domenica 5 febbraio 2017

Pubblica amministrazione, quando si rischia il licenziamento



Il “decalogo” dovrebbe fare chiarezza sulla questione, mettendo in fila le condizioni che determinano l'espulsione del dipendente: dalla falsa attestazione della presenza in servizio allo scarso rendimento. E la sanzione massima si attiverebbe anche, nei casi più gravi, per il responsabile gerarchico del dipendente assenteista che chiuda un occhio (o tutti e due) davanti agli illeciti. La casistica elencata nel “decalogo” si occuperà anche delle gravi e reiterate violazioni del Codice di comportamento. Per esempio, l'accettare regali costosi o l'abuso dell'auto di rappresentanza.


Ecco quando scatta il licenziamento disciplinare per gli statali. L'elenco precisa le situazioni 'a rischio', esplicitandole, tra cui le gravi e reiterate violazioni del codice di comportamento (accettare regali costosi, abusare dell'auto di rappresentanza). Nel decreto, previsto per metà febbraio, dovrebbe anche essere stabilito che in caso di procedura ordinaria entro tre mesi, non più quattro, l'azione deve essere conclusa. Resta fermo il licenziamento sprint, di 30 giorni, per il furbetto del cartellino, che dovrebbe essere esteso a tutte le forme illecite che portano a licenziamento accertate in flagranza. E la sanzione massima si attiverebbe anche, nei casi più gravi, per il responsabile che davanti agli illeciti «si volta dall’altra parte».

Il caso più classico di «bollino rosso» da assenteismo è quello del venerdì e del lunedì che permette a  chi lavora nella Pubblica amministrazione di allungare il week-end. Problema che si acuisce se il week-end lungo arriva in settimane più «a rischio» a causa della presenza della possibilità di «ponti».

Vi sono altre date sensibili, periodi «caldi» in cui un’amministrazione pubblica deve essere al 100% e non può permettersi intoppi a causa di assenze «anomale». Tra queste date quelle in cui è in programma un grande evento, per esempio un G7. Quest’anno è in calendario un G7 in Italia, il 26 e il 27 maggio a Taormina, preceduto dal G7 finanziario a Bari, dall’11 al 13 maggio.

Altre date a rischio sono quelle in cui scattano le iscrizioni alle scuole. Quest’anno il periodo valido per presentare le domande di iscrizione online alle scuole va dal 16 gennaio al 6 febbraio 2017. Ma chi per motivi validi non riuscirà a presentare domanda entro tale scadenza dovrà fare l’iscrizione in formato cartaceo. E anche per le scuole dell’infanzia si deve presentare domanda cartacea.

Tra i periodi monitorati dal ministero per evitare assenza di massa in grado di creare disservizi c’è anche quello del pagamento del modello  730 all’Agenzia delle Entrate, a luglio. Quest’anno la Dichiarazione dei Redditi 2017 va fatta entro il 23 luglio per il 730 precompilato inviato direttamente dai contribuenti e per i Caf, commercialisti e intermediari che entro il 7 luglio.

I provvedimenti disciplinari, inoltre, dovranno avere anche tempi più veloci. La procedura ordinaria, infatti, dovrà terminare entro 3 mesi e non più quattro mentre viene confermato il licenziamento sprint, di 30 giorni, per il “furbetto” del cartellino.

A parte il licenziamento, viene anche rivista tutta l’azione disciplinare. Con tutta probabilità si preciserà che per le infrazioni di minore gravità, per cui è previsto il solo richiamo verbale, le regole saranno stabilite dai contratti. I tecnici del ministero della Pubblica amministrazione stanno lavorando a una semplificazione dell’iter e si dovrebbe anche aprire a una gestione unificata per le sanzioni più gravi, per cui più amministrazioni possono fare capo a uno stesso ufficio. Anche qui ci sono dei chiarimenti, delle puntualizzazioni sul ruolo dell’ufficio per il procedimento disciplinare. Inoltre i vizi formali, i cavilli giuridici, non potranno fermare l’azione. Anche in questo caso, viene estesa una clausola anticipata con il decreto anti-furbetti. Quindi la violazione dei termini interni fissati per la procedura non potrà impedire di andare avanti, né potrà annullare la validità della sanzione inflitta, fatto salvo il diritto alla difesa. Inoltre se il giudice accerta una sproporzione con la sanzione disciplinare, il procedimento si ripete.



Nuove regole per i Call Center dal 2017



Per call center si intende l'insieme dei dispositivi, dei sistemi informatici e delle risorse umane in grado di gestire le chiamate telefoniche da e verso un'azienda.

Per effetto dell’entrata in vigore della Legge di Stabilità 2017, sono cambiate dal 1 gennaio 2017 le regole per i call center che, a partire da quest’anno, devono obbligatoriamente informare l’utente sul luogo in cui si trova l’operatore che sta chiamando.

Con un comunicato stampa del 1° febbraio 2017, il Ministero dello Sviluppo Economico sottolinea le principali novità in favore dell’utente che in particolare, deve essere informato del Paese in cui è fisicamente collocato l’operatore avendo la possibilità di richiedere il servizio da un operatore differente. Una importante novità riguarda inoltre, la responsabilità solidale tra committente e gestore del call center.

Con un comunicato stampa del 1° febbraio 2017, il Ministero dello Sviluppo Economico, chiarisce che nell'ambito dell’ultima legge di bilancio sono state approvate nuove regole per il funzionamento dei call center.

Nuovi obblighi per l’operatore, infatti egli deve:

- a partire dal 1° gennaio 2017 informare l’utente riguardo al Paese in cui è fisicamente collocato l’operatore;

- a partire dal 1° aprile 2017, se l’operatore del call center collocato in un Paese extra UE, deve inoltre offrire subito la possibilità di richiedere che il servizio sia reso da un operatore collocato nel territorio nazionale o nella UE, con immediato trasferimento nel corso della medesima chiamata.

Inoltre per tutti gli operatori economici che svolgono attività di call center diventa obbligatorio iscriversi al Registro degli operatori di comunicazione tenuto dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, alla quale dovranno essere fornite tutte le numerazioni telefoniche messe a disposizioni del pubblico e utilizzate per i servizi di call center.

Per chi decide di localizzare, anche mediante affidamento a terzi, l’attività di call center in un Paese extra UE, diventa obbligatorio darne comunicazione almeno trenta giorni prima del trasferimento alle seguenti amministrazioni:

- Ministero del lavoro e delle politiche sociali nonché Ispettorato nazionale del lavoro;

- Ministero dello Sviluppo Economico;

- Garante per la protezione dei dati personali.

Se la localizzazione dell’attività di call center al di fuori del territorio nazionale e dell’Unione europea è avvenuta prima del 1° gennaio 2017 le comunicazioni devono essere effettuate entro il 2 marzo 2017.

Importante novità riguarda la responsabilità solidale tra committente e gestore del call center, in pratica, chi affida il servizio ad un call center esterno è responsabile in solido con il soggetto gestore, e le sanzioni previste arrivano fino a 50 mila euro per ogni giornata di violazione e a 150 mila per ciascuna comunicazione omessa o tardiva.

Dal 1° marzo 2017 diventa inoltre obbligatoria l’iscrizione per gli operatori economici che svolgono attività di call center al Registro degli Operatori di Comunicazione (R.O.C.) tenuto dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, indicando tutte le numerazioni utilizzate per l’attività di call center. Adempimento valido anche per i soggetti terzi affidatari dei servizi di call center. La sanzione in caso di inadempienza, in questi casi, è pari a 50 mila euro.

Chi delocalizza fuori dall’UE dovrà darne comunicazione almeno 30 giorni prima del trasferimento (entro il 2 marzo per i call center che hanno delocalizzato in Paesi extra UE prima del 1° gennaio 2017) al Ministero del Lavoro, all’Ispettorato nazionale del lavoro, al Ministero dello Sviluppo Economico e al Garante privacy. In questo caso è prevista una sanzione di 150 mila euro per ciascuna comunicazione omessa o tardiva (10mila euro per le delocalizzazioni antecedenti al 2017).

Le grandi e piccole aziende di call center outbound, possono assumere ancora collaboratori con contratti parasubordinati sotto forma di prestazione continuativa e coordinata, qualora sia stato stipulato un Accordo Collettivo Nazionale. La stipula di tale accordo, rende quindi possibile alle aziende, di evitare la tagliola della presunzione di lavoro subordinato, e quindi quello di stipulare ancora il contratto di co.co.co.

Per le figure professionali rientranti nell’ambito del rapporto di lavoro co.co.co si consiglia di visitare la pagina dedicata al nuovo contratto di lavoro.




sabato 4 febbraio 2017

Lavoro: collaborazioni per il 2017 cosa cambia



Con l'entrata in vigore dell'art.52 del d.lgs.n.81/2015 - decreto attuativo Jobs Act, dal 25 giugno 2015 le disposizioni contenute negli articoli da 61a 69-bis del decreto legislativo 276 del 2003 sono state abrogate e continuano ad applicarsi esclusivamente per la regolazione dei contratti già in atto alla data di entrata in vigore del presente decreto».

Ecco cosa cambia per le collaborazioni 2017:
 non possono essere più stipulati contratti, per cui sono vietati dalla legge, i contratti di collaborazione coordinata e continuativa a progetto.

i contratti di lavoro autonomo, non sono più soggetti alla legge Fornero del 2012 e neanche alle limitazioni da questa previste.

possono essere stipulati contratti di collaborazione coordinata e continuativa non a carattere subordinato, per vedere i requisiti cococo e mini cococo.

L'INPS ha fissato i seguenti requisiti:

Autonomia: il cococo deve decidere autonomamente tempi e modalità con cui svolgere l'attività commissionatagli dal committente utilizzando i mezzi messi a disposizione dal committente.

Il suo coordinamento in base alle esigenze organizzative dell'azienda, quindi del committente, è l'unico limite all'autonomia del collaboratore che comunque non può interferire sulla scelta di esecuzione della prestazione.

Prevalente personalità della prestazione;

Continuità della prestazione che non va ricondotta tanto alla ripetizione degli adempimenti quanto alla durata nel tempo del vincolo tra committente e collaboratore, in mancanza di tale vincolo con quello di coordinamento, si delinea invece l'occasionalità del lavoro e quindi il del lavoro autonomo occasionale.

Retribuzione cococo deve essere corrisposta dal committente periodicamente e prestabilita.

Mini cococo INPS:
Chi sono i mini cococo? Il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali con la circolare 1/2004, ha provveduto a distinguere oltre che le collaborazioni coordinate e continuative occasionali e il lavoro autonomo, un'altra tipologia di prestazione occasionale, ossia, i mini cococo, ovvero il lavoro coordinato e continuativo occasionale.

L'Inps è poi intervenuto a chiarire che queste collaborazioni "mini co.co.co." sono collaborazioni coordinate e continuative di "portata limitata", e cioè che possono essere applicate da uno stesso committente anche nello stesso anno solare, purché la durata complessiva non sia superiore a 30 giorni entro il limite di compenso entro i 5.000 euro.

Essendo questa forma contrattuale molto simile al cococo, presenta i suoi stessi requisiti ma nel caso in cui i limiti temporali e retributivi previsti dalla legge non vengano rispettati, il rapporto di collaborazione è assoggettato alla disciplina del lavoro a progetto. I mini cococo sono stati aboliti dal Jobs Act.

Aumento degli oneri contributivi e fine degli ammortizzatori sociali: sono queste le due novità in materia di collaborazioni per il 2017, in attesa delle modifiche che potrebbero derivare dall'approvazione del Ddl sul lavoro autonomo.

Ma andiamo con ordine. Dal lato costi, i committenti che si avvalgono di collaborazioni coordinate e continuative dovranno sostenere versamenti più elevati alla gestione separata Inps: infatti, la legge di bilancio 2017 si è occupata di bloccare l’aumento delle aliquote dovute alla medesima gestione da parte dei professionisti senza cassa previdenziale ma non ha fermato l’innalzamento già previsto dalla riforma Fornero in capo ai co.co.co iscritti in via esclusiva.

L’aliquota da versare alla gestione separata è così aumentata di un ulteriore punto percentuale attestandosi al 32,72% (il costo ricade per il 21,81% sul committente e per il 10,91% sul collaboratore). Questo senza contare che un altro scatto in avanti è previsto per il 2018.

È rimasta, invece, ferma l’aliquota per i collaboratori che pagano la gestione separata ma sono iscritti ad altra gestione previdenziale oppure sono pensionati, mentre si è ridotta di due punti l’aliquota contributiva per i professionisti iscritti alla gestione separata Inps.

Passando al quadro in tema di tutele, va segnalato come la platea dei collaboratori sia rimasta priva di qualsiasi paracadute, dal momento che l’indennità Dis-Coll, inizialmente prevista nel pacchetto dei sussidi tracciati dal Jobs act (e successivamente prorogata fino al 31 dicembre scorso attraverso la legge di stabilità 2016) non ha ad oggi trovato l’estensione al 2017.

Nel dettaglio, si trattava di un’indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata, sostitutiva dell’indennità una tantum per i lavoratori a progetto disciplinata dalla legge 92/2012. Il trattamento era, appunto, rivolto in via sperimentale ai collaboratori coordinati e continuativi (anche a progetto) privi di partita Iva iscritti in via esclusiva alla gestione separata presso l’Inps che avessero perduto involontariamente la propria occupazione e che fossero in grado di soddisfare congiuntamente i seguenti requisiti: essere in stato di disoccupazione al momento della domanda di prestazione; possedere tre mesi di contribuzione nel periodo che va dal 1° gennaio dell’anno solare precedente l’evento di cessazione dal lavoro all’evento in questione.

La circolare Inps n.74 del 2016 chiarisce che tra i destinatari della Dis-coll ci sono i collaboratori presso la pubblica amministrazione, mentre sono esclusi amministratori, sindaci o revisori di società e altri enti con o senza personalità giuridica; assegnisti di ricerca, dottorandi e titolari di borse di studio.

Ora però, a un anno dall'entrata in vigore delle nuove regole definite dal Codice dei contratti (decreto legislativo 81/2015), si cambia di nuovo e il capitolo delle collaborazioni coordinate e continuative fatica a trovare un assetto definito: soprattutto per il fatto che il mercato del lavoro è sempre più popolato da figure dal confine quanto mai labile tra lavoro autonomo e subordinato e si arricchisce via via di profili professionali non regolamentati, rendendo così il discrimine normativo della etero-organizzazione spesso di difficile applicazione.

I committenti possono solo stipulare contratti cococo, e non quelli a progetto perché abrogati dal 25 giugno 2015. I cococo, ricordiamo, sono contratti di lavoro a metà strada tra il lavoro autonomo e subordinato, dove il collaboratore lavora all'interno dell'azienda in piena autonomia e senza vincolo di subordinazione ma in rapporto coordinato e continuativo con il il committente.

Per evitare poi, che dietro il cococo più economico e con minori tutele, possa nascondersi un vincolo di subordinazione, il decreto attuativo del Jobs Act ha previsto delle limitazioni e dei vincoli ben precisi che il committente deve rispettare anche in riferimento a tempi e luogo di lavoro, parliamo della cd. presunzione di lavoro subordinato che prevede 4 deroghe.



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