martedì 10 maggio 2016
Contratti di collaborazione: indennità di disoccupazione entro il 12 luglio
Estesa a tutto il 2016 l'operatività dell'indennità di disoccupazione DIS COLL da richiedere entro il 12 luglio 2016 per chi è già disoccupato. Le domande che si riferiscono a cessazione di collaborazioni avvenute tra il 1° gennaio e il 5 maggio 2016 vanno inviate all'Inps entro il 12 luglio. Per gli eventi che si verificano da oggi, invece, la domanda va presentata entro 68 giorni dalla fine del rapporto.
La circolare 74/2016 pubblicata dall’INPS ha fornito le indicazioni applicative riguardanti la Dis-Coll, ossia l'indennità di disoccupazione a beneficio dei collaboratori, anche a progetto, ma senza partita Iva che perdono involontariamente l'occupazione. Da quest'anno il sussidio viene riconosciuto anche ai collaboratori della pubblica amministrazione, a patto che, come tutti gli altri, siano iscritti alla gestione separata dell'Inps in via esclusiva, mentre, sempre degli iscritti alla gestione separata.
Sono esclusi dalla categoria dei destinatari gli amministratori, i sindaci o revisori di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica. Sono altresì esclusi dalla tutela dell’indennità DIS COLL gli assegnisti di ricerca, i dottorandi e i titolari di borsa di studio.
L’indennità DIS COLL è corrisposta mensilmente per un numero di mesi pari alla metà dei mesi di contribuzione accreditati nel periodo che va dal 1° gennaio dell’anno civile precedente l’evento di cessazione dal lavoro al predetto evento. Ai fini del calcolo della durata della prestazione, non sono computati i “periodi contributivi” che hanno già dato luogo ad erogazione della DIS COLL .
Per la fruizione dell’indennità DIS COLL i lavoratori con contratto di collaborazione devono presentare apposita domanda all’INPS, esclusivamente in via telematica, entro il termine previsto a pena di decadenza di sessantotto giorni dalla data di cessazione del contratto di collaborazione.
L’indennità di disoccupazione DIS COLL spetta a decorrere dall’ottavo giorno successivo alla data di cessazione del rapporto di lavoro se la domanda è presentata entro l’ottavo giorno o, qualora la domanda sia presentata successivamente a tale data, la prestazione DIS COLL spetta dal primo giorno successivo alla data di presentazione della domanda.
Per poter chiedere il contributo è necessario lo stato di disoccupazione e almeno tre mesi di contribuzione alla gestione separata nel periodo che, per quest'anno, parte dal 1° gennaio 2016 fino al momento in cui è terminata la collaborazione.
La durata della Dis-coll è metà dei mesi di contribuzione validi nel periodo preso in considerazione, tenuto conto anche delle frazioni di mese, ma non può in alcun caso superare i 6 mesi. L'importo, invece, è pari al 75% del reddito medio imponibile ai fini previdenziali derivante dalla collaborazione se il valore che si determina non è superiore a 1.195 euro, altrimenti è pari a 1.195 più il 25% della differenza tra il reddito medio mensile e 1.195 euro, ma comunque non può superare i 1.300 euro. In ogni caso, a partire dal quarto mese l'importo si riduce del 3% ogni mese.
Soprattutto in questo secondo anno va ricordato che, in base a una delle regole da rispettare per il calcolo della durata, i periodi di contribuzione già utilizzati per una indennità precedente non sono utili per quella successiva. Così, per esempio, se l'anno scorso si è fruito di una Dis-coll sulla base dei contributi versati nel 2015, il medesimo periodo non è utile quest'anno per calcolare la durata di una eventuale nuova indennità. Se l'anno scorso si sono “valorizzati” i mesi da gennaio a giugno, per ipotesi, poi si è fruito di 3 mesi di Dis-coll e quindi si è ripreso a lavorare, quest'anno il periodo gennaio-giugno 2015 non è valido per calcolare la durata dell'indennità in caso di perdita del lavoro, ma si dovrà tener in considerazione solo i mesi successivi.
Il beneficio decade dall’indennità, con effetto dal verificarsi dell’evento interruttivo, nei casi di seguito elencati:
perdita dello stato di disoccupazione;
non regolare partecipazione alle misure di politica attiva proposte dai centri per l’impiego;
nuova occupazione con contratto di lavoro subordinato di durata superiore a cinque giorni;
inizio di una attività lavorativa autonoma, di impresa individuale o di un’attività parasubordinata senza che il lavoratore comunichi all’INPS entro trenta giorni, dall’inizio dell’attività o, se questa era preesistente, dalla data di presentazione della domanda;
titolarità di trattamenti pensionistici diretti;
acquisizione del diritto all’assegno ordinario di invalidità, sempre che non si scelga per l’indennità DIS COLL.
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domenica 8 maggio 2016
Stop al sussidio Naspi se si rifiuta il lavoro
Potrà ottenere il buono (voucher) per il ricollocamento solo chi ha fruito della Naspi e risulta disoccupato da oltre 4 mesi. Il beneficiario potrà rivolgersi anche a soggetti privati accreditati.
L'Anpal, l'agenzia per il lavoro prevista dal Jobs Act per favorire l'occupazione, sarà ''operativa a giugno''. Ad assicurarlo è il presidente dell'Agenzia, Maurizio Del Conte che spiega come opererà: dall'assegno di ricollocazione ai controlli sui sussidi.
"L'Anpal può controllare in tempo reale se la persona che non si presenta al corso di formazione (o non accetta un lavoro) prende la Naspi – ha spiegato Del Conte. Avvertiremo in questo caso l'Inps che dovrebbe togliere almeno una parte dell'aiuto".
"Al momento per l'operatività piena dell'Anpal - afferma il presidente, Maurizio Del Conte - manca il decreto di trasferimento delle risorse e delle dotazioni organiche, ancora alla Corte dei Conti. Mi auguro che per giugno sia operativa". L'Anpal dovrebbe gestire il personale dell'Isfol e di Italia Lavoro (ne avrà le quote). I centri per l'impiego invece sono in capo alle Regioni e fino a che non si vota sul referendum costituzionale e non è possibile nessun cambiamento. Prima di allora l'Anpal non potrà fare azioni sul territorio.
"Possiamo verificare - dice Del Conte - i livelli essenziali ovvero che i servizi che vengono resi ai disoccupati rispettino gli standard. Abbiamo il potere di monitoraggio e valutazione. La nostra missione più importante comunque è quella sull'assegno di ricollocazione, una vera e propria presa in carico del disoccupato. Il nostro obiettivo è fare sì che le persone si rivolgano ai centri per l'impiego perché sono utili.
Deve esserci un sistema che accolga il disoccupato e lo accompagni. Una delle prime cose da fare è mettere in funzione un sistema informativo per far incontrare domanda e offerta". Si punta per il trattamento di disoccupazione "a un sistema di condizionalità rafforzato. Adesso chi eroga il sussidio di disoccupazione e chi dovrebbe ricollocare il lavoratore (i centri per l'impiego) fino ad ora non si sono sostanzialmente parlati mentre in Germania ad esempio sono i centri per l'impiego che fanno sia l'una che l'altra cosa (politiche attive e passive del lavoro). Il problema - spiega Del Conte - "si potrà risolvere quando saranno a disposizione in tempo reale i dati Inps sui percettori della Naspi (la nuova indennità di disoccupazione). L'Anpal può controllare in tempo reale se la persona che non si presenta al corso di formazione (o non accetta un lavoro) prende la Naspi. Avvertiremo in questo caso l'Inps che dovrebbe togliere almeno una parte del sussidio.
L'assegno di ricollocazione consiste in una somma di denaro, graduata in funzione del profilo personale del disoccupato, proponibile presso i centri per l'impiego o presso i servizi accreditati. In sostanza, il centro per l'impiego definirà il livello di occupabilità del disoccupato: minori sono le possibilità di impiego, più elevato sarà l'importo del voucher o la dote a disposizione del lavoratore (in media sui 1.500 euro, aumentabile anche a 3-4mila nei casi più complicati).
A questo punto, il disoccupato sceglierà, tra le strutture private e pubbliche accreditate dalla regione, l'agenzia per il lavoro dalla quale farsi assistere nella ricerca di una nuova occupazione: è prevista l'assegnazione al lavoratore anche di un tutor o job advisor, che lo seguirà nel percorso verso un nuovo impiego e un eventuale percorso di riqualificazione professionale. Ma l'agenzia sarà remunerata (dallo Stato o dalla regione con la dote attribuita al lavoratore) solo a occupazione trovata.
Il voucher, in altri termini, sarà pagabile solo a seguito dell'effettivo ricollocamento del lavoratore, cioè solo a risultato ottenuto e non per l'attività comunque svolta genericamente a sostegno del soggetto. Da segnalare, comunque, che l'assegno di ricollocazione sarà rilasciato nei limiti delle disponibilità assegnate a tale finalità per la regione o per la provincia autonoma di residenza.
L'assegno, il cui importo non costituirà reddito imponibile, se richiesto (la misura è infatti facoltativa) dovrà essere "speso" dal disoccupato entro due mesi dalla data di rilascio dell'assegno a pena di decadenza dallo stato di disoccupazione e dalla prestazione a sostegno del reddito. L'assegno avrà una durata di sei mesi, prorogabile per altri sei nel caso non sia stato consumato l'intero ammontare dell'assegno.
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domenica 1 maggio 2016
CCNL: successione e modifiche peggiorative
Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) è la norma che definisce le regole del rapporto di lavoro: si tratta di norme concordate, esito di una contrattazione tra le organizzazioni sindacali e le associazioni dei datori di lavoro. Questa contrattazione è detta contrattazione collettiva. Di norma i Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro regolano sia gli aspetti normativi del rapporto di lavoro, sia quelli di carattere economico. Una parte, inoltre, è destinata a normare alcuni aspetti del rapporto sindacale esistente tra le organizzazioni che hanno sottoscritto l’accordo e le Associazioni datoriali, oltre che ai rapporti interni alle aziende tra i rappresentanti dell’impresa e quelli sindacali.
I CCNL servono a determinare il contenuto che regola i rapporti di lavoro nel settore di attività di appartenenza dell’azienda e a disciplinare le relazioni tra i soggetti firmatari dell’accordo stesso.
I contratti collettivi sono qualificabili come contratti di diritto comune non esplicanti efficacia verso i terzi e con efficacia vincolante limitatamente:
alle associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro che lo hanno stipulato;
ai soggetti iscritti alle stesse associazioni (in virtù del mandato rappresentativo conferito dal lavoratore e dal datore con l'iscrizione alle rispettive associazioni sindacali);
ai soggetti che, pur non essendo iscritti, vi abbiano aderito anche solo implicitamente.
La normativa vigente consente che un nuovo contratto collettivo di lavoro possa introdurre modifiche peggiorative al rapporto di lavoro. Gli unici limiti a questa possibilità sono il principio della intangibilità della retribuzione e la salvaguardia dei diritti quesiti. Tuttavia, occorre considerare che i Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro sono ordinari contratti di diritto comune e che quindi possono vincolare solamente i lavoratori iscritti al sindacato che gli ha “firmati”. I lavoratori non iscritti a quel sindacato possono comunque aderire all’accordo, cosa che può avvenire anche tacitamente. In mancanza di un CCNL di riferimento, nella disciplina del rapporto di lavoro si applicano infatti le norme di legge ordinaria, ovverosia il Codice Civile.
Quindi è possibile che un contratto collettivo sopravvenuto introduca, con efficacia vincolante per tutti, una disciplina peggiorativa del rapporto di lavoro, infatti la legge ammette che un nuovo contratto collettivo di lavoro introduca modifiche peggiorative al rapporto di lavoro.
Da qualche tempo sembra essere più diffuso il fenomeno del datore di lavoro non iscritto ad alcuna associazione imprenditoriale. Questa scelta è spesso dettata da motivi pratici più che ideologici, poiché la non iscrizione comporta la inapplicabilità dei contratti collettivi nazionali di lavoro, che sono ordinari contratti di diritto privato e, come tali, si applicano solamente alle parti stipulanti e ai soggetti da esse rappresentati.
Nel caso in cui il datore di lavoro, pur non essendo iscritto ad alcuna associazione imprenditoriale, abbia di fatto applicato il contratto collettivo nazionale di lavoro, i lavoratori avranno diritto alla applicazione di tale contratto. Tuttavia, al di fuori di questo caso, se il datore di lavoro non è iscritto alle associazioni imprenditoriali, il rapporto di lavoro è disciplinato esclusivamente dalla legge, e i lavoratori non potranno invocare alcuna normativa contrattuale.
Il datore di lavoro può recedere dal CCNL applicato e adottarne un altro senza consultare il lavoratore?
Si. La Giurisprudenza ha stabilito che la modifica del rapporto di lavoro può avvenire anche in assenza delle rappresentanze sindacali senza che ciò comporti una violazione dei diritte dei lavoratori. Il contratto collettivo come già esposto si configura come una fattispecie di diritto comune e, pertanto, qualora non sia previsto un limite temporale alla sua efficacia, è concesso alle parti di recedere anche unilateralmente. Il lavoratore anche quando non consultato deve sempre essere messo al corrente della modifica del CCNL applicato in azienda
Ma il contratto collettivo non ha una durata di 3 anni? Si, ma validità ed efficacia sono concetti giuridici distinti, ovviamente collegati, ma comunque non coincidenti. Senza addentrarci in argomentazioni giuridiche che esulano dalla presente, basilare, trattazione è opportuno far presente che la validità concerne la conformità dell'atto alle regole legali (sia di carattere generale, sia specificamente dettate per il tipo di atto) che lo disciplinano, mentre l'efficacia attiene all'attitudine dell'atto a sortire gli effetti di cui è capace.
E’ ovvio che un contratto collettivo “scaduto” sarà privo di efficacia eccezion fatta per la parte normativa. Il datore può utilizzare un CCNL che includa condizioni peggiorative rispetto a quello adottato precedentemente? Si, ma le modifiche peggiorative non si applicano ai lavoratori già in forza nell’azienda prima dell’adozione del nuovo CCNL. Si ipotizzi ad esempio che il datore in data 1 settembre 2014 decida di adottare un nuovo contratto collettivo con retribuzioni inferiori per i vari livelli di inquadramento rispetto a quelli utilizzati prima. Ne consegue che i nuovi trattamenti economici verranno applicati ai dipendenti assunti dal 1 settembre in poi, mentre i vecchi dipendenti hanno diritto a ricevere la medesima retribuzione.
Quali sono i vantaggi nel mutare un contratto collettivo applicato in azienda?
Molteplici. Innanzitutto le disposizioni del nuovo contratto troveranno applicazione nei confronti del personale assunto dopo la variazione. In secondo luogo i CCNL offrono strumenti differenti e peculiari che li differenziano uno dall’altro (si pensi ai servizi che offerti dagli Enti Bilaterali o dai Fondi interprofessionali di formazione continua che fanno riferimento alle medesime parti sindacali firmatarie del CCNL) che non devono essere sottovalutati e che rendono un contratto più appetibile rispetto ad un altro. Ricordiamo inoltre che al di fuori dei diritti quesiti (cioè diritti già entrati nella sfera giuridica del lavoratore e quindi immutabili) il nuovo CCNL applicato in azienda può apportare mutamenti anche al trattamento complessivo dei lavoratori assunti in precedentemente alla variazione.
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