA è effettivamente falsa: immediatamente gli ispettori considerano la prestazione come una collaborazione a progetto oppure, se non sussistono le condizioni per la collaborazione a progetto, come un contratto da dipendente a tempo indeterminato.

Ci sono deroghe ed eccezioni: resta sempre possibile un rapporto a partita con professionisti iscritti all'Albo, lavoratori con competenze teoriche elevate o particolari capacità tecnico-pratiche, titolari di reddito annuo da lavoro autonomo non inferiore a 1,25 volte il livello minimo imponibile previdenziale (19.395 euro per il 2014).

I soggetti che potranno subire questi controlli da parte degli ispettori del lavoro sono i lavoratori autonomi (non imprese) titolari di partita Iva.

Ma che succede se la partita Iva è trasformata in collaborazione?
La co.co.co per essere legittima deve avere un “progetto”: se questo manca, scatterà la sanzione della conversione in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Se, invece, il progetto c’è la collaborazione darà vita a una “co.co.pro con Partita Iva”.

In ogni caso, il meccanismo della “presunzione” non riguarda due tipologie ben precise:

le partite Iva riferite a prestazioni con elevate competenze tecnico-pratiche, svolte da soggetti con reddito annuo da lavoro autonomo non inferiore a 1,25 volte il minimale contributivo di artigiani e commercianti;

e prestazioni lavorative relative ad attività professionali per le quali è prevista l’iscrizione a ordini, registri o albi.



mercoledì 28 gennaio 2015

Assegno nucleo familiare a chi spetta: diritti, requisiti e domande



Che cosa è l'assegno per il nucleo familiare? E' una prestazione a sostegno delle famiglie dei lavoratori dipendenti e titolari di prestazione a carico dell'INPS, che hanno un reddito complessivo al di sotto delle fasce stabilite per legge. E’ un sostegno per le famiglie dei lavoratori dipendenti e dei pensionati da lavoro dipendente, i cui nuclei familiari siano composti da più persone e che abbiano redditi inferiori a quelli determinati ogni anno.

L'assegno (ANF) il cui importo è calcolato in base alla composizione ed al reddito del nucleo familiare. Generalmente è mensile e corrisposto in busta paga ma può essere in alcuni casi anche giornaliero.

L'assegno per nucleo familiare non spetta ai lavoratori autonomi e ai pensionati titolari di pensione con contribuzione nella gestione dei lavoratori autonomi, ai quali compete l'assegno familiare.

L'assegno al nucleo familiare (ANF) costituisce dalla Legge, ed è disciplinato  dal D.L. 13 marzo 1988, n. 69, convertito con modifiche nella legge  maggio 1988, n. 153

Per Assegno nucleo familiare (ANF) la convivenza è un requisito necessario?

L'assegno per il nucleo familiare anche in caso di genitori e figli non conviventi

No, la convivenza non è richiesta quale presupposto perché sorga il diritto a percepire l'assegno per il nucleo familiare (composto dai coniugi e dai figli, compresi quelli naturali legalmente riconosciuti), ma rappresenta soltanto un elemento di fatto idoneo a comprovare presuntivamente  che i figli vivono a carico del genitore. Infatti per il diritto al beneficio ,  sensibilmente diverso da quello agli assegni familiari, è sufficiente che  il genitore cui spetta l'assegno, provveda abitualmente al mantenimento dei figli.

Non è di ostacolo neppure l'ipotesi  di due nuclei familiari in caso di genitori  non coniugati ,  dato che anche per il figlio naturale non riconosciuto opera la prescrizione posta dall'art. 2, comma 8 bis, D.L. 13 marzo 1988, n. 69, secondo cui, per i componenti del nucleo familiare al quale la prestazione è corrisposta, l'assegno stesso non è compatibile con altro assegno o diverso trattamento di famiglia a chiunque spettante.

L’ ANF spetta ai lavoratori in mobilità?

Sì; l'ANF (assegno per il nucleo familiare,) è dovuto anche ai lavoratori iscritti nelle liste di mobilità,. Esso va determinato, in considerazione della specialità della normativa che lo prevede, su base giornaliera e cioè secondo il criterio proprio dell'indennità di mobilità.

A chi spetta l'ANF in caso di separazione dei coniugi?

In caso di separazione legale dei coniugi, l'assegno familiare spetta al coniuge cui sono stati affidati i figli e si calcola sul reddito del suo nucleo familiare.

Ciò vale anche qualora sia l'ex coniuge, in base alla sua posizione lavorativa, ad essere titolare dell'assegno sia che ne abbia diritto in virtù di un suo rapporto di lavoro, sia che di essi sia titolare l'altro coniuge, non affidatario. La Corte d'appello, in quel caso,  ha male interpretato le norme in materia, creando una terza figura di titolare del diritto all'assegno e cioè il nucleo familiare. Questi in realtà è solo il beneficiario dell'assegno, la cui titolarità spetta al coniuge affidatario o  per trasmissione del diritto da parte del titolare.

La titolarità infatti è legata al rapporto di lavoro dipendente anche se viene trasferito al coniuge affidatario. Da nessuna norma emerge la titolarità del nucleo familiare, che è solo il beneficiario finale; da qui la conseguenza che se titolare dell'assegno è il coniuge non affidatario si deve avere riguardo al suo reddito per determinare la spettanza e l'ammontare. Infatti la separazione dei coniugi non fa venire meno l'obbligo del mantenimento a carico del coniuge non affidatario e quindi il suo diritto alla percezione dell'assegno, anche se lo stesso viene poi trasferito all'altro coniuge.

l reddito del nucleo familiare è costituito dalla somma dei redditi del richiedente l'assegno e dei familiari che concorrono alla composizione del nucleo. I redditi devono essere indicati al lordo delle deduzioni e detrazioni di imposta, degli oneri deducibili e delle ritenute erariali.

Concorrono a formare il reddito del nucleo familiare: redditi complessivi assoggettabili all'Irpef: redditi da lavoro dipendente ed assimilati, da pensione, da prestazione (disoccupazione, malattia, cassa integrazione) percepiti in Italia o all'estero compresi gli arretrati; redditi di qualsiasi natura derivanti da lavoro autonomo, da fabbricati, da terreni al lordo dell'eventuale detrazione dell'abitazione principale.

La domanda deve essere presentata:
al datore di lavoro, nel caso in cui il richiedente svolga attività lavorativa dipendente, utilizzando il modello ANF/DIP. In tale caso, il datore di lavoro deve corrispondere l'assegno per il periodo di lavoro prestato alle proprie dipendenze, anche se la richiesta è stata inoltrata dopo la risoluzione del rapporto nel termine prescrizionale di 5 anni;

all’Inps, utilizzando gli appositi modelli, nel caso in cui il richiedente sia addetto ai servizi domestici, operaio agricolo dipendente a tempo determinato, lavoratore iscritto alla gestione separata, ovvero abbia diritto agli assegni come beneficiario di altre prestazioni previdenziali.



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