sabato 21 febbraio 2015

Tfr in busta paga al via dal 1° marzo 2015



Via libera del Consiglio di Stato al decreto con le modalità per chiedere l’anticipazione del Tfr in busta paga; la novità potrebbe quindi debuttare il primo marzo, secondo i tempi fissati dalla legge di stabilità. I giudici di Palazzo Spada hanno però avanzato anche un invito al governo a valutare con attenzione alcuni punti: tra gli altri la tenuta del sistema pensionistico, su cui va a incidere la liquidazione anticipata del Tfr, e gli eventuali costi aggiuntivi che «nella triangolazione dei flussi finanziari tra datore di lavoro, istituto finanziatore e Inps» possono ricadere sulle imprese.

Quindi dal 1° marzo prossimo i lavoratori dipendenti privati potranno optare per avere liquidato mensilmente il Tfr maturando fino al giugno del 2018.

Tuttavia l’operazione non sembra che potrebbe avere i  risultati desiderati

Vediamo perché.

Destinatari della possibilità di chiedere il TFR in anticipo sono i lavoratori dipendenti occupati esclusivamente nel settore privato. Sono esclusi:
i lavoratori domestici;
i lavoratori del settore agricolo;
i datori di lavoro sottoposti a procedure concorsuali;
le aziende dichiarate in crisi ai sensi dell’articolo 4 della citata legge n. 297 del 1982.

Il lavoratore che intende chiedere dal 1 marzo 2015  l’anticipo del TFR in busta paga dovrà presentare al datore di lavoro il modulo Qu.I.R., la “Quota maturanda del Trattamento di fine rapporto come parte Integrativa della Retribuzione”.

Con poca fiducia a questa operazione del Tfr in busta paga, è stato il centro studi della UIL secondo cui la novità “è azzardata e saranno pochissimi i lavoratori che opteranno per questo”. Dai 23 mila euro di stipendio lordo in su, infatti, non solo comporterà un appesantimento della tassazione ordinaria ma anche un aumento dell'Isee con un conseguente aggravio dei costi dei servizi.

Infatti : “Se un lavoratore che guadagna circa 23 mila euro lordi all'anno, che è l'imponibile medio tra i lavoratori dipendenti, volesse scaricare nella sua busta paga i 1.209 euro di Tfr maturando, otterrebbe un beneficio mensile di 97 euro medi mensili ma si vedrebbe aumentare l'aliquota marginale Irpef dal 23,9 al 27% che, sommata ai minori sgravi fiscali dovuti ad un rialzo dell'Isee, penalizzeranno il lavoratore per 330 euro all'anno. Lo stesso anche con un reddito di 18mila euro lordi: la rata mensile si aggirerà sui 76 euro per un totale di 957 euro di Tfr maturando su cui pagherà non più il 23% ma il 27% così come un reddito di 35mila euro che volesse aggiungere un Tfr di 1.806 euro ci pagherà il 38% anziché il 25,3% per un aggravio di 307 euro. Difficile quindi pensare a un rilancio dei consumi”.

Vediamo le osservazioni del Consiglio di Stato, oltre a sostenere la coerenza normativa. I giudici hanno,  messo l’accento su alcuni punti, invitando il Governo a valutarli con attenzione.
Il primo è la tenuta del sistema pensionistico. La liquidazione anticipata del Tfr finisce per incidere su quell’assetto. È, pertanto, «necessario - scrive il Consiglio di Stato  - riflettere con cura sull’opportunità di introdurre elementi di innovazione non coerenti con le linee di fondo» di un sistema di recente sottoposto a profonda revisione e che si è avviato su un sentiero di sostenibilità strutturale di medio-lungo periodo.

«Appare aderente al vero che l’opzione che viene offerta ai lavoratori amplia effettivamente il perimetro delle loro scelte marginali in ordine alla disponibilità immediata del reddito prodotto, ma - aggiungono i giudici - incide in qualche modo sui flussi di risorse che vengono destinati all’accumulo di posizioni contributive, nel sistema Inps e nel sistema complementare». Si tratta di un «elemento delicato», anche perché la previdenza complementare, che non è mai decollata negli anni pre-crisi, continua ad avere prospettive incerte.
L’altro rilievo del Consiglio di Stato riguarda gli eventuali costi aggiuntivi che «nella triangolazione dei flussi finanziari tra datore di lavoro, istituto finanziatore e Inps» possono ricadere sulle imprese. Sarebbe un effetto «da valutare negativamente e - scrivono i giudici - da evitare, eventualmente, con opportuni accorgimenti».

Inoltre c’è un rilievo di merito che riguarda le esclusioni previste per i lavoratori. Non possono optare per il Tfr in busta paga nel prossimo triennio coloro che, in virtù di una legge o di un contratto collettivo, godono già di una corresponsione periodica del Tfr oppure il suo accantonamento presso soggetti terzi. Secondo il Consiglio di Stato con questa esclusione si rischia di introdurre una disparità di trattamento non giustificata. Il riferimento è rispetto alla scelta diversa, fatta nella norma, di riconoscere invece la possibilità di accedere all’operazione Tfr in busta paga a coloro che avevano già deciso di destinare il Tfr maturando ai fondi pensionistici complementari.


giovedì 19 febbraio 2015

Dipendenti Pa, è arrivata la circolare sul pensionamento obbligatorio



Governo fortemente inflessibile sul pensionamento obbligatorio dei dipendenti pubblici: chi snatura il diritto dovrà essere messo subito a riposo. Obbligati alla pensione i dipendenti pubblici. Nei loro confronti non opera l'incentivo della permanenza al lavoro fino a 70 anni d'età e non opera più neppure la facoltà di rimanere in servizio oltre i limiti d'età per conseguire il massimo della pensione.

Obbligo i dipendenti della Pa ad andare in pensione quando sono stati raggiunti i requisiti ovvero chi ha raggiunto i requisiti per il pensionamento. È quanto stabilisce una circolare firmata dal ministro Marianna Madia.

Il provvedimento prevede la risoluzione del rapporto di lavoro "obbligatoria, per coloro che hanno maturato i requisiti per la pensione di vecchiaia ovvero il diritto alla pensione anticipata, avendo raggiunto l'età limite ordinamentale".

«Soppressione del trattenimento in servizio e modifica della disciplina della risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro» - per la circolare del ministero della Pa che conferma e regola l'uscita obbligatoria (con poche eccezioni) dalla Pubblica amministrazione per chi abbia raggiunto l'età della pensione e ridefinisce la disciplina della risoluzione unilaterale. Il documento, appena firmato dalla ministra Marianna Madia, è in attesa di registrazione da parte della Corte dei conti, ma il ricambio generazionale dei dipendenti pubblici si può dire definitivamente avviato.

ll decreto legge Madia, entrato in vigore quest’estate, prevedeva dopo il 31 ottobre 2014 l’abolizione del trattenimento in servizio, che consentiva di continuare a lavorare dopo il raggiungimento dei requisiti per la messa a riposo. Ma per i magistrati il termine è stato, già nel dl, esteso al 31 dicembre 2015. "Essendo già scaduto" il termine del 31 ottobre 2014, "i trattenimenti non possono proseguire", si legge nel testo della circolare pubblicata sul sito della Funzione pubblica. "A tal fine, si considerano in essere i trattenimenti già disposti ed efficaci. I trattenimenti già accordati ma non ancora efficaci al 25 giugno 2014 (data di entrata in vigore del decreto-legge) si intendono revocati ex lege".

Quanto alla disciplina speciale, si precisa, «la data limite per l'efficacia dei trattenimenti in servizio, seppure ancora non disposti, per i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari è il 31 dicembre 2015, data oltre la quale coloro che ne stiano fruendo devono essere collocati a riposo. Per tali categorie di personale, pertanto, è ancora possibile disporre il trattenimento, che non potrà avere durata tale da superare la predetta data». Quanto al personale della scuola, il regime «ha esaurito i suoi effetti il 31 agosto 2014. Nessun dipendente del comparto scuola, quindi, può trovarsi ancora in servizio in virtù del trattenimento eventualmente operato».

Quanto alla disciplina speciale, si precisa, "la data limite per l’efficacia dei trattenimenti in servizio, seppure ancora non disposti, per i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari è il 31 dicembre 2015, data oltre la quale coloro che ne stiano fruendo devono essere collocati a riposo". Per tali categorie di personale, pertanto, è ancora possibile "disporre il trattenimento, che non potrà avere durata tale da superare la predetta data". Riguardo al personale della scuola, il regime "ha esaurito i suoi effetti il 31 agosto 2014. Nessun dipendente del comparto scuola, quindi, può trovarsi ancora in servizio in virtù del trattenimento eventualmente operato". "L’intervento legislativo - spiega il Ministero - è volto a favorire il ricambio e il ringiovanimento del personale nelle pubbliche amministrazioni".

Innanzitutto, la circolare illustra i nuovi requisiti di età e contribuzione per maturare il diritto alla pensione, nelle due nuove alternative di pensione di vecchiaia e pensione anticipata; ricorda, tra l'altro, l'abrogazione delle finestre che fissavano la decorrenza della pensione e l'estensione del sistema contributivo, con il pro-rata, alle anzianità successive al 2011. Le nuove norme non si applicano, tuttavia, nei confronti dei lavoratori che hanno maturato i requisiti per la pensione entro il 31 dicembre 2011, i quali potranno conseguire la pensione in qualsiasi momento secondo il vecchio regime (ante riforma). Da questa deroga, la circolare fa scaturire un preciso obbligo per le p.a., ossia quello di dover collocare a riposo nel 2012 o negli anni successivi al compimento dei 65 anni quei dipendenti che nel 2011 erano già in possesso della massima anzianità contributiva (40 anni) o della «quota» (era 96) o comunque dei requisiti per la pensione.

"L'intervento legislativo - spiega il Ministero - è volto a favorire il ricambio e il ringiovanimento del personale nelle pubbliche amministrazioni". La risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro con la Pa continua a non applicarsi per i magistrati e i professori universitari cui si aggiungono anche i dirigenti di struttura complessa del Servizio sanitario nazionale.

L'amministrazione è però tenuta a proseguire il rapporto di lavoro quando il dipendente "non matura alcun diritto a pensione al compimento dell'età limite ordinamentale o al compimento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia". In questi casi l'amministrazione "deve proseguire il rapporto di lavoro con il dipendente oltre il raggiungimento del limite per permettergli di maturare i requisiti minimi previsti per l'accesso a pensione non oltre il raggiungimento dei 70 anni di età".

Rimane invariato il termine di preavviso per il recesso, che anche la nuova disposizione stabilisce in 6 mesi.




mercoledì 18 febbraio 2015

Esenzione contributiva con le assunzioni a tempo indeterminato



Allo scopo di promuovere forme di occupazione stabile, l’art. 1, commi da 118 a 124, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 ha introdotto l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro in relazione alle nuove assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato con decorrenza nel corso del 2015. Si tratta di un esonero contributivo per tutti i datori di lavoro privati (non solo le imprese), sulle assunzioni a tempo indeterminato del 2015, fino a un massimo di 8.060 euro su base annua, che vale per tre anni. Sono esclusi i contratti di apprendistato e il lavoro domestico. L’INPS con la circolare 17/2015 aveva fornito le prime indicazioni per gestire l’agevolazione, e ora con il messaggio 1144 aggiunge tutti i dettagli operativi tecnici.

L’esonero è applicabile esclusivamente ai datori di lavoro privati;

Riguarda le nuove assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato decorrenti dal 1° gennaio al 31 dicembre 2015;

L’esonero spetta anche ai datori di lavoro agricoli (comma 119), con esclusione dei lavoratori che nell’anno 2014 siano risultati occupati a tempo indeterminato e relativamente ai lavoratori occupati a tempo determinato che risultino iscritti negli elenchi nominativi per un numero di giornate di lavoro non inferiore a 250 con riferimento all’anno solare 2014. L’incentivo è riconosciuto dall’Inps in base all’ordine cronologico di presentazione delle domande e, nel caso di insufficienza delle risorse, valutata anche su base pluriennale con riferimento alla durata dell’incentivo, l’Istituto previdenziale non prende in considerazione ulteriori domande, fornendo immediata comunicazione anche attraverso il proprio sito internet. Per il settore agricolo sono stati stanziati 2 milioni di euro per il 2015.

Sono esclusi i contratti di apprendistato ed i contratti di lavoro domestico;

L’esonero riguarda un periodo massimo di 36 mesi e un importo massimo pari a 8.060 euro su base annua;

L’esonero contributivo spetta a condizione che, nei sei mesi precedenti l’assunzione, il lavoratore non sia stato occupato, presso qualsiasi datore di lavoro, con contratto a tempo indeterminato. Il Legislatore ha escluso l’applicazione dell’esonero medesimo laddove, nell’arco dei tre mesi antecedenti la data di entrata in vigore della Legge di stabilità 2015, il lavoratore assunto abbia avuto rapporti di lavoro a tempo indeterminato con il datore di lavoro richiedente l’incentivo ovvero con società da questi controllate o a questi collegate

L’esonero contributivo in oggetto non si applica nei confronti della pubblica amministrazione, individuabile assumendo a riferimento la nozione e l’elencazione recati dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001.


Pertanto, il beneficio in oggetto si applica ai seguenti datori di lavoro:
a) datori di lavoro imprenditori.

L’esonero contributivo riguarda tutti i rapporti di lavoro a tempo indeterminato, ancorché in regime di part-time, con l’eccezione dei contratti di:
a) apprendistato;
b) lavoro domestico.

Nel novero delle tipologie contrattuali incentivate rientra anche il lavoro ripartito o job sharing a tempo indeterminato, purché le condizioni per l’applicazione dell’esonero siano possedute da ambedue i lavoratori coobbligati.

Lo scopo è quello di incentivare l’adozione, nella regolazione dei rapporti di lavoro, della tipologia contrattuale per sua natura caratterizzata da requisiti fondanti di stabilità - il contratto a tempo indeterminato - si ritiene che non possa rientrare fra le tipologie incentivate l’assunzione con contratto di lavoro intermittente o a chiamata ancorché stipulato a tempo indeterminato. Al riguardo, si osserva come il lavoro intermittente, anche laddove preveda la corresponsione di un compenso continuativo in termini di indennità di disponibilità, costituisca pur sempre una forma contrattuale strutturalmente concepita allo scopo di far fronte ad attività lavorative di natura discontinua.

I datori di lavoro, prima della trasmissione della denuncia contributiva del primo mese in cui utilizzano il beneficio, devono chiedere all’INPS, attraverso la funzione “contatti” del cassetto previdenziale, l’attribuzione del codice di autorizzazione “6Y”, che significa “Esonero contributivo articolo unico, commi 118 e seguenti, legge n. 190/2014“. Per effettuare la richiesta, all’interno del cassetto previdenziale bisogna selezionare nel campo oggetto la denominazione “esonero contributivo triennale legge n. 190/2014“, utilizzando la seguente locuzione: “Richiedo l’attribuzione del codice di autorizzazione 6Y ai fini della fruizione dell’esonero contributivo introdotto dalla legge n. 190/2014, art. 1, commi 118 e seguenti, come da circolare n. 17/2015“.

La sede INPS territorialmente competente assegnerà il codice di autorizzazione alla posizione contributiva interessata, con validità dal primo gennaio 2015 al 31 dicembre 2018, dandone comunicazione al datore di lavoro sempre attraverso il cassetto previdenziale.

Ottenuto il codice, parte l’operatività, I datori di lavoro espongono nel flusso Uniemens i lavoratori per i quali spetta l’esonero, selezionando l’elemento <Imponibile> e l’elemento <Contributo> della sezione <DenunciaIndividuale>. In particolare, nell’elemento <Contributo> deve essere indicata la contribuzione piena calcolata sull’imponibile previdenziale del mese. Poi, per esporre il beneficio spettante, dovranno essere valorizzati all’interno di <DenunciaIndividuale>, <DatiRetributivi>, elemento <Incentivo> i seguenti elementi:

<TipoIncentivo>: inserire il valore “TRIE” avente il significato di “Esonero contributivo articolo unico, commi 118 e seguenti, della Legge 23 dicembre 2014, n. 190″;

<CodEnteFinanziatore>: inserire il valore “H00″ (Stato);

<ImportoCorrIncentivo>: indicare l’importo posto a conguaglio relativo al mese corrente, calcolato in base ai criteri illustrati nella circolare n. 17/2015. Si ricorda che l’esonero riguarda la contribuzione previdenziale e assistenziale a carico del datore di lavoro, fatta eccezione per la contribuzione al “fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto di cui all’art. 2120 del codice civile” e ai fondi di cui all’articolo 3, commi 2, 14 e 19 delle legge 92/2012, fino al limite della soglia massima mensile pari a 671,66 (che significa 8.060 euro all’anno). Per i rapporti di lavoro instaurati ovvero risolti nel corso del mese, il massimale mensile va ridotto proporzionalmente al numero dei giorni di lavoro, assumendo a riferimento la misura giornaliera di esonero contributivo pari a 22,08 euro;

<ImportoArrIncentivo>: indicare l’importo dell’esonero contributivo dei mesi di competenza di gennaio e/o febbraio 2015. Si sottolinea che la valorizzazione del predetto elemento può essere effettuata esclusivamente nei flussi UniEmens di competenza di febbraio 2015, relativamente all’arretrato del precedente mese di gennaio, o di marzo 2015, relativamente all’arretrato dei precedenti mesi di gennaio e/o febbraio.

Si ricorda che per il lavoro a tempo parziale, o ripartito, la misura dell’incentivo va sempre rapportata al relativo orario di lavoro.

L’INPS nella precedente circolare ha spiegato chiaramente che l’importate è non superare il tetto annuale di 8060 euro: se ci sono mensilità in cui si supera la soglia di 671,66, l’eccedenza può essere esposta nel mese corrente e nei mesi successivi e comunque rispettivamente entro il primo, il secondo e il terzo anno di durata del rapporto di lavoro.

Un rapporto di lavoro agevolato a tempo pieno instaurato il primo maggio 2015. Nei mesi di maggio e giugno l’importo dei contributi non dovuti è pari a 600 euro. A luglio, a seguito di un aumento dell’imponibile per corresponsione di premi o altri emolumenti, l’importo dell’esonero spettante sale a 750 euro. Nella denuncia relativa al mese di luglio, il datore di lavoro non può esporre la somma di 750 euro, in quanto superiore alla soglia massima mensile, per cui indicherà nell’elemento <ImportoCorrIncentivo> la somma di 671,66 euro.

La differenza, pari a 78,34 euro (750,00-671,66) può essere fruita nello stesso mese, in quanto inferiore alla quota residuale di esonero non fruita nei due mesi precedenti, pari a 143,32 euro (71,66 euro dato dalla differenza 671,66-600 per maggio e e giugno). Questa somma può essere conguagliata in corrispondenza dell’elemento <ImportoACredito> di <AltreACredito > di <DenunciaIndividuale> e andrà valorizzata nell’elemento <CausaleACredito> la causale “L700″ avente il significato di “Recupero residuo esonero contributivo articolo unico, commi 118 e seguenti, legge n. 190/2014″.

I datori di lavoro che invece hanno fruito del beneficio e hanno poi sospeso o cessato l’attività, dovranno avvalersi della procedura delle regolarizzazioni contributive.

E’ un settore che segue regole specifiche: i datori di lavoro devono presentare all’INPS specifica istanza, in via telematica, usando il modello di comunicazione “ASSUNZIONE OTI 2015” disponibile all'interno del “Cassetto previdenziale aziende agricole” sezione “Comunicazioni bidirezionale – Invio Comunicazione“. Il modulo si compone di due diverse sezioni: la prima, dedicata alla richiesta di esonero contributivo, alla quale l’INPS risponde entro tre giorni, la seconda, che è la domanda definitiva di accesso al beneficio, che va compilato entro 14 giorni.

Conclusa positivamente questa fase, viene attribuito apposito codice di autorizzazione,denominato E5, e il datore di lavoro dovrà, per il lavoratore agevolato, indicare, nel flusso DMAG, oltre ai consueti dati retributivi per lo stesso mese:



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