sabato 3 giugno 2017

Tirocini, linee guida per il 2017



La conferenza Stato Regioni permette l'utilizzo tirocini extracurricolari in misura maggiore, in caso di assunzioni dei partecipanti precedenti.

Si conferma il divieto di attivazione per i datori di lavoro che abbiano fatto licenziamenti nei 12 mesi precedenti

E possibile  attivare tirocini in presenza di contratti di solidarietà espansivi, ossia per le imprese che riducono l’orario di lavoro o la retribuzione per riorganizzazioni finalizzate allo sviluppo dell’azienda.

Restano invariati i limiti precedenti:
un tirocinio per datori di lavoro fino a 5 dipendenti a tempo indeterminato,

2 tirocinanti per quelli tra 6 e 20 dipendenti e

del 10% per quelli con più di 20 dipendenti, sempre a tempo indeterminato,

Tirocini nelle imprese che applicano i contratti di solidarietà espansivi, incentivi per l’assunzione al termine del percorso, durata minima due mesi: sono alcune novità emerse dalle linee guida approvate dalla Conferenza Stato Regioni per i tirocini extra-curriculari (non i periodi di lavoro formativi, di competenza di scuole e centri di formazione) e l’accesso alle professioni ordinistiche, ai sensi dell’articolo 1, commi 34-36, della legge 28 giugno 2012, n. 92.

Confermato il minimo di 300 euro lordi al mese per l’indennità, che le Regioni possono aumentare. Viene riconosciuta a fronte di una partecipazione minima pari almeno al 70%.

Il tirocinio dura al massimo 12 mesi, è stato però introdotto il limite minimo di 2 mesi, che si riduce a un mese nel caso di lavori stagionali. Comunque sia, la durata del tirocinio è indicata nel piano formativo individuale e deve essere congrua rispetto agli obiettivi di formazione. Il tirocinante ha diritto alla sospensione dello stage in caso di maternità, infortunio, malattia di lunga durata, periodi di chiusura aziendale oltre i 15 giorni.

Niente tirocini se ci sono in corso procedure di cassa integrazione nelle medesime unità produttive e niente stage per i datori di lavoro che abbiano effettuato licenziamenti nei 12 mesi precedenti all’attivazione o per svolgere le stesse mansioni del personale che ha lasciato l’azienda

nel caso di licenziamenti collettivi,

per giustificato motivo oggettivo,

per superamento del periodo di comporto,

per mancato superamento del periodo di prova,

per fine appalto

nel caso di risoluzione del rapporto di apprendistato per volontà del datore di lavoro, al termine del periodo formativo.

E’ invece esplicitamente previsto che si possano attivare tirocini nelle imprese che applicano contratti di solidarietà espansivi finalizzati all’incremento dell’occupazione.

Il numero massimo di tirocinanti cambia a seconda delle dimensioni aziendali:

imprese fino a cinque dipendenti: massimo un tirocinante;

imprese fra 6 e 20 dipendenti: due tirocinanti;

sopra i 20 dipendenti: il tetto è rappresentato dal 10% dei dipendenti.

Nelle imprese sopra i 20 dipendenti, le stabilizzazioni dei tirocinanti consentono di incrementare il numero degli stage attivabili, nelle seguenti misure:

un tirocinio se hanno assunto almeno il 20% dei tirocinanti dei 24 mesi precedenti;

due tirocini se hanno assunto il 50% (la metà dei tirocinanti);

tre tirocini se hanno assunto almeno il 75% dei tirocinanti;

quattro tirocini se hanno assunto tutti i tirocinanti dei 24 mesi precedenti.

Restano valide le fondamentali regole sul tirocinio, che viene svolto sulla base di apposite convenzioni, prevede un piano formativo, la presenza di un tutor e al termine un’attestazione dell’attività svolta.

Tra le novità, anche un chiarimento anti-sfruttamento: niente tirocini che coinvolgano professionisti abilitati o qualificati all’esercizio di professioni.

Come noto il tirocinio extracurriculare  richiede per l'attivazione una convenzione tra ente promotore e azienda ospitante,   cui va  allegato il piano formativo individuale del tirocinante. L’attività di quest’ultimo si deve svolgere sotto la supervisione e l’accompagnamento di due tutor: uno del promotore e l’altro dell’ospitante. Ogni tutor può seguire fino a 20 tirocinanti, ma  il limite può essere superato in caso di più tirocinanti presso la stessa azienda.

Per i tirocini in una Regione diversa da quella del promotore oppure in imprese  con molte sedi ,  la misura dell’indennità da considerare  è quella della Regione o della Provincia autonoma in cui ha la sede operativa o legale del  soggetto ospitante.

Infine, in materia di sanzioni sono confermate quelle già previste per l’omissione delle comunicazioni obbligatorie e per la mancato pagamento dell’indennità di partecipazione,  ma si  aggiunge in casi gravi  l’interdizione dall’attivazione di tirocini fino a un anno.




sabato 20 maggio 2017

Pensioni, tutte le regole taglia-assegni


L’anticipo pensionistico APE è la nuova prestazione assistenziale che consentirà di accedere a un prestito ponte in attesa della pensione effettiva (fino a 3 anni e sette mesi prima) a lavoratori con ammortizzatori sociali esauriti o disabili o con disabili in famiglia. Il costo della prestazione è nullo per chi avrà maturato. Il costo della prestazione è nullo per chi avrà maturato una pensione finale non superiore a una certa soglia (si era partiti da 1.350 euro al mese in linea con la Naspi.

Dunque il meccanismo, se approvato con la prossima legge di Stabilità, dovrebbe interessare, per primi, i nati nel 1951 (da maggio in poi), nel 1952 e nel 1953. Si tratta dei lavoratori che, alla vigilia della pensione, hanno subito - per la riforma Fornero - un rinvio dell’assegno anche di quattro/cinque anni. Per questi lavoratori non ha operato neppure la salvaguardia introdotta dai decreti correttivi del Dl 201/11, cioè la possibilità di andare in pensione anticipata a 64 anni (cui va aggiunta l’aspettativa di vita) per quanti entro il 31 dicembre 2012 avessero maturato quota 96, con almeno 60 anni di età e 35 anni di contributi oltre ai resti. Residuale, finora, la possibilità di andare in pensione di vecchiaia a 63 anni (oltre all'aspettativa di vita) con la pensione totalmente contributiva (con almeno 20 anni di contributi versati tutti dal 1996).

Per quanto riguarda le donne del privato (lavoratrici subordinate) l’Ape potrebbe - all'inizio - avere un impatto limitato. Le nate nel 1951, dipendenti del settore privato, infatti, hanno potuto andare in pensione con 20 anni di contributi e 60 anni di età alla fine del 2011. Inoltre, fino allo scorso anno era aperta l’opzione per la pensione di anzianità con l’assegno contributivo, a patto che le lavoratrici dipendenti maturassero 57 anni di età e 35 di contributi, oltre alla speranza di vita (58 e 35 per le autonome).

Il meccanismo di anticipo dell’Ape è strutturale e, in base allo sconto massimo di tre anni rispetto al‎ pensionamento ordinario di vecchiaia, interesserà a scorrere gli anni successivi rispetto al triennio di prima applicazione.

La penalizzazione percentuale per ogni anno di anticipo della pensione dovrebbe interessare la quota retributiva dell’assegno, quella, cioè, relativa ai contributi versati fino al 1995 (per quanti al 31 dicembre 1995 avevano meno di 18 anni di contributi) o fino al 2011 (per coloro che al 31 dicembre 1995 avevano almeno 18 anni di contributi). Il taglio percentuale potrebbe essere più alto per gli assegni oltre tre volte il trattamento minimo (superiori, nel 2016, a 1.505 euro mensili): fino a questo limite la penalità potrebbe essere del 2-3% per ogni anno di anticipo, oltre potrebbe arrivare al 5-8 per cento. Si tratta naturalmente di ipotesi che andranno vagliate alla luce dei costi e della compatibilità dei conti pubblici.

Per quanto riguarda la quota contributiva della pensione non dovrebbero esserci penalizzazioni, ma occorrerà stabilire se il coefficiente di trasformazione della dote di contributi sarà quello dell’età anticipata di pensionamento o quello dell’età ordinamentale. Nel primo caso occorrerà prevedere una copertura figurativa che, come ipotizza Pier Paolo Baretta, sottosegretario all’Economia, potrebbe essere offerta dalla banche o dalle assicurazioni. L’intervento di banche e assicurazioni, in questo caso, avrà una doppia valenza, in quanto dovrà assicurare anche il finanziamento per l’anticipo della pensione, così da non caricare l’operazione sulle finanze statali e non incidere sul fabbisogno. Il conto di banche e assicurazioni, in questo modo, rincarerà.

Una prima stima dei costi, ma solo per quanto riguarda l’anticipo della pensione (e non in relazione all’utilizzo del coefficiente di trasformazione più vantaggioso) è stato fatto dalla Uil. Con un tasso di interesse del 3,5% - pari a quello applicato dall’Inps per i prestiti pluriennali ai dipendenti pubblici - per una pensione lorda di 1.500 euro mensili l’anticipo di un anno potrebbe costare al pensionato 1.700 euro; con una pensione di 3mila euro lordi il conto salirebbe a oltre 3.400 euro. La restituzione avverrà una volta raggiunta l’età della vecchiaia e potrà essere dilazionata in più anni. Occorrerà comunque prevedere una garanzia statale a favore di banche e assicurazioni in caso di mancata restituzione del prestito.

Uno degli aspetti fondamentali da chiarire è quello se l’Ape interesserà anche i pubblici dipendenti, finora non toccati dagli ammorbidimenti della legge Fornero.

Per quota 96 si intende il valore costituito dalla somma tra età anagrafica ed anzianità contributiva utile per i lavoratori e le lavoratrici dipendenti (settore privato e pubblico) per conseguire la pensione di anzianità, nel periodo intercorrente tra il 1° gennaio 2011 ed il 31 Dicembre 2012, secondo la disciplina pensionistica vigente sino al 31 dicembre 2011.

Per il perfezionamento della quota 96 potevano essere fatte valere anche le frazioni di quota. Ad esempio è possibile sommare 60 anni e 6 mesi con 35 anni e 6 mesi di contributi al fine di raggiungere il valore 96. Non è possibile invece sommare ad esempio 59 anni e 37 di contributi, oppure 34 anni di contributi e 62 anni di età.

Per effetto delle frazioni il perfezionamento della quota può essere raggiunto in giorni diversi dal compimento dei 60 anni o dei 35 anni di contributi. Ciò comporta, spesso, una maggiore complessità nel calcolare l'esatta data di maturazione del diritto alla pensione (di anzianità).






Pensioni: novità, proposte e calcoli



Fra le misure della riforma delle pensioni c’è il fermo agli adeguamenti alle speranze di vita per alcune categorie di lavoratori, in particolare precoci e addetti a mansioni usuranti. Non ci sono invece novità su questo fronte per le altre tipologie di pensioni, che quindi continuano ad applicare gli aumenti delle aspettative di vita previsti dalla legge.

Sul fronte pensioni, arrivano buone novità dall'associazione Lavoro e Welfare, presieduta da Cesare Damiano, che ha lanciato una petizione online per chiedere il sostegno dei lavoratori nei confronti del disegno di legge sulla flessibilità in uscita, il ddl 857. Il gruppo Pd sostiene il ddl: “Le diverse riforme in materia di pensioni dal 1992 a oggi hanno messo in sicurezza i conti pubblici. Tuttavia hanno lasciato molti problemi aperti, sui quali è importante discutere e intervenire al più presto” si legge nella petizione per ottenere la riforma delle pensioni. “La manovra Fornero non ha previsto la fase di transizione e ha irrigidito il sistema, determinando tra l’altro il problema degli esodati, cui si è cercato di rispondere con le sette salvaguardie. L’allungamento dell’età pensionabile, inoltre, frena l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Sosteniamo quindi la proposta di legge A.C. 857/2013 “Damiano-Gnecchi ed altri” che introduce la flessibilità in uscita, consente di lasciare il lavoro con un anticipo fino a quattro anni rispetto ai requisiti previsti, con penalizzazioni accettabili”.

La proposta di Damiano per la flessibilità delle pensioni prevede un pensionamento flessibile a partire dai 62 anni e 7 mesi di età e 35 anni di contributi con una penalità del 2% per ogni anno di anticipo rispetto all’età di 66 anni e 7 mesi, mentre per i lavoratori precoci si garantirebbe un’uscita unica a 41 anni di contributi. Nella petizione, inoltre, c’è la volontà di ulteriori interventi per rendere più equa la previdenza italiana con: 1) l’ottava e ultima salvaguardia degli esodati; 2) il monitoraggio di opzione donna per l’inclusione di altre lavoratrici; 3) un meccanismo adeguato di indicizzazione per le pensioni medio basse. Intanto, i lavoratori precoci sono tornati a chiedere con forza l’introduzione di quota 41 senza penalizzazioni sia sui palchi delle organizzazioni sindacali che negli studi di programma, come Quinta Colonna, che da sempre si occupano di pensionati e della flessibilità in uscita.

Novità hanno registrato l’intervento di Elsa Fornero al programma di Lucia Annunziata, nel quale ha ribadito di non condividere il ragionamento di mandare in pensione le persone a un’età ancora giovane (66 e 67 anni) per fare posto a quelle che sono più giovani è un modo di ragionare sbagliato, ma di approvare invece l’idea di una tutela per le persone che hanno cominciato da giovanissime a lavorate, come i precoci.

Sul fronte pensioni, lavoro ed occupazione, in base a quanto riporta l’agenzia Italpress il segretario della Uil Milano e Lombardia Danilo Margaritella, ha così dichiarato pochi giorni fa: “Noi registriamo, ancora, una disoccupazione giovanile molto forte, difficoltà nel ricambio generazionale con un sistema di flessibilità vero“, perché “l’ipotesi del part-time in uscita è come dare un’aspirina a un malato grave”, continua Margaritella e racconta di una giovane delegata della RSU della sua azienda, che all’attivo confederale, ha posto una domanda precisa ai 3 segretari nazionali: “‘siamo ancora un Paese che vive sul lavoro, come recita l’articolo 1 della Costituzione? Perché intorno a me vedo solo grandi difficoltà’. È un ragionamento emblematico”, commenta. Per risolvere “la difficoltà occupazionale e il disagio economico basterebbe prendere le risorse dall’evasione fiscale, dagli 80 mld di euro accumulati con la riforma Fornero fino al 2020”, spiega Margaritella. “C’è necessità di chiudere i rinnovi contrattuali, come i metalmeccanici e la funzione pubblica, della riforma delle pensioni, ci vuole buona volontà politica”.

Sul capitolo pensioni e lavoro, ieri giornata di sciopero del pubblico impiego per il rinnovo dei contratti nazionali e l’aumento delle retribuzioni ferme da oltre sei anni, la valorizzazione dei contratti di settore, il rilancio della contrattazione decentrata, il superamento dei vincoli della legge Fornero sulle pensioni e lo sblocco del turnover. Sono alcune delle richieste dei sindacati toscani in vista dello sciopero. I tre sindacati, Fp-Cgil, Cisl-Fp e Uil-Fpl e Uil-Pa hanno chiesto ancora di rafforzare il confronto regionale e aziendale sugli effetti della riforma del sistema socio sanitario regionale per valorizzare il lavoro e migliorare la qualità dei servizi; di garantire il posto di lavoro nei cambi di appalto e nei processi di riorganizzazione e un piano di assunzioni per mantenere la qualità e quantità dei servizi erogati e ridurre le liste di attesa in sanità ed infine aprire un confronto con la Regione sull’assetto istituzionale e delle funzioni, per scongiurare le ricadute occupazionali e sui servizi ai cittadini e alle imprese prodotte dalla riforma della pubblica amministrazione.

Sul fronte pensioni, novità importante quella introdotta grazie Miowelfare, start up innovativa, guidata da Angelo Raffaele Marmo, giornalista, esperto di welfare, già direttore generale della comunicazione del Ministero del Lavoro. Miowelfare, infatti, dopo una fase di test, rende ora operativa una nuova versione del pensionometro, uno strumento che stima quando si potrà andare in pensione e con quanto. Secondo quanto riportato da Adnkronos, il comparatore di Miowelfare si basa su algoritmi che permettono di stimare l’andamento futuro dei Piani. Pensionometro e comparatore, utilizzati insieme, consentono di determinare una stima della pensione pubblica, del momento in cui potrebbe essere percepita e della cifra di cui si compone, verificando il gap tra la prestazione e l’ultimo stipendio o reddito, e la possibilità di stabilire come colmare la differenza attraverso la previdenza complementare e, in particolare, attraverso i Pip.

Va fatta una premessa: attualmente per il 2017  l'età per andare in pensione e ricevere la pensione di vecchiaia è fissata a :

66 anni e sette mesi  per gli uomini ( sia autonomi che dipendenti , pubblici e privati) e le donne che lavorano nel settore pubblico;

65 anni e 7 mesi per le donne dipendenti del settore privato;

66 anni e 1 mese per le donne lavoratrici autonome.

Dal 2018,  per tutti , l'età è stata unificata dalla riforma Fornero e sarà  a 66 anni e 7 mesi

Da ricordare che alla pensione di vecchiaia hanno diritto tutti i lavoratori assicurati con la previdenza obbligatoria  e che all'età stabilita abbiano un anzianità contributiva di almeno 20 anni.

Per la pensione di anzianità , invece, cui si accedeva a prescindere dall'età  ma avendo un requisito contributivo più alto,  la riforma Monti- Fornero ha alzato i paletti e, definendola " pensione anticipata" a partire dal 2012  sono necessari almeno:

41 anni e 10 mesi di contributi  per le donne e

42 anni e 10 mesi per gli uomini sia nel pubblico che nel privato  con almeno 35 anni di  contribuzione effettiva.





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