lunedì 19 gennaio 2015

Fondi pensione: la super tassa dal 2015. Come funziona?



La tassazione della previdenza complementare è disciplinata dal Decreto legislativo n.252/2005 e riguarda i lavoratori dipendenti del settore privato ed i lavoratori autonomi ed i soci di cooperative. Per i dipendenti pubblici valgono le norme previste dal decreto legislativo n. 124/1993, in genere meno favorevole. Ma la legge di stabilità 2015 ha stravolto la tassazione.

Infatti l'aumento dall'11% al 20% della tassazione sui rendimenti annui dei fondi pensione previsto dalle legge di cui sopra ridurrà le prestazioni finali nette dei fondi stessi. Rendendo ancora più evidente il divario tra le condizioni previste in Italia e quelle dei Paesi europei che non prevedono tassazione dei rendimenti. Solo in Italia, Danimarca e Svezia, infatti, i rendimenti sono soggetti a prelievo fiscale. Negli altri Paesi Ocse, la tassazione avviene una volta sola, cioè quando si va in pensione.

All'inasprimento della tassazione, si aggiunge poi l'altra previsione del Ddl stabilità, ovvero la possibilità per i lavoratori di richiedere in busta paga l'accantonamento mensile del trattamento di fine rapporto (Tfr). Anche questa misura, sottraendo risorse agli accantonamenti, avrà un impatto negativo sulle prestazioni finali dei fondi.

La nuova tassazione ipotizzata per i rendimenti al 20% determina una riduzione delle prestazioni che aumenta al crescere del periodo di iscrizione al fondo pensione e del risultato annuo ottenuto. Se ipotizziamo infatti che un lavoratore con una retribuzione annua lorda di 50mila euro destini a un fondo pensione dal 1° gennaio 2015 l'accantonamento annuo del Tfr e consideriamo tre diversi periodi di iscrizione (15, 25 e 35 anni) e tre possibili diversi tassi annui di rendimento reale (2%, 4% e 6% al netto dell'equivalente incremento del costo della vita), la riduzione della prestazione può arrivare fino all'11% della posizione netta maturata. In valore assoluto, la differenza può superare i 37mila euro nello scenario con le performance migliori dei fondi. Le stesse variazioni percentuali possono ritenersi valide per tutti i livelli retributivi. La richiesta in busta paga del Tfr per il periodo consentito, in base al Ddl stabilità (dal 1° marzo 2015 al 30 giugno 2018) può comportare un'ulteriore riduzione della prestazione finale. Una riduzione che può risultare sensibile, sino al 30% della posizione netta maturata per i periodi più contenuti di iscrizione ai fondi pensione.

Per un lavoratore italiano, nell'ipotesi dell'aumento effettivo al 20% del prelievo sui rendimenti dei fondi pensione, sarebbe assolutamente più vantaggioso trasferire la prestazione accumulata presso un fondo pensione paneuropeo costituito (sulla base della Direttiva Ue 41/2003) in uno dei paesi dell'Unione che non preveda alcuna tassazione dei rendimenti ottenuti. L'assenza di tassazione infatti, a parità di ulteriori situazioni, determina prestazioni nette in alcuni casi decisamente più elevate, sino al 22% della posizione maturata.

Dopo più di venti anni di riforme, dunque, l'impressione è che la struttura del nostro sistema pensionistico non possa ancora essere considerata quella definitiva. In seguito alla riforma «Fornero» del 2011, infatti (e dopo tutte le riforme che l'hanno preceduta) la previdenza complementare non potrà che svolgere un ruolo fondamentale. In futuro, infatti, solo alcuni lavoratori che avranno la possibilità di andare in pensione intorno ai 70 anni, dopo una carriera completa, saranno in grado di ricevere dall'Inps una pensione calcolata con il metodo contributivo che sia adeguata. Per tutti gli altri, in particolare i lavoratori che per le ragioni più varie (ristrutturazioni aziendali, esigenze familiari, fisiche, e così via) saranno portati ad anticipare il pensionamento, l'esigenza di una copertura aggiuntiva risulterà determinante.

L'attuale contesto economico, e il notevole squilibrio dell'Inps, lasciano presupporre che queste necessità difficilmente potranno essere garantite attraverso un ulteriore intervento del sistema pubblico. E anche se l'economia ripartisse, i vantaggi di affiancare a un sistema finanziato a ripartizione un altro gestito in base al metodo della capitalizzazione dovrebbero risultare ormai evidenti sul mercato. Le disposizioni che il Governo ha introdotto nel disegno di legge di stabilità per il 2015 vanno esattamente nella direzione opposta. Colpiscono le prestazioni garantite dai fondi pensione, aumentando la tassazione e riducendo quindi le prestazioni nette finali e sottraggono il Tfr, una determinante fonte di finanziamento, forse l'unica.

I contributi versati alle forme di previdenza complementare dal lavoratore e dal datore di lavoro (o committente) sono deducibili dal reddito complessivo dichiarato ai fini Irpef per un importo non superiore a 5.164,57 euro. L’agevolazione determina un risparmio in termini di minori imposte pagate pari all’aliquota fiscale più elevata applicata al reddito complessivo del lavoratore.

Ad esempio, per un lavoratore che versa alla previdenza complementare contributi pari a 1.000 euro ed è tassato con aliquota marginale Irpef del 23 per cento, il costo effettivamente sostenuto dal lavoratore sarà pari a 770 euro, con un risparmio fiscale pari a 230 euro.

Ai fini del computo del limite di 5.164,57 euro si deve tener conto di tutti i versamenti che affluiscono alle forme pensionistiche, collettive e individuali. Occorre considerare, pertanto: _ le quote accantonate dal datore di lavoro ai fondi per TFR e ai fondi di previdenza del personale dipendente istituiti ai sensi dell’articolo 2117 del codice civile; _ i contributi versati a favore dei familiari fiscalmente a carico. La parte dei contributi versati (anche per le persone a carico) al fondo di previdenza complementare per i quali il contribuente non ha potuto fruire della deduzione, non sono tassati al momento della liquidazione della prestazione. Il contribuente ha però l’obbligo di comunicare alla forma pensionistica complementare l’importo non dedotto (o che non sarà dedotto) nella dichiarazione dei redditi. Detta comunicazione va fatta entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui è stato effettuato il versamento, ovvero, se il diritto alla prestazione matura prima di tale data, entro il giorno di maturazione.



Certificazione Unica entro il 28 febbraio 2015 per autonomi, pensionati e dipendenti



Il modello per certificare i redditi non si chiamerà più CUD, ma CU, (Certificazione Unica). Tra le principali novità si segnala il fatto che il sostituto d’imposta (datore di lavoro):

dovrà utilizzare il Modello CU per attestare sia i redditi di lavoro dipendenti e assimilati, finora riportati sul CUD, sia i redditi di lavoro autonomo e i redditi diversi, fino ad oggi certificati in forma libera;

è tenuto alla consegna della Certificazione Unica ai dipendenti, equiparati e assimilati, nonché ai lavoratori autonomi entro il 28 febbraio 2015;

è tenuto, per la prima volta, alla trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate delle predette Certificazioni entro il 7 marzo 2015.

E’ prevista una sanzione pari a 100 euro per ogni certificazione omessa, tardiva o errata, salvo che detta certificazione non venga corretta entro i 5 giorni successiva alla scadenza.

Ma vediamo con maggiore dettaglio:

Il nuovo CUD 2015 si chiama CU, Certificazione Unica  dei redditi e, a partire dal periodo d’imposta 2014, il datore di lavoro, sostituto d’imposta, lo utilizzerà per certificare:

i redditi da lavoro dipendente, equiparati e assimilati (borse di studio, collaborazioni coordinate e continuative, compensi corrisposti ai componenti degli organi di amministrazione delle società);

i redditi di lavoro autonomo, dei professionisti, i redditi diversi, le provvigioni, non più certificati in “forma libera”.

Il Decreto Legislativo si è posto l’obiettivo, già dal periodo d’imposta 2014, di inviare al domicilio dei contribuenti il modello 730 precompilato ed è stato appunto previsto questo nuovo modello CU che certificherà  anche i redditi  dei lavoratori autonomi e dei professionisti. Ciò significa che se un contribuente ha percepito, nel corso del 2014, più redditi, ad esempio, di lavoro dipendente e per prestazioni occasionali o collaborazioni, riceverà al proprio domicilio, via internet, un modello 730 che riporterà tutti i redditi percepiti, le ritenute fiscali subite e le detrazioni applicate, modello 730 che il contribuente potrà correggere o integrare se incompleto.

Il sostituto d’imposta, pertanto, dovrà provvedere:
alla consegna della Certificazione Unica ai dipendenti, equiparati e assimilati, nonché ai lavoratori autonomi entro il 28 febbraio 2015;

nonché, per la prima volta, alla trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate delle predette certificazioni entro il 7 marzo 2015 (scadenza prorogata al 9 marzo perché il 7 cade di sabato).

Per ogni certificazione omessa,  tardiva o errata è prevista una sanzione di 100 euro. La sanzione non si applica se la trasmissione è effettuata o rettificata entro i 5 giorni successivi alla scadenza.

Poiché devono essere certificati solo i redditi corrisposti, rammentiamo che se non sono state retribuite tutte le mensilità relative all’anno  2014 è necessario che ciò venga comunicato immediatamente allo studio al fine di provvedere allo storno di quanto non pagato perché, trasmesso il modello CU all’Agenzia delle Entrate e trascorsi i termini di cui sopra, non potrà più essere rettificato.

Come funziona per Pensionati, dipendenti e autonomi?
Nuovo Modello CUD 2015 pensionati, dipendenti e autonomi cos'è? Il nuovo modello CU 2015 è la nuova certificazione unica dei redditi par autonomi, pensionati e dipendenti che parte dal 2015 per i redditi relativi al 2014 e che sostituisce il vecchio CUD.

Come funziona il nuovo modello CU 2015? La Certificazione Unica mod. CU 2015 pensionati, dipendenti e lavoratori autonomi, dovrà essere infatti utilizzata dai sostituiti di imposta per certificare le ritenute operate su dipendenti e pensionati che potranno decidere anche, sempre a partire dal nuovo anno, di presentare la dichiarazione dei redditi tramite modello 730 2015 precompilato, e certificare per la prima volta le ritenute operate sui lavoratori autonomi. Tale certificazione unica, dovrà poi essere rilasciata al lavoratore autonomo, al dipendete e al pensionato, entro il 28 febbraio 2015, ovvero, la stessa scadenza di consegna che aveva il vecchio CUD. Per cui, il compito dei sostituti di imposta a partire dal 2015 sarà quindi di certificare, per la prima volta, anche le ritenute operate sui lavoratori autonomi, oltre che quelle effettuate su dipendenti e pensionati. Una volta consegnato il CU 2015 al lavoratore, il sostituito di imposta, provvederà ad inviarlo per via telematica all'Agenzia delle Entrate, entro il 7 marzo 2015.

Altra novità introdotta con certificazione unica 2015 è l'inserimento delle somme pagate dalle imprese per i Lavori socialmente utili con la quota esente che dovrà essere distinta tra la base imponibile e le ritenute Irpef effettuate, oltre che l'indicazione delle addizionali regionali Irpef e quelle complessive ancora sospese e le ritenute operate e sospese. Nel CU 2015 spazio anche alla nuova sezione dedicata a l’incremento della produttività del lavoro per il quale il sostituto di imposta  dovrà indicare anche i redditi non imponibili e l'operazione ordinaria. Per vedere la bozza della certificazione unica pensionati, dipendenti e autonomi:

La consegna CU 2015 da parte dei sostituti di imposta al lavoratore, dipendente o pensionato dovrà essere entro il 28 febbraio 2015 mentre l'invio online certificazione unica 2015 all'Agenzia delle Entrate dovrà avvenire entro il 7 marzo 2015.

Un'altra novità introdotta con la certificazione unica 2015 per pensionati e dipendenti e si trova propria sulla prima pagina del modello CU. Tale novità, consiste nel fatto che i sostituti di imposta, datori di lavoro o ente pensionistico, dovranno comunicare all’Agenzia delle Entrate anche i dati relativi al coniuge e a familiari a carico del dipendente.

Viene richiesto al sostituto di imposta, di indicare per il dipendente con familiari a carico: il coniuge, il primo figlio e i figli successivi, familiari e i figli con disabilità. Per ciascun familiare a carico, saranno indicati il codice fiscale e il numero dei mesi a carico e per figli anche se minori di tre anni, la percentuale di detrazione spettante, e la detrazione al 100% per l’affidamento dei figli. Nell'ultimo rigo, trova spazio invece la casella relativa alle famiglie numerose, che  il sostituto dovrà barrare indicando la relativa percentuale di detrazione spettante. Inoltre, vi saranno campi separati per l'indicazione esatta dei redditi percepiti, ossia, se trattasi di redditi da pensione o da dipendente, assegni al coniuge o redditi assimilati, spazio anche ai crediti non ancora rimborsati, agli oneri detraibili e deducibili, e visto che il modello CU presentato dall'Agenzia delle Entrate è una bozza e quindi soggetta a future modifiche, è già sicura quella che porterà all'inserimento di una apposita casella per il bonus Irpef da 80 euro.

Il modello CUD 2015 per gli autonomi è il nuovo modello di Certificazione Unica che dal 2015 deve essere rilasciato anche agli autonomi per certificare i redditi percepiti nel 2014. Tale CU, dovrà essere quindi compilato da tutte quelle imprese che nel corso del 2014 si sono avvalse di professionisti con Partita IVA e di collaboratori anche occasionali, per lo svolgimento di prestazioni di lavoro autonomo.

Queste stesse aziende, saranno quindi intese come "datori di lavoro" del lavoratore autonomo e quindi come sostituiti di imposta e per questo tenute alla consegna del nuovo CUD entro al 28 febbraio 2015 al lavoratore e al suo invio per via telematica all'Agenzia delle Entrate entro il 7 marzo 2015.

Cosa cambia per professionisti e collaboratori?
Il CUD, a partire dal 2015 diventa Certifcazione Unica modello CU 2015 è la grande novità introdotta dall'Agenzia delle Entrate per i lavoratori autonomi, professionisti con Partita IVA o collaboratori anche occasionali. Ma chi sono i lavoratori autonomi? Sono lavoratori esterni all'azienda che svolgono un'attività intellettuale, artistica e non piccoli imprenditori, nei confronti di un committente, con lavoro proprio e senza vincoli di subordinazione. Rientra quindi nel lavoro autonomo: la collaborazione parasubordinata, il lavoro autonomo occasionale, i professionisti con Partita IVA, il contratto a progetto o gli studi associati intesi come collaborazione tra professionisti iscritti allo stesso o diverso albo professionale.

A partire dal 2015, per questi lavoratori autonomi ci sarà una grande novità, ossia, otterranno per la prima volta dai loro "datori di lavoro" la certificazione unica redditi relativi al 2014. Cosa cambia per professionisti con partita IVA e collaboratori con modello CU 2015? Per capire meglio cosa cambia per le aziende che si avvalgono del lavoratori autonomi e per gli stessi autonomi con l'introduzione del modello CU, dobbiamo fare un piccolo esempio.

Fino adesso infatti un’azienda che si avvaleva di una consulenza esterna da parte di un professionista autonomo Partita IVA nel forfettino, doveva certificare il compenso dato senza sbrigare alcuna formalità, essendo sufficiente la sola carta intestata dell’impresa. Il professionista dal canto suo, che riceveva il compenso per la sua prestazione doveva inserire il relativo corrispettivo nella dichiarazione dei redditi mediante la certificazione dei corrispettivi ai fini di calcolo delle imposte.

Con il nuovo modello CU 2015, l'impresa che si avvale di una consulenza di un lavoratore autonomo, diventa essa stessa "datore di lavoro" del professionista e deve emettere un Cud da inoltrare al professionista e all’Agenzia delle entrate per via telematica entro il 7 marzo di ogni anno. E il modello 770 che fine farà? Per il momento rimane, anche se è allo studio un modello 770 semplificato per evitare le doppie informazioni che il Fisco riceverà sul lavoratore autonomo con il modello 770 2015 e il CU 2015.

Come va compilata la certificazione unica autonomi 2015? Il modello CU 2015 è stato completamente rinnovato in tutte le sue sezioni, è costituito da 3 pagine contenenti una serie di informazioni che il sostituito dovrà compilare e trasmettere all'Agenzia delle Entrate per la prima volta. Una nuova sezione del nuovo modello CU è per esempio la Certificazione lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi che dovrà essere compilata dall'azienda che si è avvalsa di lavoratori autonomi, quindi collaboratori anche a progetto o occasionali o professionisti con partita IVA, nel corso del 2014. Queste aziende, essendo ora intese come datori di lavori e quindi sostituti di imposta, sono tenute a partire dal 2015 a certificare ufficialmente i corrispettivi pagati a lavoratori autonomi, collaboratori e professionisti per ogni singola collaborazione o prestazione professionale ricevuta dovranno essere indicati i seguenti dati:

Compensi lordi corrisposti al lavoratore autonomo distinguendo tra somme non soggette a ritenuta, imponibili, le ritenute operate in acconto e a titolo di imposta, le addizionali regionali e comunali.
Contributi previdenziali dei lavoratori autonomi che sono a carico di chi ha richiesto la prestazione, o la collaborazione, e pagato i corrispettivi. In questa sezione va indicata anche la quota dei contributi a carico del lavoratore autonomo.

Dati su rimborsi spesa e ritenute restituite.
Somme corrisposte al lavoratore autonomo in caso fallimento indicando le somme erogate prima del fallimento aziendale, oppure,  le somme corrisposte dal curatore fallimentare o dal commissario, a seguito di liquidazione coatta amministrata.



sabato 17 gennaio 2015

Partite Iva in fuga dalla gestione separata Inps



Il 2015 per freelance e partite Iva potrebbe essere l'anno della ampia fuga. Sempre  più autonomi pensano infatti di lasciare la gestione separata dell'Inps, dove attualmente versano i propri contributi previdenziali, perché la pressione si è fatta ormai insostenibile. Potrebbero emigrare verso altre casse dell'istituto, più favorevoli – come quelle di commercianti e artigiani – o abbandonarlo completamente: anche se sono opzioni non aperte a tutti.

Quindi il popolo delle partite Iva, 1,3 milioni di persone, è pronto a migrare verso altri lidi previdenziali, altre casse contributive meno onerose del’Inps: la riforma Fornero ha previsto l’aumento graduale dei contributi della gestione separata dal 27,72% del reddito fino al 33,72% (dal 2013 al 2018 quando la tassazione sarà a regime).

L’ultima legge di Stabilità ha nel frattempo revocato il congelamento di due anni degli aumenti, con l’aliquota che si attesta al momento al 30,72%. Troppo per l’esercito di lavoratori autonomi che comprende informatici, consulenti di marketing, di organizzazione o di qualità, traduttori, pubblicitari, formatori, comunicatori, creativi delle aziende editoriali e dei media, grafici, designer. A parte un 12-15% di partite Iva false, molti sono quelli che operano sul web o via telelavoro: e anzi, proprio tra questi ultimi, più per motivi fiscali che previdenziali, si starebbe diffondendo il fenomeno di spostare in modo fittizio la residenza all'estero, verso regimi più favorevoli, un po' come avviene già da tempo con le multinazionali.

Ci sono infine ingegneri, architetti o psicologi, in particolare quelli che non hanno la necessità di essere iscritti a un ordine per svolgere la propria attività, ma che sono rimasti in pochi: un gran numero di loro, negli anni passati, è già emigrato verso le casse dei rispettivi ordini professionali.

Per chi non ha un ordine di riferimento – con relativa cassa verso cui traslocare – le opzioni per fuggire dalla gestione separata sono varie . La prima è quella di accedere alle gestioni di commercianti e artigiani: sempre all’interno dell’Inps, ma con una contribuzione più bassa, determinando quindi una perdita netta di introiti per l’istituto.

Oppure si possono creare delle società di persone: in accomandita semplice (sas) o in nome collettivo (snc). O, ancora, si può ricorrere alla cessione dei diritti d’autore. I contributi versati alle diverse casse si possono unificare gratuitamente, tramite “totalizzazione” (differente è il caso della “ricongiunzione”, applicato ad alcune fattispecie, che invece prevede un onere).

Per fornire consigli, l'Acta, una delle associazioni più rappresentative, ha organizzato un vero e proprio workshop, che si terrà a Milano (ma anche in streaming, per chi non potrà esserci fisicamente), il 21 gennaio prossimo. E il nome del seminario è più che chiaro: “ Vuoi fuggire dalla gestione separata? ”.

Ma i motivi di protesta sul fronte previdenziale non si esauriscono qui. Si deve sapere infatti che la quota dedicata all'assistenza (maternità, congedi parentali, malattia) è una piccola parte dei contributi, quello 0,72% che resta fisso. Ebbene, uno studio di Acta  ha messo in evidenza che viene restituito in prestazioni solo la metà di quanto versato dai contribuenti, mentre – come nota la presidente dell'associazione di freelance – “se si utilizzasse per intero, potremmo avere la copertura per le malattie serie e lunghe, o per i congedi parentali degli uomini, che nella nostra categoria, non si sa perché, non sono previsti”. E il nodo malattia non è certo secondario: da tempo è nota la storia di Daniela Fregosi, lavoratrice autonoma ammalata di tumore, che ha voluto denunciare pubblicamente il proprio caso, spiegando che su questo piano le partite Iva sono del tutto scoperte.

I contributi versati alle diverse casse si possono unificare gratuitamente, tramite “totalizzazione” (differente è il caso della “ricongiunzione”, applicato ad alcune fattispecie, che invece prevede un onere). “Essendo spesso molto differenti i trattamenti fiscali di queste figure, è comunque sempre consigliabile rivolgersi al proprio commercialista”, consigliano le associazioni. E attenzione, valutare bene anche in base alla propria storia personale, ai progetti che si coltivano: se si vuole diventare mamma e si ha un reddito consistente, secondo Acta conviene comunque restare nella gestione separata Inps. E prima di intraprendere un nuovo percorso, si calcolino gli importi della futura pensione, e si consideri ad esempio se non sia il caso (finanze permettendo) di aggiungere un pilastro di previdenza integrativa.

Per molti piccoli lavoratori autonomi, per i quali l’apertura della Partita Iva ha rappresentato una forma di auto impiego con cui mettere sul mercato le proprie competenze e capacità lavorative in un Paese dove la disoccupazione è in aumento, si tratta della mazzata finale, che li metterà definitivamente fuori mercato per lasciarli tra l’alternativa di lavorare praticamente gratis, solo per pagare tasse e contributi, oppure chiudere la Partita Iva ed entrare nel magico mondo della disoccupazione, ovviamente senza nessun ammortizzatore sociale, senza nessuna tutela. C’è però anche un’altra via, anche se non proprio “opportuna”: quella di lavorare in nero.

Saranno questi gli effetti delle geniali politiche del lavoro e della previdenza condotte dai governi di crisi degli ultimi anni, quelli che da Mario Monti in poi avrebbero dovuto “salvare l’Italia” e che quando hanno messo mano alle riforme del mercato del lavoro l’hanno fatto come se vivessero su un altro pianeta. Esimi professori di Economia che di colpo si sono trasformati nella più impreparata delle matricole universitarie: senza una visione di insieme del mondo del lavoro e senza nessuna considerazione delle spinte più propulsive, creative e innovative provenienti da quella parte del mercato che raccoglie spesso persone preparate, creative e produttive, il cui talento viene ogni volta mortificato e la cui capacità lavorativa sfruttata per fare cassa.



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