domenica 26 marzo 2017

Call center: nuove regole sulla delocalizzazione



Per call center si intende l'insieme dei dispositivi, dei sistemi informatici e delle risorse umane in grado di gestire le chiamate telefoniche da e verso un'azienda. L'attività di un call center può essere svolta da operatori specializzati e/o risponditori automatici interattivi. Nei call center è definito inbound quell'operatore che lavora in ricezione telefonate: è il cliente a chiamare il call center, da un telefono fisso o mobile, e il lavoratore si limita a rispondere alle domande o a fornire l'assistenza richiesta. Nei call center si definisce invece outbound quell'operatore che lavora sulle telefonate in uscita. È dunque il call center, attraverso questo operatore, che contatta i clienti chiamandoli al telefono (soprattutto a quello di casa) per proporre offerte, prodotti o fare sondaggi e inchieste di mercato.

Il Ministero del lavoro  ha pubblicato ieri la  nota operativa 33/1328  con la quale sono state fornite le istruzioni sugli obblighi di comunicazione  per  i call center introdotti dalla legge di bilancio 2017 Le nuove norme anti-delocalizzazione si applicano a tutti gli operatori economici che utilizzano numeri pubblici   a prescindere dal carattere accessorio o prevalente di questa attività rispetto all'oggetto sociale e indipendentemente dal numero di dipendenti. Sono esclusi  le Pubbliche amministrazioni e gli enti non profit.

La nota ricorda che la  comunicazione obbligatoria della delocalizzazione dell'attività, anche con affidamento a terzi, in un paese extra UE va inviata con un preavviso di 30 giorni, e prevede l'obbligo di individuare i «lavoratori coinvolti». Il Ministero chiarisce che si fa riferimento ai lavoratori che, in conseguenza della delocalizzazione , subiscono una modifica della propria posizione lavorativa (tra cui il licenziamento). Nel comunicare il numero degli addetti, si devono indicare anche le unità produttive in cui  sono occupati, nonché le eventuali modifiche della posizione lavorativa.

Le nuove norme anti-delocalizzazione nel settore dei call center si applicano a tutti gli operatori che utilizzano numeri pubblici destinati all’utenza, a prescindere dal carattere accessorio o prevalente di questa attività rispetto all’oggetto sociale. Questa l’indicazione più importante della nota operativa 33/1328 del Lavoro pubblicata ieri, con la quale sono state fornite le istruzioni per attuare gli obblighi di comunicazione introdotti dalla legge di bilancio 2017 (la quale ha modificato l’articolo 24-bis del Dl 83/12) che dovranno essere applicati dalla data odierna.

La nota chiarisce che le norme non sono limitate alle aziende che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di call center, ma si rivolgono a qualsiasi operatore economico che svolge, indipendentemente dal numero di dipendenti, attività di call center utilizzando numerazioni telefoniche messe a disposizione del pubblico.

Questa interpretazione, rileva la nota, è coerente con la nozione di “operatore economico” contenuta nel nuovo Codice degli appalti, che fa riferimento a tutti coloro che offrono beni e servizi sul mercato a prescindere dalla forma giuridica di riferimento. Sono esclusi dalla nozione le Pa, se assolvono i loro compiti istituzionali, e tutti i soggetti che svolgono attività prive di finalità lucrative.

Quanto ai contenuti della comunicazione che va inviata, con un preavviso di 30 giorni, dagli operatori economici che decidono di localizzare, anche mediante affidamento a terzi, l’attività di call center in un Paese non Ue, la nota spiega cosa debba intendersi con l’obbligo di individuare i «lavoratori coinvolti». La legge, secondo il Ministero, fa riferimento al numero complessivo dei lavoratori che, in conseguenza della delocalizzazione delle attività di call center, subiscono una modifica della propria posizione lavorativa (tra cui il licenziamento). Nel comunicare il numero degli addetti, si deve indicare anche le unità produttive in cui i medesimi sono occupati, nonché le eventuali modifiche della posizione lavorativa. Infine, la nota chiarisce le modalità con cui dovrà essere resa la comunicazione, per la parte di competenza del ministero del Lavoro, all’Inl.

Per svolgere questo adempimento sarà disponibile, dal 28 marzo, sui siti del ministero e dell’Inl un modello telematico; fino a tale data, le comunicazioni potranno essere effettuate compilando una tabella excel da inviare via email a deloc_callcenter@lavoro.gov.it.



lunedì 20 marzo 2017

Bonus famiglia: donne e lavoro tutti gli incentivi



Sono diversi gli incentivi pensati dal Governo per il mondo femminile e per le dipendenti del settore privato con l’obiettivo di agevolarne l’occupazione e la conciliazione lavoro-famiglia, sostenendo le donne, in parte, anche economicamente e magari cercando di contrastare il divario uomo-donna ancora oggi esistente su molti fronti (dal grado di occupazione, al livello retributivo, ai ruoli ricoperti, alle possibilità di carriera, agli impegni famigliari e così via).

Imprenditoria femminile

Per incentivare l’autoimprenditorialità e l’autoimpiego delle donne il decreto ministeriale dello Sviluppo Economico 140/2015 ha previsto un finanziamento agevolato, a tasso zero della durata massima di 8 anni, che copre il 75% delle spese, per investimenti fino a 1,5 milioni di euro. L’incentivo è riservato alla creazione di micro e piccole imprese competitive, a prevalente o totale partecipazione giovanile o femminile, e a sostenerne lo sviluppo attraverso migliori condizioni per l’accesso al credito. I progetti devono essere completati entro 24 mesi dal finanziamento e possono riguardare i seguenti settori:

produzione di beni nei settori dell’industria, dell’artigianato, della trasformazione dei prodotti agricoli;

fornitura di servizi in qualsiasi settore;

commercio e turismo;

attività riconducibili anche a più settori riguardanti la filiera turistico culturale e l’innovazione sociale: attività finalizzate a valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale, ambientale e paesaggistico, o al miglioramento dei servizi per ricettività e accoglienza. Produzione di beni e fornitura di servizi che creano nuove relazioni sociali o soddisfano nuovi bisogni sociali, anche attraverso soluzioni innovative.

Sono ammissibili le spese relative all’acquisto di suolo aziendale, fabbricati (comprese le ristrutturazioni), macchinari, impianti e attrezzature nuovi di fabbrica, programmi informatici e servizi per le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, brevetti, licenze e marchi, formazione specialistica di soci e dipendenti, consulenze specialistiche. Le domande possono essere inviate attraverso il sito di Invitalia.

Una delle novità di maggiore rilievo della Legge di Bilancio 2017 (articolo 1, comma 353, della legge 232/2016) per le donne in attesa è l’istituzione di un premio per le nascite o per le adozioni: un assegno di 800 euro che può essere richiesto a partire dal settimo mese di gravidanza da tutte le donne che diventeranno, o sono diventate, mamme dopo il 1° gennaio 2017. Il Bonus non è vincolato all’ISEE, può essere speso per qualsiasi esigenza e viene erogato in un’unica soluzione dall’INPS e non concorre alla formazione del reddito. Tra la documentazione richiesta:

la certificazione sanitaria rilasciata dal medico specialista del Servizio sanitario nazionale, attestante la data presunta del parto;

autocertificazione della data del parto e le generalità del bambino se l’istanza viene presentata dopo il parto;

il provvedimento giudiziario in caso di adozione/o affidamento preadottivo;

permesso di soggiorno nel caso in cui la madre non sia cittadina comunitaria.

Bonus Nido
La Legge di Stabilità 2017 ha introdotto anche un nuovo Bonus Nido per figli nati dopo il primo gennaio 2016 (comma 355) e pari a mille euro annui (ripartito in 11 mensilità). Non è previsto alcun vincolo ISEE e può essere riconosciuto anche alle famiglie con figli sotto i tre anni affetti da gravi patologie croniche, per l’assistenza domiciliare.

Voucher baby sitter e asili nido
A pochi mesi dalla nascita del figlio, le mamme lavoratrici sono chiamate a tornare al lavoro, con un neonato da affidare a cure altrui. Per sostenere le donne che lavorano e che hanno famiglia, il Governo ha introdotto nel 2013 la possibilità di fruire, in alternativa al congedo parentale, di un voucher pari a 600 euro mensili per nido o baby sitter: per sei mesi alle dipendenti, tre mesi alle autonome. Il beneficio, confermato e prorogato dalla Legge di Bilancio 2017, spetta alle donne lavoratrici che al termine del congedo di maternità ed entro gli undici mesi successivi tornano al lavoro e rinunciano al congedo parentale.

Bonus bebè
Confermato e prorogato dall’ultima Legge di Bilancio anche il Bonus bebè, riservato alle famiglie con ISEE non superiore ai 25.000 euro annui. Si tratta di un assegno annuale erogato per un massimo di tre anni dall’INPS di importo variabile in base al reddito:

960 euro (80 euro al mese per 12 mesi), nel caso in cui il valore dell’ISEE non sia superiore a 25.000 euro annui;

1.920 euro (160 euro al mese per 12 mesi), nel caso in cui il valore dell’ISEE non sia superiore a 7.000 euro annui.
Welfare aziendale

Bonus bebe, che è un’agevolazione riservata ai neo genitori che hanno un nuovo figlio o che adottano, o prendono in affido, un minore, entro il 31 dicembre 2017.
A chi spetta il bonus bebè Inps? Possono fare richiesta del bonus bebè le Cittadine Italiane, le Cittadine di uno Stato membro dell'Unione Europea e le Cittadine Extracomunitarie munite di regolare permesso di soggiorno

Quanto spetta di bonus bebè? Per le famiglie che hanno un reddito ISEE entro i 25.000 euro annui, il contributo economico è pari a 80 euro a mese mentre per chi ha un reddito ISEE pari o inferiore a 7.000 euro, l’importo bonus bebè è di 160 euro al mese.
Durata bonus bebè: il bonus spetta dal giorno della nascita del bambino, o dal sua entrata in famiglia in caso di adozione o affidamento, fino a 3 anni.

Alle donne che vogliano creare nuove imprese sono destinate le agevolazioni regolate con il decreto dei ministeri dello Sviluppo economico e dell’Economia dell’8 luglio 2015 n. 140, che fissa i criteri e le modalità di concessione degli incentivi a tasso zero dedicati alle neo imprenditrici. Si tratta di agevolazioni che puntano a sostenere, in tutta Italia, la nascita e lo sviluppo di micro e piccole imprese a prevalente o totale partecipazione giovanile o femminile: finanziamenti senza interessi, per progetti di investimento fino a 1,5 milioni di euro. Le agevolazioni consistono in un finanziamento a tasso zero della durata massima di 8 anni, che può coprire fino al 75% delle spese totali.I progetti possono riguardare la produzione di beni nei settori dell’industria, dell’artigianato e della trasformazione dei prodotti agricoli o servizi, in tutti i settori, compresi il commercio e il turismo. Le domande possono essere inviate attraverso il sito di Invitalia.

Per aiutare le donne che vogliono tornare al lavoro dopo la maternità è stato introdotto dal 2013 il voucher mensile di 600 euro spendibile per l’acquisto di servizi di baby sitting, o per il pagamento della retta del nido, per un massimo di sei mesi. Il beneficio viene concesso alle donne che al termine del congedo di maternità ed entro gli undici mesi successivi, rinunciano al congedo parentale per tornare al lavoro. Dal 2016 il voucher è concesso anche alle lavoratrici autonome.

Bonus bebè
Per le famiglie con Isee non superiore ai 25.000 euro annui è ancora attivo anche il bonus bebè concesso dall’Inps: si tratta di un assegno annuale di 960 euro (80 euro al mese per 12 mesi), nel caso in cui il valore dell’Isee non sia superiore a 25.000 euro annui; 1.920 euro (160 euro al mese per 12 mesi), nel caso in cui il valore dell’Isee non sia superiore a 7.000 euro annui.


martedì 14 marzo 2017

Colloquio disciplinare il lavoratore non puo mancare all'appuntamento fissato



In caso di provvedimento disciplinare, il lavoratore che fa richiesta di essere sentito oralmente per rendere le proprie giustificazioni non ha diritto ad un differimento dell'incontro per il colloquio fissato dal datore di lavoro per una certa data , in particolare se adduce una generica impossibilità di presenziare. Infatti l'obbligo di accogliere tale richiesta sussiste solo a fronte di un'esigenza difensiva non altrimenti tutelabile. Questa la conclusione della Corte di Cassazione nella sentenza n. 5314 del 2 marzo 2017.

Nel caso specifico il lavoratore aveva richiesto un colloquio difensivo oltre il termine di 5 giorni  dal momento della contestazione dell'addebito. Prima di questo termine come noto il  datore di lavoro non puo irrogare il provvedimento disciplinare (nel caso di specie il licenziamento) per consentire al lavoratore di presentare eventuali giustificazioni del suo comportamento (art. 7 c.2 Statuto dei lavoratori). Tuttavia il datore, a seguito di tale richiesta, aveva convocato il lavoratore per una certa data,e questi non si era presentato , fornendo giustificazioni mediche vaghe e non documentate.

La Cassazione nel rigettare il suo ricorso contro il licenziamento, ha confermato la decisione del giudice di merito che non ha giudicato in alcun modo inadempiente il datore di lavoro . Ha inoltre precisato che "la convocazione è evidentemente strumentale al colloquio a difesa e  non esiste alcuna norma della negoziazione collettiva, né l'art. 55 del D. Igs n. 165 2001, che preveda un  diritto del lavoratore al differimento dell'incontro".

Il lavoratore ha diritto – entro 5 giorni di calendario dal ricevimento della lettera di contestazione, che salgono a 10 giorni nel settore del credito cooperativo e a 15 giorni nel settore delle Assicurazioni (ANIA) – a formulare le proprie difese per iscritto e/o richiedendo un colloquio.

E’ necessario evidenziare come ogni procedimento disciplinare faccia storia a sé; inoltre la casistica delle possibili infrazioni è pressoché illimitata: ne consegue che è impossibile creare una bozza standard di lettera di controdeduzioni.

A titolo assolutamente generale, la lettera di contestazione ha lo scopo d’individuare una o più inadempienze nella prestazione lavorativa ascrivibili al lavoratore interessato.  Ne consegue che la lettera di controdeduzioni o il colloquio devono evidenziare se il lavoratore abbia commesso veramente delle inadempienze; oppure se il lavoratore fosse realmente in grado di tenere una condotta diversa da quella contestata; oppure ancora se ciò fosse impossibile o almeno difficile per le circostanze più diverse.

E’ necessario esaminare la lettera di contestazione individuando quali siano i punti di forza e i punti di debolezza e poi fornire le spiegazioni in ordine a ciascun elemento della contestazione.
In primo luogo devono essere verificati gli aspetti formali – la tempestività, la precisione nell'identificare i fatti contestati ecc. – e quindi gli aspetti sostanziali.

Per valutare e controbattere gli aspetti sostanziali è necessario esaminare la normativa aziendale che disciplina l’operatività contestata. Qualora la contestazione riguardi materie di particolare difficoltà tecnica, sarà opportuno che il sindacalista si consulti con una persona che abbia specifiche competenze al riguardo; in caso di coinvolgimento di altri soggetti, occorre sempre ricordare il vincolo di riservatezza al quale è tenuto il sindacalista.

Qualora siano già state fornite al proprio responsabile o alle funzioni ispettive alcune spiegazioni sui fatti contestati, sarà necessario tenerne conto nella stesura delle difese.
Non serve tentare di smentire fatti oggettivi ed accertati.

E’ importante sottolineare problematiche che riguardano carenze organizzative e procedurali dell’azienda, carichi di lavoro, carenze nella formazione, carenze nella comunicazione di nuove normative, carenze procedurali eccetera.

La lettera di controdeduzioni deve essere redatta in maniera lineare e sintetica, senza polemiche, che avrebbero quale unico risultato quello di esacerbare la situazione.

Nella lettera sarà opportuno evitare di trattare questioni riguardanti difficoltà di carattere personale e così pure coinvolgere altri colleghi di lavoro; al più tali aspetti potranno essere trattati in sede di colloquio. In ogni caso, la chiamata di corresponsabilità con altri lavoratori è sempre da valutare con la massima cautela.

La scelta fra la lettera di controdeduzioni ed il colloquio dipende da diverse variabili.
La lettera è indicata nei casi in cui la situazione è nel complesso definita e vi sono sufficienti elementi per dare una giustificazione esaustiva dei fatti contestati.

Nei casi incerti, può essere preferibile il colloquio, che consente al sindacalista d’intervenire sulle situazioni di contesto già accennate (carenze organizzative e procedurali dell’azienda, carichi di lavoro, eccetera).

Il colloquio può dare una personalità fisica a quella che può apparire come una mera pratica burocratica dell’ufficio del personale, ma per alcuni può anche essere una situazione di stress e come tale da evitare.  La richiesta di colloquio permette però di avere qualche giorno in più per approfondire meglio la contestazione e preparare le proprie difese.

Nel colloquio l’azienda solitamente si limita a verbalizzare le spiegazioni del lavoratore: è quindi necessario arrivare al colloquio con una traccia scritta delle proprie difese.

E’ anche possibile presentare al colloquio una memoria scritta che affronta gli aspetti formali e sostanziali, mentre il sindacalista aggiungerà verbalmente le proprie osservazioni circa le situazioni di contesto (le lacune aziendali). Il verbale del colloquio risulterà così formato dalla memoria scritta e dalla verbalizzazione di quanto dichiarato dal sindacalista.

E’ possibile formulare le proprie difese in una lettera ed in più richiedere anche il colloquio.
E’ importante che la richiesta del colloquio sia esplicita: inserire nella lettera di controdeduzioni frasi del genere “il sottoscritto è a disposizione per ogni ulteriore chiarimento” è da evitare, perché crea incertezza su quali siano le concrete intenzioni del lavoratore.


venerdì 10 marzo 2017

Pensioni: riscatto congedo parentale per maternità



Sono riscattabili, a domanda, i periodi corrispondenti all’astensione facoltativa, anche per periodi relativi a maternità che si è verificata al di fuori di un rapporto di lavoro, a prescindere dal periodo in cui si è verificato l’evento e dalla circostanza che lo stesso si sia verificato prima o dopo un rapporto di lavoro.

La domanda deve essere presentata alla sede Inps territorialmente competente, unitamente ad autocertificazione attestante tutti i dati da cui si possano desumere maternità, paternità e data di nascita del bambino.

Al pari di quanto avviene per gli anni universitari, precedenti al conseguimento della laurea, anche gli eventi di maternità collocati al di fuori del rapporto di lavoro possono essere riscattati dai lavoratori dipendenti per recuperare tali periodi ai fini pensionistici.

La richiesta di riscatto del periodo corrispondente all’astensione facoltativa (congedo parentale) anche per periodi relativi a maternità che si sono verificati al di fuori di un rapporto di lavoro, indipendentemente dal periodo in cui si è verificato l’evento e dal fatto che si sia verificato prima o dopo un rapporto di lavoro, deve essere presentata dal lavoratore stesso. La domanda di riscatto può essere presentata in qualsiasi momento con un limite massimo di periodi riscattabili di cinque anni.

Il periodo riscattabile è lo stesso riconosciuto alla madre e al padre per l’astensione facoltativa in costanza di rapporto di lavoro con diritto alla relativa indennità, quindi quello successivo ai 3 mesi successivi alla nascita del bambino (astensione obbligatoria), entro i primi 8 anni di vita del bambino fino ad un massimo di sei mesi per ciascun genitore.

Tra i requisiti richiesti per poter fruire del riscatto del congedo parentale:

l’iscrizione al fondo pensioni lavoratori dipendenti ed alle forme di essa sostitutive ed esclusive;

avere almeno 5 anni di contributi da attività lavorativa maturata in costanza di lavoro dipendente in periodi precedenti o successivi all’evento che dà luogo al diritto;

il periodo da riscattare non deve essere già coperto da altra tipologia di contribuzione.

Tale facoltà che consente ai lavoratori di cumulare il riscatto degli eventi di maternità collocati al di fuori del rapporto di lavoro con il riscatto della laurea è in vigore dal 1° gennaio 2016 per effetto della Legge 208/2015 (Legge di Stabilità 2016), mentre fino al 31 dicembre 2015 il riscatto dei periodi riscattabili per congedo parentale extra-lavorativo era alternativa alla facoltà del riscatto di laurea. La circolare INPS 44/2016 chiarisce, in merito alla nuova normativa, che:

la cumulabilità opera anche con riferimento a periodo precedenti il 2016;

le domande di riscatto presentate prima del 2016 , se già elaborate in base alla vecchia normativa, non possono essere riaperte;

le domande presentate nel 2015 ma non ancora elaborate dovranno essere definite in base alla nuova normativa.

L’onere del riscatto è a totale carico del richiedente, così come avviene con il riscatto della laurea, e il periodo riscattato sarà utile sia ai fini dell’anzianità contributiva che della determinazione della misura della pensione.

LE CONDIZIONI PER L'ACCREDITO

Unica condizione per ottenere l’accredito è che risultino versati almeno 260 contributi settimanali di effettiva attività lavorativa (5 anni di contribuzione).

Nel computo dei 5 anni devono essere considerati i periodi durante i quali vi è stata corresponsione di retribuzione assoggettata al pagamento dei contributi, anche se non vi è stata effettiva prestazione di lavoro (ferie, malattia retribuita, ecc.).

Il requisito di cui sopra deve essere già stato raggiunto alla data di presentazione della domanda.

L'ONERE DI RISCATTO

È a totale carico del richiedente e varia in relazione all'età, al periodo da riscattare, al sesso e alla retribuzione media settimanale percepita dal richiedente, determinata come per i trattamenti pensionistici.

Per tutti i periodi precedenti l' 1.1.1996, l'onere è calcolato secondo i criteri della riserva matematica prevista in caso di costituzione di posizione assicurativa per contribuzione omessa e caduta in prescrizione (art. 13 Legge 1338/62).

Per i periodi dal 1.1.1996 l'onere è calcolato con le modalità suindicate, se il richiedente ha diritto ad una pensione interamente retributiva potendo far valere almeno 18 anni di contributi al 31.12.1995, mentre si applicherà un calcolo percentuale, previsto con il sistema contributivo, per coloro che non possono far valere la predetta anzianità.

GLI EFFETTI PENSIONISTICI

I contributi accreditati dopo l'avvenuto pagamento dell'onere di riscatto sono utili ai fini del diritto e della misura della pensione, compresa quella di anzianità.

Se il riscatto si riferisce a periodi anteriori al 1.1.1994, la pensione diretta o ai superstiti può essere liquidata solo con decorrenza 1.5.2001 o successiva. Analogamente, nel caso che il richiedente sia già titolare di trattamento pensionistico, la ricostituzione può operare solo dal 1.5.2001 o dalla data di decorrenza, se successiva.

Le domande di pensione già definite negativamente per mancanza dei requisiti contributivi e assicurativi, con provvedimento per il quale non è intervenuto il termine di decadenza, devono essere riesaminate, su richiesta dell'interessato.

I ricorsi, presentati dopo il termine di decadenza, sono considerati come nuova domanda di pensione.

Come per gli altri casi di riscatto dei contributi l’onere del riscatto è a carico del lavoratore richiedente: l’importo varia in relazione ad età, periodo da riscattare, sesso e retribuzione media settimanale percepita.

Chiudiamo chiarendo un punto importante che, fino al 2015, determinava una discriminazione di genere piuttosto grave: fino a quella data infatti la facoltà di riscatto del congedo parentale era riconosciuta solo in via facoltativa al riscatto della laurea. Una discriminazione per le donne laureate e mamme che è stata risolta grazie alla legge 208/2015: il riscatto maternità è diventato cumulabile con quello della laurea con effetto retroattivo.


domenica 5 marzo 2017

NASPI: una guida per il 2017



Requisiti, calcolo indennità, durata assegno, istruzioni di domanda: ecco una panoramica delle novità 2017 per l’accesso alla NASPI, l’assicurazione sociale per l’impiego introdotta dalla Riforma degli Ammortizzatori Sociali (Jobs Act) corrisposta a coloro che perdono il lavoro. E' un assegno che spetta ai lavoratori in disoccupazione involontaria, quindi chiunque ha perso il lavoro a partire dal 1° 2015, ha diritto ad un assegno di disoccupazione se ha lavorato almeno 3 mesi.

Requisiti NASPI

Ecco cosa serve per poter chiedere la NASPI:

disoccupazione involontaria: da licenziamento o dimissioni per giusta causa (es.: per mancato pagamento retribuzione, molestie sessuali sul lavoro, demansionamento ingiustificato, mobbing, variazione condizioni a seguito cessione azienda, ingiustificato spostamento sede, comportamento ingiurioso del superiore). E’ riconosciuto il diritto anche: in caso di dimissioni durante il periodo tutelato di maternità ex articolo 55 Dlgs 151/2001 ;

13 settimane di contributi nei 4 anni precedenti: valide tutte le settimane con retribuzione non inferiore ai minimali (anche non versata). Non vale per addetti ai servizi domestici e familiari, operai agricoli, apprendisti (continuano a valere le precedenti regole). Utili al diritto: contributi lavoro subordinato, contributi figurativi per maternità obbligatoria se all'inizio dell’astensione risulta già versata o dovuta contribuzione, periodi di congedo parentale purché indennizzati e in costanza di rapporto di lavoro, periodi di lavoro in paesi comunitari o convenzionati ove sia prevista la possibilità di totalizzazione, periodi di astensione per malattia figli fino agli otto anni di età nel limite di cinque giorni lavorativi nell’anno solare. I periodi nel settore agricolo sono cumulabili se nel quadriennio risulta prevalente la retribuzione non agricola.

Esclusi: malattia e infortunio sul lavoro senza integrazione della retribuzione, cassa integrazione straordinaria e ordinaria con sospensione dell’attività a zero ore, assenze per permessi e congedi fruiti dal lavoratore che sia coniuge convivente, genitore, figlio convivente, fratello o sorella convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità;

30 giornate di lavoro effettivo nei 12 mesi precedenti: giornate di effettiva presenza a prescindere dalla durata oraria. I seguenti eventi determinano un allungamento dei 12 mesi (pari alla durata dell’evento stesso): malattia e infortunio sul lavoro senza integrazione della retribuzione, CIG straordinaria e ordinaria con sospensione dell’attività a zero ore, assenze per permessi e congedi fruiti dal lavoratore che sia coniuge convivente, genitore, figlio convivente, fratello o sorella convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità, maternità, congedo parentale.

NASPI calcolo: la retribuzione mensile, ossia, la misura dell'importo dell'assegno di disoccupazione pagato dall'INPS ogni mese con bonifico bancario, si calcola sommando tutte le retribuzioni imponibili ai fini previdenziali, ricevute negli ultimi 4 anni e dividendo il risultato per il numero di settimane di contribuzione. Il quoziente ottenuto va infine moltiplicato per il numero 4,33. La base di calcolo è l’imponibile previdenziale degli ultimi 4 anni, divisa per le settimane di contribuzione e moltiplicata per il coefficiente 4,33. Per le frazioni di mese, il valore giornaliero dell’indennità si determina dividendo l’importo ottenuto con calcolo appena esposto per 30. Si considerano tutte le settimane, interamente o parzialmente retribuite.

Se la retribuzione mensile è inferiore a 1.195 euro mensili, l’indennità è pari al 75% della retribuzione. Per stipendi superiori, la NASPI è pari al 75% a cui si aggiunge il 25% del differenziale fra retribuzione mensile e 1.195. Dal quarto mese si riduce del 3% ogni mese. La prestazione è erogata per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni (24 mesi).

NASPI importo: In base a tale calcolo, se la retribuzione mensile è pari o inferiore a 1195 euro mensili, l’importo della NASPI è pari al 75% della suddetta retribuzione mentre se è oltre a tale soglia, viene aggiunto al 75% un importo pari al 25% del differenziale tra la retribuzione mensile e il predetto importo. In ogni caso, l'importo massimo dell'indennità non può superare i 1300 euro al mese. Importo da rivalutare annualmente sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo come il massimale di 1195 euro. L’importo massimo dell’indennità NASPI 2017 non può superare 1.300 euro al mese.

Domanda NASPI
E’ il lavoratore che deve presentare domanda all’INPS, in via telematica, entro 68 giorni dalla cessazione del rapporto. Tramite sito INPS (con PIN dispositivo), patronati, contact center integrato INPS INAIL (803164 da rete fissa e 06 164 164 da rete mobile). In caso di licenziamento per giusta causa, i 68 giorni per presentare la domanda decorrono dal 30esimo giorno successivo alla cessazione del rapporto.

Per presentare la domanda di disoccupazione  i lavoratori devono:
Compilare e inviare il modulo domanda di disoccupazione NASPI Inps direttamente online, se dispongono del PIN dispositivo INPS, al seguente percorso: Home > Servizi Online > Elenco di tutti i Servizi  > Servizi per il cittadino> Invio domande prestazioni a sostegno del reddito (Sportello virtuale per i servizi di informazione e richiesta di prestazione) > NASPI.

Far compilare e inviare il modello di domanda a Patronati o Intermediari autorizzati ad inviare le richieste INPS per via telematica.

L’indennità è riconosciuta a partire dall’ottavo giorno successivo alla cessazione se la domanda è presentata entro otto giorni, o dal primo giorno successivo alla domanda se è presentata dopo. Questo, anche nei casi di maternità, malattia, infortunio sul lavoro, mancato preavviso.



giovedì 2 marzo 2017

Contributi INPS per assistenza anziani e disabili



E’ stata prorogata al 2016 l’iniziativa Home Care Premium, il bonus erogato dall’INPS a coloro che assistono un familiare anziano o disabile. Il programma si concretizza nell’erogazione da parte dell’Istituto di contributi economici mensili, c.d prestazioni prevalenti, in favore di soggetti non autosufficienti, maggiori d’età e minori, che siano disabili e che si trovino in condizione di non autosufficienza per il rimborso di spese sostenute per l’assunzione di un assistente familiare.  Il programma è limitato ai dipendenti e pensionati della pubblica amministrazione che contribuiscono alla gestione con lo 0,35% sulle retribuzioni dei lavoratori in servizio e con lo 0,15% versato su base volontaria dei pensionati oltre che dagli interessi su prestiti e mutui concessi agli iscritti.

La domanda dovrà essere trasmessa esclusivamente per via telematica a partire dal 1° marzo sino al 30 marzo 2017. Il beneficio si rivolge ai dipendenti, pensionati e loro familiari iscritti presso la gestione pubblica.

Ecco quali sono le principali informazioni da tenere in considerazione.

L’INPS offre  la possibilità  ai dipendenti e pensionati pubblici di usufruire di un aiuto nell'assistenza domiciliare alle persone anziane o non autosufficienti . E' stato pubblicato in fatti il Bando Pubblico Progetto Home Care Premium – Si tratta di un progetto di Assistenza Domiciliare per i dipendenti e pensionati pubblici, per i loro coniugi, per parenti e affini di primo grado non autosufficienti.

L’Home Care Premium prevede il coinvolgimento di Ambiti Territoriali Sociali e/o Enti pubblici, che vogliano prendere in carico i soggetti non autosufficienti residenti nei propri territori. Il programma si concretizza nell’erogazione da parte dell’Istituto di contributi economici mensili, c.d. prestazioni prevalenti, in favore di soggetti non autosufficienti, maggiori d’età o minori, che siano disabili e che si trovino in condizione di non autosufficienza per il rimborso di spese sostenute per l’assunzione di un assistente familiare. Il beneficio ha la durata di 18 mesi e potrà riguardare 30 mila persone.

La misura del contributo che verrà erogato dall'INPS dipende dall'ISEE familiare e dalla disabilità del soggetto da assistere. E' compreso tra 1.050 euro mensili per un soggetto con disabilità gravisissima e ISEE sotto gli 8mila euro ad un minimo di 50 euro per disabilità grave con ISEE oltre i 40 mila euro. La procedura per l’acquisizione della domanda sarà attiva a decorrere dalle ore 12,00 del giorno 1 marzo 2017 e non oltre le ore 12,00 del giorno 30 marzo 2017.

Dopo la pubblicazione della graduatoria, a decorrere dal 27 aprile 2017 ore12.00, sarà possibile presentare nuove domande, sia per coloro che non hanno già presentato domanda entro il 30 marzo 2017 sia, solo in caso di aggravamento, per gli idonei che hanno già presentato domanda entro i predetti termini. Le nuove domande accolte comporteranno l’aggiornamento della graduatoria degli idonei e saranno ammesse in graduatoria il trentesimo giorno a decorrere dalla data di presentazione. La graduatoria verrà aggiornata il primo giorno lavorativo di ogni mese e sarà pubblicata sul sito dell’Istituto.

 Il programma di assistenza durerà dal 1° luglio 2017 al 31 dicembre 2018 (18 mesi) e selezionerà 30mila beneficiari sulla base di una graduatoria che sarà pubblicata il prossimo 20 aprile ordinata in funzione della gravità della disabilità dell'ISEE e dell'età anagrafica del richiedente. Per accedere al piano gli interessati dovranno produrre esclusivamente domanda telematica all'Inps dalle ore 12 del 1° marzo alle ore 12 del 31 marzo 2017. Prima di trasmettere la domanda il richiedente dovrà presentare o assicurarsi che il CAF abbia presentato presso l’Inps la DSU relativa che attesti l'ISEE del richiedente la prestazione.

Bonus assistenza anziani e disabili: come funziona?

Il bonus erogato a favore di chi assiste anziani e disabili prevede un contributo che oscilla tra un minimo di 400 euro al mese ed un massimo di 1200 euro al mese.

L’importo del contributo assistenziale mensile può subire variazioni in base all’ISEE del richiedente e ad un punteggio che indica il grado di autosufficienza del soggetto beneficiario.
La somma massima di 1200 euro è prevista per i casi in cui i redditi annuali siano inferiori agli 8000 euro annui.

Il bando dispone poi l’assegnazione di un trattamento integrativo che può arrivare fino a un massimo di 2400 euro, importo che, in ogni caso viene concesso in base allo specifico percorso assistenziale che il beneficiario deve seguire.

Bonus assistenza anziani e disabili: beneficiari
Il progetto Home Care Premium è un bonus destinato a dipendenti e pensionati pubblici che sono in condizioni di non autosufficienza o che assistono in casa persone non autosufficienti o con disabilità grave.

Il bonus può, quindi, essere richiesto dai soli dipendenti e pensionati pubblici per se stessi e per i familiari conviventi o di primo grado non autosufficienti (anziani o disabili che siano).


Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...
BlogItalia - La directory italiana dei blog